Non è ancora tempo di far scendere i titoli di coda su questo speciale, scrissi in chiusura del post precedente. C’è in effetti ancora un po’ di materiale di cui vale la pena parlare, fermo restando che un’analisi esaustiva di tutto ciò che ruota attorno a un franchise iniziato ormai oltre vent’anni fa è praticamente impossibile.
Oggi ci discostiamo un attimo dalle versioni in celluloide di Ju-On e volgiamo lo sguardo a media diversi che, in un business plurimiliardario come quello di cui stiamo parlando, non potevano certo mancare.
Dopo aver dedicato qualche giorno fa un articolo al videogame Wii, rivolgiamo oggi lo sguardo alle “versioni cartacee” di Ju-On.
Come forse alcuni di voi ricorderanno, i libri avevano giocato una parte fondamentale nell’universo di Ring: fu anzi proprio grazie alle opere di Kōji Suzuki che tutto ebbe inizio.
La trilogia “Ring” (Ringu, 1991), “Spiral” (Rasen, 1995) e “Loop” (Rūpu, 1998) fu infatti la fonte che Hideo Nakata utilizzò per scrivere il soggetto dei suoi film (in seguito arrivò una seconda trilogia, di cui abbiamo però parlato ampiamente qui). Qui il discorso è diametralmente inverso: tutto nasce dall’ispirazione di Shimizu e solo in seguito arrivarono dei libri. In gergo tecnico l’operazione di chiama novelization, termine che identifica un romanzo che adatta la storia di un'opera creata per un altro mezzo, come un film, un fumetto o un videogioco. Si tratta in breve di una discutibile operazione di marketing che oggi, grazie al cielo, è quasi scomparsa (i “romanzi cinematografici” erano particolarmente redditizi durante gli anni '70, prima che l'home video diventasse disponibile, poiché erano allora l'unico modo che il pubblico aveva per rivivere le emozioni dei film più popolari).
La carriera di Kei Ôishi, l’autore a cui dobbiamo il Ju-On di carta, è stata molto prolifica e nel suo curriculum possiamo trovare una quantità mostruosa di esempi di successo. Un elenco esaustivo dei suoi lavori è un pelino complesso, visto che quasi tutte le fonti sono pagine web scritte in giapponese, ma qualcosa sono lo stesso riuscito a mettere insieme.
Kei Ôishi nasce a Tokyo nel 1961 e attualmente vive nella città di Yokohama, nella prefettura di Kanagawa.
Dopo essersi laureato in lettere presso l'Università di Hosei, entra a far parte di un’azienda chiamata “From A General Planning Center Co., Ltd.” e vi lavora come addetto alle vendite. Qui conosce quella che diventerà sua moglie e che gli offrirà totale supporto nella sua decisione di dedicarsi full-time alla scrittura. Voci di corridoio darebbero per certo che Ôishi fu amico d’infanzia di Masami Tsuchiya, uno dei fondatori del controverso movimento religioso giapponese Aum Shinrikyō, che salì agli onori della cronaca per l'attentato alla metropolitana di Tokyo del 1995, ma questo è probabilmente un pettegolezzo senza alcun fondamento.
Nel 1993 riceve una menzione d'onore al 30° Premio della Letteratura per il suo lavoro di debutto, "Another Shoe I Forgot to Wear". Sebbene abbia debuttato come scrittore letterario puro, gradualmente si orienta verso i romanzi horror e con “Under Your Bed” (Andâ yua beddo) del 2001 arriva il suo primo successo, la storia di un sociopatico che inizia a stalkerare una sua vecchia fiamma del liceo in maniera sempre più invasiva. Il romanzo, che nel 2019 la regista Mari Asato trasforma in un film, ha una struttura clamorosamente simile a “Bed Time” (Mientras duermes, 2011) di Jaume Balagueró, anche se quest’ultimo non cita il romanzo né Asato cita il film di Balagueró come fonte d’ispirazione.
Nel 2005 Ôishi scrive il romanzo “Apartment 1303”, dove si narra del mistero che avvolge un appartamento sito al tredicesimo e ultimo piano di un grande condominio: quando capita che una giovane donna si trasferisce lì a vivere da sola, invariabilmente questa finisce per gettarsi fuori dalla finestra. Il romanzo è stato adattato due volte al cinema, prima in Giappone (“Apartment 1303” di Ataru Oikawa, 2007) e successivamente negli Stati Uniti in un remake tutto sommato niente male con Misha Barton (“1303: La paura ha inizio” di Michael Taverna, 2012). Tra gli altri suoi romanzi che successivamente sono stati adattati per il cinema vale la pena citare “Satsujinki o kau onna” (2010) portato recentemente nelle sale giapponesi da Hideo Nakata (“The Woman Who Keeps a Murderer”, 2019).
Il vero successo arriva però attraverso la casa editrice Kadokawa Horror Bunko, a cui è tuttora legato, che gli assegna il compito di trasformare Ju-On in un romanzo. Il successo è planetario: tutti i film del franchise, fino a “The Final Curse”, sono stati adattati, e tra questi almeno un paio hanno ottenuto una distribuzione sul suolo americano. Ad oggi, se non ho fatto errori, la serie è composta da otto volumi. Oltre a Ju-On, Kei Ôishi si occuperà di mettere su carta altri classici del cinema horror, tra cui “Reincarnation”, sempre di Shimizu, e “Oldboy” del coreano Park Chan-wook.
Ma veniamo ai libri di Ju-On. Mi limiterò, in questa sede, a dare informazioni generali, visto che, come accennato in precedenza, le difficoltà a reperire informazioni sui siti giapponesi è un ostacolo che non mi è possibile superare. Il primo romanzo, intitolato semplicemente “Ju-on”, esce in Giappone nel 2003 ed elabora in maniera sistematica gli eventi e i personaggi di “Ju-on: The Curse” (1 e 2) e “Ju-on: The Grudge” (1 e 2). È stato tradotto da Joe Swift e pubblicato da Dark Horse Manga negli Stati Uniti il 6 settembre 2006.
La narrazione, a differenza della versione cinematografica, avviene in maniera cronologicamente lineare.
Ci vengono inoltre fornite maggiori informazioni sul background dei personaggi di Kayako, Takeo e Toshio e vengono svelati nuovi retroscena circa gli avvenimenti che portano agli omicidi.
Il diario di Kayako qui gioca un ruolo più importante che nei film: esso viene trovato per la prima volta da Kazumi cinque anni dopo gli omicidi e vi troviamo un gran ricchezza di dettagli che, per logiche di minutaggio, erano assenti nei film. Nei romanzi, inoltre, ci vengono fornite maggiori informazioni su quali siano i piani di Kayako per Rika, poiché ci viene rivelato che la prima intende essenzialmente trasformare la seconda in una sua copia quasi carbone (nel film avevamo invece solo alcune brevi scene di prefigurazione del destino di Rika).
Ulteriori romanzi seguiranno a pochi mesi di distanza l’uno dall’altro e, a partire dal 2009, arriveranno nelle librerie quasi contestualmente all’uscita dei film. L’ultimo in ordine cronologico, come detto, è stato “The Final Curse”, dove non sono presenti variazioni degne di nota rispetto alle uscite cinematografiche.
Negli anni 2000 arrivano anche i manga e “Ju-on: Video Side” è il primo adattamento a fumetti di Ju-on: The Curse, scritto e disegnato da Miki Rinno. Video Side è stato rilasciato il 29 marzo 2006 negli Stati Uniti dalla Dark Horse Comics.
Miki Rinno è un mangaka giapponese. Di lei sappiamo che è una donna, che vive a Tokyo e che festeggia il suo compleanno il 5 dicembre. Non conosciamo l’anno di nascita e, per quel che ne sappiamo, il suo potrebbe benissimo essere uno pseudonimo (verso la fine del 2007 ha cambiato il suo nome in Miki Rin).
Debutta nel 1999 sul numero di agosto della rivista "Mystery DX" (ai tempi pubblicata dalla Kadokawa Shoten) con "Anata no Machi no Crime Agency". Successivamente, ha serializzato "Pika Pika Livestock" sulla rivista "Comic Zero-Sum" (Ichijinsha), "Me and the Broken Vampire" su "Palcy" (Kodansha), “Mukuro Chandelier” su “Aria” (Kodansha) e "Parachute Nurse" su "Ultra Jump Egg” (Shueisha).
Miki Rinno è specializzata in opere con una visione del mondo unica che intreccia personaggi dall'aspetto carino con battute ciniche e senza scrupoli ed espressioni grottesche. La maggior parte delle sue opere affronta in chiave surreale temi come la vita e la morte, con frequenti affondi nell’orrore del quotidiano.
Prima di affrontare Ju-On, la Rinno aveva scritto e disegnato l’adattamento a fumetti del romanzo di Yûsuke Kishi “Isola: La tredicesima personalità”, dal quale è stato tratto anche l’omonimo, e direi anche piuttosto celebre, film Toei diretto da Toshiyuki Mizutani.
“Ju-on: Video Side” contiene solo alcune piccole variazioni rispetto ai film di Shimizu come, per esempio, l’aspetto di alcuni personaggi. Il media cartaceo consente di aggiungere però alcuni particolari, la maggior parte dei quali irrilevanti: viene per esempio rivelato che Kyoko è la zia di Mizuho, viene mostrato il modo in cui Kanna si era strappata la mascella e come Murakami sia stato ricoverato in ospedale. Sono stati aggiunti anche alcuni personaggi secondari, come Tatsuya Tamura (il padre di Mizuho) e Keichii Murakami.
Il 13 giugno 2006, esattamente un mese dopo il primo volume, esce il sequel, intitolato semplicemente “Ju-On 2”. Questa volta la firma è di tale Meimu (o Mei Mu) il cui vero nome è in realtà Kō Uchiyama.
Nato il 24 settembre 1963, Uchiyama è un illustratore professionista che ha debuttato giovanissimo mentre ancora frequentava la Osaka University of Arts. Specializzato in fantascienza e horror, tra i suoi lavori vale la pena citare in questa sede alcuni adattamenti ai romanzi della saga di Ring di Kōji Suzuki. Sua moglie Misuzu Suzuki è anch’essa illustratrice di manga.
A questo punto, visto che abbiamo parlato di manga, passiamo all’animazione. The Grudge 1.5 è un cortometraggio animato, realizzato negli Stati Uniti formato da una serie di segmenti che si pongono cronologicamente tra gli eventi dei primi due “The Grudge” americani. L’opera riprende il personaggio di Eason, il giovane giornalista cinese che aveva indagato sui raccapriccianti omicidi Saeki anni prima. Una sera a cena, mentre parla con sua madre, viene chiamato e gli viene detto che sono avvenute nuove morti alla casa dei Saeki. Eason si mette così in contatto con il detective Nakagawa, che lo aggiorna sugli ultimi avvenimenti: i Williams, un'intera famiglia americana, è misteriosamente morta in quella casa maledetta. Nakagawa parte per interrogare l’unico sopravvissuto e lascia tutti i suoi incartamenti a Eason, che li porta nel suo appartamento per poterli studiare. Qui vengono però distrutti da Kayako. Eason porta i resti a Mishima, un amico e conoscitore del soprannaturale, che percepisce in essi uno spirito potente che non aveva mai sentito prima, e avverte Eason della natura distruttiva di quello stesso spirito. Eason torna di corsa da Nakagawa ma non lo trova, trovando invece il nastro di sorveglianza di Susan. In quello stesso istante, il detective lo chiama al telefono e gli comunica che "la storia finisce stanotte". Eason corre a casa Saeki ma la trova in fiamme. Entra alla ricerca dell’amico, ma trova solo una giovane donna priva di sensi; riesce a salvarla e, prima di svenire, nota un ragazzino affacciato a una delle finestre. Fine e titoli di coda.
Il cortometraggio animato è particolarmente interessante perché ci offre dei tasselli del puzzle che si erano persi nel passaggio tra The Grudge 1 e The Grudge 2: ci consente di scoprire, per esempio, che il detective Nakagawa aveva già parlato con Eason almeno due volte: prima di interrogare Karen (e come visto dopo la morte dei Williams) e prima di tornare alla casa maledetta con l'intenzione di bruciarla. Un altro tassello è la rivelazione del nome del “conoscitore del soprannaturale” (che tra l’altro è anche l'unico personaggio di Grudge ad avere questa capacità) che Eason e Aubrey andranno a trovare in The Grudge 2.
Un altro tassello ancora arriva dal gioco online Escape the Saeki House, presentato a suo tempo nel sito ufficiale di Grudge 2, che ci mostra gli avvenimenti immediatamente seguenti a The Grudge 1.5 (i poliziotti entrano nella casa in fiamme alla ricerca di Toshio). Il gioco oggi non è più disponibile, ma chi ci ha giocato ci fa sapere che, sebbene molto breve e graficamente impeccabile, richiedeva tempi di caricamento insopportabili ad ogni scena.
Rimanendo nel campo dei giochi online, una società giapponese specializzata in escape games ha recentemente (due anni fa) annunciato una nuova esperienza di Haunted House palesemente (ma non dichiaratamente) ispirata all’universo Ju-On. Il progetto, realizzato in collaborazione con con Hirofumi Gomi, il più celebre progettista di case infestate in tutto il Giappone, e Tokyo Dome City Attractions, il più grande parco divertimenti di Tokyo, vede i partecipanti lavorare in squadra utilizzando la piattaforma Zoom per fuggire da una vecchia casa abbandonata nella quale, all’inizio del gioco, si è entrati alla ricerca di un anziano scomparso. Leggenda vuole che la casa sia infestata dallo spirito di una donna di nome Shinako, il cui bel viso era stato orribilmente bruciato dall'olio bollente (e per tale motivo lo spirito vaga consumato da un profondo rancore). Il gioco è interattivo e immerge i giocatori in un'esperienza indimenticabile: uno dei giocatori si intrufola nella casa con una telecamera e gli altri guidano i suoi passi attraverso lo schermo. Dopo 60 minuti, la batteria della telecamera si esaurisce e il gioco si conclude, nel bene o nel male. Chi fosse interessato può visitare questo sito dove si può acquistare il biglietto singolo per la “modica” cifra di 3.600 yen (poco più di 25 euro).
Questo è più o meno tutto quello che rimaneva da raccontare sull’universo Ju-On. Rimane ancora un ultimo capitolo, che volentieri mi sarei risparmiato, e poi proveremo a tirare le somme.
Il presente articolo è parte di un vasto progetto che ho voluto chiamare Hyakumonogatari Kaidankai (A Gathering of One Hundred Supernatural Tales) in onore di un vecchio gioco popolare risalente al Giappone del periodo Edo (1603-1868) e, di tale progetto, esso rappresenta la parte 53 in un totale di 100.
Se volete saperne di più vi invito innanzitutto a leggere l'articolo introduttivo e a visitare la pagina statica dedicata, nella quale potrete trovare l'elenco completo degli articoli sinora pubblicati. L'articolo è inoltre parte del progetto "Ju-On, speciale rancore" che è iniziato qui lo scorso 7 settembre. Buona lettura! P.S.: Possiamo spegnere la 53° candela...
Giustamente lo sfruttamento del merchandising va fatto sino in fondo, e c'è da dire che in Giappone hanno quanto meno la fortuna di operare in un contesto in cui la gente ancora è abituata a leggere, cosicché i libri (e i manga ovviamente) riescono a vendere. E poi gli autori / disegnatori vengono pagati una miseria, quindi il produttore ha guadagni ancora maggiori.
RispondiEliminaNon so dirti se autori e disegnatori vengano pagati una miseria anche in Giappone (probabilmente un pelino meglio che da noi), ma è indiscutibile che si tratta ormai di una professione che esiste solo grazie alla passione di pochi.
Elimina