martedì 23 ottobre 2018

L’impero italiano dei sensi (Pt.3)

LA PRIMA PARTE SI TROVA QUI

Alla fine, dopo quasi tre anni di rimandi e di attesa, il 28 marzo 1979 arriva la notizia: «L’Italia è il secondo paese al mondo in cui sarà possibile vedere in edizione integrale il capolavoro dell’erotismo contemporaneo». Così recita la locandina di Ecco l’impero dei sensi, con ben visibile la targhetta “Edizione integrale”.
Com’è possibile? La censura italiana ha richiesto molti tagli, com’è possibile esporre quella scritta sulle locandine? Eppure il giorno dopo, 29 marzo, quando il film viene finalmente proiettato in sala, il mistero è svelato: «Edizione integrale con sottotitoli italiani». Tre anni di attesa... e neanche l’hanno doppiato! «Dalla terra ove l’amore non è peccato ma occasione di gioia e di poesia, giunge questo audace, sconvolgente capolavoro che rivelerà a tutti i segreti più profondi delle passioni e le esaltanti liberazioni del gioco dei sensi.» «Film importante», lo giudica la recensione de “La Stampa” del 30 marzo successivo, che specifica come non si tratti di uno dei tanti film pornografici «per la semplice eccitazione e per il guardonismo doloroso e solitario»: chissà se era un neologismo dell’autore o se davvero all’epoca si tentò di italianizzare voyeurismo in “guardonismo”. «Quando l’erotismo si cala completamente nel segno dei sensi e ne accetta il dominio, non c’è più riscatto neppure nella parola, ma solo, appunto, nella furia distruggitrice, che può essere, volta per volta, rivolta a se stessi o all’altro amato: dedizione o cannibalismo.» La recensione purtroppo non ci dice l’informazione più importante: se il film è doppiato in italiano. Stando alle locandine, non lo è.

Passano i mesi e i film rimane evidentemente in lingua originale, mentre intanto escono “le pornosorelle” Claudine e Françoise Beccarie in Les pornocrates e mentre Erika Cool, «la regina dell’hard-core vincitrice dello “Zizi” d’Oro 1979», imperversa con il suo Pornoestasi, con tanto di ampie locandine sui giornali. Segno che la morale pubblica è salda al suo posto ed evidentemente accetta tutto tranne il film di Ôshima: plausibile chiedersi quanto mantenessero quei film ammiccanti, con locandine provocanti che promettevano sesso a go-go, se è evidente che non hanno avuto tutti i problemi del film giapponese. Ed erano addirittura doppiati.

Il 2 luglio 1979 il consueto Piero Perona, in un’indagine sulla scarsa affluenza nelle sale estive salvate solo dai film porno di provincia, ci informa che «fra i cento titoli di maggior incasso nelle prime visioni della stagione ’78-’79, si trovano unicamente L’impero dei sensi, un capolavoro dell’erotismo giapponese, e La liceale nella classe dei ripetenti.» Davvero un’accoppiata da brividi...
«Alle sei uscì per andare a comprare la cena per tutti e tre, si bevve mezzo bicchiere di whisky e quindi partì alla volta di un cinemino di Camden Town dove proiettavano “L’impero dei sensi”.» Ruth Rendell, La morte mi ama (luglio 1979) 
Finora abbiamo parlato di un film con il titolo italiano Ecco l’impero dei sensi (L’empire des sens), così registrato al momento del visto censura, mentre all’inizio del 1980 la commissione si riunisce di nuovo, sotto l’egida del ministro democristiano Bernardo D’Arezzo, per dare il visto censura ad un film con il titolo L’impero dei sensi (Le general et son empire des sens) di Atsuo Sekimoto. Ovviamente è l’immancabile sequel che ogni grande successo può vantare. 
«La Commissione, all’unanimità, esprime parere favorevole alla concessione del nulla osta per la proiezione in pubblico del film con il divieto per i minori di anni 18, per le numerose scene erotiche e di violenza che il film stesso contiene.»
Ogni remora è scomparsa: ricevuto il visto l’8 agosto 1980, L’impero dei sensi 2 arriva nelle sale subito il 19 agosto. E ovviamente è un flop. «Il film non è porno e delude il guardone delle luci rosse abituato a ben altri exploits», stronca un giornalista de “La Stampa” evidentemente rotto ad esperienze di più sostanziale spessore. «Il film non è porno, ma è oscenamente sciocco nel tentativo di illustrare con malcelata ritrosia quelle scene (qui abbondanti) che hanno fatto la fortuna di un certo cinema danese.» Chi è che non conosce “un certo cinema danese”? 
In quel 1980 il cinema porno è più vivo che mai, con locandine più che eloquenti fatte di donne che accarezzano cavalli e seni al vento, con titoli che meriterebbero un applauso: da Le goditrici (maggio) a Clitò - Petalo del sesso (settembre), da Le 4 pornoamiche (ottobre) a La provinciale porno (maggio). Ma il cinema porno non era finito nel ’76? 
«Ricorda la scena finale dell’“Impero dei sensi”, di Mishima? Il massimo piacere lo si ottiene strangolando l’amante.» «Ma chi prova il piacere, lei che lo strangola o lui, lo strangolato?» «Per rispondere a questa domanda, bisognerebbe averlo provato.» Manuel Vázquez Montalbán, Storie di politica sospetta (1987) 
Il 26 marzo 1988 si riunisce di nuovo una commissione che rivede il film, nella «seconda edizione, riedizione doppiata»: quindi stavolta un doppiaggio italiano c’è. «La Commissione rileva che di fronte al fatto nuovo dei dialoghi in italiano, rileva che viene esaltato l’aspetto negativo del film (esprime parere) in rapporto al concetto di “buon costume” e ritiene opportuno effettuare dei tagli.» 
I tagli ventilati sono in più rispetto a quelli già attuati in precedenza? Oppure questa commissione ha visionato la versione del film “estesa”, e non quella apparsa nei nostri cinema? Il fatto che i tagli richiesti siano in pratica gli stessi di dieci anni prima, fa optare per questa seconda ipotesi. 
Comunque ad aprile la commissione, presieduta dal sottosegretario democristiano Luigi Rossi di Montelera fresco di nomina, concede il visto censura con il divieto ai minori di 18 anni. 
Il 19 maggio 1988 arriva in sala Ecco l’impero dei sensi finalmente doppiato, con la scritta: «In versione originale, in lingua italiana». Perché si continua a parlare di “versione originale” se i visti censura vengono forniti solo dopo vari tagli alla pellicola? 
Nel maggio del 1989 la General Video porta in videocassetta il film, al prezzo di 29 mila lire, un ottimo prezzo per l’epoca. Nel 2003 la RHV (Ripley’s Home Video) presenta un DVD che non sembra essere stato più ristampato, segno che il film non ha ancora esaurito la sua dose di problemi di distribuzione. L’Italia è meno che mai un paese per i sensi di Ôshima... 


APPENDICI 

Dal Dizionario del cinema. Cento grandi film di Fernaldo Di Giammatteo 

In un momento di crisi del cinema nipponico, Nagisa Ôshima accetta la proposta del distributore francese dei suoi film e affronta l’impresa di uno scandalo radicale: affondare le mani nell’erotismo, esplorarlo e consumarlo sino al delirio. 
Realizza due opere parallele ma autonome, ambientate in periodi diversi: la prima – Ai no korida – si svolge nel 1936, la seconda – Ai no borei / L’empire de la passion – alla fine dell’Ottocento; la prima a Tokyo, la seconda in campagna. 
E lo scandalo è davvero enorme, in Giappone e, soprattutto, in Occidente: Ai no korida piomba su un pacifico festival di Cannes, nel 1976, fra platee pur avvezze alle provocazioni di Bertolucci – Ultimo tango a Parigi (1974) – e di Borowczyk – Contes immoraux (1974), La bête (1975). 
Il significato del primo film (dei due il migliore) è per un verso il contrasto fra la materia brutalmente esibita e la sontuosa eleganza della confezione a colori e per un altro la descrizione della irrimediabile solitudine in cui precipitano i protagonisti, il proprietario di un albergo (Kichizo, interpretato da Tatsuya Fuji) e la cameriera Sada (Eiko Matsuda). 
Se il sadismo è certo una componente fondamentale dello sguardo di questo giapponese, figlio di un paese tormentato, si può supporre che tanta efferatezza derivi al regista da una dura delusione esistenziale e politica, nonché dalle difficoltà incontrate per riuscire a produrre i suoi film. 

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1° dicembre 1978 

Si è riunita la 3^ Sezione della Commissione di revisione cinematografica per esaminare il film. Visionato il film, sentito il rappresentante della società interessata, la Commissione a maggioranza decide di sospendere il giudizio, suggerendo l’effettuazione dei seguenti tagli: 
1) eliminazione della sequenza in cui si vede il membro del vecchio che si masturba, per un totale di mt. 3,30; 
2) alleggerimento della scena con soppressione del coito orale in primo piano, per un totale di mt. 11,40; 
3) alleggerimento scena con taglio del secondo coito orale, per un totale mt. 2,80 e alleggerimento scena deflorazione donna con fallo di legno, per un totale di mt. 4,60; 
4) alleggerimento scena dell’uovo con eliminazione della sequenza in cui si vede introdurre lo stesso nella vagina, per un totale di mt. 6,50; 
5) alleggerimento scena di gelosia con taglio dell’inquadratura del pene impugnato dalla donna, per un totale di mt. 7,70; 
6) taglio della seconda inquadratura in cui si vede la donna seduta a cavallo del protagonista introdursi il membro della vagina, per un totale mt. 7,80. 

Successivamente, in data 22/11/1978, la Commissione accerta l’avvenuta esecuzione dei “tagli” in conformità dei suggerimenti formulati e, pur dando atto che taluno ritiene contraria al buon costume la rappresentazione diretta ed immediata di congiungimenti carnali e di altri atti sessuali, la Commissione, a maggioranza, considerando che nel film in esame tali scene, sia per l’ambientazione esotica, sia per lo stile freddamente oggettivo, sia per l’assenza di ogni vizioso compiacimento, non sono atte a turbare la sensibilità dello spettatore adulto, esprime parere favorevole alla concessione del nulla osta di rappresentazione in pubblico del film, con divieto di visione ai minori degli anni 18.

26 marzo 1988 

(...) visionato il film (...) 2^edizione, riedizione doppiata, la Commissione rileva che di fronte al fatto nuovo dei dialoghi in italiano, rileva che viene esaltato l’aspetto negativo del film (esprime parere) in rapporto al concetto di “buon costume” e ritiene opportuno effettuare dei tagli. Invitato in tal senso l’interessato, questi si dichiara disposto ed eseguirli. Pertanto la Commissione dispone i seguenti tagli: 
1) taglio della scena raffigurante la caduta dell’uovo dalla vagina della protagonista; 
2) taglio della scena in cui il protagonista bagna il cibo nella vagina; 
3) taglio della scena in cui la donna mette in bocca i peli tagliati dal pube dell’uomo; 
4) alleggerimento della scena finale nella quale la donna ha in mano il membro reciso. 
La pellicola tagliata è di mt. 4.90 (1^ scena), mt. 6,10 (2^ scena), mt. 0.90 (3^ scena), mt 1,40 (4^ scena) per complessivi metri 13,30 regolarmente repertati. Constatati i tagli la Commissione esprime, a maggioranza, parere favorevole alla concessione del nulla osta di proiezione in pubblico con il divieto di visione per i minori degli anni diciotto per le scene di degradazione sessuale e di sado masochismo che rendono inadatta la visione del film ai minori degli anni diciotto. 


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Il Cinema. Grande storia illustrata” (The Movie, Orbis Publishing) Volume VII, fascicolo 87 (Istituto Geografico De Agostini 1982) 

Non tutti i film provenienti dal Giappone godono in Occidente di un succès de scandale simile a quello di Ecco l’impero dei sensi. Però, anche se si può insinuare che la matrice artistica giapponese del film sia stata corrotta dal cosmopolitismo e dal sensazionalismo, inevitabili in una co-produzione internazionale, nulla può inquinare la complessità inconfondibilmente orientale della vigorosa tragedia sessuale realizzata da Nagisa Ôshima. 
Un film simile, che in una sequenza di ben 20 scene ritrae i due amanti, Sada e Kichi, impegnati in una serie di amplessi sempre più appassionati, non può che accendere un dibattito: si tratta di arte o di pornografia, di erotismo o di mero distacco cinico? Com’è prevedibile in queste circostanze, il film ebbe problemi di distribuzione: negli Stati Uniti e in Gran Bretagna furono le autorità doganali (!), e non i normali censori, a essere chiamate a pronunciarsi sui meriti estetici dell’opera, mentre Ôshima, dopo aver girato il film in Giappone, fu costretto a inviarlo a un laboratorio francese per farlo stampare e montare. 

Il fuoco di fila di orgasmi e di perversioni è presentato in un modo estremamente manierato, quasi a voler negare allo spettatore la possibilità di trarre un qualsiasi piacere diretto da ciò che vede. Kichi ha la capacità infinita e irreale di raggiungere erezioni e orgasmi illimitati, mentre Sada pretende che ogni copula sia più intensa e più vigorosa della precedente, e questo li porterà inevitabilmente a decidere di comune accordo il loro coito finale e mortale: si tratta al tempo stesso di una prova d’amore e del desiderio di raggiungere un orgasmo che nessuno dei due potrà mai più replicare da solo, un orgasmo che nessun altro amante potrà mai condividere, una simbiosi totale di due esseri in una sola esperienza. 

Pur nella sua oggettività quasi documentaristica, non è solo il film a essere socialmente inaccettabile: gli amplessi di Sada e Kichi non sono un fatto privato, e anche la servitù che entra nella loro stanza per fare le pulizie viene invitata a prendervi parte; per imbarcarsi in questa avventura, Kichi ha dovuto lasciare la moglie, la famiglia e gli affari. Parodiando poi un matrimonio, Kichi e Sada concludono la loro festa nuziale con un’orgia. Sullo sfondo di tutta questa sontuosa licenza sessuale c’è il ritratto in miniatura di una società borghese repressiva, ossessionata dalla propria stessa ortodossia. In una breve scena, la macchina da presa segue Sada e Kichi lungo una strada in cui marciano interi reggimenti di soldati; in un’altra scena vediamo dei bambini sventolare patriotticamente la bandiera. Il poscritto c’informa poi che la vicenda è tratta da una storia vera del 1936, ma fino a quel momento non si ha idea dell’epoca in cui il film è ambientato. Le implicazioni politiche di Ecco l’impero dei sensi risultano comunque ambigue ove si comprenda che il mondo introspettivo e appartato dei due amanti è deliberatamente ignaro sia del militarismo sia dell’oppressione del mondo esterno. 

A tratti si ha l’impressione che Oshima presenti questa coppia in modo tale da rendere impossibile al pubblico identificarsi in essa. Pur nella semplicità della narrazione, lo spettatore occidentale che associa l’amore ai concetti di tenerezza e di rispetto reciproco rimane impermeabile al freddo erotismo della violenza e del potere. Accusato di aver rinunciato all’impegno sociale e politico dei suoi film precedenti, il regista rispose con una domanda: «Non è forse estremamente importante dimostrare la propria indifferenza verso la politica?». In effetti, l’indifferenza degli eroi del film si manifesta nel modo in cui il loro egoistico erotismo si tramuta in una sorta di martirio, il che, ironia del destino, fece di Sada un’eroina mitica del movimento femminista giapponese: Sada è la donna che possiede l’uomo, la donna che infrange i tabù sessuali, la donna che trasforma il proprio amante in un mero fornitore di orgasmi. 

Non vi è nulla che lascia intendere che le sue azioni siano meditate, e in effetti ci si domanda se i due amanti siano esseri pensanti. La loro esistenza — conclusa da un atto suicida — non è che una serie di riti privati: la rasatura quotidiana e la regolare esibizione di oggetti taglienti (un rasoio, un paio di forbici, un vetro rotto, un coltello), il gioco di far passare il cibo nella vagina di Sada prima di mangiarlo, il gergo amoroso dei due sono tutti riti privati in cui lo spettatore attivo è relegato al ruolo di voyeur passivo. È in questo caso inutile appellarsi all’universalità di un film sul piacere sessuale: un film dagli orizzonti tanto ristretti — come quelli dei suoi due amanti solipsistici — corre il rischio di apparire intellettualmente indifendibile pur con i suoi meriti estetici.


12 commenti:

  1. Decisamente un percorso a ostacoli a tratti inspiegabili, se non per la "paura" forse suscitata ai censori da un film in cui l'erotismo non è un'allegra trombata con la soubrettina sorridente di turno ma qualcosa di teso e anche drammatico.
    P.S.: Sarà un caso ma mi ricordo di un altro film di Oshima che qui in Italia non ha mai "sfondato" forse perché troppo serio nell'analisi della devianza sessuale: un film (non ricordo il titolo) in cui un uomo scopre che sua moglie ha una "relazione" con uno scimpanzé...

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    1. Mah, direi che di inspiegabile c'è solo il motivo per cui il nostro paese ha sempre fatto di tutto per adeguarsi ai canoni di quell'altro paese, quello grande poco più di una piazza di Roma. Siamo arrivati anche al paradosso di far loro mettere il becco nella nostra politica interna...

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  2. Grazie per l'ospitalità e speriamo che il cinema di Oshima venga riscoperto in toto, non solo questo film ;-)

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    1. Grazie a te per questo pezzo di grande blogging! Scusa anzi se ti ho fatto attendere tanto tempo... e speriamo davvero che Oshima possa un giorno godere di un miglior trattamento: ha una filmografia infinita che noi praticamente ignoriamo in toto...

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  3. Rinnovo i complimenti ad entrambi, a Lucius per la stesura dell'articolo e a te per averlo ospitato.

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    1. Beh, io ho fatto davvero poco. In pratica è come se mi fossi concesso una settimana di ferie pagate! ^_^

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  4. il titolo del film con la scimmia dovrebbe essere Hiroshima mon amour e Oshima diresse anche Furyo con David Bowie con bellissima e strafamosa colonna sonora di Sakamoto

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    1. Secondo IMDb il titolo misterioso sarebbe "Max Mon Amour" (che non ho visto per cui ho furbettamente cercato sul celebre database, grazie anche al tuo piccolo suggerimento). ^_^
      Condivido in pieno l'apprezzamento per Furyo: altro film che ha sofferto parecchio delle sforbiciate dell'italica censura...

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  5. Confermo, da testimone oculare, che almeno tre delle quattro scene tagliate dalla commissione nel 1988 (la 2, 3 e 4) erano presenti nella versione del 1979. Sono quelle che giocoforza mi rimasero più impresse.

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    1. Questo giustificherebbe la scritta "versione integrale" in locandina ma non il braccio di ferro di quasi tre anni: se ogni distributore può fare come gli pare, perché allora si sono impuntati con la commissione? Dicevano che avrebbero fatto i tagli e poi non li facevano... Probabilmente la proiezione che hai visto ha "sfidato" la legge ignorando il visto della censura italiana.
      Per caso ricordi se era in italiano o in lingua originale?
      Viaggiando quest'anno nello slasher (Halloween, Hellraiser, Nightmare ecc.) ho scoperto che molto spesso anche quando la censura non imponeva tagli - stiamo parlando di cialtronate dementi a cui andrebbe censurata solo la profonda stupidità - lo stesso i distributori italiani tagliavano di loro, sia scene pruriginose che scene sanguinolente. E parliamo di prodotti per bambini, cioè con morti fuori campo e il cattivo che cammina senza fare nulla per tutto il film.
      Parlo di un numero sostanzioso di tagli adottato dalla distribuzione nostrana senza alcun obbligo, che probabilmente poi raddoppiano in TV. Chissà che invece negli anni Settanta, molto più liberi del Medioevo del Duemila, funzionasse l'opposto: in sfregio alla censura si mostrava di più del dovuto, mentre oggi si mostra meno.

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    2. La commissione del 1988 ha effettivamente compiuto i suoi quattro tagli non sulla versione estesa ma sulla versione già sforbiciata del 1979 censurandola ulteriormente. Sicuramente nella versione del 1979 era presente anche la prima delle quattro scene tagliate nel 1988 ed è semplicemente a me che non è rimasta impressa.
      Questa conclusione è del resto in linea con il fatto che alla fine degli anni '80 si sapeva che la versione del 1979 era più osé di quella appena riproposta nelle sale.

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    3. Riguardo al doppiaggio, non posso garantire al 100% ma sì, mi pare che il film che ho visto io fosse in lingua originale con i sottotitoli.

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