E’ Nato! E’ nato! Proprio pochi secondi fa, a mezzanotte in punto di oggi 25 dicembre, Gesù Bambino è venuto alla luce dal ventre di Maria. A quest’ora i suoi primi inconfondibili vagiti staranno già rompendo il silenzio di quell’ormai leggendaria grotta in Betlemme, nella Giudea. Di questo bambino si farà un gran parlare nei duemila (e più) anni successivi. Si parlerà del suo ministero, dei suoi miracoli e delle sue battaglie. Si parlerà della sua vita e della sua morte. Si parlerà ampiamente anche di tutti i personaggi che incroceranno il suo cammino, amici e nemici, a partire dalla Vergine che lo concepì, fino ad arrivare a Pilato che ne sentenziò la morte. In mezzo a loro una quantità impressionante di personaggi, più o meno importanti, che non starò qui a citare, visto che non è di questo che volevo parlare oggi. Per una volta lasciate che in questo Natale si possa spezzare una lancia per una figura che è stata troppe volte, ingiustamente, dimenticata dai vangeli canonici: quella di Giuseppe, il falegname, sposo di Maria e padre putativo di Gesù. Un personaggio di cui ci ricordiamo solo a Natale, quando sistemiamo la sua statuina in un angolo di seconda fila dei nostri presepi, rilevante nella scena né più né meno di un bue o di un asinello. Giuseppe: lontano anni luce dall’immensità della gloria che sarà concessa all’altro genitore. Giuseppe: sovrastato dalla potenza simbolica della Vergine Maria. Giuseppe: dimenticato in quella grotta, come una statuina non più necessaria, quando tutti se ne saranno andati. Dimenticato nello stesso modo in cui un orribile incubo viene scacciato dalla nostra mente al sorgere del sole.
Povero Giuseppe. Cosa hai fatto per meritare tutto questo? Solo e abbandonato. Non hai forse fatto quello che ti è stato chiesto di fare? Non lo hai forse fatto senza porti troppe domande? Domande alle quali nessuno avrebbe saputo dare delle risposte? Maria, la tua Maria, ti aveva annunciato la Sua gravidanza e tu, che mai l’avevi nemmeno sfiorata, accettasti ed amasti ciò che ti era stato imposto. E di te ci si ricorderà ancora in un giorno di marzo, un solo attimo, nulla in confronto ad un intero Mese Mariano. Se sarai fortunato riceverai in dono un portafogli nuovo, altrimenti una stupida cintura, o magari l’ennesima cravatta “regimental” che non indosserai mai. A cosa è servito essere padre? Anni e anni di lavoro sommerso. Cosa lascerai di te a coloro che ti sopravvivranno? Eh già, perché sarai tu a lasciare per primo questa valle di lacrime. Non farai forse nemmeno in tempo a goderti la tua strameritata pensione che una sera, tac, le tue coronarie ti giocheranno un brutto scherzo. Cosa lascerai di te a coloro che ti sopravvivranno? Una collezione di cravatte? Giuseppe, quello originale, non ha lasciato nulla. L’assoluto silenzio che lo avvolge lascia presupporre che fosse morto non molto tempo dopo la nascita di Gesù. Morto senza lasciare nulla, se non una statuina in un presepe. Nessuno fu testimone del mio dolore, nessuno neanche in futuro si degnò di celebrare il mio lutto; perché anch’io sono stato un padre in lutto ma nessuno, ebbe una parola di conforto, compresa la storia, la maledetta e snob storia che privilegia gli imperatori e gli imperi, gli assassini e i traditori, gli intrighi e le guerre, non certo un falegname diventato padre putativo perché tirato in ballo da un dio pigro, pigro come tutti gli dei. E che dire dell’arte, sublime per quanto maledetta, il matrimonio felice tra sensibilità e atrocità? Due, forse tre sono i pittori che mi hanno rappresentato ma poi nessuno ha celebrato la paternità. E anche le Sacre Famiglie sono opere in cui mi si dipinge mortificato, per gentile compassione del pittore; dipinto forse da un pittore che come me avrebbe desiderato essere un padre a tutti gli effetti. E dipingendo me ha dipinto la comunione delle nostre paternità sterili. Io non sono padre. Dubito molto che finirò per esserlo. Non avrò cravatte da lasciare, né cognomi da tramandare. Non ho mai neppure scritto un libro o girato un film, nulla, ma proprio nulla che possa giustificare il mio passaggio sulla terra. Ma cosa cambia? Forse qualcuno ha memoria dei propri bisnonni? Si tratta solo di una generazione in più o in meno, dopodiché tutti inevitabilmente verremo avvolti dalle tenebre dell’oblio. Proprio come Giuseppe.
Un post su San Giuseppe mi ronzava nella mente da molto tempo, più o meno da quando mi è capitato di posare gli occhi su un libricino, dalla copertina bianca e dal curioso titolo di “Tarli senza cornici”, dal quale è tratto il corsivo riportato più sopra. Mentre scrivo queste righe sono ancora completamente indeciso circa lo scopo di questo post. Una recensione? No, diciamo piuttosto uno sfogo. Basta ipocrisie! Se c’è un personaggio storico da innalzare come esempio assoluto di generosità, umiltà e orgoglio, quello è proprio Giuseppe. Marcella Andreini, l’autrice di “Tarli senza cornici”, già mia ospite su questo blog con il suo “Volevo solo essere adorata”, riesce finalmente a dar voce a colui che non ha mai avuto la possibilità di esprimersi. Egli dice: “Non voglio neanche avere meriti. Avrei voluto continuare ad esserci nella vita di Maria, di quella Maria invecchiata; avrei voluto che l’oro, l’incenso e la mirra fossero durati più a lungo e invaso il mondo; vorrei che le mie ceneri seguissero le reliquie di quei magi; che una mia manciata di ceneri fosse nel santo sepolcro e una parte dispersa nell’orto dei Getsemani, un’altra parte portata via dalle correnti del Giordano; voglio parti delle mie ceneri mischiate al sangue che ha bagnato e macchiato il legno di quella croce […] Si può inviduare un dolore? Io l’ho fatto, io ho invidiato il dolore di Maria che raccoglieva il sangue di nostro figlio… Dio, Dio io volevo partecipare a quel dolore, lo capisci? Ho provato invidia per Maria, per Maddalena e Giuseppe di Arimatea che lo raccoglievano morto dalla croce, se lo ponevano sulle ginocchia, lo accarezzavano per l’ultima volta, ne sentivano il corpo perdere calore e ne seguivano l’impallidire. Erano lì con lui in quegli ultimi respiri ma io no, tenuto lontano anche da questo, ritenuto incapace di poter essere di aiuto o poter condividere un dolore.”
Cos’è il post di oggi quindi? Non una recensione nel senso stretto del termine, come dicevo prima. Diciamo che è una scusa per parlare del Natale, visto che oggi (a quanto pare) è Natale. Anzi, diciamo pure che questo è il mio “Post di Natale”, con il quale colgo l’occasione per fare i miei migliori auguri a tutti i lettori di questo blog. Si, lo so che come post di Natale è un pochino anomalo (in un post di Natale bisognerebbe abbondare con parole del tipo “amore”, “gioia” e “felicità”) ma io, che volete, sono fatto così. Ad ogni modo, casomai vi avessi incuriosito e volete saperne di più su San Giuseppe e su “Tarli senza cornici”, vi invito a visitare il blog di Marcella oppure ad andare a leggere la bella recensione che la mia collega blogger Romina ha scritto dalle sue parti sul finire dell’estate scorsa.
Prima di chiudere ci sarebbe in realtà da onorare anche il meme natalizio che Salomon Xeno mi ha appioppato un paio di settimane fa. Teoricamente dovrei farlo entro oggi, altrimenti non ha senso. Spero non se le prenda a male però se per questa volta passo. Sarebbero una sequenza di “non so” e “non ricordo”.Il fatto è che sono davvero stanco. Quest’ultimo mese è stato davvero faticoso: tutto sembra aver congiurato contro di me. Non so nemmeno come ho potuto mantenere attivo il blog in queste condizioni. Avrei uno stramaledetto bisogno di ferie ma, ancora una volta, riuscirò a staccare la spina solo per pochi giorni, giusto oggi e domani e poi giovedì di nuovo in ufficio. Però almeno oggi sarà una festa, io e la mia famiglia tutti riuniti con le gambe sotto il tavolo, e la gioia negli occhi dei miei nipotini mentre scartano i loro regali. Al domani, anzi al dopodomani, ci penserò quando sarà il momento.
Buon Natale a Buon Anno a tutti! Il blog va in letargo fino a gennaio, perlomeno fino a quando l’Epifania tutte le feste non si sarà portata via!
Povero Giuseppe. Cosa hai fatto per meritare tutto questo? Solo e abbandonato. Non hai forse fatto quello che ti è stato chiesto di fare? Non lo hai forse fatto senza porti troppe domande? Domande alle quali nessuno avrebbe saputo dare delle risposte? Maria, la tua Maria, ti aveva annunciato la Sua gravidanza e tu, che mai l’avevi nemmeno sfiorata, accettasti ed amasti ciò che ti era stato imposto. E di te ci si ricorderà ancora in un giorno di marzo, un solo attimo, nulla in confronto ad un intero Mese Mariano. Se sarai fortunato riceverai in dono un portafogli nuovo, altrimenti una stupida cintura, o magari l’ennesima cravatta “regimental” che non indosserai mai. A cosa è servito essere padre? Anni e anni di lavoro sommerso. Cosa lascerai di te a coloro che ti sopravvivranno? Eh già, perché sarai tu a lasciare per primo questa valle di lacrime. Non farai forse nemmeno in tempo a goderti la tua strameritata pensione che una sera, tac, le tue coronarie ti giocheranno un brutto scherzo. Cosa lascerai di te a coloro che ti sopravvivranno? Una collezione di cravatte? Giuseppe, quello originale, non ha lasciato nulla. L’assoluto silenzio che lo avvolge lascia presupporre che fosse morto non molto tempo dopo la nascita di Gesù. Morto senza lasciare nulla, se non una statuina in un presepe. Nessuno fu testimone del mio dolore, nessuno neanche in futuro si degnò di celebrare il mio lutto; perché anch’io sono stato un padre in lutto ma nessuno, ebbe una parola di conforto, compresa la storia, la maledetta e snob storia che privilegia gli imperatori e gli imperi, gli assassini e i traditori, gli intrighi e le guerre, non certo un falegname diventato padre putativo perché tirato in ballo da un dio pigro, pigro come tutti gli dei. E che dire dell’arte, sublime per quanto maledetta, il matrimonio felice tra sensibilità e atrocità? Due, forse tre sono i pittori che mi hanno rappresentato ma poi nessuno ha celebrato la paternità. E anche le Sacre Famiglie sono opere in cui mi si dipinge mortificato, per gentile compassione del pittore; dipinto forse da un pittore che come me avrebbe desiderato essere un padre a tutti gli effetti. E dipingendo me ha dipinto la comunione delle nostre paternità sterili. Io non sono padre. Dubito molto che finirò per esserlo. Non avrò cravatte da lasciare, né cognomi da tramandare. Non ho mai neppure scritto un libro o girato un film, nulla, ma proprio nulla che possa giustificare il mio passaggio sulla terra. Ma cosa cambia? Forse qualcuno ha memoria dei propri bisnonni? Si tratta solo di una generazione in più o in meno, dopodiché tutti inevitabilmente verremo avvolti dalle tenebre dell’oblio. Proprio come Giuseppe.
Un post su San Giuseppe mi ronzava nella mente da molto tempo, più o meno da quando mi è capitato di posare gli occhi su un libricino, dalla copertina bianca e dal curioso titolo di “Tarli senza cornici”, dal quale è tratto il corsivo riportato più sopra. Mentre scrivo queste righe sono ancora completamente indeciso circa lo scopo di questo post. Una recensione? No, diciamo piuttosto uno sfogo. Basta ipocrisie! Se c’è un personaggio storico da innalzare come esempio assoluto di generosità, umiltà e orgoglio, quello è proprio Giuseppe. Marcella Andreini, l’autrice di “Tarli senza cornici”, già mia ospite su questo blog con il suo “Volevo solo essere adorata”, riesce finalmente a dar voce a colui che non ha mai avuto la possibilità di esprimersi. Egli dice: “Non voglio neanche avere meriti. Avrei voluto continuare ad esserci nella vita di Maria, di quella Maria invecchiata; avrei voluto che l’oro, l’incenso e la mirra fossero durati più a lungo e invaso il mondo; vorrei che le mie ceneri seguissero le reliquie di quei magi; che una mia manciata di ceneri fosse nel santo sepolcro e una parte dispersa nell’orto dei Getsemani, un’altra parte portata via dalle correnti del Giordano; voglio parti delle mie ceneri mischiate al sangue che ha bagnato e macchiato il legno di quella croce […] Si può inviduare un dolore? Io l’ho fatto, io ho invidiato il dolore di Maria che raccoglieva il sangue di nostro figlio… Dio, Dio io volevo partecipare a quel dolore, lo capisci? Ho provato invidia per Maria, per Maddalena e Giuseppe di Arimatea che lo raccoglievano morto dalla croce, se lo ponevano sulle ginocchia, lo accarezzavano per l’ultima volta, ne sentivano il corpo perdere calore e ne seguivano l’impallidire. Erano lì con lui in quegli ultimi respiri ma io no, tenuto lontano anche da questo, ritenuto incapace di poter essere di aiuto o poter condividere un dolore.”
Cos’è il post di oggi quindi? Non una recensione nel senso stretto del termine, come dicevo prima. Diciamo che è una scusa per parlare del Natale, visto che oggi (a quanto pare) è Natale. Anzi, diciamo pure che questo è il mio “Post di Natale”, con il quale colgo l’occasione per fare i miei migliori auguri a tutti i lettori di questo blog. Si, lo so che come post di Natale è un pochino anomalo (in un post di Natale bisognerebbe abbondare con parole del tipo “amore”, “gioia” e “felicità”) ma io, che volete, sono fatto così. Ad ogni modo, casomai vi avessi incuriosito e volete saperne di più su San Giuseppe e su “Tarli senza cornici”, vi invito a visitare il blog di Marcella oppure ad andare a leggere la bella recensione che la mia collega blogger Romina ha scritto dalle sue parti sul finire dell’estate scorsa.
Prima di chiudere ci sarebbe in realtà da onorare anche il meme natalizio che Salomon Xeno mi ha appioppato un paio di settimane fa. Teoricamente dovrei farlo entro oggi, altrimenti non ha senso. Spero non se le prenda a male però se per questa volta passo. Sarebbero una sequenza di “non so” e “non ricordo”.Il fatto è che sono davvero stanco. Quest’ultimo mese è stato davvero faticoso: tutto sembra aver congiurato contro di me. Non so nemmeno come ho potuto mantenere attivo il blog in queste condizioni. Avrei uno stramaledetto bisogno di ferie ma, ancora una volta, riuscirò a staccare la spina solo per pochi giorni, giusto oggi e domani e poi giovedì di nuovo in ufficio. Però almeno oggi sarà una festa, io e la mia famiglia tutti riuniti con le gambe sotto il tavolo, e la gioia negli occhi dei miei nipotini mentre scartano i loro regali. Al domani, anzi al dopodomani, ci penserò quando sarà il momento.
Buon Natale a Buon Anno a tutti! Il blog va in letargo fino a gennaio, perlomeno fino a quando l’Epifania tutte le feste non si sarà portata via!
Grazie per questo regalo, davvero una bellissima sorpresa! Hai colto alla perfezione la ribellione di Giuseppe. Grazie davvero e auguri!
RispondiEliminaSono io che ringrazio te... Tanti auguri di Buone Feste a te e a tutti i tuoi cari.
EliminaNon me la prendo, tranquillo. Me la segno sul libricino nero della tremenda vendetta! :P
RispondiEliminaScherzo, ovviamente.
Avevo già letto la recensione di Romina e mi aveva incuriosito. Solo che... ehm... diciamo, volendo - per così dire - leggerlo, un'indicazione su dove si può reperire?
Al momento sul mio blog, cliccando sull'etichetta "Tarli senza cornici" si possono leggere 3 estratti al libro; presto credo che lo pubblicherò interamente nel blog. Grazie.
EliminaDavvero un bel discorso attorno al libro! La mia domanda ricorrente in vari incontri di preghiera e non solo è sempre: "Ma che fine ha fatto Giuseppe? Come è morto?". Al momento ho trovato poche risposte convincenti, che attestano che è morto prima dell'inizio della predicazione di Gesù e quindi nel periodo in cui i Vangeli tacciono.
RispondiEliminaIl libro è davvero bello e molto originale. Lo stile di Marcella è davvero piacevole e interessante.
Grazie per aver messo il link al mio post!
L'unico che va controcorrente è Norman Mailer che nel suo "Vangelo secondo il figlio" così scrive: "Quella storia mi tornò alla mente quando avevo trent'anni e stavo pregando al funerale di Giuseppe. Proprio durante le orazioni, vedevo ancora davanti a me l'espressione tesa del suo volto nel momento in cui mi disse di non essere mio padre.".
EliminaMa questa è un'altra storia.....