domenica 7 marzo 2021

Teke Teke

Un anno dopo il lungo speciale su Botan Dōrō, la lanterna delle peonie, torna sulle pagine virtuali di Obsidian Mirror un nuovo appuntamento con la classicissima rubrica Hyakumonogatari Kaidankai (百物語怪談会), ovvero “Cento storie del mistero”, progetto ormai di lunga data che si prefigge l'obiettivo di pubblicare una serie di cento articoli dedicati al sovrannaturale della tradizione giapponese.
Si potrebbe opinare, e immagino che qualcuno lo farà, sulla reale opportunità di inserire quella che è a tutti gli effetti una leggenda urbana in una serie come questa, ma considerato che il Teke Teke (テケテケ) è un personaggio che ha raggiunto livelli di notorietà tali da apparire ormai destinato alla memoria perpetua, mi sono detto "perché no?". In fondo, il Teke Teke non è meno creepy di quanto non possa esserlo un qualunque yōkai della millenaria tradizione giapponese e, per inciso, il suo aspetto bizzarro gli consente di reggere benissimo il confronto con uno Hyakume (百目) dai cento occhi, o con un Kasa-obake (傘おばけ), il celebre spettro a forma di ombrello. Il vantaggio, o lo svantaggio a seconda da che parte lo guardi, è che una leggenda urbana è generalmente storia recente e, in quanto tale, ha le sue buone probabilità di derivare da avvenimenti reali. In altre parole, se avete in programma un viaggio in Giappone, sarà molto più probabile imbattersi in un Teke Teke che in qualcos'altro. 
E questa non è, ve lo assicuro, una buona notizia. Anche perché, tecnicamente, il Teke Teke non è esattamente uno yōkai, tra le cui fila appaiono spesso creature innocue e giocherellone. Il Teke Teke possiamo al contrario classificarlo come uno yūrei e, come se non bastasse, uno yūrei tra i più temibili, uno spirito che ha trovato la strada per ritornare nel mondo terreno grazie a un’inestinguibile sete di vendetta (il termine corretto è onryō). Siamo quindi dalle parti di Sadako, la regina della celebre saga cinematografica la cui origine si perde nell'abisso dei tempi, ma con la sostanziale differenza che non è richiesta un'azione specifica (come per esempio guardare una videocassetta maledetta) per attirarsi addosso le sue ire, bensì è sufficiente incontrarla per caso passeggiando per strada. In altre parole, tutto ciò che occorre è una buona dose di sfiga.

La leggenda narra che il Teke Teke fosse in origine una giovane donna, un'insegnante o una studentessa, a seconda delle versioni, che a causa di un incidente ruzzolò sulle rotaie di una ferrovia nel momento esatto in cui stava sopraggiungendo un treno. La poveretta rimase uccisa, orribilmente tagliata a metà all'altezza della cintura. Da allora il suo spirito inquieto, privo della parte inferiore del corpo andata perduta, cerca vendetta aggirandosi nelle aree adiacenti alle stazioni ferroviarie, nascosta nei sottopassaggi o in agguato sui cavalcavia. Il malcapitato che ha la sventura di incontrarla verrà inseguito e mutilato allo stesso modo. Abbiamo parlato di vendetta, per cui se vi state chiedendo quale tipo di rancore stia consumando il Teke Teke (e nei confronti di quale ingiustizia, visto che si è parlato di un incidente), allora bisogna fare riferimento a una seconda versione della leggenda, che identifica l'astioso spettro in Kashima Reiko, una giovane donna che fu violentata da un gruppo di teppisti e lasciata morente sulla strada. In cerca di aiuto, Kashima si trascinò sulla massicciata di una linea ferroviaria dove  un treno la investì in pieno tagliandola in due. 

Come ormai abbiamo imparato da decenni di produzioni cinematografiche, un onryō non si limita a tormentare i colpevoli, traendo soddisfazione dal risolversi di una questione lasciata in sospeso, ma prosegue imperterrito nella sua attività badando piuttosto a trascinare con sé nella dannazione il maggior numero possibile di vittime, meglio se innocenti. La prima vittima del ghoul, si narra, fu infatti un ragazzino che tornava da scuola. Era quasi il tramonto e attorno a lui tutto diventava sempre più buio. A un certo punto, alle sue spalle, sentì e vide una ragazza stupenda affacciata a una finestra che lo fissava incuriosita. Quando si accorse che il ragazzo l’aveva notata, saltò dalla finestra rivelando al ragazzino la propria mostruosità.
Correndo sulle mani, e producendo un rumore simile a un “teketeketeke”, la ragazza si trovò rapidamente sopra di lui, estrasse una falce (da non si sa dove) e lo tagliò a metà rendendolo uguale a lei. Voci insistenti darebbero per certo che chiunque venga ucciso in questo modo sarà destinato a divenire a sua volta un teke-teke.

Avrete certamente notato che in quest'ultima versione della storia non c'è traccia di quella stazione ferroviaria che, come accennato in precedenza, sarebbe il palcoscenico preferito sul quale le vittime vengono, letteralmente, falciate dal rancoroso freak. La ferrovia pare sia in realtà una geniale intuizione di Kōji Shiraishi, il regista cult del capolavorone "Noroi: the curse" (2005) e di "Carved: The Slit-Mouthed Woman" (2007), sulla urban legend della Kuchisake-onna, ma che forse tutti meglio conoscete per quella puttanata recente di "Sadako Vs Kayako" (2016). Nella trasposizione cinematografica della leggenda, Shiraishi indica un cavalcavia pedonale nei pressi della stazione di Nagoya come punto nevralgico degli avvenimenti. Il Teke-Teke, viene spiegato, sarebbe lo spirito di Kashima Reiko, un'infermiera suicidatasi saltando da un cavalcavia a Mikasa-cho (un quartiere di Tajimi, una quindicina di chilometri a est di Nagoya). Il fatto risalirebbe al 1948, anno in cui la donna prese la drammatica decisione come conseguenza di una violenza subita da un soldato americano. Kōji Shiraishi aggiunge un paio di particolari inediti: il primo, un po' forzato, dice che  chiunque sopravviva a un incontro col Teke Teke morirà comunque tre giorni più tardi, il secondo informa che il Teke Teke sceglie le sue vittime in funzione del colore del suo abbigliamento (o comunque di un particolare): nella pratica un indumento rosso (o un accessorio) farebbe la differenza tra la vita e la morte. Il rosso, colore del sangue, scatenerebbe infatti nel Teke Teke il ricordo del trauma subito. Il film parte con il botto, si sviluppa altrettanto bene ma finisce per impantanarsi nel finale, quando le due protagoniste sembrano realizzare che l'unico modo per placare lo spirito sia quello di mettere a posto la sua tomba, crollata a causa del dissesto idrogeologico (roba già vista in milioni di film che, come è facile prevedere, raramente funziona). 

Secondo IMDb, il 21 marzo 2009, giorno in cui "Teke Teke" esce nella sale cinematografiche, viene rilasciato anche il sequel "Teke Teke 2", che aggiunge un nuovo livello di idiozia alla storia originale: una studentessa vittima di bullismo sfrutta il potere di Teke Teke per vendicarsi dei suoi aguzzini. Nulla da aggiungere se non che il sequel pare essere una pura operazione commerciale per far pagare al pubblico due biglietti del cinema anziché uno solo: come mi è già capitato di notare in altri casi (nel primissimo Ju-On di Shimizu, per esempio), metà del secondo film è un riassunto del precedente, nel quale vengono riciclati spudoratamente chilometri di pellicola. Praticamente, al netto del deja-vù, rimane una mezz'ora scarsa di filmati inediti che, se aggiunti al minutaggio già di per sé poco generoso del primo film, portano l'offerta complessiva a 100 minuti, minimo sindacale anche per una sola proiezione.
Nonostante ciò il film è abbastanza guardabile: non c'è da gridare al miracolo, anche perché rispetto alla maggior parte delle pellicole J-horror che hanno invaso le sale nel decennio precedente, Teke Teke rappresenta un indiscutibile passo indietro. Ci sono tuttavia un paio di momenti in cui l'angoscia si fa sentire e ciò è decisamente un pregio, considerato il basso budget a disposizione del regista. In fondo, nessuno ha mai affermato che Teke Teke avesse delle ambizioni oltre a quella di mettere in scena una delle leggende urbane più famose in Giappone. Il pubblico di riferimento è quello dei ragazzini in età puberale, a cui basta occorre innanzitutto un'ambientazione scolastica (le leggende, si sa, trovano la loro maggiore popolarità tra gli studenti delle scuole), un dramma adolescenziale e qualche attrice caruccia, possibilmente un idolo dei teenagers come Yuko Oshima, una delle componenti storiche delle AKB48, gruppo pop femminile ridicolmente numeroso che in Giappone rappresenta un vero e proprio fenomeno sociale.

Il presente articolo è parte di un vasto progetto che ho voluto chiamare Hyakumonogatari Kaidankai (A Gathering of One Hundred Supernatural Tales) in onore di un vecchio gioco popolare risalente al Giappone del periodo Edo (1603-1868) e, di  tale progetto,  esso rappresenta la parte 34 in un totale di 100.
Se volete saperne di più vi invito innanzitutto a leggere l'articolo introduttivo e a visitare la pagina statica dedicata, nella quale potrete trovare l'elenco completo degli articoli sinora pubblicati. Buona lettura! 
P.S.: Possiamo spegnere la 34° candela...

10 commenti:

  1. Io di mio sono abbastanza sfigato quindi se andassi in Giappone sarei un ottimo candidato per un incontro con il Teke Teke. Mi salvano però due cose: la prima è che non ho intenzione di andare in Giappone perlomeno nel breve periodo. La seconda è che io non porto mai niente di rosso con me. Certo tu mi potresti dire che potrei lo stesso incontrarne uno di loro in trasferta da noi e magari anche daltonico....e a quel punto sarei fregato lo stesso. XD XD XD

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    1. Senza scomodare i TekeTeke in trasferta (che di questi tempi viaggiare sarà un problema anche per loro), abbiamo tantissime creature da "urban legend" anche noi da mettere di fronte alla nostra sfiga... ^_^

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  2. Come sai sono un nipponofilo, però non impazzisco per gli horror e quindi non sono molto addentrato nelle leggende truci giapponesi (antiche folkloristiche o moderne metropolitane che siano). Vedendo parecchi anime ho visto più volte il famigerato ombrello umanizzato o la donna col collo lunghissimo e altre amenità, però in contesti più umoristici che terrificanti.
    Questa figura del teke teke riconosco che è meno grottesca, anzi è abbastanza inquietante, benché possa suscitare anche un po' di compassione visto che è divenuta tale in seguito a un evento drammatico.
    Comunque, questa figura della "donna" che diventa un mostro è troppo ricorrente. Forse esprime a livello inconscio la paura degli uomini giapponesi che le donne riescano a sovvertire l'impostazione maschilista della società del loro paese, chissà...

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    1. L'elemento sessista è certamente presente nella maggior parte di queste storie. In questa particolare vicenda credo si possa sottolineare di più l'aspetto nazionalista. La donna violentata da soldati americani nel 1948 è chiaramente la nazione giapponese, bombardata, costretta alla resa e, non ultimo, privata del lato divino del suo imperatore.

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  3. Nipponofilo anch'io, ma al contrario di Ariano l'horror mi piace, perciò mi interessa questo film che non ho mai visto, come interessante è sempre la cultura orientale e le loro leggende ;)

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    1. Se non ricordo male si dovrebbero trovare anche sul tubo (sia il primo che il secondo) ma potrei ricordare male visto che è passato almeno un anno da quando l'ho visto (le mie tempistiche di recensione sono quelle che sono)...

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  4. La grafica delle locandine è splendida, così come la prima foto: non so come facciano, ma i giapponesi riescono sempre a trovare queste idee visive profondamente disturbanti :-P

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    1. Sono bravissimi a inventarsi delle creature originali e improbabili. L'avessimo fatto in Occidente avremmo aggiunto un numero di zampe casualmente variabile e l'avremmo banalmente chiamato ragno (o aracnide che suona meglio, specie se usi qualche "k" a ca##o).

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  5. Per certi versi ricorda un personaggio di Freaks (1932) la donna senza gambe a cui pensano i crudeli proprietari del circo.

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    1. Hai ragione! Sai che non ci avevo pensato? Eppure quel film l'avrò visto mezzo milione di volte...

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