venerdì 31 maggio 2013

Il diabolico barbiere di Fleet Street

Davvero pensavate che la mia irruzione nel mondo di Sweeney Todd potesse limitarsi alla sola analisi del film di Tim Burton? Da curioso indagatore di leggende metropolitane, non posso non ammettere che è il personaggio che si cela dietro la finzione cinematografica quello che mi affascina maggiormente. La domanda fondamentale che mi sono fatto (e che si saranno fatti i migliaia di fan di Sweeney sparsi per il globo) è: il “barbiere tagliagole”, il boogeyman inglese per eccellenza, fu un personaggio reale? Ricominciamo quindi dall’inizio.
Londra, 1784: un barbiere assassino compare ufficialmente negli annali grazie ad un articolo del periodico “The London Chronical”. Lì si riportava, infatti, la notizia di un omicidio perpetrato da un barbiere ai danni di un suo cliente in un impeto di gelosia. Pare che la vittima si fosse vantata di una conquista amorosa con l'uomo, il quale, convintosi chissà come che l'altro stesse parlando di sua moglie, per vendicarsi lo sgozzò con il suo rasoio.

domenica 26 maggio 2013

Sweeney Todd

In principio ci fu il dramma teatrale di George  Dibdin Pitt, che debuttò al teatro Britanna ad Hoxton nel 1847. Poi, nel 1978, ci fu il musical  di Stephen Sondheim e Hugh Wheeler con Lou Cariou e Angela Lansbury. Seguirono poi innumerevoli versioni cinematografiche: la prima è un film perduto del 1926, di George Dewhurst, con G.A. Baughan come principale interprete, poi venne quella che probabilmente resterà per sempre la più famosa, vale a dire la pellicola di George King del 1936: qui il protagonista, Tod Slaughter, è lo stesso attore che prestò il volto a Sweeney Todd a teatro per oltre quattromila volte nel corso di una carriera durata una cinquantina d'anni.
“Sweeney Todd: Il diabolico barbiere di Fleet Street” di Tim Burton (2007) è un film di cui progettavo di parlare qui nel blog, prima o poi, ma quale migliore occasione del compleanno della coprotagonista Helena Bonham Carter per tener fede ai miei buoni propositi? Eh sì, perché il personaggio di Mrs. Lovett, nell’economia della storia, è importante quanto quella del protagonista maschile, e per certi versi anche di più... quindi, buon compleanno Helena!! A proposito, non l’ho ancora detto ma lo dico ora: oggi si festeggia alla grande su questo e altri blog! Oggi è l’HBCD (Helena Bonham Carter Day), un piccolo omaggio alla bella attrice britannica nel giorno delle sue 47 candeline!!! In fondo al post ho messo l’elenco dei blog partecipanti all’iniziativa: su ciascuno di essi oggi troverete la recensione di un suo film, scelto pescando a caso nella sua sterminata filmografia. Andate e cliccate, quindi! (magari però solo dopo aver passato qualche minuto del vostro tempo qui da me).

martedì 21 maggio 2013

Work(d)s in progress

Il lungo viaggio attraverso il mondo di Lovecraft e della sua mitologia si è appena concluso. È stato questo l’ennesimo post monumentale che, come potrete immaginare, mi ha assorbito una quantità indicibile di tempo e di energia. Oltretutto “Il culto di Lovecraft” giungeva subito dopo due articoli come “Hankechi” e “La cura Mesmer”, la cui redazione non è stata per niente un gioco da ragazzi. È giunto quindi il momento di tirare un po’ il fiato e di dedicarsi a qualche post un po’ più “leggero”, come questo o come quelli che seguiranno a ruota nelle prossime settimane. Anche perché, correggetemi se sbaglio, ho la sensazione che se da un lato post come quelli sopra citati danno una grande soddisfazione a chi li scrive e contribuiscono a consolidare il legame con i followers storici, dall’altro lato potrebbero intimorire chi su questo blog finisce per caso o senza troppa convinzione, attirato da un link o da una condivisione che qualcuno mi ha regalato da qualche parte. Il post di oggi è banalmente una chiacchierata, una specie di riempitivo tra un post e l’altro al quale ho assegnato la mia solita etichetta “comunicazioni di servizio”, tipica di quei post dove non si parla pressoché di nulla.

venerdì 17 maggio 2013

Il culto di Lovecraft (Pt.3)

L'Esoteric Order of Dagon, di cui si parlava in chiusura del post precedente, ha l’obiettivo di utilizzare i miti di Cthulhu come metodo magico per esplorare la via Cosmica tramite l'Inconscio Collettivo, ovvero creare un legame con le entità cosmiche e testimoniare tutto ciò tramite le opere dei propri adepti (non a caso, infatti, dell'Ordine fanno parte scrittori e altri personaggi della cultura e dell’arte). Afferma di derivare dai culti misterici tradizionali delle antiche religioni sumera e babilonese - sopravvissuti tramite i riti dell'antico Egitto - e da quelli del Pacifico del Sud (in particolare polinesiani), e di utilizzare una simbologia derivata dalle tradizioni ermetiche massoniche, in particolare quelle di rito egiziano.
Nel libretto "An introduction to the Esoteric Order of Dagon" (facilmente reperibile sul web) si legge: “Anche se gli iniziati dell'Ordine Esoterico di Dagon non credono necessariamente nell'esistenza delle divinità che sono descritte nei Miti di Cthulhu, trovano l'iconografia del lavoro di Lovecraft un paradigma utile per accedere alle più profonde, irrazionali aree del subconscio. L'origine onirica delle storie di Lovecraft è di importanza cruciale nell’indicare la via di accesso a parti della mente umana che sono identificate con orrori alieni e (letteralmente) senza nome nella sua narrativa."

lunedì 13 maggio 2013

Il culto di Lovecraft (Pt.2)

Nell’universo letterario di Lovecraft, antichi semi-dei alieni (la cosiddetta "prole stellare di Cthulhu") scesero dalla costellazione del Cigno e presero possesso della Terra quando la vita era ancora agli albori; furono cacciati oltre la Porta quando la prima razza umana se ne impadronì e, dopo essere rimasti assopiti per milioni di anni in altri mondi o dimensioni, in epoche fuori dal tempo, cominciano a risvegliarsi e a tentare di riprendere possesso del nostro universo. Sono creature che hanno qualche vaga somiglianza con quelle che popolano il mondo acquatico (molluschi, polipi, crostacei e così via), ma la loro biologia e fisionomia non hanno nulla di terrestre. La natura in sé è corrotta e in putrefazione, e la disperazione più nera permea tutto. Le religioni umane non sono altro che pietose bugie create per occultare la vera realtà e i nostri dei non possono competere con questi mostruosi dei alieni, la cui sola menzione può scatenare la follia.
Ma che cosa ha spinto molti a considerare quanto narrato da Lovecraft non il parto di una fervidissima immaginazione, ma addirittura profezie e rivelazioni che denotano una profonda conoscenza di fatti iniziatici ed esoterici noti solo ad una ristretta cerchia di adepti?

giovedì 9 maggio 2013

Il culto di Lovecraft (Pt.1)

Finché quasi per caso non sono incappato in una notizia, una piccola curiosità per essere preciso, e non ho cercato di approfondirla, avevo solo un vago sentore che le creazioni di Howard Phillips Lovecraft nel tempo fossero diventate oggetto di un vero e proprio fenomeno di culto. Sapevo, naturalmente, che una fandome lovecraftiana esiste da decenni, ma non avevo idea della reale portata del fenomeno. Pensavo che si trattasse solo di appassionati lettori, e magari di aspiranti scrittori di genere, ma c'è ben altro.
HPL è stato fonte d’ispirazione per intere schiere di Autori e questa è cosa arcinota, così come è nota la passione che ha spinto critici e studiosi ad illustrarci il valore letterario dei suoi scritti (sebbene, spesso, più per i significati in essi rilevati che non per lo stile o la matrice narrativa dei racconti, talora definiti come abbastanza convenzionali). 
Che, però, ci fossero anche persone appartenenti a veri e propri ordini magici che basano i propri riti sui cosiddetti "miti di Cthulhu" mi ha davvero stupito. Le chiamerei sette, in effetti, se non temessi di creare la falsa impressione che si tratti di organizzazioni religiose sulla falsariga di Scientology: non lo sono.

domenica 5 maggio 2013

Hankechi

Leggere Akutagawa è come fare un tuffo nel Giappone che fu, come attraversare un portale e ritrovarsi all'improvviso in un mondo nel quale la tradizione giapponese è mostrata al suo apice, sebbene già minata da influssi esterni, in particolare da parte della civiltà occidentale.
Non a caso Ryūnosuke Akutagawa (1892-1927), pur avendo cominciato la sua carriera di narratore con opere annoverabili nel Rekishi Mono, ovvero del racconto storico (ambientato nella realtà di qualche secolo prima, nei periodi Heian ed Edo ad esempio), le arricchiva sempre di una vena irreale, definita talvolta un po' a sproposito “fantastica”, e del suo peculiare sguardo critico e pessimistico sull'arroganza dell'umana natura, finché non cominciò ad ambientare i propri racconti in un passato sempre più recente, il che gli consentiva di reinterpretare i temi cari alla tradizione in chiave moderna e, per questo, venne considerato il fondatore di un particolare filone di questo tipo di narrativa.
A lui, morto suicida a soli 35 anni dopo una vita vissuta in preda ad un'acuta crisi spirituale, fu intitolato il più prestigioso premio letterario giapponese, il Premio Akutagawa appunto. Nel corso della sua breve vita Akutagawa scrisse oltre 150 opere, di cui solo una parte è reperibile in italiano.
I suoi sono personaggi inseriti in un contesto sociale estremamente codificato, che spesso li soffoca o al quale faticano ad adeguarsi completamente. Spesso, anche se non è chiaro se per reale volontà o per adattarsi ai gusti del pubblico, egli predilesse lo stile biografico, infatti molti dei suoi racconti sono espressi sotto forma di diario, oppure come soggettiva di uno dei protagonisti o di un testimone della vicenda narrata.

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