mercoledì 11 aprile 2012

Vegetarian

A Human Being - Actually Was A Flower

Vegetariano io? Ma nemmeno per scherzo. Toglietemi tutto ma non la mia bistecca. Avete un dubbio sul livello di cottura che desidero? Portatemela e a tutto il resto ci penso io. Perché quindi sto per recensire un film dal titolo così lontano dal mio essere? Semplicemente perché non si tratta di un film che esalta i benefici del vivere vegetariano. Tutt'altro. E' un inquietante ritratto del vegetarianismo inteso come malattia.
Si, sarà sconvolto chi è vegetariano e ci crede davvero, ma ho proprio detto "malattia". Si, lo so benissimo che il vegetariano è meno soggetto ad alcune tra le malattie più brutte del mondo, quali infarti, tumori o diabete (per non parlare dell'obesità). Purtroppo però il punto debole di questo film (l'unico punto debole, sottolineo) è nella completa sovrapposizione dei concetti di vegetarianismo, anoressia e schizofrenia. C'è qualcun'altro che la pensa così?
Cara sorella, ho sentito una voce chiamarmi... e allora l'ho seguita. Ma proprio quando stavo per raggiungerla... è scomparsa. Allora sono rimasta lì, aspettando che tornasse. Il mio corpo si stava sciogliendo nella terra... a causa della pioggia. Non avevo alcuna scelta, se non... rinascere dalla terra.

Presentato fuori concorso nell'ambito del Sundance Film Festival 2010, Vegetarian (in originale: Chaesikjuujia) è il controverso debutto alla regia del Coreano Lim Woo-seong. Protagonista della vicenda narrata in questo film è Yeong-Hie (interpetata dalla bellissima, ma assurdamente anoressica, attrice Chae Min-Seo), che un bel giorno decide, così di punto in bianco, di non mangiare più carne ed i suoi derivati. Spalanca il frigo di casa e, come una pazza scatanata, fa piazza pulita di tutto il suo contenuto. Questa mossa ovviamente non fa piacere al marito che, carnivoro convinto, al suo rientro la sera si ritrova, dopo una discussione senza speranza, a dover rassegnarsi a prendere ed andare a cena fuori. E così sarà nelle sere successive. Il ménage familiare ne risente anche del punto di vista affettivo, visto che la moglie comincerà presto a rifiutarlo anche a letto perché, a suo dire, la pelle del marito puzza per via della sua alimentazione a base di carne.
Inutili i tentativi della sorella a riportare, con le buone, Yeong-Hie alla ragione. Ancora più inutile (e deleterio) il patetico tentativo del padre di imporsi con autorita, cosa che farà precipitare completamente la situazione, portando addirittura Yeong-Hie a tentare il suicidio, recidendosi platealmente i polsi davanti ai propri cari.

La protagonista si staccherà definitivamente dalla sua famiglia, portando avanti per conto proprio il percorso salutistico che si è scelta. Nalla propria disperata solitudine prenderà il sopravvento la follia. Un vortice autodistruttivo fatto di immagini oniriche che porteranno ben presto Yeong-Hie ad aspirare al raggiungimento di uno stato di coscienza "superiore", al desiderio (anche fisico) di trasformarsi definitivamente in un albero! Hai parlato con il mio dottore? Sì. Ha detto che rifiutavi di mangiare. I miei organi interni sono tutti sgonfiati, vero? Non sono più un animale. Non avrò più bisogno di cibo fino a che ci sarà il sole. Di che stai parlando? Credi veramente di essere diventata un albero? Come pensi che possa una pianta parlare e pensare? Hai ragione.Presto, non parlerò più e spariranno anche i miei pensieri. Ci vorrà poco. Me lo sento.

L'unica persona a rimanere accanto a Yeong-hie sarà il cognato, un pittore fallito che, di nascosto dalla propria consorte, inizierà ad incontarne in clandestinità la sorella. C'è parecchio squallore in questi incontri. Il cognato, sostentendo irresponsabilmente la tesi autodistuttiva di Yeong-Hie per i propri scopi, utilizzerà il suo fragile corpo nudo come una tela per dipingere motivi floreali. Yeong-Hie sembra trarre beneficio dai disegni sulla sua pelle. Visibilmente eccitato dalla situazione, e approfittando bassamente della situazione, il cognato recluterà un modello maschile, anch'esso dipinto con gli stessi motivi, e coinvolgerà Yeong-Hie in giochi erotici che la trascineranno irrimediabilmente in un abisso senza ritorno. Ma ora, ho capito che...tutti gli alberi crescono dalla terra con due braccia. Sì, loro stanno dritti sulle loro mani. Nel mio sogno... Io stavo dritta sulle mie mani. Le foglie mi crescevano sul corpo... Le radici mi uscivano dalle mani... e penetravano il terreno. I fiori cominciavano a sbocciare tra le mie gambe. Quindi le ho aperte... sempre di più.

La pellicola ha fatto gridare al capolavoro gli spettatori del Sundance. In effetti siamo di fronte a qualcosa di veramente originale, dall'ottimo sviluppo, con una sceneggiatura mai banale e con un'eccellente fotografia dalle tinte autunnali. Magnifica la scena, ripresa dallo locandina internazionale, che rappresenta Yeong-Hye, completamente nuda e con il corpo dipinto, che si affaccia alla finestra distendendo le braccia come fossero dei rami. Anche le scene di sesso sono veramente notevoli, sebbene l'attrice Chae Min-seo, dimagrita di otto chili per l'occasione, sia decisamente molto distante da qualsiasi canone di sensualità. Come giustamente scrive CineRepublic, "L'amplesso che si consuma fra i due corpi magnificamente pitturati, può considerarsi già un caposaldo dell'erotismo cinematografico. L'uomo e la donna avvinghiati, i fiori disegnati sulla loro pelle che sbiadiscono sfregandosi tra di loro, diluiti dal sudore e dagli umori dei loro corpi eccitati, difficilmente non può turbare anche lo spettatore più smaliziato..."
Davvero drammatico, infine, il dialogo finale tra Yeong-Hye e la sorella. Peccato solo, come dicevo in apertura, per l'associazione dei concetti di vegetarianismo, anoressia e schizofrenia. Non so se questa cosa sia voluta, ma sicuramente si tratta di uno scivolone che si sarebbe potuto evitare.




Nessun commento:

Posta un commento

Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...