Lo dichiaro sin da subito: ho sempre avuto un rapporto conflittuale con il genere western. Da un lato, ancora bambino mi sono lasciato affascinare dalle grandi saghe western con protagonisti gli eroi bonelliani, al punto dal poter oggi ancora vantare una discreta collezione di albi a fumetti che, non senza fatica, è scampata al tempo e alla polvere. Dall'altro lato, ho sempre mal sopportato quei vecchi film che mio papà mi imponeva una sera sì e l'altra pure alla televisione (in questa "mal sopportazione" ci metto dentro anche i capolavori di Sergio Leone, che sarà anche un essere mitologico, non lo nego, ma andrebbe gustato a dosi più controllate).
Sembra illogica la questione, detta così, ma c'era un motivo ben preciso che rendeva gli scenari calpestati da Tex, Zagor e Kit Teller (il piccolo ranger, ndr) per me così affascinanti, ovvero le frequenti contaminazioni con l'horror.
Ecco perché mi ha incuriosito immediatamente questo progetto editoriale indipendente presentato pochi mesi fa da Christian Sartirana, che tra l'altro è una vecchia conoscenza di questo blog. L'altro elemento catalizzante è stato il personaggio stesso che presta il suo nome al titolo all'opera: Queho, un nativo americano che insanguinò il Navada nei primi anni del secolo scorso e che finì per guadagnarsi il titolo di primo serial killer mezzosangue della frontiera (se non il primo in assoluto, certamente il primo a creare attorno a sé un alone di leggenda).