martedì 6 dicembre 2011

Posthumous Silence

Heat grows cold, light becomes dark, and the dust returns to the earth as it was.

Una ragazza morta suicida. Un diario come unica testimonianza di una vita dura, piena di paure e di ostacoli impossibili da superare. Un diario, come unica testimonianza del dramma, lasciato al padre a giustificazione del gesto. Un padre sconvolto dal dolore che trova il diario e leggendolo, per la prima volta, si rende conto dei drammi che hanno portato la figlia alla scelta finale. Leggere le parole della propria piccola, ormai perduta, è qualcosa di devastante.
 
In the quietness of my silent walls where the shadows play the dance of you. All around me – where each part once told your life. Where the window still reflects your smile. Still I feel you, still I’m trapped within our time. Wondering vainly – why you left, my child. When my fingers start to open your bequest. Clutching tightly the lifeless book you left … for me.

Questo è lo storyboard del concept-album "Posthumous Silence", pubblicato nel 2006 dalla band tedesca Sylvan. Quindici canzoni per settanta minuti di progressive rock decisamente coinvolgenti. Una vera e propria discesa all'infermo. L'inferno di un uomo al quale è stato improvvisamente presentato il conto più salato, quello che lo mette di fronte alle proprie responsabilità ed ai propri limiti di padre. Close your pages, lay them down. Dim the light and look around. Feel the sorrow invades me. Feel the bitter symphony. When you searched me I wasn’t there. When you called me I didn’t care all the signs that I ignored. Now I learn the fights you fought.I brani si susseguono mostrando alternativamente il punto di vista della figlia (i brani del diario) e il punto di vista del padre (le emozioni che traboccano alla lettura delle parole della ragazza). Le parti della narrazione lasciate alla voce della figlia sono le più lunghe, trasudano disperazione. Lunghi monologhi prima, dove l'unico confidente è il diario stesso, e lunghi dialoghi col padre più avanti, tra il detto e il non detto, in una sorta di "Posthoumous Silence", quando ormai consapevole dell'epilogo che aveva riservato per sè, l'amore della figlia verso il genitore, sembra quasi lasciare una porta aperta.

I am your child and you are my God – I’d take your hand but will you follow me now? Nearby is somewhere, somewhere’s so far – I break the chains of life to break your heart. I have to break up my chains. These walls have to fall – I’m going to kick them away. I’m fed up with life and life is fed up with me. So once and for all I’ll leave and I will be free. Please let me know you’ll understand, it’s not your fault I’m leaving. I’ll cry the tears for you, oh Dad, please let me reach my Eden. Le parti lasciate invece alla voce del padre sono le più brevi ma non per questo meno intense. Lasciano senza fiato come, per dirla semplicisticamente, dei violenti calci nei co###oni. I’m starring into space, falling quietly, captured by her pages. In the corner of my eyes I note instinctively how my chamber changes and the white leafs – moving slightly – they’re caressing my hands. Look around me and it seems like all the colors have changed. Now that I’m broken at the end of the road, naked of power and naked of hope, I’d give all my fortune to stop you tonight to keep you from falling, to safe you, my child …

Un concept su un tema davvero delicato come il suicidio, gesto estremo di una manifestazione psicologica di malessere, è una scelta molto coraggiosa, sebbene non è la prima volta che un concept parla di questo argomento. Basti citare "Dreaming Neon Black" dei Nevermore, incentrato sulla storia di un uomo che deve affrontare il suicidio della propria amata, o "The Downward Spiral" dei Nine Inch Nails, che racconta la sottomissione al sistema del protagonista, il quale troverà infine riparo nel suicidio (per non parlare del più classico tra classici, "The Wall" dei Pink Floyd, del quale penso sia superfluo parlare).

Posthumous Silence è un disco da ascoltare dall’inizio alla fine, una storia da seguire con i testi alla mano. E' il viaggio di una notte, la sofferenza di un padre, una camera avvolta nel silenzio, le strade rumorose di una città, un'infanzia offuscata, un'innocenza perduta, il sogno di un'oasi lontana, ormai solo inchiostro nero sulle pagine di un diario. La voce del singer Marco Gluhmann conferisce immenso pathos ed emozione. Nel disco c'è tutto: sconfitta, desolazione, rimorso, tristezza, rabbia. Gli ottimisti o i potenziali suicidi possono leggerci della speranza ma, parliamoci chiaro, non c'è speranza nel suicidio. L'atmosfera che trasmette quest'album è cupa e malinconica e a tratti angosciante, ma permette agli ascoltari di sentirsi parte della storia. In the quietness of his silent walls, frail und sunken drops her pages down. While the sorrow like a moral guilt falls due. He released her, but he’ll mourn for sure. In the deepness of his apathetic dream how to notice – also his world turned as the places that once told her life do wane. Darkened spaces – and only dust remains … Lost and forgotten at the dawn of the night. Naked of people and naked of light. We failed to notice to show her we tried to keep her from falling, to safe this sole child.

La band nasce nel 1991 ad Amburgo dall'incontro, avvenuto sui banchi di scuola, del tastierista Volker Söhl con il chitarrista Kay Söhl e col batterista Matthias Harder. Il singer attuale, Marco Gluhmann, si unì alla band solo qualche anno più tardi. Il nome della band deriva dalla figura mitologica di Silvano, dio delle selve e delle foreste.  Il genere è un prog-rock assai moderno: nelle sonorità della band sono evidenti le influenze di gruppi storici come i Marillion e i Genesis. In occasione del decimo anniversario della fondazione, la band ha pubblicato un DVD intitolato "Posthumous Silence – The Show", registrato al Kampnagel di Amburgo il 1' settembre 2007, nel quale la band propose per intero dal vivo l'album della loro definitiva consacrazione.

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