Mio padre si suicidò con la sua amante. Mia madre si suicidò quando avevo nove anni. So che le persone si amano e si uccidono. Ma perché mia madre si impiccò? Lo capii a dodici anni. Mia madre era solo triste e sola. Ha detto che avrebbe ucciso se stessa per la rabbia che provava per papà. Sembrava che fosse un doppio suicidio.
Riuscire a descrivere il degrado morale della società in poco più di un’ora. Metterci dentro solitudine, rassegnazione, violenza, abusi, immoralità, ferocia, sesso e morte. Lo ha fatto Kōji Wakamatsu (若松孝二) con il suo Go, Go, Second Time Virgin (ゆけゆけ二度目の処女 Yuke Yuke Nidome no Shojo), girato in soli quattro giorni nel 1969, con un budget ridottissimo, su un set ristretto quale può essere il tetto di un palazzo di sette piani, uguale a tanti altri, nella periferia di Tokyo.
E’ su questo tetto che viene trascinata e stuprata da un gruppo di teppisti la nostra protagonista, Poppo (interpretata da Mimi Kozakura). Ma non è lo strupro la vera violenza che subisce Poppo. Lo strupro è solo un passaggio obbligato che si ripete nel destino della giovane. “E’ la seconda volta che vengo stuprata. Anche mia madre fu stuprata da una gang, e da quello stupro nacqui io” dice Poppo ad un certo punto.