“I am the spring, the holy ground, the endless seed of mystery, the thorn, the veil, the face of grace, the brazen image, the thief of sleep, the ambassador of dreams, the prince of peace. I am the sword, the wound, the stain. Scorned transfigured child of Cain. I rend, I end, I return. Again I am the salt, the bitter laugh. I am the gas in a womb of light, the evening star, the ball of sight that leads that sheds the tears of Christ dying and drying as I rise tonight." cantava una giovane artista newyorkese nel lontano 1978. Quale migliore occasione del giorno di Pasqua, quindi, per riproporre, a 35 anni di distanza, quegli intramontabili versi? Era da un po’ che mi prudeva sotto i polpastrelli la voglia di scrivere qualcosa su un grande classico del rock. Il dubbio era cosa scrivere, di chi scrivere e soprattutto come riuscire ad essere originali scrivendo di qualcosa di cui hanno già scritto tutti. Non so dire cosa alla fine verrà fuori da questo post che ho appena iniziato: probabilmente poco o nulla di interessante, poco o nulla in grado di trattenere i miei occasionali lettori per poco più di qualche secondo, prima di cliccare su un link a caso e prendere il volo verso altri lidi.
O forse ne verrà fuori qualcosa di maledettamente interessante, qualcosa che ad un certo punto mi porterà a ripetere l’esperimento e magari questo piccolo progettino “Classic Rock” un giorno diventerà una rubrica fissa, un modo per condividere con i miei lettori, fissi od occasionali che siano, i miei gusti musicali, i gusti di un ultra-quarantenne ancora alla ricerca della propria dimensione. In realtà non mi aspetto molto di più di qualche “Ehi, questo piace anche a me” da parte di qualche coetaneo. I miei lettori più giovani al massimo passeranno oltre, e lo capisco: questa per loro è musica “d’altri tempi”, esattamente come lo è stata per me la musica della generazione che mi ha preceduto. Ma chissà che non mi debba ricredere, visto che la musica è una forma d’arte e, come tale, non vedo come possa morire. Non questa musica almeno, o così voglio sperare. D’altra parte il disco di cui ho intenzione parlare oggi non è esattamente un disco dei “miei” tempi. Io nel 1978 ero piccolino e quando finalmente l’ho scoperto erano già passati diversi anni dalla sua pubblicazione. Era già stato in pratica un oggetto di culto dei nostri fratelli maggiori, quelli alla cui musica ci rivolgevamo con ironia (tutti presi dalle nostre boiate dance anni Ottanta) ma che ben presto avremmo guardato con invidia.
A noi erano rimaste solo le briciole di quelli che erano i miti di una generazione nemmeno così troppo distante da noi. Alcuni di loro, come David Bowie, Paul McCartney, Mick Jagger, Lou Reed, Pete Townshend, Eric Clapton, continuavano a fare il loro mestiere, sebbene nella più sobria veste di “sopravvissuti”. Altri non erano sopravvissuti per entrare direttamente nella leggenda: Jim Morrison, Janis Joplin o Jimi Hendrix, solo per citarne alcuni.
Patti Smith sopravvisse, ma andò molto vicino a rimetterci la pelle davanti al suo pubblico, a causa delle sue esibizioni spregiudicate: era il 23 gennaio 1977 e Patti, durante il tour promozionale del precedente album (Radio Ethiopia) si era messa a volteggiare sul palco e, in preda alle vertigini, era inciampata su un monitor ed era precipitata a testa in giù tra gli spettatori che affollavano la Curtis Nixon Hall di Tampa, in Florida, fratturandosi il collo. Come al solito Patti negò di essere sotto l’effetto di droga in quell’occasione, sebbene avesse dato avvio allo spettacolo con una diatriba tanto caustica quanto gratuita contro la Florida ed i suoi abitanti. Che dire? Evidentemente Jim Morrison aveva fatto scuola.
E c’è molto di Jim Morrison anche in “Easter” che, se ancora non si era capito, è il disco di Patti Smith oggetto del post di oggi. C’è una notevole influenza Morrisiana in questo disco sin dalla sua genesi che, come racconta la stessa Patti Smith, avviene durante una sua visita al cimitero di Père Lachaise a Parigi. L’organo che, per esempio, si sente nell’introduzione di uno dei brani più interessanti, “Space Monkey”, ricorda inevitabilmente gli inconfondibili attacchi di molti pezzi di doorsiana memoria. Ma non le similitudini non si fermano alle sonorità: anche le tematiche affrontate in questo “Easter” potrebbero, se non fosse per la voce femminile, tranquillamente far parte della discografia del gruppo californiano. “Ghost Dance”, per esempio, è opera di uno sciamano, racconta di un rito sovrannaturale compiuto dai Nativi Americani: “We shall live again”, canta Patti in una sorta di interminabile mantra, "Manna from Heaven, from the most high, Food from the Father, tyee tyi".
Patti Smith a proposito di Jim Morrison una volta ha detto: “Jim è stato condannato per aver detto “Mother I want to fuck you” e per essersi calato i pantaloni sul palco – e allora? Oggi fanno spettacoli a Broadway, dove il cast è nudo tutto il tempo. Lui lo ha fatto una volta ed è stato sbattuto in galera. E lui era un genio. La sua morte mi ha reso più triste di chiunque altro. Jim non ha nemmeno avuto il tempo di esprimersi pienamente, era giusto sul punto di diventare un poeta veramente grande. Io ho solo approfittato del fatto che Jim è venuto prima e mi ha mostrato la strada.”
Oltre all’allusione religiosa del titolo, l'album è pieno di riferimenti biblici: a partire da una frase delle note di copertina che altro non è che una citazione dalla Seconda lettera di Paolo Apostolo a Timoteo (4:7) - "Ho combattuto il buon combattimento, ho finito la corsa... ". Il brano "Privilege (Set Me Free)" trae ispirazione dall’omonimo film di Peter Watkins dove si narra la storia, ambientata in un distopico futuro anni Settanta, di un cantante pop disilluso che viene manipolato dalla chiesa nel tentativo di trasformarlo in un leader messianico. I testi della canzone provengono direttamente dal Salmo 23: “The Lord is my shepherd. I shall not want. He maketh me to lie down in green pastures. He leadeth me beside the still waters. He restoreth my soul. He leadeth me through the path of righteousness for His name's sake. Yea, though I walk through the valley of the shadow of death, I will fear no evil, for Thou art with me.”
“Quando sono in strada, vuol dire che sono lontana da qualcuno che amo” ha detto Patti Smith. “Forse sarò sola la notte, forse non farò l’amore per un mese intero, e così è lo spettacolo che deve darmi tutte queste emozioni… So solo che ci sono dei momenti, ogni sera, in cui sono così presa che mi piscio addosso, oppure ho un orgasmo mentre sono sul palcoscenico; una volta mi sono perfino cacata addosso: ero là, tutta tesa, al massimo, per cercare di raggiungere la nota esatta, per esprimere la sensazione giusta oppure la parola che volevo io, che ho semplicemente perso ogni controllo su di me.”
E poi c’è "We Three", che punta ancora sulla melodia e ci riesce pienamente facendoti venire voglia di ballare sotto le stelle e gridare sono libero!!! "Oh, the stars shine so suspiciously for we three. You said when you were with me that nothing made you high. We drank all night together and you began to cry so recklessly. Baby, please, don't take my hope away from me."
A proposito della copertina di “Easter”, un giorno Patti Smith disse: “La mia immagine su quel disco mi piaceva al punto che una volta mi sono masturbata guardandola”. Anche volendo sorvolare sull’ascella pelosa e sulla canottiera indossata al contrario (notare l’etichetta in bella vista), faccio personalmente fatica a credere che qualcuno possa essere talmente innamorato di se stesso al punto da fare una cosa del genere. Non dubito però che a molti adolescenti dell’epoca sia potuta piacere una figura così marcatamente androgina, tipica degli anni Settanta, tutto l’opposto di quella femminilità che oggi è convenzionalmente accettata come bella… e di conseguenza non dubito nemmeno che quella copertina abbia rappresentato per molti un irresistibile strumento di masturbazione. Com’era quella frase? Non è bello ciò che è bello….
Su “Because the Night”, il brano trainante dell’album, circola da sempre una simpatica leggenda: la canzone originariamente fu incisa da Bruce Springsteen durante le sessioni di registrazione dell'album “Darkness On The Edge Of The Town”. Si dice che il gruppo di Patti Smith stesse incidendo "Easter" nella sala accanto, e che ci fossero stati inevitabili scambi di nastri. La versione originale di Springsteen era una sorta di lamento di un lavoratore, una vera e propria working song; ritenendo che non avesse posto nell'album, il Boss la cedette a Patti Smith, regalandole così una delle canzoni più belle e famose del ventesimo secolo.
Take me now baby here as I am / Pull me close, try and understand / Desire is hunger is the fire I breathe / Love is a banquet on which we feed / Come on now try and understand / The way I feel when I'm in your hands / Take my hand come undercover / They can't hurt you now, / Can't hurt you now, can't hurt you now / Because the night belongs to lovers / Because the night belongs to lust / Because the night belongs to lovers /Because the night belongs to us / Have I doubt when I'm alone / Love is a ring, the telephone / Love is an angel disguised as lust / Here in our bed until the morning comes / Come on now try and understand / The way I feel under your command / Take my hand as the sun descends / They can't touch you now, / Can't touch you now, can't touch you now / Because the night belongs to lovers / Because the night belongs to lust / Because the night belongs to lovers / Because the night belongs to us / With love we sleep / With doubt the vicious circle / Turns and burns / Without you I cannot live / Forgive, the yearning burning / I believe it's time, too real to feel / So touch me now, touch me now, touch me now / Because the night belongs to lovers / Because the night belongs to lust / Because the night belongs to lovers / Because the night belongs to us / Because tonight there are two lovers / If we believe in the night we trust / Because tonight there are two lovers...
Buona Pasqua a tutti! E anche se questo inizio di 2013 non è stato dei migliori, ricordatevi che “We shall live again “!
Ciao vieni a visitare il nostro blog perchè c'è una sorpresa per te!
RispondiEliminaBuona Pasqua:-)
Un meme nell'uovo di Pasqua? Argghh !!
Elimina"Ehi, questo piace anche a me!"
RispondiEliminaNon sono un coetaneo, vale lo stesso?
Certo che vale! Anzi... mi fa piacere sapere che questa musica è riuscita a superare indenne l'ostacolo del tempo.
Elimina"Because the night" è stupenda!
RispondiEliminaE devo dire che, volendo prendere in considerazione solamente il viso (tutto il resto fingerò di non vederlo), la foto è piuttosto bella. Ha colto un'espressione molto particolare.
Però anche io dubito che lei fosse davvero così presa dalla sua bellezza...
Il fotografo era certamente uno che sapeva fare il suo mestiere. Su "Because the night" non c'è molto da aggiungere: l'impronta del Boss è inconfondibile.
EliminaSono decisamente una persona poco "rock", però "we shall live again" mi sembra un bel messaggio! Buona Pasqua.
RispondiEliminaInfatti è per questo che ho aggiunto quella frase nel titolo del post (avrei potuto aggiungere anche "Because the night belongs to lovers" ma diventava troppo lungo) ^^
EliminaCiao!! Io ho 25 anni ma ti posso assicurare che a me questa musica piace da morire, non può essere "passata" perchè è semplicemente immortale, sarebbe un peccato considerarla generazionale, anche se è vero forse per la maggior parte dei miei coetanei Patti Smith è una sconosciuta....non sanno ciò che si perdono!!
RispondiEliminaComplimenti per il blog e per questo post ;)
Mary
Il vero guaio è quando scopri che esistono anche dei cinquantenni che non hanno mai sentito parlare di Patti Smith. Evidentemente non è tutta una questione generazionale. Ciao e grazie per il commento (e anche per i complimenti, naturalmente...) ^_^
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