domenica 24 aprile 2016

Hideo Nakata: Ring 2

Nel 1999, nemmeno un anno dopo il clamoroso successo di Ring, Hideo Nakata torna dietro al timone del franchise e ci regala un sequel davvero degno di questo nome (vi era stato precedentemente un altro discusso sequel sul quale, almeno per il momento, stenderei un velo pietoso). Il secondo capitolo inizia dove era terminato il primo: Ryuji Takayama è stata l’ultima vittima della maledizione di Sadako, perlomeno l’ultima vittima alla cui fine abbiamo assistito. In verità ce n'è stata un’altra, solamente accennata perché andata in scena dopo i titoli di coda: è il padre di Reiko Asakawa, il quale, per salvare la vita al nipotino, si sarebbe sacrificato all’ira di Sadako (un sacrificio involontario, dovuto alla decisione della sua affezionata figliola di dirottare su di lui la maledizione a sua insaputa). Tecnicamente, però, il nonno di Yōichi muore proprio all’inizio di questo sequel, o perlomeno la sua morte viene resa nota nelle primissime battute, il che colloca cronologicamente l’inizio del film a una settimana di distanza dal precedente. 
Il nuovo Ring, che si discosta definitivamente dal romanzo di Suzuki (ignorando bellamente il secondo volume della sua trilogia, per essere precisi), ci piomba addosso con una scena tra le più efficaci dell’intera saga: il sequel inizia all’interno della sala autopsie di un ospedale, dove alcuni medici stanno spingendo un lettino con i resti del cadavere di Sadako Yamamura perché ne avvenga l'identificazione. Veniamo quindi a conoscenza di un particolare agghiacciante: non solo Sadako era ancora viva quando venne gettata nel pozzo, ma rimase viva per ben trent’anni.
Un brivido ci sale lungo la schiena: per trent’anni Sadako cercò disperatamente di risalire le pareti di quel pozzo, trent’anni durante i quali il suo rancore nei confronti del mondo si amplificò a dismisura, riuscendo infine a materializzarsi in un’immagine televisiva. Nel frattempo, Reiko e suo figlio Yōichi sono scomparsi, preferendo rendersi irrintracciabili dalle autorità. I riflettori si spostano quindi su Mai Takano (interpretata dalla popstar Miki Nakatani), la ragazza che un tempo fu allieva di Ryuji e che nel primo film era presente praticamente solo in un cameo. Per un’oretta la storia del primo episodio si ripete praticamente identica, ma con nuovi personaggi: il posto che fu di Reiko viene preso dalla giovane Mai, mentre il reporter Okazaki prende il posto che fu di Ryuji (sto semplificando molto, in realtà).

Un ruolo più corposo lo ha invece Masami, la ragazzina che fu testimone della morte di Tomoko Ôishi nel primo ciak del film precedente: la troviamo internata in un ospedale psichiatrico e, aspetto singolare, scopriamo che la maledizione di Sadako, in un modo o nell’altro, ha effetto anche su di lei. 
Questo è un punto piuttosto controverso, perché non c'è evidenza che Masami abbia a sua volta visionato la videocassetta e questo, in base a ciò che abbiamo visto, spezza completamente quel meccanismo che vuole che il virus si propaghi secondo determinate e insindacabili regole. Ma Hideo Nakata non è un regista a cui possa fregare qualcosa delle regole: a lui interessa trasformare il potere di Sadako in qualcosa di ancora più temibile di quanto supposto finora, un potere che non colpisce più solo chi ha guardato il famigerato video, bensì anche tutti coloro che in un modo o nell’altro entrano nella vicenda dalla porta di servizio. È appunto il caso di Masami, che ha solo assistito alla morte dell’amica, ma è anche il caso del piccolo Yōichi, che riappare mostrando di non essere “guarito” completamente nonostante il sacrificio del nonno. 
La rabbia di Sadako dunque non si limita più a imprimere immagini su un canale vuoto: ora riesce a utilizzare altri veicoli di trasmissione, come appunto gli stessi Masami e Yōichi, personaggi esterni alla “catena” ma, per motivi diversi, soggetti a una sorta di dipendenza psichica che Sadako utilizza per propagare il suo odio, a macchia d’olio, un po’ ovunque. La domanda che sorge spontanea è: perché? Perché il video maledetto non è più al centro della vicenda? E perché tutti improvvisamente sembrano essere dotati di poteri psichici? Domande che, almeno all'apparenza, rimarranno senza risposta. 
In questo sequel il livello di tensione è quasi sempre più basso rispetto al precedente perché viene a mancare quella sensazione di disagio dovuta all’incertezza nella quale i protagonisti si muovono, quel vago senso di impotenza che deriva dalla mancanza di un antagonista ben definito. Se nel primo film gran parte della narrazione era dedicata a scoprire la genesi della maledizione, qui l'unico mistero rimasto riguarda la vera natura della sua autrice. Chi è Sadako? Un fantasma? O cos’altro? Qui la struttura di base è ormai ben delineata e, per lunghi tratti, addirittura si rimuove l’elemento sovrannaturale preferendo invece un approccio più analitico della questione. Restano tuttavia grandi momenti di puro terrore, come la scena nella casa-hotel degli Yamamura, dove vengono rivissute le immagini di Shizuko e di una piccola Sadako, o come la scena di quella studentessa che, ripresa in un’intervista, improvvisamente scuote la testa e si trasforma, facendoci gelare il sangue nelle vene. 

Aldilà di come viene sviluppato questo secondo film della serie, qualcosa di molto affascinante a mio parere è l’incontro con il dottor Ishi Kawajiri (Fumiyo Kohinata), primario della clinica dov'è ricoverata Masami e ricercatore del paranormale. Questo personaggio, se mi permettete una piccola digressione, è il corrispettivo di un personaggio che era già apparso nel romanzo, vale a dire il dottor Jotaro Nagao, il vero Deus ex machina della versione originale: Nagao è colui che in gioventù violentò e gettò Sadako in fondo al pozzo e che, nel finale del libro, rivelava ai protagonisti le origini del male. Secondo Hideo Nakata, invece, il destino di Sadako è deciso dal padre e, di conseguenza, la sua incarnazione del dottor Nagao non può che essere diversa. Ishi Kawajiri tuttavia è sempre un medico ed è anche colui che, se pure in maniera del tutto differente, farà quanto in suo potere per rendere inoffensivo il rancore di Sadako. Come abbiamo detto Sadako, come già Shizuko, era venuta alla luce con forti capacità psichiche. Coloro che nel corso di una memorabile esibizione pubblica erano stati testimoni di ciò che Shizuko era in grado di fare ne erano rimasti terrorizzati, ma nessuno poteva immaginare che i poteri di Sadako fossero di gran lunga superiori a quelli di sua madre: Sadako, appunto, era addirittura in grado di proiettare immagini su uno schermo TV o su una videocassetta. Questo potere, come descritto dal Dr. Ishi Kawajiri, è conosciuto come nensha, termine sul quale ci siamo già ampiamente soffermati giusto pochi giorni fa. 
Se mi è piaciuto questo film? Sì e no. Credo che le premesse della prima parte siano state in gran parte tradite nel finale; un finale in un certo senso consolatorio (ma perché?) che forse voleva lasciare aperti spiragli per un nuovo capitolo che però, di fatto, non fu mai girato (Ring 0 – Birthday, che chiude la saga, è un prequel e noi non sapremo mai che cosa, di fatto, sia stato in grado di fermare la furia di Sadako là dove tentativi di placare la sua anima dandole sepoltura ed esperimenti scientifici o supposti tali avevano fallito. Se a fermare un odio ultraterreno è la purezza di un bambino, perché mai questo non avviene già nella prima parte della storia? Mah). 
C'è però qualcosa di molto interessante nella maniera in cui Hideo Nakata suggerisce che la verità possa ricondursi al potere simbolico dell’acqua stessa, sorgente di vita, mezzo di rigenerazione e purificazione, al tempo stesso creatrice e distruttrice. Anche su questo argomento ritorneremo in futuro, magari un po’ più avanti.


Il presente articolo è parte di un vasto progetto che ho voluto chiamare Hyakumonogatari Kaidankai (A Gathering of One Hundred Supernatural Tales) in onore di un vecchio gioco popolare risalente al Giappone del periodo Edo (1603-1868) e, di tale progetto, esso rappresenta la parte 12 in un totale di 100Se volete saperne di più vi invito innanzitutto a leggere l'articolo introduttivo e a visitare la pagina statica dedicata, nella quale potrete trovare l'elenco completo degli articoli sinora pubblicati. L'articolo è inoltre parte dello Speciale Ghost in the Well che è iniziato il primo del mese. Buona lettura! P.S.: Possiamo spegnere la 12° candela...

16 commenti:

  1. Questo non l'ho visto. Ne fecero un remake americano per caso?

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    1. Mmmhh... potrei risponderti "sì e no". Tecnicamente il remake americano ha avuto anch'esso un sequel, ma quel sequel si discosta notevolmente da questo sequel.

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    2. Stavo per chiedere anch'io se il secondo remake americano era l'analogo del secondo Ringu.
      Comunque anche nei due "The ring" il secondo ha, secondo me, un notevole calo di tensione rispetto al primo.

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    3. Credo sia inevitabile che i sequel siano privi dello stesso mordente degli originali, anche perché solitamente si tratta di spudorati tentativi di riciclaggio di ciò che è già stato detto. Molto più spesso (anche se non sempre) sono invece i terzi episodi rivelarsi delle belle sorprese. Lo è stato indiscutibilmente per Freddy Krueger, lo è stato anche per Ring...

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  2. Il tema dell'acqua come fonte di vita, mezzo di trasformazione e quindi anche collegamento con la morte mi interessa molto (l'ho forse ritrovato in un racconto di Murakami, Sonno) *__*

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    1. Si direbbe proprio che Murakami sia nel mio destino di lettore. ^_^
      Non conoscevo "Sonno"... vado a documentarmi! Grazie!

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    2. Mah, a volte ho l'impressione che forse si tenda a sovraccaricare di possibili significati laddove non ce ne sono direttamente, almeno. Con Murakami mi succede, penso sia per l'interesse e l'ignoranza verso la sua cultura. È anche vero che ciascun libro dovrebbe essere letto attraverso la propria sensibilità/cultura/ecc., quindi accettabile questo elucubrare :D
      Sonno è stato pubblicato con tavole molto belle di recente, come racconto singolo, oppure lo trovi nella raccolta L'elefante scomparso e altri racconti ;)

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    3. Non saprei dire con certezza, ma è perfettamente possibile che si riesca a estrarre dei significati a cui l'autore non aveva pensato. Questo però non significa che non vi siano: la mente umana per buona parte è fatta di sensazioni e spesso sono le stesse per tutti, anche se non dichiaratamente.

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  3. Rimasi molto deluso da questo sequel, ma non saprei dirti perché: è passato molto tempo da quando feci la mia "immersione" in Ring, e ricordo solamente che il secondo americano mi piacque di più. Ed è paradossale, visto che storicamente io amo sempre di più gli originali...
    L'acqua come psicopompo è elemento potente, e sono sicuro che nel tuo speciale arriverà anche il momento dell'"acqua oscura" :-P

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    1. Arriverà anche quel momento... è ormai inevitabile.

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  4. Deluse molto anche me,l'ho rivisto di recente e la sensazioni di "non gradimento" sono rimaste ancora tutte lì ben presenti in me.

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  5. Io ho visto solo la versione americana di Ring. Mi è piaciuto molto, tranne il fatto che l'abbiano volutamente tenuto con un finale aperto per un possibile sequel, che non ho avuto assolutamente voglia di vedere.

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    1. Il sequel in questo caso era molto di più di una possibilità, considerato che lo scrittore nel frattempo aveva continuato a scrivere...

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  6. Una persona che rimane viva per trent'anni in un pozzo? La mia parte irrazionale salta sulla sedia e trema di paura, la mia parte razionale chiede subito con vocetta petulante come può rimanere viva. E quindi la parte irrazionale si nasconde sotto il letto... ;-)

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    1. La mia parte irrazionale è uguale alla tua: se ripenso a quel particolare dei trent'anni sto ancora male...

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