Tata. Abbreviazione di patata. Tanto era patato il tuo fratellone Elvis, tanto eri riuscita a farti patata anche tu, amore mio. Non posso credere che non ci sei più. Il mio cuore sanguina incessantemente. Una fitta insopportabile, come se una mano invisibile mi pugnalasse ripetutamente il petto con tutte le sue forze. Mi manca il respiro. Mi manca la terra sotto i piedi. Mi manca un senso da dare a queste giornate, un senso da dare a questa vita che dovrò trascorrere senza di te, tesorino mio.
Non pensavo di dover dedicare anche a te parole come quelle che scrissi per Elvis tre anni fa. Non lo avrei mai pensato. Non avrei pensato che accadesse così presto. Eri così giovane, così piena di vita. Non è giusto. Non è giusto.
Eppure all’improvviso il tuo piccolo cuoricino si è fermato, senza una ragione. Come è potuto succedere? Forse è stato perché eri troppo buona. Si dice che gli angeli chiamino presto a sé le anime troppo buone, perché il mondo terreno non le merita. Tu, che non avevi nemmeno sei anni, eri così traboccante d’amore… forse gli angeli ti hanno chiamata. Forse.
Apparisti dal nulla una domenica pomeriggio d'autunno. La tua mamma ed io stavamo ciondolando per casa quando una macchia marrone, che eri tu, attirò la nostra attenzione. Aggrappata come un geko all’esterno della nostra zanzariera, con tutte e quattro le zampine appese, ci stavi dicendo che quella sarebbe stata la tua casa. E che non potevamo farci niente, perché oramai avevi deciso.
Accecati da tanto splendore, non potemmo far altro che aprire la zanzariera. Come un fulmine al ciel sereno ti precipitasti all’interno sbraitando come una forsennata. Oggi sappiamo che quello sbraitare era il tuo marchio distintivo: eri una brontolona di prima categoria! Solo poche ore dopo, quella stessa notte, assaporasti le gioie del letto matrimoniale, mentre il povero Elvis, scocciato e offeso, dovette traslocare (ma solo per pochi giorni) sul divano. Ma Elvis era un micio buono e gentile, ci tenne il muso solo per un paio di giorni e poi riprese rapidamente possesso dei suoi spazi, primo tra tutti il lettone, nel quale passava notti intere infilato a crogiolare sotto le lenzuola, incurante del caldo e degli eventuali inconvenienti che là sotto, di tanto in tanto, possono capitare.
Quando Elvis un giorno se n’è andato, anche lui chiamato giovanissimo dagli angeli, tu hai cercato in tutti i modi di consolare la nostra pena. E devo dire che, con tanta pazienza, alla fine ci sei riuscita perfettamente. Improvvisamente sei diventata super affettuosa, trascorrevi ore e ore con noi, spesso rinunciavi addirittura alle tue piccole avventure in giardino pur di deliziarci della tua presenza. Una presenza che era impossibile da ignorare, perché non facevi altro che parlare, parlare, parlare. Correvi continuamente di qua e di là inseguendo le tue palline (anzi, le tue pallette) colorate e invitando il tuo papà a giocare con te. Eri davvero instancabile. E riuscivi ad emettere i suoni più strani, ricordi? Riuscivi ad imitare il latrato del cane e il gracidio della rana. Ti ricordi quanto ci divertivamo quanto tu attraversavi il cuscino calpestando il tuo papà e inevitabilmente finivi “ranizzata”? E com’eri brava a fare l’orsetto sollevandoti sulle zampe posteriori? D’altra parte con quel culetto orsacchiottoso cosa altro potevi fare? Nel tempo ti eri costruita tutt’attorno un mondo fatto di piccole abitudini. Quando il papà si alzava al sabato mattina tu, sapendo non si sa come che era sabato, insistevi per farti aprire la finestra della camera da letto, così da poterti affacciare e da lì pontificare. Stavi in finestra per ore. Una posizione privilegiata, dalla quale amavi guardare il mondo dall’alto in basso. Ricordi come ti divertivi quando il papà e la mamma facevano i mestieri? Zampettavi sul bagnato o ti rotolavi dove era stato appena spolverato. E ogni volta che il papà apriva l’armadio ti ci fiondavi dentro come un razzo, cercando di fare a pezzi (ma in senso buono) le sete della mamma.
La mattina appena alzati tu ci deliziavi coi tuoi soliti siparietti: un po’ di strofinamenti con la mamma in bagno e poi via di corsa sulla sedia del papà prima che quest’ultima potesse essere occupata da lui. Quando, non senza difficoltà, venivi fatta scendere arrivava il tuo momento di arrampicarti sopra la cucina, dalle cui altezze guardavi noi due che finivamo di fare colazione. Dopodiché, con un colpo di reni, il papà si rinchiudeva in bagno, la qual cosa era per te inaccettabile. E allora ti mettevi a grattare furiosamente contro la porta finché il rassegnato genitore non ti faceva entrare, portando a termine le sue abluzioni con te sulle ginocchia. La domenica mattina era un casino, perché papà e mamma si alzavano più tardi del solito. Ma tu avevi studiato un tuo piano per impedire che tale fastidiosa abitudine si protraesse troppo a lungo: una precisa sequenza di attività che in un modo o nell’altro ti avrebbero permesso di raggiungere il tuo scopo. Piano A: grattare sulla finestra. Piano B: grattare l’armadio. Piano C: salire sulle federe e leccare furiosamente i capelli del tuo papà. Piano D: scaraventare furiosamente la sabbia fuori dalla lettiera. Se tutto questo non funzionava passavi quindi al Piano E, notoriamente infallibile: il vomitotto sotto al letto. Una volta che papà e mamma si fossero alzati, tu avresti finalmente avuto il letto tutto per te, furbacchiona! Forse era il tuo modo per vendicarti del lavotto del sabato sera, quando il papà ti strofinava una salvietta umida per toglierti di dosso lo sporco della settimana. Proprio non ti piacevano i lavotti, vero Dorina? E non ti piacevano nemmeno i tagliotti delle unghie, così come non ti piaceva venire frontlainata.
Per quasi sei anni sei stata la padrona assoluta della casa. Non esisteva un angolo che non fosse tuo. Non si faceva nulla senza il tuo consenso. Sei sempre stata una micia a modo, gentile e garbata, e proprio per questo bramavi costantemente il centro dell’attenzione: non potevi stare da sola in una stanza, né tantomeno accettavi che papà e mamma dedicassero del tempo a qualcosa che non fossi tu. Come avevi ragione, piccola mia. Come rimpiangiamo oggi quelle ore fuori di casa. Noi avevamo il lavoro, avevamo gli amici, avevamo tante cose. Tu avevi solo noi.
Quando rientravamo a casa all’ora di cena bisognava quindi assolutamente recuperare il tempo perduto. Tu ti attaccavi subito al mio piede e mi seguivi ovunque andassi. Uscivo sul terrazzo a fumare e tu venivi con me. Rientravo e tu rientravi. Sembrava quasi che ci fosse una corda invisibile che ci legava e ci impediva di allontanarci troppo. A letto però preferivi sempre macignare la mamma ed io un po’ ero invidioso di questo vostro legame esclusivo.
Tuo fratello, finché ha potuto, con te è stato generoso. A modo tuo tu sei stata generosa con tua sorella Piera, quando lei è arrivata. Approfittando della sua ingenuità tu le facevi un sacco di dispetti (questo devi ammettere che è vero), ma lo facevi con amore. In un certo senso siete riuscite a raggiungere una buona intesa: tu le hai insegnato a spargere la sabbia in giro, lei ti ha insegnato ad aprire la zanzariera. Una piccola associazione a delinquere.
Adesso la Piera è rimasta sola e anche lei si vede che soffre. Si guarda in giro, ti cerca, non ti trova. Forse ha capito. Perché è intelligente, la Piera.
Questa casa, tra le cui pareti la nostra storia d’amore è nata ed è cresciuta, appare desolatamente vuota. Un silenzio assordante ci ripete continuamente che tu non ci sei più. Un silenzio che opprime. Un silenzio insopportabile. Mi viene voglia di scappare, fuggire via da questa casa. Scappo, fuggo, ma poi una volta fuori qualcosa mi costringe a tornare. Quasi come se tu mi stessi chiamando. Quasi mi aspettarsi di aprire la porta e accorgermi che nulla in realtà è successo. Ma è successo.
Abbasso lo sguardo e incrocio il musetto della Piera. La prendo in grembo con le lacrime agli occhi. Lei strabuzza gli occhi e sembra volermi dire “Papà, a me vuoi bene?”. Poi scende e va ad affogare il muso nella ciotola. Ciomp Ciomp. Un modo come un altro, il suo, per andare avanti. Una delle tante cose che dovremmo imparare dai mici.
Mia dolcissima Dori,
Hai una vaga idea di quanto ti abbiamo amata, ti amiamo e ti ameremo sempre io e il tuo papà? Viste tutte le carezze, i baci e gli abbracci di cui in questi cinque anni e mezzo ti abbiamo ricoperta non dovresti avere dubbi, ma se così non fosse sappi che, nonostante siano passati solo pochi giorni da quando te ne sei andata, la solitudine e il silenzio attorno a noi sono già insopportabili.
Mi sembra sempre di vederti con la coda dell’occhio, ogni angolo della casa era tuo e mi parla di te.
Certo, c’è la Piera con noi e noi le vogliamo bene, ma la tua presenza è insostituibile e non smetteremo mai di pensare a te e di rimpiangerti. Di baci e carezze te ne avremmo dati un milione di più, ma tu ti scocciavi sempre delle coccole prima che noi ci stancassimo di fartele. Però spesso eri tu a venirle a cercare e questo mi rendeva davvero felice, sai?
Che proprio tu, che sei entrata in questa casa mezza selvatica e avevi così pronunciati l’istinto del cacciatore e la voglia di aria aperta, rinunciassi spesso e volentieri a tutto questo solo per stare acciambellata accanto a noi sul divano ha del miracoloso. Te ne sei andata il 17 giugno, prima ancora di vedere l’inizio dell’estate, ma mi consola il fatto che tu abbia vissuto almeno un’ultima, bellissima primavera di caldo e scorrerie notturne.
Durante questo lungo inverno, l’ultimo che abbiamo trascorso insieme, finalmente hai anche scoperto la bellezza di dormire con noi sotto le coperte (beh, si fa per dire, sai bene che a te lasciavo sopra solo il lenzuolo per non farti troppo caldo, del resto con tutto quel pelo e sottopelo che mi infilavi praticamente in gola anch’io avrei potuto fare tranquillamente a meno della coperta). Quando ti ho tirata sotto le coltri la prima volta, e ti ho stretta a me con la testa sul cuscino vicina alla mia, non la smettevi più di crogiolare…
Non riusciamo a rassegnarci al fatto che non ci sei più, che non sentiremo più la tua vocetta acuta che ci chiama mentre ci segui da una stanza all’altra, che non ti vedremo più con la zampetta alzata in attesa di saltare a mo’ di orso per venire incontro al palmo della nostra mano, che non ci sveglierai più la mattina all’alba passeggiandoci sopra e leccandoci i capelli. Che non ci chiamerai più per farti aprire la finestra, non gratterai più per farti aprire la porta del bagno, non spargerai più furiosamente la sabbia fuori dalla lettiera; che non salterai più sopra la cucina e non staccherai lo zoccolino, che non passeggerai più sul tavolo mentre stiamo mangiando, per farci dispetto, per poi accoccolarti sull’unica sedia libera quasi dovessi pranzare anche tu… Che non vedrò più il tuo musetto bellissimo che si avvicina a me, le tue smorfiette, le tue ciglia lunghe e nere e quegli occhioni azzurri più intensi di due occhi umani, né il tuo panzettino buttato all’aria o in posa da sandwich e quelle fossette sul culetto da orsacchiotto. Che non ti vedrò più in giardino a correr dietro alle mosche, né sul terrazzo ferma a guardare l’orizzonte.
Queste e mille altre piccole e grandi cose sono quello che ci mancherà di te. Ci mancherai tu, tu che ci hai saputo farci tanta compagnia e amarci nonostante tutti i nostri difetti. Ti ringrazio per aver condiviso la tua vita con noi, e spero che tu sia stata felice anche solo un decimo di quanto lo siamo stati noi con te. Avrei voluto darti molto di più e invece, presa da mille altre cose, non mi sono neanche resa conto che a pochi passi da noi a poco a poco ti stavi spegnendo. A cosa pensavi in quei momenti? So che in cuor tuo ci hai perdonati, per quello che non abbiamo saputo darti e per quello che invece abbiamo fatto di sbagliato.
Ora riposi in giardino vicino a tuo fratello Elvis. Ti ho sepolta con le tue pallette, perché se vuoi tu possa continuare a giocare anche là dove ti trovi ora, e con una ciocca dei miei capelli, in modo che tu mi senta sempre vicina. Ora riposa Do’, riposa il tuo cuoricino affaticato e aspettami, che un giorno verrò da te con il tuo papà e staremo di nuovo tutti insieme.
Non pensavo di dover dedicare anche a te parole come quelle che scrissi per Elvis tre anni fa. Non lo avrei mai pensato. Non avrei pensato che accadesse così presto. Eri così giovane, così piena di vita. Non è giusto. Non è giusto.
Eppure all’improvviso il tuo piccolo cuoricino si è fermato, senza una ragione. Come è potuto succedere? Forse è stato perché eri troppo buona. Si dice che gli angeli chiamino presto a sé le anime troppo buone, perché il mondo terreno non le merita. Tu, che non avevi nemmeno sei anni, eri così traboccante d’amore… forse gli angeli ti hanno chiamata. Forse.
Apparisti dal nulla una domenica pomeriggio d'autunno. La tua mamma ed io stavamo ciondolando per casa quando una macchia marrone, che eri tu, attirò la nostra attenzione. Aggrappata come un geko all’esterno della nostra zanzariera, con tutte e quattro le zampine appese, ci stavi dicendo che quella sarebbe stata la tua casa. E che non potevamo farci niente, perché oramai avevi deciso.
Accecati da tanto splendore, non potemmo far altro che aprire la zanzariera. Come un fulmine al ciel sereno ti precipitasti all’interno sbraitando come una forsennata. Oggi sappiamo che quello sbraitare era il tuo marchio distintivo: eri una brontolona di prima categoria! Solo poche ore dopo, quella stessa notte, assaporasti le gioie del letto matrimoniale, mentre il povero Elvis, scocciato e offeso, dovette traslocare (ma solo per pochi giorni) sul divano. Ma Elvis era un micio buono e gentile, ci tenne il muso solo per un paio di giorni e poi riprese rapidamente possesso dei suoi spazi, primo tra tutti il lettone, nel quale passava notti intere infilato a crogiolare sotto le lenzuola, incurante del caldo e degli eventuali inconvenienti che là sotto, di tanto in tanto, possono capitare.
La mattina appena alzati tu ci deliziavi coi tuoi soliti siparietti: un po’ di strofinamenti con la mamma in bagno e poi via di corsa sulla sedia del papà prima che quest’ultima potesse essere occupata da lui. Quando, non senza difficoltà, venivi fatta scendere arrivava il tuo momento di arrampicarti sopra la cucina, dalle cui altezze guardavi noi due che finivamo di fare colazione. Dopodiché, con un colpo di reni, il papà si rinchiudeva in bagno, la qual cosa era per te inaccettabile. E allora ti mettevi a grattare furiosamente contro la porta finché il rassegnato genitore non ti faceva entrare, portando a termine le sue abluzioni con te sulle ginocchia. La domenica mattina era un casino, perché papà e mamma si alzavano più tardi del solito. Ma tu avevi studiato un tuo piano per impedire che tale fastidiosa abitudine si protraesse troppo a lungo: una precisa sequenza di attività che in un modo o nell’altro ti avrebbero permesso di raggiungere il tuo scopo. Piano A: grattare sulla finestra. Piano B: grattare l’armadio. Piano C: salire sulle federe e leccare furiosamente i capelli del tuo papà. Piano D: scaraventare furiosamente la sabbia fuori dalla lettiera. Se tutto questo non funzionava passavi quindi al Piano E, notoriamente infallibile: il vomitotto sotto al letto. Una volta che papà e mamma si fossero alzati, tu avresti finalmente avuto il letto tutto per te, furbacchiona! Forse era il tuo modo per vendicarti del lavotto del sabato sera, quando il papà ti strofinava una salvietta umida per toglierti di dosso lo sporco della settimana. Proprio non ti piacevano i lavotti, vero Dorina? E non ti piacevano nemmeno i tagliotti delle unghie, così come non ti piaceva venire frontlainata.
Per quasi sei anni sei stata la padrona assoluta della casa. Non esisteva un angolo che non fosse tuo. Non si faceva nulla senza il tuo consenso. Sei sempre stata una micia a modo, gentile e garbata, e proprio per questo bramavi costantemente il centro dell’attenzione: non potevi stare da sola in una stanza, né tantomeno accettavi che papà e mamma dedicassero del tempo a qualcosa che non fossi tu. Come avevi ragione, piccola mia. Come rimpiangiamo oggi quelle ore fuori di casa. Noi avevamo il lavoro, avevamo gli amici, avevamo tante cose. Tu avevi solo noi.
Quando rientravamo a casa all’ora di cena bisognava quindi assolutamente recuperare il tempo perduto. Tu ti attaccavi subito al mio piede e mi seguivi ovunque andassi. Uscivo sul terrazzo a fumare e tu venivi con me. Rientravo e tu rientravi. Sembrava quasi che ci fosse una corda invisibile che ci legava e ci impediva di allontanarci troppo. A letto però preferivi sempre macignare la mamma ed io un po’ ero invidioso di questo vostro legame esclusivo.
Tuo fratello, finché ha potuto, con te è stato generoso. A modo tuo tu sei stata generosa con tua sorella Piera, quando lei è arrivata. Approfittando della sua ingenuità tu le facevi un sacco di dispetti (questo devi ammettere che è vero), ma lo facevi con amore. In un certo senso siete riuscite a raggiungere una buona intesa: tu le hai insegnato a spargere la sabbia in giro, lei ti ha insegnato ad aprire la zanzariera. Una piccola associazione a delinquere.
Adesso la Piera è rimasta sola e anche lei si vede che soffre. Si guarda in giro, ti cerca, non ti trova. Forse ha capito. Perché è intelligente, la Piera.
Questa casa, tra le cui pareti la nostra storia d’amore è nata ed è cresciuta, appare desolatamente vuota. Un silenzio assordante ci ripete continuamente che tu non ci sei più. Un silenzio che opprime. Un silenzio insopportabile. Mi viene voglia di scappare, fuggire via da questa casa. Scappo, fuggo, ma poi una volta fuori qualcosa mi costringe a tornare. Quasi come se tu mi stessi chiamando. Quasi mi aspettarsi di aprire la porta e accorgermi che nulla in realtà è successo. Ma è successo.
Abbasso lo sguardo e incrocio il musetto della Piera. La prendo in grembo con le lacrime agli occhi. Lei strabuzza gli occhi e sembra volermi dire “Papà, a me vuoi bene?”. Poi scende e va ad affogare il muso nella ciotola. Ciomp Ciomp. Un modo come un altro, il suo, per andare avanti. Una delle tante cose che dovremmo imparare dai mici.
Ciao Dori. Ciao Amore. Non ti dimenticheremo mai.
Il tuo papà
Mia dolcissima Dori,
Hai una vaga idea di quanto ti abbiamo amata, ti amiamo e ti ameremo sempre io e il tuo papà? Viste tutte le carezze, i baci e gli abbracci di cui in questi cinque anni e mezzo ti abbiamo ricoperta non dovresti avere dubbi, ma se così non fosse sappi che, nonostante siano passati solo pochi giorni da quando te ne sei andata, la solitudine e il silenzio attorno a noi sono già insopportabili.
Mi sembra sempre di vederti con la coda dell’occhio, ogni angolo della casa era tuo e mi parla di te.
Certo, c’è la Piera con noi e noi le vogliamo bene, ma la tua presenza è insostituibile e non smetteremo mai di pensare a te e di rimpiangerti. Di baci e carezze te ne avremmo dati un milione di più, ma tu ti scocciavi sempre delle coccole prima che noi ci stancassimo di fartele. Però spesso eri tu a venirle a cercare e questo mi rendeva davvero felice, sai?
Che proprio tu, che sei entrata in questa casa mezza selvatica e avevi così pronunciati l’istinto del cacciatore e la voglia di aria aperta, rinunciassi spesso e volentieri a tutto questo solo per stare acciambellata accanto a noi sul divano ha del miracoloso. Te ne sei andata il 17 giugno, prima ancora di vedere l’inizio dell’estate, ma mi consola il fatto che tu abbia vissuto almeno un’ultima, bellissima primavera di caldo e scorrerie notturne.
Durante questo lungo inverno, l’ultimo che abbiamo trascorso insieme, finalmente hai anche scoperto la bellezza di dormire con noi sotto le coperte (beh, si fa per dire, sai bene che a te lasciavo sopra solo il lenzuolo per non farti troppo caldo, del resto con tutto quel pelo e sottopelo che mi infilavi praticamente in gola anch’io avrei potuto fare tranquillamente a meno della coperta). Quando ti ho tirata sotto le coltri la prima volta, e ti ho stretta a me con la testa sul cuscino vicina alla mia, non la smettevi più di crogiolare…
Non riusciamo a rassegnarci al fatto che non ci sei più, che non sentiremo più la tua vocetta acuta che ci chiama mentre ci segui da una stanza all’altra, che non ti vedremo più con la zampetta alzata in attesa di saltare a mo’ di orso per venire incontro al palmo della nostra mano, che non ci sveglierai più la mattina all’alba passeggiandoci sopra e leccandoci i capelli. Che non ci chiamerai più per farti aprire la finestra, non gratterai più per farti aprire la porta del bagno, non spargerai più furiosamente la sabbia fuori dalla lettiera; che non salterai più sopra la cucina e non staccherai lo zoccolino, che non passeggerai più sul tavolo mentre stiamo mangiando, per farci dispetto, per poi accoccolarti sull’unica sedia libera quasi dovessi pranzare anche tu… Che non vedrò più il tuo musetto bellissimo che si avvicina a me, le tue smorfiette, le tue ciglia lunghe e nere e quegli occhioni azzurri più intensi di due occhi umani, né il tuo panzettino buttato all’aria o in posa da sandwich e quelle fossette sul culetto da orsacchiotto. Che non ti vedrò più in giardino a correr dietro alle mosche, né sul terrazzo ferma a guardare l’orizzonte.
Queste e mille altre piccole e grandi cose sono quello che ci mancherà di te. Ci mancherai tu, tu che ci hai saputo farci tanta compagnia e amarci nonostante tutti i nostri difetti. Ti ringrazio per aver condiviso la tua vita con noi, e spero che tu sia stata felice anche solo un decimo di quanto lo siamo stati noi con te. Avrei voluto darti molto di più e invece, presa da mille altre cose, non mi sono neanche resa conto che a pochi passi da noi a poco a poco ti stavi spegnendo. A cosa pensavi in quei momenti? So che in cuor tuo ci hai perdonati, per quello che non abbiamo saputo darti e per quello che invece abbiamo fatto di sbagliato.
Ora riposi in giardino vicino a tuo fratello Elvis. Ti ho sepolta con le tue pallette, perché se vuoi tu possa continuare a giocare anche là dove ti trovi ora, e con una ciocca dei miei capelli, in modo che tu mi senta sempre vicina. Ora riposa Do’, riposa il tuo cuoricino affaticato e aspettami, che un giorno verrò da te con il tuo papà e staremo di nuovo tutti insieme.
Ti voglio tanto bene.
La tua mamma
mi avete commosso , non so dire altro...
RispondiEliminaTi ringraziamo di cuore per esserti commosso. D'altro canto non avevamo dubbi: sappiamo che tu hai il cuore grande grande...
EliminaNemmeno un anno fa la Dori aveva scaldato i cuori dei tuoi lettori sul tuo blog... com'è strano oggi essere qui e parlare al passato....
Non so che dire, mi dispiace un sacco per voi. :-(
RispondiEliminaNon c'è nulla da dire. Siamo già contenti che tu abbia lasciato un segno qui.
EliminaQuanto amore che affiora dalle vostre parole, e qunato dolore... Mi dispiace davvero molto... Forza... Un abbraccio
RispondiEliminaAbbraccio ricambiato. Grazie. Sappiamo bene che ci sei vicino.
EliminaC'è Piera con voi ad alleviare un poco il dolore, ma Elvis prima e Dorina ora sono e saranno insostituibili, due personcine (perchè di questo si tratta) distinte ma che fanno parte delle vostre bellissime anime. Il tempo trascorso insieme è stato un privilegio per tutti, felini e umani. I gatti non si approfittano quando sanno che intorno a loro c'è amore perchè sanno come ricambiarlo.
RispondiEliminaUn abbraccio sincero
Il tempo trascorso insieme è stato davvero un regalo piovuto dal cielo. L'amore che abbiamo ricevuto è stato immenso, molto più di quanto avremmo mai potuto sperare e meritare.
EliminaUn abbraccio a voi.
RispondiEliminaGrazie Glò. Grazie mille.
EliminaMi dispiace, so bene quanto ci si possa affezionare agli animali domestici, cani e gatti in modo particolare. Ma tutti questi bei ricordi nessuno potrà mai toglierveli.
RispondiEliminaI ricordi rimangono, è vero. Forse sono un premio, forse una punizione, ma i ricordi rimangono.
EliminaAnche se non ho mai avuto cani o gatti, posso capire perché ho vissuto l'esperienza per altre vie. In casa mia, famiglia di cacciatori, la passione era tutta per i pennuti e i miei grandi amori sono stati un merlo, una fringuella, un passero femmina, che tenevamo liberi in giardino, anche se tutti loro amavano trascorrere parte del loro tempo in casa. Bei ricordi, ma tutti accompagnati alla fine dall'inevitabile dolore della perdita.
RispondiEliminaIl dolore della perdita è insopportabile. È qualcosa di cui si dovrebbe tener conto sin dall'inizio. Ma, come diceva Fabrizio De Andrè, "è stato meglio lasciarci che non esserci mai incontrati"...
EliminaHo le lacrime agli occhi. Povere bestioline dolci, che tanto affetto ci sanno dare e marchiano a fuoco il nostro cuore. Quando se ne vanno è terribile (il mio Gatto Biondo se n'è andato ormai due mesi fa ma ancora lo cerco con gli occhi in giardino perché l'estate era la sua stagione...) ma rimane sempre la speranza che siano stati felici anche loro in nostra presenza, almeno quanto lo siamo stati noi con loro.
RispondiEliminaCondoglianze a tutti e due!
Grazie per le tue lacrime. Lacrime che ricambiamo per la perdita del tuo micio, ancora così presente nei tuoi occhi e nelle tue parole. Non smetteremo mai di sentire la loro presenza intorno a noi....
Elimina: (
RispondiEliminaUna sintesi perfetta. Grazie.
EliminaSono sinceramente commossa, era una micia splendida. Vi mando un abbraccio.
RispondiEliminaEra bella, vero? Grazie Mari, Grazie anche a te.
EliminaMi dispiace molto per la vostra micia. Mi avete fatta commuovere.
RispondiEliminaSo cosa provate, le cose che avete scritto mi ricordano il mio Grinta, sparito misteriosamente cinque anni fa e mai più tornato. Anche lui aveva una tecnica infallibile per farmi alzare: prima miagolava, poi veniva a mordere la mia mano e, alla fine, senza fallire mai, passava alle "torture": mi leccava le palpebre, cosa che non ho mai sopportato.
Sanno dare un amore infinito e un dolore enorme quando se ne vanno, ma i momenti passati insieme sono indimenticabili.
Come diceva il dottore di Grinta, "quando se ne va uno, la cura migliore è prenderne un altro, o anche due". Lei di sicuro non si offenderebbe e chissà che lei stessa non vi mandi presto un'altra "patatina" necessitante di aiuto. Questo è il periodo e lei sa che la trattereste bene.
Un abbraccio forte ad entrambi
Non ci dimenticheremo mai di quelle loro piccole torture. È stato il loro modo di amare.... e ci manca tanto. Il veterinario del povero Grinta ha ragione: il mondo è pieno di mici sfortunati che meriterebbero un divano sul quale appallottolarsi. In questo momento vogliamo solo pensare un attimo alla Piera e ai suoi sentimenti, ma presto ci recheremo al gattile e le cercheremo una buona compagnia. Cercheremo possibilmente un micio adulto, magari un tantino sgarruppato, uno di quelli che non vuole più nessuno, perché crediamo sia giusto che almeno uno di loro possa avere una possibilità.
EliminaCiao Obsidian, mi dispiace tanto! Tantissimo! So così si prova purtroppo,. L'abbiamo provato tantissime volte nel corso degli anni e ogni volta il dolore si rinnova sempre più forte. Il senso di vuoto è sempre più forte!
RispondiEliminaIo sono convinta che da lassù dove è ora vi guardi con sorriso e rimpianto per avervi lasciato. Sono però convinta che nel momento in cui prenderete un altro micio lei sorriderà ancora di più perchè avrà la certezza che, per quanto brutta come tutte le morti, la sua non sia stata inutile. Sarà servita a dare una casa ad un altro gatto bisogno.
Un bacio e te e consorte.
ps noi stiamo attendo che si avvicini questo orribile momento per il nostro Pippo, il cane. Ogni giorno vissuto è un giorno rubato alla morte però dall'alto dei suoi 16 anni se non 17, con tutti i problemi che ha il veterinario ci ha detto che vita lunga non c'è più... non farmici pensare!|
Grazi per le belle parole. So bene quanto sono sincere. Ho seguito, come tanti, le vicissitudini di Pippo sul tuo blog. Ora più che mai lui ha bisogno di te, della sua mamma. Per lui adesso ogni momento conta solo se ci sei tu vicino. Rendigli ogni istante indimenticabile.
EliminaLo so Obsidian e lo sa pure Pippo che ne approfitta alla grande.
EliminaMa chi se ne frega!!!!!!! E avanti coi vizi!
Patatoooo!!!! Ma sì! Cosa sarà mai qualche piccolo vizio?
EliminaCiao. Mi dispiace moltissimo. Capisco quanto sia doloroso perdere qualcuno e quanto sia straziante non poter più condividere insieme una routine che scandiva i vari momenti della giornata e che, nel tempo, ha rafforzato i rapporti che vi legavano.
RispondiEliminaQuelle che sembrano piccole cose, i riti quotidiani, sono spesso le cose più genuine. E' così difficile sopravvivere alla loro mancanza....
EliminaSto piangendo... un abbraccio a entrambi.
RispondiEliminaPurtroppo so cosa vuol dire: Flik è morta da sei mesi e ancora non riesco nemmeno a togliere la sua foto dal cellulare, dal desktop del pc, dall'avatar del blog... è un pezzo del mio cuore e lo sarà sempre.
Ancora un abbraccio per tutti e due... solo questo...
Capisco bene come sia impossibile cambiare lo sfondo del desktop e tutto il resto. Ma del resto perché farlo?
EliminaAbbraccio ricambiato di cuore!
Solo per cercare di lenire il dolore, solo per questo... ogni tanto i ricordi sanno fare male, anche (o forse soprattutto?) quando sono belli. Ma il tempo aiuta ad andare avanti...
EliminaNerone si sentiva solo.... :"(
RispondiEliminaMi sa.
EliminaHo avuto una gatta per 15 anni con cui ho condiviso tutto con lei, persino i bisogni suoi perché ogni tanto voleva che le tenessi compagnia e parlava tanto tanto e la capivo sempre. Capisco la situazione in cui vi trovate.
RispondiEliminaUn abbraccio forte forte
Se l'hai tenuta per quindici anni non faccio fatica ad immaginare la tragedia della tua perdita. Abbraccio ricambiato.
EliminaIl grande "problema", lo scrivo tra virgolette perchè chi ama gli animali non lo vede affatto come tale, è che con i nostri amici pelosi e non si divide tutto davvero. Dallo yogurt al divano al pc o al libro... Jerry mi veniva in grembo quando ero al pc.
RispondiEliminaUna volta le ho perfino fatto vedere le sue foto (prima che il pc si rompesse e le perdessi tutte grrrrrr). Le spiegavo dove era e cosa stava facendo... i miei no, ci sono abituati ma qualcuno che non mi conoscesse poteva pensare che ero pazza.
Però, confermo! Per gli animali, gatti soprattutto pazza lo sono! Alla follia!
Ciao Obsidian
Solo chi non ha mai avuto un peloso in casa potrebbe pensarti pazza...
Elimina=^_^=
Dio santo, ho letto e sono rimasto senza parole...
RispondiEliminaNon servono parole....
EliminaNo non servono, si può solo sublimare magari scrivendo come noi facciamo quando sui blog parliamo di tutto e di niente. Nel mio ho scritto un post sulla morte, è servito più a me, per elaborare i miei dolori che alla persona cui era indirizzato. L'amore è l'amore, che abbia due gambe, i baffi e la coda non importa, alla fine non c'è un cazzo da fare se non continuare ad amare e proteggere coloro e ciò a cui teniamo di più al mondo. Scusa per la filippica e per il francesisismo che ho usato. Ma sono rimasto molto colpito. sarà che a me l'estate opprimente fa l'effetto che ad alcuni fa l'inverno.
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