Vagavo, poco prima di ferragosto, in uno di quei luoghi dove si vendono un tanto al chilo libri usati. Senza ombra di dubbio la mia attività estiva preferita, specie se costretto a trascorrere in città giornate in cui le persone normali si crogiolano spaparanzate sotto il sole. Il caldo ovviamente era soffocante, ma procedevo impavido nella mia ricerca di piccoli tesori, sollevando e spostando una montagna di libracci senza valore e impolverati dal tempo dalla bancarella sulla quale avevo posato gli occhi. Mia moglie a pochi passi di distanza stava facendo la stessa cosa, ma mentre io continuavo la mia ricerca in tutta comodità, i libri già nelle sue mani le rendevano difficoltosa la ricerca.
Avevo quasi perso ogni speranza, quando tra il solito John Grisham e l'ennesimo Dan Brown (due veri protagonisti dell'usato) ecco spuntare un piccolo libro bordato di rosso, una vecchia edizione Guanda con in copertina un Picasso dal contenuto vagamente pruriginoso. Prezzo del volume 2 euro, forse un po' troppo per un libretto di 70 pagine che avrebbero potuto essere la metà se fosse stato stampato con un font di dimensioni normali, ma la speranza di trovare uno spunto per lo speciale sul cibo mi ha infine convinto e l'ho portato in cassa. Il contenuto in quel momento ancora mi era ignoto. Nulla era riportato in quarta di copertina, nessuna prefazione o postfazione, e le uniche parole spese dall'editore erano quelle che ho riportato in apertura di articolo, chiaramente un estratto del libro che Guanda si era premurata di stampare sul risvolto di copertina.
Qualcuno ha definito il romanzo (il racconto, direi invece) il più grande capolavoro dell'erotismo del ventesimo secolo. Si tratta ovviamente di un'iperbole, visto che potrei citarne almeno altri dieci che gli sono decisamente superiori; tuttavia l'ho trovato piacevole, ben scritto e posso ben comprendere il giudizio ultra positivo che alcuni ne danno. Nonostante ciò, l'autrice si è fatta forse prendere la mano in quel finale delirante, ma lì probabilmente il problema è più mio che suo. Circoscriverlo al recinto della cosiddetta letteratura erotica è certamente un errore; per certi versi lo si potrebbe definire quasi un romanzo di formazione, su una sorta di giovane Holden al femminile che rinuncia volontariamente alla propria adolescenza, alla purezza di un amore giovanile, per soddisfare un desiderio puramente carnale, rappresentato, guarda caso, da un maturo e volgare macellaio, uno che di carnalità è esperto a trecentosessanta gradi.
Non è una lettura facile, "Le boucher", ma non per quello che pensate voi: sono infatti le descrizioni della macelleria a dare il voltastomaco, sono le mezze bestie appese ai ganci e svuotate del loro sangue a provocare disgusto. Ed è naturalmente la metafora della carne, intesa come prodotto della macellazione, che avvolge tutto il libro, trasformando l'atto sessuale in un'esperienza primordiale.
Eros e thanatos in senso canonico (la petite mort, che nell'immobilità post-coito accomuna per un attimo il corpo umano allo scarto morto di macelleria) e in senso più personale e inquietante, per la lucidità con la quale la protagonista usa scientemente il sesso per uccidere, come se non avesse altra scelta: per uccidere sul nascere la sua relazione con Daniel, in effetti. E anche più tardi, in quel finale (che ho definito delirante) in cui cerca ancora di afferrare la bellezza della vita a costo di ferirsi e di degradarsi. Ma qui il racconto è affidato a una persona sia priva del comune senso del pudore che affetta dall'assolutismo della gioventù, e questo rende impossibile distinguere la realtà da una (possibile) esperienza onirica scatenatasi al nascere della ninfomania o di una forma di masochismo.
Sapete che non amo definirmi un recensore, ma a questo punto un giudizio sul libro devo pur darlo. Il testo è breve, la trama esile, lo stile è affascinante e tenta qualche affondo filosofico (non del tutto riuscito, secondo me), ma il vero problema è che il racconto provoca semmai disgusto, non certo eccitazione, perlomeno per quanto riguarda il sottoscritto, ma questo potrebbe non essere un difetto, bensì l'intento preciso dell'autrice. Il giudizio finale resta quindi sospeso fino a che non deciderò, in un futuro per ora remoto, di leggere altre opere della Reyes.
Anch'io non ho mai sentito il bisogno di "approfondire" come dici tu. E poi ammetto che se proprio voglio concedermi un film con molta carne, diciamo così, preferisco che sia carne non al sangue ;-)
RispondiEliminaE sono sicuro che non sei l'unico a preferire i film "ben cotti"...
Eliminal'accostamento eros - bistecche non lo colgo, ma la faccenda comunque rimane inquietante.
RispondiEliminaL'accostamento è un po' forzato, ma in un certo qual modo funziona.
EliminaMi sa che non approfondisco, anche se mi è piaciuta molto la tua recensione (anche se non ti definisci recensore!). :--)
RispondiEliminaDa vegano (e vegetariano da 25 anni) temo che il disgusto mi impedirebbe proprio la lettura...
La lettura potresti anche in teoria affrontarla, tanto le parole, alla fine, non sono che macchioline nere ben disposte sulla carta bianca. Il problema dovrebbe essere più nel film, che invece le immagini te le butta lì belle chiare.
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