Nell’Ottocento grandi schiere di viaggiatori hanno pubblicato i resoconti dei loro viaggi in terre esotiche ed erano tutti testi apprezzati perché, in epoca pre-televisiva, era l’unico modo per conoscere terre lontane: il testo che Notovitch fa pubblicare nel 1894 è esattamente un diario di viaggio, pieno di lunghe descrizioni e minuziosi particolari... finché ad un certo punto aggiunge, quasi di sfuggita, di aver trovato un testo incredibile e lo pubblica come se fosse un’appendice al suo memoriale. Ma allora perché non spendere qualche parola anche sui dieci anni di viaggi precedenti? Perché di tanti mirabolanti percorsi in territori spesso selvaggi il nostro eroe non ha fatto mai la pur vaga menzione? Io credo che Notovich non sia mai stato interessato ai diari di viaggio, e il suo racconto lunghissimo ha un’unica ragione di esistere: distrarre l’attenzione del lettore da quelle incredibili (cioè da non credere) quattro righe...
Il primo segnale che qualcosa non vada è talmente evidente che stupisce non sia lo stesso Notovitch a rilevarlo. Durante la sua prima visita ad Hemis il lama gli parla di rotoli (rouleaux), ma poi mentre il viaggiatore è a letto con la gamba rotta il lama gli si presenta con due grossi libri rilegati (deux gros livres cartonnés) e specifica che sono fatti di carta (étaient en papier): come mai il viaggiatore non nota questa differenza fondamentale? Come mai non fa caso al fatto che i libri rilegati sono enormemente più recenti rispetto ai rotoli? A voler ritenere Notovitch onesto bisogna allora pensare che il lama, scocciato dal viaggiatore importuno, gli abbia rifilato una bella fregatura promettendogli rotoli antichi ma leggendogli poi un qualche recente libro locale...
Mi immagino la scena. Il lama con al polso un orologio e al collo una sveglia che non sa come funziona, seccato perché gli tocca tener fede alla parola data, che legge la vita di Issa: eventi di duemila anni fa scritti su un sopporto che nel migliore dei casi non ne ha più di trecento. Ad ascoltarlo un viaggiatore russo che si è dovuto rompere una gamba per sentir leggere una lunghissima sequenza di aforismi di cui non capisce una sola parola, visto che sono letti in tibetano. Infine c’è il misterioso interprete, che non è degno delle minima citazione (almeno del suo servitore indiano ogni tanto ha scritto qualcosa) che traduce dal tibetano, in presa diretta, in non si sa quale lingua (russo o francese?) mentre il viaggiatore riempie chili di carta scrivendo tutto quanto. Devono essere stati i tre giorni più lunghi della vita dei monaci buddhisti...
Dando momentaneamente per buono il racconto fino a questo punto, siamo sul finire del 1887 e il nostro eroe torna in Russia con in tasca uno dei più incredibili ritrovamenti del secolo, in grado di far impallidire anche l’incredibile manoscritto che quarant’anni prima Constantin von Tischendorf ha trovato in un monastero sul Monte Sinai: quello è infatti semplicemente una copia di testi evangelici noti, mentre quello del viaggiatore russo è un testo completamente sconosciuto. Sicuramente Notovitch sarà impaziente di far conoscere al mondo la sua scoperta, proprio come Tischendorf, sarà smanioso di farlo pubblicare o comunque di sottoporlo all’attenzione degli esperti... e invece no, tiene tutto segreto per anni. Perché?
Una ipotesi ce la fornisce una fonte inaspettata: il celebre guru Sai Baba. «Siccome Notovitch ebbe la premonizione che la sua storia riguardante la versione buddhista della vita del Cristo non avrebbe superato la censura russa, viaggiò fino in Francia». Evidentemente era una “premonizione” sbagliata, perché – continua Sai Baba stesso – «subito dopo la pubblicazione [in Francia], degli estratti dal libro furono pubblicati su un giornale russo, Vera I razum [Fede e ragione] (n. 22, pagine 575-614). Superò la censura.»
Stando dunque a quanto afferma il guru, Notovitch ha agito con calma perché ha voluto pubblicare il testo in Francia, così da non incorrere nella censura russa. Però, come si è visto prima, è noto che il nostro eroe intratteneva abbondanti rapporti con giornali ed editori francesi: perché non sfruttarli per piazzare subito quel testo epocale? Perché dare alle stampe una raccolta di aneddoti frizzanti sullo zar quando si ha in mano la vera vita di Gesù?
Notovitch non sembra accorgersi del ritardo: nella sua introduzione del 1894 non sembra anzi notare che ha in tasca la vita di Issa da ben sette anni. Si limita a dire che ha passato lunghe notti in bianco (longues nuits blanches) a sistemare i versi e le memorie. Sette anni interi di lunghe notti in bianco? Non lo specifica...
In realtà il ritardo si spiega con il fatto che Notovitch non è un avventato, e soprattutto non vuole fare del male alla Chiesa con la sua “verità”: prima di darla alle stampe, vuole sentire il polso dei grandi nomi dell’epoca. Così ci racconta, senza specificarne la tempistica, che si è rivolto a Platon Gorodetsky, Metropolita di Kiev dal 1882 al 1891, il quale ha sì compreso l’importanza del ritrovamento ma proprio per questo gli ha sconsigliato la pubblicazione, curiosamente senza spiegarne il motivo: visto che un viaggiatore ti raggiunge a Kiev per chiedere consiglio, mi sembra buona educazione spendere almeno due parole di argomentazione su quel consiglio...
Circa un anno dopo (ma non si sa “dopo” rispetto a quando) il nostro eroe si trova per caso a Roma e mostra la vita di Issa ad un cardinale «molto vicino al Santo Padre», tanto vicino da non citarne il nome. Si sente rispondere che la pubblicazione sarebbe inutile: nessuno gli crederebbe e si attirerebbe nemici. Perché invece non vende i suoi appunti alla Chiesa dietro largo compenso? (Ma come sono venali, questi cardinali!) «Naturellement, je refusai»: è chiaramente avvertibile lo sdegno di Notovitch al pensiero di svendere la sua scoperta per volgar denaro. Arriva a Parigi e qui sottopone il suo progetto al cardinale Rotelli, conosciuto tempo addietro in quel di Costantinopoli: si sente rispondere che pubblicare ora sarebbe prematuro. La lunga sequela di grandi personalità interpellate giunge fino ad Ernest Renan, il celebre autore della Vie de Jésus, il quale chiede a Notovitch i suoi appunti da sottoporre all’Académie: capita la trappola, con la scusa di dover fare delle correzioni il nostro eroe se la svigna portando con sé il proprio lavoro, la cui gloria non è disposto a dividere con nessuno, neanche con un mostro sacro come Renan.
Sono serviti sette anni per raccogliere questa imbarazzante sequenza di situazioni sgradevoli? Non si sa, ma tutto cambia con la morte di Renan: solo ora Notovitch afferma di sentirsi sicuro a pubblicare per conto proprio, aggiungendo delle note che convinceranno il pubblico della buona fede dei monaci buddhisti... dando quindi la propria buona fede per scontata.
Proprio quando Notovitch inizia a viaggiare, madame Blavatsky finisce il suo trentennale viaggio intorno al mondo e racconta la saggezza raccolta nel suo Isis Unveiled (1877). Diviso in due volumoni, in questa titanica opera di esoterismo l’autrice inserisce «un gran numero di informazioni su soggetti occulti mai pubblicate prima», stando a quanto afferma lei stessa in My Books (1891... ancora questa data).
Facciamo finta di credere nel viaggio di Notovitch, e immaginiamocelo a Leh che si mangia le mani: come fare a tornare nel monastero di Hemis? Parte per l’escursione a cavallo mentre ancora pensa a un qualche sistema, galoppa e le sinapsi gli esplodono finché non arriva l’ispirazione... finché la memoria cioè non gli porta alla mente un nome: madame Blavatsky.
Una nota a piè di pagina della Isis Unveiled della Blavatsky racconta un aneddoto talmente posticcio e fasullo che è naturale rimanga nella memoria. «Essendosi ferito alla gamba mentre scendeva dal batiscafo nella barca che lo avrebbe portato al Monte [Athos, in Grecia], venne assistito dai monaci e, durante la convalescenza – attraverso doni di denaro e regali vari – divenne loro grande amico, e finalmente entrò nelle loro grazie» (primo capitolo della seconda parte, L’«infallibilità» della religione moderna). Così, ci informa la Blavatsky, un «testimone degno di fede (trustworthy witness), senza alcun interesse ad inventar storie» racconta della sua incredibile scoperta sul Monte Athos, dove una volta fattosi amici i monaci trova un testo rarissimo di enorme importanza. (Di cui, sembra superfluo specificarlo, non esiste notizia se non nei deliranti racconti della contessa.)
L’iter inventato dalla Blavatsky si ricrea esattamente nell’avventura di Notovitch: la gamba ferita, il soggiorno in un monastero antico, regali ai monaci e relativo ritrovamento di un testo di gran valore. Se aveva funzionato per la creatrice del Teosofismo, dev’essersi detto il viaggiatore russo, funzionerà anche con me. Certo, ha esagerato nel rompersi una gamba, invece che ferirsela, rendendo davvero sospetta la fenomenale guarigione, ma non tutti sono abili mentitori.
(Per sapere tutto sulle incredibili avventure librarie legate al Monte Athos, al mondo esiste solo un saggio: Alla conquista del Monte Athos di Lucius Etruscus...)
Ah, pure la pubblicità finale! Questo Lucius è proprio un gargarozzone! :-D
RispondiEliminaSei sorpreso?
EliminaL'immagine di Gesù versione buddhista è suggestiva.
RispondiEliminaDi questo va ringraziato TOM ;-)
EliminaEffettivamente la puzza di bruciato si sente lontano un miglio! :D
RispondiEliminaEppure il racconto di Notovitch è ancora ritenuto assolutamente veritiero e la sua vita segreta di Gesù è ancora venduta in libreria, anche in Italia: in premessa però non vengono fatte notare queste "leggere" discrepanze :-P
EliminaQuesto misterioso guest-blogger, chiunque sia, è davvero un gran divulgatore. Non ti annoi neanche un minuto... :-D
RispondiEliminaE' stato davvero oculato TOM a dargli spazio :-D
EliminaScherzi a parte, sono contento che il "mistero" rimanga intrigante: gli elementi sono tutti talmente frizzanti che non mi spiego come da cento anni si preferisca credere al contenuto sospetto di quest'opera invece che di divertirsi al racconto di com'è stata trovata...
Eccomi, anche se in ritardo. Effettivamente la differenza tra "rouleaux" e "livres" è notevole sia come supporto materiale che come parola! E tutte quelle morti a distanza di pochi anni degli interlocutori di Notovitch mi porterebbero a ipotizzare un altro giallo in piena regola. ;)
RispondiEliminaSarebbe bello un "mistero misterioso", ma temo che la verità sia molto meno affascinante: nel presentare fantomatici testimoni del suo ritrovamento Notovitch si è assicurato di citare solo persone morte, così che nessuno potesse sbugiardarlo. Un esperto come Renan avrebbe preso i "rotoli" di Notovitch e lo avrebbe picchiato con quelli: è davvero difficile pensare che sul serio abbia provato a sottoporgli la sua "scoperta" :-P
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