sabato 9 aprile 2016

Ring: Kanzenban

La sera del 11 agosto 1995, su un'emittente privata giapponese* andò in onda un film di cui quasi nessuno ha conservato il ricordo: ed è un peccato, perché Ring: Kanzenban (リング 完全版) di Chisui Takigawa è il vero punto di partenza della saga e come tale, almeno in questa sede, è impossibile ignorarlo. Diciamolo fin da subito: Ring: Kanzenban è tutto fuorché un bel film. Difficilmente sarei qui a scriverne se non per puro interesse accademico, soprattutto dopo averlo visto**, giusto qualche settimana fa, con ancora davanti agli occhi le immagini del reboot che tre anni dopo ne sarebbe seguito. Si tratta del classico film per la tivù assemblato con mezzi di fortuna e diretto a mio modesto parere in maniera piuttosto approssimativa. La cosa incredibile è che Ring: Kanzenban può però vantare un interprete di tutto riguardo, quel Yoshio Harada già apparso in pellicole di registi cult come Shūji Terayama e Kōji Wakamatsu, giusto per nominare due fra i più noti ad averlo diretto. Attorno a Yoshio Harada ci sono alcuni accettabili “figuranti”, per lo più gente proveniente da programmi di intrattenimento televisivo, attori improvvisati di cui sono piene anche le nostre fiction. Da segnalare, tra questi, solo la presenza di Miura Ayane, una giovanissima gravure idol che si rivela in quest’occasione decisamente azzeccata nel ruolo di Sadako (anche se sarà facilmente soppiantata dalla bellezza eterea di Yukie Nakama, che quindici anni più tardi ne erediterà il ruolo nel sequel/prequel “Ring 0 – Birthday”). Eppure, nonostante la fotografia imbarazzante e la sceneggiatura a tratti piuttosto “curiosa”, Ring: Kanzenban si lascia guardare con piacere e non annoia mai.
E i momenti di suspense o di terrore? Beh, di quelli non c'è nemmeno l’ombra, ma se è per quello non ce ne sono moltissimi nemmeno nella versione di Hideo Nakata, soprattutto se rivista oggi, venticinque anni dopo la sua uscita. La cosa importante, tuttavia, è che il film Ring: Kanzenban è ad oggi la più fedele trasposizione mai realizzata del romanzo originale di Kōji Suzuki e, se non altro, almeno di questo bisogna dargli atto.
Nel 1998 Hideo Nakata inizierà invece a narrare la sua storia partendo da una leggenda urbana circolante, a suo dire, in Giappone. Secondo tale leggenda, chiunque si trovasse a guardare una certa videocassetta verrebbe inevitabilmente colpito da una maledizione che, esattamente sette giorni più tardi, raggiungerebbe il suo apice con la morte dello sventurato. Premesso che in Giappone, prima di Ring, non circolava nessuna storia del genere (tale “leggenda” è infatti un prodotto originale del romanzo di Suzuki), sia nel romanzo che nel film di Chisui Takigawa la stessa notorietà del video maledetto rimane confinata tra i pochi personaggi che ne finiranno coinvolti, accidentalmente o di proposito. Evidentemente, deve aver riflettuto Nakata, quando si parla di leggende metropolitane si attira meglio l’attenzione del pubblico, il quale si chiede innanzitutto quanto di vero ci sia in ciò di cui sta venendo a conoscenza. Insomma, la sua può dirsi una trovata molto astuta… peccato che usare uno stratagemma del genere faccia venir meno le reali motivazioni che nella storia originale spingono il protagonista Kazuyuki Asakawa a cominciare a indagare su quanto sta accadendo. Tali ragioni svaniscono quasi completamente nel film di Nakata: in parte sono presenti, ma sono molto ben nascoste, e certe sfumature (a mio parere fondamentali) della vicenda possono essere colte solo da chi ha letto il romanzo o da chi ha visto Ring: Kanzenban che, come detto, al romanzo è molto fedele.

La prima inquadratura è dedicata a Tomoko Ōishi, una giovane studentessa intenta a cazzeggiare per casa mentre i genitori trascorrono la serata allo stadio del baseball. Pochi attimi e succede qualcosa che non ci viene fatto capire: la ragazza vede qualcosa, si mette a gridare, corre fino a rifugiarsi (incomprensibilmente) nel box doccia dove… muore, a quanto pare aggredita da qualcosa o qualcuno di invisibile. Se avete presente il remake di Hideo Nakata, avrete certamente già notato una prima sostanziale differenza. Dov’è il fantasma di Sadako? Dov’è la televisione? Qui non ve n’è traccia alcuna. La scena si sposta poi sulla strada, dove a bordo di un taxi troviamo un uomo che identifichiamo subito come un giornalista. Quando il veicolo si ferma al semaforo, un motociclista gli si affianca e, dopo pochi istanti, prende ad agitarsi convulsamente, grida, perde l’equilibrio, cade a terra e… muore. Il giornalista di cui sopra getta uno sguardo all’orologio del malcapitato e legge le 00:48, lo stesso orario che, ce ne rendiamo conto solo adesso, segnava una pendola a casa di Tomoko nella scena descritta precedentemente. Che due morti misteriose siano avvenute nel medesimo istante è subito ovvio, e altrettanto ovvio questo sarà di lì a poco anche per Kazuyuki Asakawa, il nostro giornalista, che si rivelerà essere lo zio di Tomoko. Due persone, due adolescenti, decedute nel medesimo istante per cause sconosciute, ufficialmente per arresto cardiaco, non passano inosservate, soprattutto agli occhi di chi per un incredibile scherzo del destino è rimasto coinvolto in entrambe le morti. Cosa fareste voi se vi trovaste nei panni di Asakawa? Non provereste forse a indagare? Non vorreste capire cosa possa esserci dietro a questa inverosimile coincidenza?
Aldilà del lutto che lo ha colpito in prima persona, una tale faccenda per un giornalista non può che essere motivo d'interesse professionale. Per un giornalista, inoltre, non è nemmeno così complesso scoprire che altri due ragazzi sono stati trovati morti in circostanze simili all’interno di un'automobile proprio in quella stessa notte: basta dare un’occhiata ai trafiletti riportati sui giornali di cronaca locale nei giorni successivi per scoprire che c’è qualcosa di grosso nell’aria.

Non serve raccontare altro. Se avete visto la versione di Hideo Nakata, vi sarete sicuramente resi conto che lì questi fatti sono praticamente assenti. Tomoko Ōishi muore sì all’inizio del film ma le circostanze, come ricorderete, sono piuttosto diverse; il motociclista è completamente assente (viene solo vagamente citato in una discussione tra studentesse), mentre le due ulteriori vittime vengono sempre ritrovate all'interno di un'automobile, ma non è ben chiaro in che modo la loro fine sia collegata con quanto mostrato in precedenza. In parole povere, Nakata decise di sorvolare sulle motivazioni di Asakawa, sacrificando un po’ la logica a favore di altro. E non è un particolare da poco, in quanto Ring, a conti fatti, è un film a tratti incomprensibile. Non è tuttavia l’incipit la differenza che più salta agli occhi fra Ring: Kanzenban, il romanzo di Kōji Suzuki e il film di Hideo Nakata. Nei primi due il protagonista della vicenda, Kazuyuki Asakawa, è un uomo, mentre Nakata decide di trasformarlo in una donna e lo ribattezza “Reiko” Asakawa (e il fedele alleato di Asakawa nel romanzo, Ryuji Takayama, in origine un suo vecchio compagno di scuola, nel Ring di Nakata si trasforma nell'ex marito di Reiko). Bisogna ammettere che questa fu una scelta decisamente azzeccata, perché il suo essere donna (e madre) amplifica maggiormente il suo legame con il figlioletto Yoichi, la cui stessa vita è legata alla soluzione dell’enigma. Il piccolo Yoichi Asakawa, tra l’altro figura completamente assente in Ring: Kanzenban, rappresenta infatti la vera molla che costringe Kazuyuki/Reiko Asakawa a procedere nella sua indagine anche quando tutte le speranze sembrano venir meno. Nella corsa contro il tempo per la salvezza di un bambino, la scelta di mostrare la lotta di una madre disperata anziché di un padre è in qualche modo più logica; o, se non più logica, certamente più coinvolgente per lo spettatore, il quale si appassionerà alle sue vicende anche per la disparità tra la minaccia incombente e le scarse forze dell'eroina, sostenute però dall'amore materno (e del resto, è marchio di fabbrica di molto cinema horror inserire protagoniste femminili, spesso ma non sempre madri, che alla fine sopravvivono a dispetto dell'apparente fragilità). A dire il vero, va detto che nonostante le premesse quel nucleo familiare sfasciato (Reiko, Ryuji, Yoichi) si dimostra coeso davanti alle avversità, e il padre acquista nel corso della narrazione quella dimensione umana che il suo distacco e freddezza iniziali nei confronti del figlio non facevano supporre.

Comunque, se da una parte il film di Nakata stravolge completamente le carte in tavola, inserendo la leggenda metropolitana e tralasciando le motivazioni che spingevano Asakawa a indagare, e rendendo così la narrazione più confusa e frustrante, riesce però dal punto di vista del pathos laddove Ring: Kanzenban aveva fallito: in tal senso, la figura della madre è fondamentale. Ci sono numerose altre differenze tra le varie versioni della storia, ma credo che quanto abbiamo visto per oggi sia sufficiente, anche perché non è mia intenzione anticipare così tanto gli aspetti più interessanti di questa storia. Concludo quindi questo articolo precisando che esistono a sua volta due diverse versioni di Ring: Kanzenban, la prima, è quella che venne trasmessa in televisione nell’estate del 1995, la seconda fu distribuita in video pochi mesi più tardi con la dicitura edizione integrale***. Quest’ultima non aggiunge nulla di significativo alla trama e, pertanto, può essere interessante solo per i curiosi o i completisti. Rispetto alla versione originale, l'edizione integrale include molte più scene di nudo (alcune di queste furono addirittura rigirate appositamente e sostituite a quelle originali) e perfino alcuni momenti di sesso esplicito che, nella pratica, portarono il Ring originale a perdersi nei densi meandri della pornografia.

* Trattasi dell'emittente Fuji Television Network. In Italia è possibile assistere ai suoi programmi attraverso KeyHoleTV.
** Il film Ring: Kanzenban è presente sul tubo, sottotitolato in inglese, russo e spagnolo.
*** Il termine “Kanzenban” significa in verità proprio “edizione integrale”, ed è quindi da riferirsi solo alla versione in DVD. Il film trasmesso in televisione si intitolava in realtà Ring - Jiko ka?! Henshi ka?! 4-tsu no inoichi wo ubau shôjo no onnen (Ring - Un incidente?! O una morte innaturale?! La ragazza il cui odio ruba la vita a quattro persone). In questa sede, ovviamente per semplicità, ho preferito usare il titolo Ring: Kanzenban.


Il presente articolo è parte di un vasto progetto che ho voluto chiamare Hyakumonogatari Kaidankai (A Gathering of One Hundred Supernatural Tales) in onore di un vecchio gioco popolare risalente al Giappone del periodo Edo (1603-1868) e, di tale progetto, esso rappresenta la parte 7 in un totale di 100Se volete saperne di più vi invito innanzitutto a leggere l'articolo introduttivo e a visitare la pagina statica dedicata, nella quale potrete trovare l'elenco completo degli articoli sinora pubblicati. L'articolo è inoltre parte dello Speciale Ghost in the Well che è iniziato il primo del mese. Buona lettura! P.S.: Possiamo spegnere la 7° candela...

10 commenti:

  1. C'è da perdersi tra le varie versioni di Ring, a suo tempo avevo sentito parlare anche di una sorta di remake coreano, tu ne sai niente?

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  2. Ma il video maledetto? Che differenze ci sono tra quello proposto nelle versioni orientali e quello del remake USA?

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    1. Il video del remake americano è molto simile al Ring di Nakata del 1998. Quello invece visto in Kanzeban è molto diverso e ho giusto in scaletta un post ad esso dedicato.

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  3. Mitico! Anni fa, quando mi appassionai a Ring, avevo saputo dell'esistenza di questo film ma non ero riuscito a trovarlo: è stato dunque un piacere doppio leggerti ;-)

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    1. E' il bello della rete: oggi una cosa c'è , domani non c'è più, dopodomani c'è ancora... bisognerebbe avere voglia e tempo di mettersi a cercare e a ricercare le cose di continuo...

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  4. Letto con interesse! Anche io sono curiosa a proposito del video (vedi commento di Ivano) :O

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  5. Hai fatto un'analisi davvero accuratissima. Credo di essere una delle poche persone sulla faccia della terra a non aver visto alcun film della serie "Ring", ma ovviamente ne ho molto sentito parlare.

    Il fatto che il regista Nakata nel suo remake sorvoli sulle motivazioni di Asakawa (come scrivi: "Ring, a conti fatti, è un film a tratti incomprensibile...") può renderlo sì illogico, ma anche criptico e perciò molto più affascinante.

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    1. Me ne sono accorto, di quanto fosse criptico (e quindi affascinante), solo strada facendo. A posteriori, mentre scrivevo, sono poi saltati fuori tutti i contenuti nascosti. Mai avrei potuto immaginare il mondo che mi si sarebbe aperto davanti agli occhi...

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