Ancora solo poche ore e anche questo mese di settembre raggiungerà la sua conclusione. L’estate quest’anno pare non essere ancora cominciata e già ci troviamo catapultati nell’autunno. Ormai anche qui le serate cominciano a farsi fredde e ciò rende meno piacevoli le mie uscite sul terrazzo per la sacrosanta sigaretta rituale del dopocena. Anche le gatte sembrano essersi accorte del freddo e stanno riducendo all’indispensabile le loro scorribande outdoor serali. Meglio così. Mi piace averle vicine sul divano la sera quando mi guardo un film e mi sorseggio nel mentre un qualcosa. Settembre se ne sta andando ed è il momento per un post un pochino più leggero, uno di quei post in cui mi metto a parlare a raffica di cose inessenziali ma che a volte fanno piacere. Il titolo del post, come avrete notato, non è esattamente originale ma mi piaceva l’idea di prenderlo in prestito dai suoi legittimi proprietari. Anzi, diciamo proprio che ho sempre sognato di realizzare qualcosa da poter intitolare “impressioni di settembre”, tre parole semplici nella loro sostanza ma che mi hanno sempre dato la sensazione di poter smussare gli spigoli più duri della stagione in arrivo. E di poterla guardare con meno timore.
martedì 30 settembre 2014
domenica 28 settembre 2014
Estonia, vent'anni dopo
martedì 23 settembre 2014
L'anima nera del Totoro (Pt.3)
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Image by http://sachsen.deviantart.com/ |
Prima di tirare definitivamente le somme, occorre però tentare un serio parallelismo tra l'anime e il caso Sayama. Analizziamo qui di seguito nell'ordine, i luoghi, il periodo storico, i personaggi e il simbolismo che lega tutto assieme.
L'ambientazione è molto simile: la località di Sayama, dove si svolse il delitto della povera Yoshie Nakata, non è lontata da Tokyo e l'anime si svolge nella campagna attorno a Tokyo. Ma forse la spiegazione più semplice è che Miyazaki è originario di quella stessa zona... Che nel film ci sia molto di autobiografico è cosa risaputa: quando Miyazaki era piccolo, sua madre si ammalò di tubercolosi spinale e suo padre si trasferì con lui in campagna. Sembra che all'epoca l'ospedale di Hachikokuyama fosse un centro molto famoso per la cura di questa malattia. Nel film questo non viene mai specificato, ma è generalmente accettato che anche la madre di Mei e Satsuki sia malata di tubercolosi: Hachikokuyama, quindi, sarebbe il modello su cui è stato costruito l'ospedale, fittizio, di Shichikokuyama, collocato suppergiù nella stessa area geografica.
venerdì 19 settembre 2014
L'anima nera del Totoro (Pt.2)
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In seguito si arriva all’altro nodo importante del film, ovvero la sparizione di Mei. Ormai è diverso tempo che la mamma è assente da casa e c’è grande felicità e attesa per il suo rientro, previsto per quel fine settimana, prima della sua dimissione definitiva. Purtroppo, un giorno prima arriva un telegramma: la donna non sta bene e non può muoversi dall’ospedale. Mei accoglie malissimo la notizia, lei e Satsuki finiscono per litigare e poco dopo la piccola scompare da casa. Satsuki, che è un po’ più grande e intuisce che la situazione della madre potrebbe essere più grave di quanto immagina, non sa come gestire la situazione, con il padre assente per lavoro e la sorella che scalpita e pesta i piedi. Quando si accorge che Mei è sparita, si sente in colpa e realizza che probabilmente la sua sorellina ha cercato di raggiungere da sola l’ospedale, ma si è persa. Gli abitanti del villaggio cominciano a cercarla ovunque; poco dopo un sandalo rosa viene trovato nel fiume, ma per fortuna non è di Mei. Le ore passano veloci, e quando ormai è quasi l’ora del tramonto Satsuki fa l’unica cosa che le viene in mente: chiede l’aiuto di Totoro.
lunedì 15 settembre 2014
L'anima nera del Totoro (Pt.1)
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Per una maggiore comprensione della serie di articoli "L'anima nera del Totoro", che inizia oggi sul blog, consigliamo di leggere prima i due post dal titolo "L'incidente di Sayama". Se non li avete ancora letti, cliccate qui.
In Giappone gli dei della morte sono detti Shinigami (da shi, morte, e kami, dio/dei) e vengono citati spesso e volentieri nella cultura popolare. Se però l’accostamento con il manga “Death note” (tanto per fare un esempio abbastanza recente) è lampante, quello con un’opera “per famiglie” come “Tonari no Totoro”, di primo acchito, non è affatto evidente. Insomma, sto dicendo che secondo voci insistenti (ma non confermate) il simpatico personaggio creato da Hayao Miyazaki, in realtà, non sarebbe altro che uno Shinigami...!
Basta fare una breve ricerca in rete per accorgersi che sono moltissimi i siti e i blog, anche in lingua inglese, che da tempo sostengono questa tesi e la cosa, com’era prevedibile, ha scatenato le ire dei fan più accaniti, che si sentono defraudati di un mito. Io ho scoperto Totoro solo da adulto, quindi non ho corso il rischio di rovinare un tenero ricordo della mia infanzia, ma posso capirli. Anche voi, naturalmente, siete liberi di pensare che siano tutte bufale, che questa non sia altro che una leggenda metropolitana che, sulla falsariga delle teorie cospirazioniste che ormai spopolano ovunque, cerca di trovare significati nascosti anche ove non ve ne sono. D’altra parte, è vero che quando si vuole trovare a tutti i costi qualcosa la si trova, mentre è impossibile vedere ciò che non si vuole vedere.
In Giappone gli dei della morte sono detti Shinigami (da shi, morte, e kami, dio/dei) e vengono citati spesso e volentieri nella cultura popolare. Se però l’accostamento con il manga “Death note” (tanto per fare un esempio abbastanza recente) è lampante, quello con un’opera “per famiglie” come “Tonari no Totoro”, di primo acchito, non è affatto evidente. Insomma, sto dicendo che secondo voci insistenti (ma non confermate) il simpatico personaggio creato da Hayao Miyazaki, in realtà, non sarebbe altro che uno Shinigami...!
Basta fare una breve ricerca in rete per accorgersi che sono moltissimi i siti e i blog, anche in lingua inglese, che da tempo sostengono questa tesi e la cosa, com’era prevedibile, ha scatenato le ire dei fan più accaniti, che si sentono defraudati di un mito. Io ho scoperto Totoro solo da adulto, quindi non ho corso il rischio di rovinare un tenero ricordo della mia infanzia, ma posso capirli. Anche voi, naturalmente, siete liberi di pensare che siano tutte bufale, che questa non sia altro che una leggenda metropolitana che, sulla falsariga delle teorie cospirazioniste che ormai spopolano ovunque, cerca di trovare significati nascosti anche ove non ve ne sono. D’altra parte, è vero che quando si vuole trovare a tutti i costi qualcosa la si trova, mentre è impossibile vedere ciò che non si vuole vedere.
martedì 9 settembre 2014
L'incidente di Sayama (Pt.2)
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Yoshie Nakata
La prima parte di questo articolo si trova qui.
Quale che sia la verità, bisogna ammettere che le prove a carico di Kazuo Ishikawa erano, come minimo, indiziarie. Per citarne alcune, la sua scrittura aveva delle peculiarità in comune con quella del rapitore (ad esempio, il vezzo di scrivere alcune parole in katakana anziché in hiragana, di scrivere le date usando in parte i numeri arabi e in parte i numerali cinesi, ecc.); un guidatore di risciò asserì di averlo incrociato nei pressi della casa dei Nakata dopo che egli avrebbe lasciato accanto alla porta la richiesta di riscatto, ma la polizia identificò il testimone solo dopo la confessione di Ishikawa; a un altro testimone, un contadino, il sospettato quel giorno avrebbe chiesto indicazioni per raggiungere la casa dei Nakata; Tomie e uno dei poliziotti affermarono di riconoscere nella voce del rapitore, che avevano udito la notte della tentata consegna del denaro, la voce di Ishikawa; una penna appartenente alla vittima fu ritrovata nell’abitazione di Ishikawa; e così via. L’indizio più grave, a detta degli inquirenti, fu però il falso alibi fornito da Ishikawa per il giorno della tentata estorsione, ma il giovane potrebbe aver mentito per paura. Ci sono altrettanti indizi che indicherebbero però la completa estraneità di Ishikawa ai fatti. Il più importante è che, come molti Burakumin a quell’epoca, egli aveva avuto un’educazione scolastica minima e di certo non poteva essere l’autore di una lettera di riscatto che, come quella ricevuta dalla famiglia Nakata, era palesemente il frutto di una mano avvezza a scrivere e infarcita di ideogrammi. Inoltre si appurò, attraverso analisi più accurate, che la calligrafia non poteva essere la sua e, tra l’altro, non furono rilevate le impronte di Ishikawa né sul foglio né sulla busta.
giovedì 4 settembre 2014
L'incidente di Sayama (Pt.1)
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Yoshie Nakata
Quel giorno, un mercoledì, come d’abitudine, la giovane Yoshie uscì di casa e si incamminò lungo il breve tratto di strada che divideva l’edificio scolastico dalla sua abitazione. Nessuno l’avrebbe più rivista. Verso sera, non vedendola rientrare, il padre Sakuei mandò uno dei suoi figli, Kenji, a ripercorrere la strada da e verso la scuola e nei pressi della stazione, ma la ricerca fu inutile. Fu sempre Kenji, la sera stessa, a trovare infilata in una nicchia accanto alla porta di casa una lettera contenente richiesta di riscatto scritta a mano per una somma di 200.000 yen (meno di 2.000 euro di oggi, equivalenti a circa 350.000 lire dell'epoca).
Nonostante la cifra richiesta fosse tutt’altro che impossibile da sostenere, la famiglia Nakata decise di rivolgersi immediatamente alla polizia, la quale dispose di preparare una borsa piena di ritagli di giornale e, nel fingere di acconsentire alle richieste del rapitore, organizzò una trappola che avrebbe dovuto scattare al momento della consegna. La sorella maggiore di Yoshie, Tomie, accettò di buon grado la proposta di recarsi all’appuntamento che, come da istruzioni del rapitore, sarebbe dovuto avvenire per la mezzanotte del giorno successivo nei pressi del Sanoya, un piccolo supermercato non lontano dall’abitazione di famiglia. Il Sanoya era situato appena fuori città, lungo una strada circondata da campi coltivati. Un luogo perfetto per il rapitore, il quale avrebbe potuto apparire, impossessarsi del denaro, e in un attimo scomparire alla vista del testimone approfittando dell’oscurità.
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