"Il motivo per cui Ju-On è così popolare è che fa paura. Fa paura in tutto il mondo.” (Takashige Ichise, produttore)
Il 15 aprile 2009 si è tenuta a Tokyo una conferenza stampa per illustrare il progetto "Ju-on 2009”. Ai microfoni l’onnipresente Takashi Shimizu, i registi di "Ju-On: White Ghost" e "Ju-On: Black Ghost" e alcuni membri del cast. Assieme a loro il produttore esecutivo Takashige Ichise, un nome a cui noi appassioni di J-horror dovremmo essere per sempre riconoscenti, avendo lui a curriculum tutta la serie “Ju-On”, tutta la serie “Ring”, e capolavori e titoli sparsi come “Dark Water” (Hideo Nakata, 2002), “Infection” (Masayuki Ochiai, 2004), “Premonition” (Norio Tsuruta, 2004), “Reincarnation” (Takashi Shimizu, 2005), “Noroi the curse” (Kôji Shiraishi, 2005), “Apparition” (Hideo Nakata, 2007) e “Shutter” (Masayuki Ochiai, 2008).
L’occasione era ovviamente quella di presentare al pubblico i due film che avrebbero dovuto celebrare in pompa magna il decennale del franchise. Le cose che i giornalisti si sentono raccontare in queste conferenze sono il più delle volte banalità: “Ho cercato di creare il mio Ju-on avendo bene in mente che stavo lavorando ad un'opera horror che rappresenta tutto il Giappone” (Ryuta Miyake, regista); “Ho avuto paura e ho pianto quando ho letto la sceneggiatura per la prima volta. Ho pensato: non posso farlo" (Akina Minami, attrice); “Sono onorato di poter partecipare alla serie Ju-on. Il risultato finale è piuttosto spaventoso" (Hiroki Suzuki, attore); “Sono sempre stato un grande fan della serie, e quando mi hanno proposto di realizzare un nuovo capitolo ho deciso di trasformare un fantasma bianco in uno più personale, completamente nero” (Mari Asato, regista).
Capite bene che il lavoro di un giornalista a cui viene assegnata la pagina degli spettacoli è dannatamente frustrante. Nemmeno il più fantasioso tra loro, quello che ipoteticamente riuscirebbe a scrivere intere pagine basandosi sul nulla cosmico, sarebbe in grado di mettere giù due righe decenti di fronte ad aberrazioni come “fa molta paura” o “è nero invece che bianco”. Senza contare che la maggior parte dei presenti qualche perplessità sul progetto ce l’aveva.
Ma ecco che, al termine della parte cinematografica, avviene qualcosa di totalmente inaspettato.
Si premette che Takashige Ichise e Takashi Shimizu erano stati a un certo punto contattati da Bill Rich, produttore esecutivo di AQ Interactive, il quale avrebbe proposto loro la possibilità di presentare i loro personaggi in una veste un attimino diversa.
Da qui inizia la presentazione di "Fear Experience: Curse", un rivoluzionario videogioco per Nintendo Wii completamente immerso nella realtà di Ju-On.
"Volevo sfruttare le caratteristiche intuitive della piattaforma Nintendo per realizzare un gioco basato sull’esplorazione di una casa infestata”, – riferisce Bill Rich – “In tale contesto il telecomando Wii sarebbe stato utilizzato per orientare una torcia e illuminare con essa ambienti quasi completamente bui.”
“Mentre stavo riflettendo su un film dell'orrore adatto” - racconta Masanori Yoshihara, un membro dello staff di sviluppo - “ho conosciuto il signor Shimizu e in un attimo mi è stato chiaro che il film non poteva essere che Ju-On".
Yoshihara entra quindi un po’ più nello specifico, presentando i contenuti del prodotto con l’ausilio di alcune schermate di gioco e brevi clip: “Si tratta di un videogioco d'avventura giocato in prima persona con l'utente che esplora ambienti bui con il solo ausilio di una torcia”. In altre parole, il puntatore del Nintendo visualizza sullo schermo un cerchio di luce equivalente a quello emesso dalla torcia elettrica del protagonista, lasciando al giocatore la possibilità di muoverlo a suo piacimento. La batteria della torcia ovviamente non ha durata infinita, e una volta esaurita è un impietoso game over (fortunatamente numerose batterie di riserva sono sparse qua e là, ed è cosa buona appropriarsene quando ci si imbatte in loro).
Al pari di migliaia di giochi simili, lo scopo del gioco è procedere lentamente attraverso stanze e corridoi, superando piccoli enigmi per risolvere i quali è fondamentale una minuziosa esplorazione degli ambienti. Di tanto in tanto gli spiriti inquieti di Kayako e di suo figlio Toshio appaiono dal nulla e occorre scrollarseli di dosso. Esaurendo le batterie o non reagendo correttamente a un incontro con Kayako, il gioco è finito: non ci sono checkpoint; quindi, sarà necessario iniziare il livello dall’inizio.
“Abbiamo realizzato - continua Yoshihara – numerosi espedienti che rendono il gioco particolarmente elettrizzante. Tra tutti un particolare algoritmo che, analizzando il movimento del telecomando, riesce a misurare il livello di paura del giocatore, e a modificare l’esperienza di gioco, premiando i più coraggiosi e penalizzando gli insicuri”.
In effetti, a quanto riporta chi ci ha giocato il gioco si sviluppa su differenti walkthrough a seconda dell'utente che sta giocando.
The Grudge: Haunted House Simulator, noto anche come Kyōfu Taikan: Juon (lett. Sensation of Fear: Curse Grudge) e The Grudge: A Fright Simulator, è un gioco per Nintendo Wii sviluppato da Feelplus Inc., diretto da Takashi Shimizu e uscito in Giappone il 30 luglio 2009 per merito di AQ Interactive. In Europa e Nord America è stato pubblicato nell'ottobre dello stesso anno grazie a Rising Star e a Xseed Games, rispettivamente.
Ho scritto “diretto da Takashi Shimizu” perché il regista della saga ha avuto un ruolo di primo piano nello sviluppo del gioco, offrendo consigli sui movimenti dei personaggi e selezionando gli effetti sonori (decisamente familiari a chi ha visto i film) da inserire nelle varie fasi del gioco. Una specie di "consulente della paura", per dirla in tre parole.
The Grudge: A Fright Simulator si apre con una sequenza di immagini ereditate dal film di Takashi Shimizu che palesa
fin da subito la totale aderenza all'opera cinematografica dalla quale il gioco eredita il nome. Sono disponibili cinque episodi: una fabbrica abbandonata, un ospedale e una fabbrica di manichini, oltre ad un complesso di appartamenti e alla residenza di Saeki. Gli episodi sono presentati in modo lineare e il completamento di ciascuno di essi sblocca il successivo. Ogni episodio ha come protagonista un personaggio diverso facente parte della stessa famiglia, gli Yamada, che si è appena trasferita nella casa che fu dei Saeki. Gli Yamada, inutile dirlo, sono tormentati dal Ju-On per il semplice motivo di essere lì.
La famiglia è composta dalla madre Michiko, dal marito Hiroshi, dal figlio Kenji e dalla figlia Erika. Ciascun episodio, tranne il primo che ha come protagonista Erika (e che rivedremo nel quinto), si conclude con l’inevitabile morte del giocatore per mano di Kayako.
Il quinto livello è quello che rispetta tutta l’iconografia classica della saga: Erika è intrappolata all’interno della casa ormai abbandonata. Qui vede i fantasmi dei propri familiari e trova i loro corpi in soffitta. Viene attaccata da Kayako e tenta la fuga, ma Kayako striscia giù per le scale, la raggiuge e la avvolge nei suoi capelli, quindi la trascina su per le scale e la uccide. L'ultima scena mostra Erika che lascia cadere la torcia, lo schermo diventa nero e si sente il rantolo di morte di Kayako per l'ultima volta.
In due parole non c'è modo di "vincere" la partita nel senso tradizionale. Si muore sempre.
E d’altra parte chi mai, in dieci anni di Ju-On, è riuscito a sopravvivere alla maledizione di Kayako?
A giudicare dalla grafica, che certamente è rivelatrice della sua età, il gioco non è così spaventoso da guardare e probabilmente non lo è nemmeno da giocare. Io certamente non correrò a comprarmi una console per verificare la mia teoria e mi faccio bastare le recensioni che ho trovato in giro per il web, che sembrano tutte concordi nel dire che The Grudge: A Fright Simulator è un prodotto, diciamo così, migliorabile.
Esteticamente il gioco crea un'atmosfera inquietante, con armadietti arrugginiti, impronte di mani insanguinate sui muri e quant’altro. Tuttavia, l’interattività è limitata, i comandi sono semplici e poco sensibili e gli inserimenti di Kayako e Toshio sono fin troppo prevedibili per spaventare davvero il giocatore.
L'opzione multiplayer è oltremodo banale: una persona con un secondo telecomando può avviare la “modalità panico” premendo un pulsante e facendo apparire sullo schermo delle cose che non hanno nessuna ripercussione sul gioco (ottima idea, ma implementata male). Si direbbe che Shimizu, o chiunque per lui, abbia preferito sacrificare totalmente il gameplay in favore di brividi da film. Tanto vale quindi proseguire questo speciale tornando a parlare di cinema.
Il presente articolo è parte di un vasto progetto che ho voluto chiamare Hyakumonogatari Kaidankai (A Gathering of One Hundred Supernatural Tales) in onore di un vecchio gioco popolare risalente al Giappone del periodo Edo (1603-1868) e, di tale progetto, esso rappresenta la parte 50 in un totale di 100.
Se volete saperne di più vi invito innanzitutto a leggere l'articolo introduttivo e a visitare la pagina statica dedicata, nella quale potrete trovare l'elenco completo degli articoli sinora pubblicati. L'articolo è inoltre parte del progetto "Ju-On, speciale rancore" che è iniziato qui lo scorso 7 settembre. Buona lettura! P.S.: Possiamo spegnere la 50° candela...
Oddio, non che io sia così esperto di tecnologia delle consolles per il gaming, però mi pare abbastanza improbabile che possano (tramite gli ormai onnipresenti algoritmi) percepire il livello di paura del giocatore.
RispondiEliminaMai sotto valutare la tecnologia: moderni dispositivi come smartwatch o fitness tracker, acquistabili per pochi spiccioli nella grande distribuzione, sono già dotati di sensori PPG in grado di leggere le variazione volumetriche del sangue, fornendo di conseguenza dati piuttosto affidabili sulla frequenza cardiaca, sull’ossigenazione del sangue, sul livello di stress e quant’altro. Un oggetto del genere sarebbe perfettamente in grado, se programmato opportunamente, di fornire una valutazione empirica della paura.
EliminaHai però ragione sul controller della Wii che, molto più banalmente, include un banale accelerometro che misura niente di più inclinazione e rotazione.
Mai giocato, ma ho letto in giro che non sia un granché come gioco (perlomeno rispetto alla saga di film da cui deriva), sopratutto per delle meccaniche di gioco alla fine ripetitive e poco coinvolgenti. Forse rifatto oggi, con l'utilizzo di qualche fitness tracker (come hai suggerito tu), un casco VR e una attenta preparazione degli eventi potrebbe funzionare alla grande. (tipo Alien isolation per intenderci)
RispondiEliminaSicuramente è come dici tu. Un altro problema forse è stata la scelta di una piattaforma in grado di fare grandi cose ma non del tutto ottimizzata per un survival horror.
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