giovedì 15 settembre 2016

Gli spiriti dell'acqua

Umi-bōzu (海坊主)
La centralità dell'acqua nella mitologia ha a che fare tanto con il suo potere di creazione che di distruzione, a partire dal mito biblico della genesi, in cui lo spirito divino aleggia sulle acque della creazione, fino a quello del diluvio universale volto a punire un'umanità infedele a Dio. Due racconti che difatti ricorrono, con poche variazioni, fra moltissimi popoli. In particolare, la concezione di una distesa di acque primordiali è praticamente universale: per molte culture, anche geograficamente lontanissime, se non agli antipodi, su queste acque galleggiava un uovo da cui sarebbe nato il mondo, il più famoso dei quali è senz'altro il Brahmanda della civiltà vedica. Spesso, come fra i cinesi, le acque primordiali simboleggiano il Caos prima della creazione (Wu-chi). Molte popolazioni, inoltre, veneravano divinità dell'acqua e della pioggia. L'acqua è anche elemento rituale, come nel sacramento del battesimo che lava via i peccati, o nelle abluzioni richieste agli ebrei e ai musulmani prima della preghiera. Abluzioni che, pur diverse nella forma, sono pratica comune anche in India e in generale nei paesi del Sudest asiatico. Vi è poi una ricorrente analogia fra acqua e saggezza, ad esempio nel Taoismo la saggezza viene concepita come libera e senza costrizioni come l'acqua che scorre seguendo la pendenza naturale del terreno, mentre per i cristiani l'acqua della saggezza, o Spirito Santo, dimora nel cuore del saggio. Nel Medioevo si consolidò la concezione dell'acqua come vita spirituale offerta da Dio e di cui Gesù è la sorgente. Il fatto che, ancora adesso, nelle più famose mete di pellegrinaggio vi siano delle sorgenti e che le loro acque vengano considerate sante e gli vengano attribuiti poteri curativi e spesso miracolosi è un retaggio degli antichi culti che si concentravano, appunto, attorno alle sorgenti.

Ma di acqua sono fatti anche i fiumi infernali. La mitologia classica parla di cinque fiumi che separerebbero la terra dei morti, l'Ade, da quella dei vivi: Stige, Acheronte, Cocito, Flegetonte e Lete. In uno di essi, lo Stige, la dea Teti immerse il figlio, l'eroe Achille, per renderlo invincibile, tenendolo per il calcagno.
Ma Achille e Teti sono solo alcuni dei tanti personaggi legati in qualche modo all'acqua: pensiamo a Narciso, a Oceano, a Melusina, alle Nereidi e alle Naiadi, a Beouwulf, alla ninfa Ondine o a Decalione (il “Noè” greco che sopravvisse al diluvio causato da Zeus, e che ha un corrispettivo in Atrahasis, Ziusudra e Utnapishtim nella mitologia sumera, Manu in quella induista, e così via).
Molto spesso nell'acqua si celano spiriti o veri e propri mostri, come Scilla e Ceto, il biblico Leviatano o il Kraken, le Sirene e i Tritoni. La mitologia scozzese, prima del Mostro di Loch Ness, ci aveva già regalato, fra gli altri, i Selkie, gli Ashrays, i Kelpie, gli Uomini Blu del Minch e le Streghe del Mare. Quella slava ci ha dato le Rusalka, “fantasmi d'acqua” prevalentemente femminili, anime di donne morte in giovane età, spesso assassinate, in laghi o corsi d'acqua o nei loro pressi; quella degli aborigeni australiani i Bunyip, diavoli o spiriti che si celano nei fiumi, nelle paludi o in altre pozze d'acqua; quella del Camerun i Jengu, quella cinese i draghi dell'acqua, o Panlong, tipici dei laghi orientali.

Kappa (河童)
Il Giappone, con la sua lunga e complessa tradizione folkloristica, non fa eccezione. Vediamo insieme qualcuna delle sue fantastiche creature in qualche modo collegate con l'acqua, creature raggruppate sotto la definizione generica di yōkai – ne abbiamo già parlato altre volte, ma ci tengo a sottolineare ancora che questa parola viene tradotta alternativamente con il termine demoni, spiriti, o folletti, ma in effetti non è nessuna di queste cose, o meglio è tutto questo e molto di più. Qualcuno, per tagliare la testa al toro, disse che gli yōkai sono “superstizioni con una personalità”, e credo onestamente che questa sia la definizione migliore possibile.

Il Kappa (河童), chiamato anche Gawappa, Kawataro e in altri modi, è uno degli yōkai più famosi, non solo per i numerosissimi avvistamenti riportati ma anche grazie al premio nobel Ryūnosuke Akutagawa e al suo romanzo breve “Kappa”. Il Kappa è uno spirito acquatico, vive cioè in laghi, fiumi e in generale nelle zone umide, inclusi i piccoli stagni e le paludi. Il suo corpo antropomorfo può raggiungere il metro e mezzo, ha un carapace sulla schiena, zampe palmate dotate di artigli e la testa a forma di piatto. Il naso a becco è allungato, mentre la pelle (amagawa) è verde o verde-giallo, meno spesso verde-blu e bitorzoluta come quella delle rane. Prima di dormire il Kappa deve rimuovere la pelle e questo è il momento in cui è più vulnerabile, perché senza di essa non potrà tornare in acqua. Si dice che generalmente non sia aggressivo, ma se si arrabbia non ci pensa due volte ad annegare le sue vittime, oppure ne afferra gli intestini e li strappa via dal basso per cercarvi lo shirikodama, un organo misterioso che leggenda narra si trovi proprio nel colon. La sua testa piena d'acqua è la fonte dei suoi poteri, per cui se lo si incontra bisognerebbe cercare di farlo inchinare o rovesciare per indebolirlo e potergli sfuggire.

Funa-yūrei (船幽霊)
I Funa-yūrei (船幽霊 o 舟幽霊), invece, sono comuni soprattutto nelle acque costiere ma vengono avvistati anche nei laghi e nei fiumi. Sono le anime inquiete di persone morte per annegamento e il loro aspetto varia quanto più tempo trascorre dalla loro dipartita da questo mondo. Poco dopo la morte possono somigliare a una persona normale e dare l'impressione di essere ancora vivi, ma col tempo diverranno sempre più emaciati fino a tramutarsi in veri e propri scheletri ambulanti. I Funa-yūrei emergono dalle profondità per affondare le imbarcazioni di coloro che sono così incauti da trovarsi ancora in mare dopo il tramonto, spesso dopo averle attirate a sé con segnali di fuoco o di luce. Non sono cattivi: vogliono, semplicemente, qualcuno che condivida il loro triste destino. Una versione della leggenda racconta invece che i Funa-yūrei sono costretti a viaggiare notte dopo notte sulla loro barca fantasma finché non trovano qualcuno che prenda il loro posto. Qualcuno che, ovviamente, provenga dal mondo dei vivi. Se vi trovate in Giappone, ricordate di non fare crociere notturne: se doveste avvistare delle figure ricoperte di lunghe vesti svolazzanti, con la testa ornata del tipico copricapo triangolare dei defunti nei funerali buddisti, sarebbero guai...

Un altro pericolo per i pescatori o gli escursionisti solitari, o semplicemente per chi incautamente cerca di guadare i fiumi, sono le Nure Onna (濡女), le donne-serpente o donne-dragone che infestano le baie, le anse dei fiumi e tutte le insenature dove l'acqua è bassa, ove riescono a celarsi bene nonostante il corpo da serpente lungo almeno 30 metri. Il viso però è umano: è un viso femminile dai lunghi capelli neri che spesso avvicinano alla superficie per attirare potenziali vittime. Queste, convinte di vedere il volto di una donna annegata o sul punto di annegare, si avvicinano e vengono immediatamente ghermite, trascinate sott'acqua e divorate. Le braccia della Nure Onna infatti sono umane e squamose, così come le mani. Altre versioni dicono che, come Medusa, essa riesca a ipnotizzare gli esseri umani con lo sguardo. Nell'isola di Kyūshū i racconti divergono anche riguardo il suo aspetto: in alcuni di questi, infatti, essa viene descritta come una donna comune, con una lunga veste bianca e con un infante in braccio. In questi racconti (dove spesso i due sono sposati) la Nure-Onna preda insieme a un altro yōkai, l'Ushi Oni (牛鬼): la figura biancovestita, con un pretesto, affida il bambino alla vittima prescelta e scompare tra i flutti, come per suicidarsi, ma subito il bambino comincia a crescere fino a immobilizzare l'umano. A quel punto, l'Ushi Oni riemerge dalle acque per consumare il suo pasto.

Sembra incredibile, ma in questa bizzarra carrellata manca all'appello la più strana fra le creature acquatiche: l'Umi-bōzu (海坊主). Perché dico questo? Perché, fondamentalmente, si tratta di una massa d'acqua semovente che può arrivare ai trenta metri d'altezza, anche se gli esemplari più piccoli (forse i più giovani) misurano appena dieci centimetri e, non di rado, restano impigliati nelle reti dei pescatori. La loro apparenza è informe, ma nell'acqua è possibile ravvisare fattezze umane, a volte soltanto grandi occhi fiammeggianti. Sono insomma qualcosa di così alieno da turbare il sonno dei marinai da generazioni e generazioni. Gli Umi-bōzu sono, di fatto, gli spiriti dei marinai morti annegati che infestano il mare aperto con le loro apparizioni e con lamenti e pianti: solo occasionalmente quelli di dimensioni più ridotte si spingono fino alla costa. Diversamente dai Funa-yūrei si mostrano a qualsiasi ora del giorno e della notte, spesso portando con sé la tempesta o strani fenomeni atmosferici, e tentano di rovesciare le barche. Se li si incontra, l'unica opzione è la fuga. Converrete con me che, al confronto di tutte queste stranezze, l'immagine di uno spirito che riemerge da un pozzo è in fondo poca cosa...

Nure Onna (濡女)


Il presente articolo è parte di un vasto progetto che ho voluto chiamare Hyakumonogatari Kaidankai (A Gathering of One Hundred Supernatural Tales) in onore di un vecchio gioco popolare risalente al Giappone del periodo Edo (1603-1868) e, di tale progetto, esso rappresenta la parte 21 in un totale di 100Se volete saperne di più vi invito innanzitutto a leggere l'articolo introduttivo e a visitare la pagina statica dedicata, nella quale potrete trovare l'elenco completo degli articoli sinora pubblicati. L'articolo è inoltre parte dello Speciale Ghost in the Well che è iniziato qui lo scorso aprile. Buona lettura! P.S.: Possiamo spegnere la 21° candela...

24 commenti:

  1. Bravo Tom, bell'articolo. In virtù dei collegamenti tra culture diverse che giustamente hai sottolineato, verrebbe voglia di fare un excursus sulla memoria ancestrale collettiva, qualcosa di diverso dalla semplice trasmissione di riferimenti culturali. Mi è piaciuto leggere di questo mondo, quello orientale, che conosco poco. Bravissimo.

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    1. Grazie ^_^ In effetti questo è solo uno dei numerosi parallelismi di cui si potrebbe parlare. Nessuno riuscirà mai a dimostrare fino a che punto i vari miti del mondo si siano influenzati e compenetrati e fino a che punto derivino invece dalla memoria ancestrale che l'umanità ha ricevuto in dono.

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  2. Una rassegna davvero interessante, che testimonia l'universalità del tema dell'acqua e delle minacce ad essa legate: leggendo delle Nure Onna non posso non pensare alla tentazione delle sirene appollaiate sugli scogli, mentre l'attrazione dei naviganti in mare da parte dei Funa-yūrei mi ricorda (anche se il contesto è diverso) il mito di Ila, trascinato in acqua dalle ninfe fluviali... un bellissimo excursus, molto edificante!

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    1. Hai ragione, queste analogie saltano all’occhio. Per tornare a quanto discusso sopra con Max, e per restare in tema con lo speciale, è evidente che sono miti “attinti” dallo stesso pozzo. E mi fa piacere cheabbiate apprezzato questo post un po’ fuori tema... avevo la sensazione che la digressione sulla mitologia dovesse concludersi con lo scorso post ma poi mi sono fatto un po’ prendere la mano, come al solito ;)

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  3. Ma che articolo affascinante e interessantissimo, grazie! :-) Mi piace questo progetto dedicato alla cultura giapponese, che conosco poco o niente se non attraverso la visione dei film di Kurosawa e la lettura di qualche libro, non so bene quanto rappresentativo. Non appena avrò un po' di tempo, andrò a leggere anche la pagina statica introduttiva.

    Comunque la carrellata di esseri che hai presentato è davvero bizzarra, oltre che spaventosa. Mentre posso " spiegarmi" da dove arrivino alcune di queste creature, non riesco a trovare elementi riconoscibili nel Kappa.

    L'acqua mi affascina da sempre come elemento in sé, per la sua potenza e la sua azione generatrice, ma anche distruttrice. Nel Medioevo era vista con grande sospetto come culla di mostri di tutti i generi e come abisso inesplorato; ma anche, come giustamente hai sottolineato, come elemento salvifico. Il fuoco, comunque, mi fa molta più paura.

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    1. Grazie a te per l'apprezzamento! Direi che Kurosawa è un ottimo punto di partenza. Nei suoi film si trovano sia la storia che il mito, e un ritratto del popolo giapponese nitido e spesso anche impietoso. Se ti incuriosisce il Kappa ti consiglio allora il racconto omonimo di Akutagawa, è piuttosto corto e non dovresti fare troppa fatica a inserirlo fra le tue letture (lo trovi sia come parte della raccolta "Rashomon", sia in un'edizione a se stante). Come esperta di Medioevo è chiaro che tu conosca bene il dualismo acqua/fuoco: anche a me il fuoco fa più paura, anche perché mi ricorda i roghi dell'Inquisizione...

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    2. Grazie per i consigli, cercherò Kappa non appena la pila dei miei libri accennerà a scendere... :-)

      Di Kurosawa si può dire che abbia visto tutti i film, complice il marito che ha una vera e propria passione per il Giappone. Il mio preferito è "Rashomon", ma anche "Ran". Per quanto riguarda gli autori, sto facendo una scorpacciata di Murakami Haruki, appunto non so bene quanto sia rappresentativo. In passato avevo letto "Confessioni di una maschera" di Mishima e "Un'esperienza personale" del premio Nobel Kenzaburō Ōe. Quest'ultimo non mi aveva entusiasmato, anche se la storia è toccante. Invece mi è piaciuto moltissimo "Neve sottile" di Jun'ichirō Tanizaki: quasi una riedizione di "Orgoglio e pregiudizio" giapponese.

      Anche a me il fuoco ricorda molto i roghi dell'Inquisizione, o quelli comunque degli eretici...

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    3. Di Kurosawa amo in modo particolare "Il trono di sangue" e "Ran", ma secondo me va visto tutto. Murakami viene spesso definito come il più occidentale fra gli autori giapponesi, ma onestamente non ho avuto questa percezione nel leggerlo. E' vero però che nell'ambito della letteratura giapponese ho letto più classici che contemporanei... e i classici tendono ad avere un'identità ben precisa, se non altro perché è facile collocarli storicamente e culturalmente a distanza di tempo, mentre i contemporanei possono frustrare, possono più facilmente dare l'impressione di parlare del nulla anche quando invece parlano di molte cose. E comunque il mio parere conta poco, perché anche qui prediligo autori (come Kobo Abe, Yoko Ogawa o lo stesso Tanizaki, ad esempio) che scrivono storie molto particolari e difficilmente collocabili. Detto ciò, ci sono libri che inseguo da anni senza riuscire a trovarli e chissà in che modo si collocheranno nella mia visione della letteratura giapponese (e come la cambieranno) se e quando riuscirò a leggerli...

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    4. Grazie ancora dei tuoi consigli, davvero utili. Nel mio elenco di libri letti ho dimenticato di citare "La voce delle onde" di Mishima (a proposito di acqua...), ma ne parlerò nell'ambito di un post. Probabilmente mi cimenterò anche con "Kafka sulla spiaggia" di Murakami, ma vorrei dare un taglio un po' particolare. A presto.

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    5. Verrò sicuramente a leggerti ^_^

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  4. Avevo già studiato parte di queste creature per un post... Mi hai anticipato! :-D
    L'acqua, essenziale per la vita, ma allo stesso tempo capace di celare chissà quali misteri sotto una superficie apparentemente calma e immacolata... Non si da fatica a immaginare come mai sia così centrale in moltissime culture.

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    1. Pensa che accarezzavo giusto l'idea di un altro progettino sul folclore giapponese... Nonostante le mie intenzioni iniziali non ne ho fatto che qualche accenno sporadico nel corso degli anni, ma le cose da dire sono veramente tante. A me capita spesso che altri blogger trattino argomenti di cui vorrei parlare io, considerato quanto sono lento a scrivere. Ma che importa? Vai avanti per la tua strada. Io ti leggerò con piacere :)

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  5. Borges, autore di un Manuale di Zoologia Fantastica e di un Libro degli Esseri Immaginari, sarebbe orgoglioso di te ^_^ evidentemente all'argentino sfuggirono queste creature semplicemente per lui si occupò solamente di entità citate in narrativa.
    I mari giapponesi mi sembrano brulicanti di esseri spaventosi: altro che i serpenti di mare occidentali :-P

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    1. E non solo i mari! A quanto pare, questi esseri sbucano fuori da ogni dove (io però durante il mio viaggio in Giappone non ne ho visti... per fortuna!!) In effetti mi è capitato di pensare a Borges mentre scrivevo questo articolo, purtroppo però non sono lui, ti devi accontentare :-)

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  6. Leggere dell'Umi-bozu mi ha ricordato la misteriosa presenza del vecchio paranormal movie "The Entity". Manca l'elemento acqueo, ma per il resto la descrizione della figura mi sembra simile.

    P.S. A motivo della precisione a cui ci hai abituati, mi permetto di segnalarti questo piccolo incidente di percorso nel post:
    "solo occasionalmente quelli di dimensioni più ridotte si spingono fino alla corsa". Credo che volessi scrivere "costa".

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    1. Mi fido, a memoria non mi sembra di aver mai visto "The Entity"... vedo di recuperarlo.
      P.S.: senti chi parla di precisione!! Comunque grazie, in questi giorni sono via per lavoro, ma appena posso correggo. A dire il vero, ho già beccato almeno tre o quattro refusi negli ultimi due o tre post di questo blog, devo solo ricordami dove!

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    2. Il film è di medio livello e con effetti speciali di serie C, ma comunque godibile per gli appassionati. Tra l'altro è basato su un caso reale (per chi crede al paranormale, ovvio). Possiedo anche il libro omonimo di Frank De Felitta da cui il il film è stato tratto e che dovrebbe essere migliore del derivato, ma ancora non mi sono deciso a leggerlo.

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    3. Mi intrufolo qui per dire che avevo visto anch'io "The Entity", è stato uno dei primi film paranormali - e uno dei pochi, essendo una gran fifona - che ho visto. Sì, è basato su un caso reale. Non sapevo che ci fosse anche il libro!

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    4. Neanche io sapevo dell'esistenza del libro, Cristina, finché non l'ho visto su una bancarella dell'usato e subito acquistato. Tra l'altro in un'edizione del Club degli editori. Per il momento non so dirti se e quanto sia migliore del film.

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  7. Fantastica l'atmosfera che hai saputo creare in questo post

    Leggerò con piacerè ciò che ci consigli.
    Cristiana

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    1. Come appunto scrivevo in un commento qui sopra, il racconto "Kappa" è piuttosto facile da recuperare. Vale sicuramente la pena leggerlo. Grazie per le belle parole!

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  8. Beh, fra tutte le creature del folklore giapponese c'è davvero l'imbarazzo della scelta! Ma qualche bella fata di mare, laghi e fiumi no? Solo mostri paurosissimi che fanno dell'acqua una dimora molto temuta, che dico, proprio terrorizzante!

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    1. Beh, credo che persino le fate abbiano fatto paura o perlomeno un po' di soggezione a coloro che hanno diffuso i miti che le riguardano. Eh sì, le acque giapponesi sono ricolme di mostri, nel loro folclore non mancano però entità più benevole, anche se dispettose. Ci sono anche yokai che hanno l'abitudine di terrorizzare le persone ma normalmente non le uccidono... non che questo sia di molto conforto quando se solo, magari di notte, e ti trovi di fronte qualcosa di inaspettato!!

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  9. Questo è uno dei tuoi primi articoli che avevo letto, e ora metto un bel +! :-)

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