Ed eccoci così giunti alla conclusione. Salutiamo Sadako, salutiamo lo Speciale Ghost in the Well e chiudiamo definitivamente questa faticosissima parentesi.
Non ci sono parole per spiegare lo stress mentale al quale questo progetto ha sottoposto i suoi autori. Il plurale non è casuale, visto che non ce l’avrei mai fatta senza il continuo supporto di Simona che a un certo punto, quando le cose si sono messe al peggio, ha preso in mano la situazione e si è messa a produrre quei contenuti che al solo pensiero il sottoscritto provava un inquietante senso di repulsione. Ancora oggi, che dovrei essere più o meno fuori dal tunnel, quando chiudo gli occhi appare davanti a me il profilo di Sadako che mi guarda e che mi tormenta. È forse questa la vera maledizione di Ring? Quella di tormentare un piccolo blogger che non ha fatto nulla di male se non parlarne fino all’esaurimento? Ad ogni modo, oggi è finita. Oggi è il momento di tirare le somme di questo lungo lavoro.
Com’è andata? A me pare sufficientemente bene. Avrebbe potuto andare meglio, questo sì, e vi assicuro che la mia non è falsa modestia. Nella mia mente Ghost in the Well poteva davvero elevarsi di parecchio rispetto alla media degli “speciali Ring” che hanno invaso la rete negli ultimi vent’anni. Così non è stato per vari motivi, non ultima la necessità di portare a termine il lavoro in un tempo accettabile, particolare questo che mi ha convinto a tapparmi il naso su certi passaggi a mio parere insoddisfacenti. Il mio comunque è un giudizio di parte, espresso tra l’altro a caldo. Non sono comunque io a doverlo esprimere: da un lato sarà il tempo a dare una risposta, dall’altro sarà il giudizio di chi è passato (o passerà) di qui a contare davvero. Una cosa è certa: per un bel po’ di tempo non vorrò più sentir parlare di Ring. Ho bisogno di disintossicarmi.