domenica 3 marzo 2019

Il varco di Satana

Tra tante novità editoriali e tanti classici universali che avrei potuto recensire, oggi mi occuperò di un romanzo che è tutt’altro che una novità e che non è un classico neanche nel suo genere, tanto che il suo autore, Frank Dubrez Fawcett (1891-1968), originario di Driffield nello Yorkshire, non si è guadagnato nemmeno una voce di Wikipedia, neppure in quella del suo paese d'origine.
È anche vero che Fawcett non scelse mai un genere ben definito, passando con estrema scioltezza dalle hard-boiled gangster novels alle più romantiche avventure per ragazzi. Un particolare questo che forse lo ha un po’ penalizzato, così come certamente non ha favorito la sua notorietà la scelta di utilizzare una serie infinita di pseudonimi, tra cui Cass Borelli, Henri Dupres, Madame E Farra, "Griff", Eugene Glen, Duke Linton, Coolidge McCann, Elmer Eliot Saks, Ben Sarto e Hank Spencer (tra l’altro pseudonimi dietro i quali, nel corso del tempo, si sono alternati numerosi autori). Ma erano gli anni a cavallo della guerra e non deve stupire, vista la mentalità dell’epoca, che si preferisse rimanere nell’ombra, specialmente se chi versava lo stipendio, l’editore Edwin Henry Turvey, aveva sulle spalle una condanna a due anni per pubblicazione di letteratura definita “oscena”. (fonte)

Eppure "Il varco di Satana" (Hole in Heaven, 1954), nonostante si adatti perfettamente alla dozzinale scena pulp, qualcosa di tremendamente buono ce l'ha ed è per questo che, nonostante non ne fossi del tutto convinto mentre lo leggevo, mi trovo oggi a scriverne.
Pubblicato in Italia una sola volta nel lontano 1957, nell'edizione che vedete qui sopra, lo si può ancora rintracciare con un po' di fortuna e un pizzico di sacrificio economico nel mercato dell'usato. Il nome della collana che ha accolto Fawcett nel suo catalogo 60 anni fa non vi deve trarre in inganno: non stiamo affatto parlando di fantascienza. Siamo invece di fronte a un romanzo sul tema della possessione diabolica che, se vogliamo, ha il grande pregio di aver anticipato di un quarto di secolo il capolavoro di William Peter Blatty.

Piccantissimi"pulp" firmati da Ben Sarto, uno degli pseudonimi preferiti di Fawcett
La prosa datata, la tecnica un po' approssimativa, caratteristica comune a tutta la pulp fiction di quei tempi, e lo sviluppo incerto, non sottraggono comunque nemmeno un grammo di valore all'idea di partenza.
Che cos'è la "forza vitale" che si è impossessata del corpo martoriato di Nemo? E chi è, veramente, Nemo? Il potere di quella sconosciuta energia è terrificante, avvince e fa fremere. Il Varco di Satana ha pagine di una potenza evocativa difficilmente superabile, e come l'ambizioso dottor Hyman, come l'avido studente Lipwade, facile preda di colui che credeva di dominare, come la dolce Ester, come il mite vicario, così anche i lettori rimarranno affascinati e inorriditi di fronte alla inafferrabile, sconcertante, mutevole personalità - candida come un neonato e tenebrosa come lo spirito stesso del Male - che un misterioso destino ha voluto mandare fra gli uomini, monito forse della fragilità umana e simbolo delle enormi, sconosciute forze che avvolgono l'universo.
Il primo capitolo si apre con una tragedia: un disastroso incendio notturno si abbatte su una fabbrica e su tre sfortunati operai che si trovano nel posto sbagliato al momento sbagliato. Solo uno dei tre corpi, irriconoscibili per le gravi ustioni (avrei forse dovuto dire “semicarbonizzati”), mostra un flebile segno di vita. Seppure in una situazione di profonda incoscienza, e completamente avvolto dalle bende come un cadavere egiziano d’altri tempi, il protagonista Nemo (dal latino "nessuno": nome affatto casuale, visto che la sua reale identità non è stata stabilita) si rivelerà essere il varco perfetto per l’accesso satanico nel nostro mondo. D’altra parte è risaputo, grazie anche alle decine di filmacci di stampo esorcistico in circolazione, che l’encefalogramma malandato è la miglior predisposizione possibile per il breakout mefistofelico.

Si fa davvero fatica a stare dietro a tutti gli pseudonimi usati da Fawcett. Eccone alcuni.
Nemo, dal profondo del suo coma (e qui mi verrebbe da fare un accostamento col Nautilus, che però vi risparmio), riemerge a più riprese ora con l’identità di una delle vittime, ora dell’altra, ora dell’altra ancora. Parte a questo punto un lungo e gustosissimo siparietto che tanto ricorda la vicenda di quel tizio di Collegno che negli anni Venti fu conteso da due donne, la moglie di Giulio Canella e quella di Mario Bruneri (dubito comunque che lo scrittore inglese ne abbia mai sentito parlare).

L’autore a questo punto si perde dietro a un intreccio che definire scombinato è cosa generosa. C’è spazio un per po’ per tutti gli stereotipi del pulp, tra rampolli senza scrupoli che ingannano i propri consanguinei, fanciulle innamorate che fanno cose stupide, gangster che fanno cose da gangster, più un variegato mix di sbirri e religiosi che recitano la loro plausibile parte. Nonostante in tutto questo Satana c’entri ben poco, come immagino abbiate già capito, stiamo parlando di un eccezionale fantahorror cui la dimensione underground sta un pelino stretta. Tre anime senza pace lottano fra loro per impossessarsi di unico corpo, non bellissimo a vedersi, ma ancora vitale. Se mi consentite il parallelo, è un po’ come iscriversi a un concorso assieme ad altre mille persone per un singolo posto di usciere al comune di Collevecchio sul Poggio.

14 commenti:

  1. Si te lo passo il parallelo,anche perché -ti assicuro essendoci passato-anche fare un concorso per una singola posizione assieme ad altre 999 persone è una prova che il diavolo esiste. ;) LOL

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    1. Posso solo provare ad immaginare la situazione, essendo uno dei pochi fortunati ad essere passato indeterminato quand'ero poco più che ventenne e ad esserci rimasto da allora. Deve essere tremendamente frustrante o, come dici tu, diabolico.

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  2. Scrivere alla fine è un talento. Un autore di pulp che scrive roba tipo dieci romanzi l'anno e ci vive, sarà pure nazionalpopolare ma evidentemente sa scrivere. Non è perciò sorprendente che qualcosa di valido esca dalla sua penna.

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    1. Deve essere la famosa "legge dei grandi numeri", che non ho mai capito cosa voglia dire esattamente ma mi pare potrebbe adattarsi bene a questa situazione.

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  3. La chiusura del tuo articolo mi ha fatto pensare: questo sì che è il vero horror, e ci circonda tutti i giorni... ! Della trama del libro non dico nulla, ma io trovo che le copertine siano bellissime. Mi piace molto "The oldest profession". Ma quanti pseudonimi aveva questo signore?

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    1. Ne aveva tantissimi e probabilmente li condivideva con altri scrittori anonimi, così che nessuno poteva mai sapere chi si celasse dietro quel nume. Non era difficile, visto che praticamente tutti scrivevano nella stessa maniera, farsi passare ora per l'uno ora per l'altro.

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  4. Ciao il discorso degli pseudonimi per continuare a lavorare e quindi vivere mi ha incuriosito...però effettivamente date le motivazioni che scrivi ,l’epoca ci sta eccome !
    Non lo conoscevo e peccato sia difficile reperirlo forse addirittura nei mercatini dell’usato....perché il racconto sembra interessante.
    Poi non ho mai letto sto racconti pulp!
    Riguardo a Wikipedia e il discorso che fai sul fatto che mancano tante voci di scrittori anche molto conosciuti , sto parlando di scrittori italiani, ne parlavano la settimana scorsa su un blog che a volte seguo.
    La parlavano di due scrittori uno dei quali pure critico musicale e l’altro pure vincitore di un premio Strega.
    Eppure non menzionati da Wikipedia.
    Da quello che ho capito basta che cominci te a parlarne iscrivendoti e dopo gli altri lettori possono aggiungere notizie.
    In teoria potresti finire anche te su Wikipedia 😀
    Ciao

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    1. Magari non è nemmeno così difficile, visto che io l'ho trovato. Il problema è avere voglia di scavare tra mille Urania apparentemente tutti uguali di cui sono piene le bancarelle....
      Mi hai dato un'idea! Potrei creare la mia pagina wikipedia personale! Credo che potrei anche essere il primo blogger ad averne una... ahahah

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    2. Potresti provare Obs, ma tra le maggiori barriere che impediscono, non la creazione, ma il permanere di una pagina personale su Wikipedia, c'è proprio l'autopubblicazione.

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  5. I romanzi dell'Urania li incrocio spesso nei mercatini e nei negozi dell'usato ( quelle copertine sono meravigliose e mi ci incanto già solo a guardarle ).
    Se mi capita ci butterò un occhio.

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    1. Anch'io sono del parere che quelle copertine siano meravigliose, così com'erano meravigliose quelle del nostro leggendario Walter Molino, che trovavamo su decine di riviste (anzi, di rotocalchi) nelle nostre edicole anni Sessanta e Settanta.
      I contenuti? Beh, quelli erano meno importanti. Ho sentito dire che ci sono collezionisti che gettano via le pagine interne dei vecchi numeri de "La domenica del Corriere"... tanto sono le illustrazioni di copertina del pittore Achille Beltrame che hanno un valore.

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  6. Con queste chicche librarie mi conquisti in un attimo ^_^
    All'epoca Urania aveva una politica di maniche larghe con i generi, e di quel periodo mi è capitato di leggere cose incredibili, in effetti di difficile catalogazione: semplicemente "fantastiche", nel senso che trattano argomenti di fantasia.
    Era anche l'epoca di Urania che pubblicava John Russell Fearn (l'uomo dai mille pseudonimi e dal milione di romanzi!) prendendolo dalla Francia, forse addirittura non sapendo che era lui Vargo Statten. Chi scrive tanto ha tanti pseudonimi, ma di solito chi scrive "così" tanto non cura le proprie opere, che sono scritte in serie.
    Per esempio scopro che con uno degli pseudonimi che citi, Ben Sarto, è uscito in Italia nel 1957 "Preludio mortale" nella collana da edicola "I Gialli Polizieschi Americani", di cui conservo un esemplare delizioso nella mia collezione. Però di solito questi erano italiani "sotto copertura": chissà se quel Ben Sarto è proprio Fawcett...
    Quelle collane presentavano oceani di romanzetti scritti velocemente e con personaggi preimpostati, spesso rubati di peso dai film americani che la TV trasmetteva e che appassionavano. Gangster da operetta, donnine allegre, poliziotti "duri", tutti stereotipi scritti senza molto criterio con trame molto poco studiate quando non proprio confusionarie. Succede, con scrittori che sfornano centinaia di romanzi in breve tempo nascondendosi sotto elenchi telefonici di pseudonimi.
    Ecco, ora m'hai fatto venir voglia di qualche pulp pezzente d'annata, come se non bastasse il viaggio che ho fatto in questi giorni inseguendo un racconto degli anni Quaranta e tutte le sue versioni (di cui parlerò la prossima settimana), ora ho voglia di... pulpeggiare! Tutta colpa tua! :-D

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    1. E pulp pezzente d'annata sia, allora! Riguardo a Ben Sarto non mi stupirebbe scoprire che, oltre a Fawcett e a chissà chi altro, ci sia anche qualche millantatore italiano dietro quel nome. In fondo chi mai potrebbe reclamare i diritti d'autore a qualcuno che non esiste?

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  7. Morto nel 1968? Peccato che abbiano esteso la durata dei diritti d'autore da 50 a 70 anni, altrimenti chiunque di noi avrebbe potuto già pubblicare una nuova edizione italiana dell'opera.

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