mercoledì 9 marzo 2022

Orizzonti del reale (Pt.32)

LA PRIMA PARTE SI TROVA QUI

Leggere McKenna è totalmente diverso da leggere Leary. Tanto quest’ultimo è discorsivo, vago ed evocativo quanto McKenna è avvezzo a snocciolare grafici, numeri e dati, per quanto non sempre accurati e tutt’altro che inoppugnabili. Va però detto, come è giusto che sia, che “Invisible landscape: mind hallucinogens and the I CHING” (1975) non è solo l’opera di Terence McKenna, ma anche del fratello Dennis, come lui etnobotanico e anche farmacologo. 
Quando appresero dell'uso sciamanico di una pianta contenente triptamina nella monografia antropologica dedicata a una tribù amazzonica, gli Jívaro, i McKenna erano già interessati alla dimetiltriptamina, o DMT, sia perché questa sembrava stimolare i centri linguistici del cervello, sia perché scatenava delle allucinazioni in cui era possibile incontrare forme molecolari danzanti (definite a volte delle “intelligenze insettoidi”) che sembravano forme di linguaggio visibile. Gli sciamani di quella tribù affermavano che la pianta inducesse uno stato di coscienza in cui veniva generata una sostanza viola fluorescente e che fosse proprio questa sostanza a consentire loro di operare la loro magia. 
L’idea del viaggio in Amazzonia nacque da qui, dalla volontà di investigare sul posto ed esperire qualcosa di importante ai fini della loro ricerca. Le proteste degli anni '60 si erano stemperate, ma la volontà di una radicale trasformazione della realtà non era venuta meno, incarnandosi, nel nostro caso, in una strategia alternativa a quella della lotta politica che vedeva nell’espansione delle coscienze tramite le sostanze psicoattive (l’accesso a quelle dimensioni “magiche” che nelle società tribali è prerogativa degli sciamani) un modo per aumentare la consapevolezza di ciò che ci circonda e salvare il mondo dal suo lento ma inesorabile declino. 
Questo libro è il resoconto di un viaggio, quello che i due fratelli McKenna, poco più che ventenni, intrapresero assieme a tre amici nel 1971, in un “landscape” che non è tanto quello dell'alto bacino amazzonico, quanto quello rivelato dagli esperimenti con la triptamina. Non è un mistero che tutti coloro che assumono gli allucinogeni usino il concetto di viaggio e si definiscano viaggiatori, e in tal senso la triptamina può essere definita come la porta che garantisce l’accesso a un paesaggio invisibile la cui natura resta in gran parte sconosciuta, proprio come è oggi ancora sconosciuta la natura della mente umana. 

Dennis e Terence McKenna
In Amazzonia i due fratelli trovarono anche campi pieni di giganteschi funghi Stropharia Cubensis e Terence si sottopose a un esperimento (che divenne noto come esperimento di La Chorrera) in cui si cercò di legare l'armina (un composto psichedelico in genere combinato all’uso dei funghi) con il suo DNA neurale tramite alcune tecniche vocali specifiche, allo scopo di dargli accesso alla memoria collettiva umana. Ne parleremo meglio in seguito. L’esperimento secondo lui fu un successo: durante la trance psichedelica (sperimentata anche da suo fratello) era entrato in contatto con "Logos", una voce divina o, quantomeno, dalla natura universale e misteriosa che gli avrebbe fatto importanti rivelazioni, spingendolo a studiare quella che è forse la sequenza più antica nello strumento divinatorio principe della tradizione cinese, l’I Ching: la sequenza King Wen

Nella prima parte il libro affronta le basi filosofiche e metodologiche alla base dell’esperimento, nel tentativo di spiegare gli effetti psichedelici della rivelazione dei funghi in termini neurobiologici (cioè esaminando i processi organici, cellulari e molecolari, che avvengono durante uno stato alterato di coscienza). Nella seconda, gli autori cercano di comprendere la rivelazione dei funghi e di valutarne la portata esaminando la struttura degli esagrammi usati nell’I Ching; anche Leary conosceva l’I Ching, e come forse ricorderete ne avevo accennato nell’articolo dedicato a “Il Gran Sacerdote, ma McKenna non lo usò affatto nel modo convenzionale, ovvero come strumento di autoanalisi ed evoluzione spirituale, ma nel suo arcaico senso divinatorio, per elaborare la sua teoria, la "Teoria della novità". Nella terza parte, infine, i McKenna spiegano il modello matematico che è alla base del programma per computer da loro ideato: il software Timewave. Come McKenna capì che poteva usare l’I Ching e in che modo è però una questione che va affrontata per gradi. 

Fotografia di viaggio dei fratelli McKenna a La Chorrera
Partiamo dalla figura dello sciamano, di cui si occupano i primi capitoli del libro. Lo sciamano è un guaritore e una persona in grado di operare miracoli, ma è anche uno psicopompo e può essere sacerdote, mistico e poeta. Per i McKenna tra lo sciamano e lo schizofrenico vi sono molte analogie, l’unica differenza è che il primo padroneggia l’arte del passaggio dallo stato alterato allo stato normale di coscienza, il secondo non è sempre in grado di farlo e talora se ne lascia sopraffare. L'iniziazione sciamanica e la schizofrenia riflettono un tentativo di riorganizzazione psichica come mezzo per risolvere un conflitto interiore o una crisi nella vita dell'individuo caratterizzati da un senso di impotenza, colpa o inadeguatezza; quando il conflitto viene risolto (cosa molto rara nello schizofrenico paranoide), la personalità viene reintegrata e guarita. La guarigione non consiste però nell’eliminazione totale di pensieri inconsci autonomi, ma nell’integrazione di questi contenuti nella sfera della coscienza; in pratica, il soggetto impara a vivere in una realtà “espansa” in cui la normalità può alternarsi a stati di estrema acutezza mentale in cui la consapevolezza, la sensibilità e la creatività sono molto maggiori che nelle persone normali, come se l'esperienza trasformante (una simbolica “morte e rinascita”) avesse aperto un varco verso intere aree del cervello in precedenza inaccessibili. Nelle società moderne è possibile porsi come eredi naturali degli sciamani dedicandosi all’arte, alla scienza, alla psicanalisi. 

Nello sciamanesimo si può realizzare la fusione del normale e del paranormale, è una dimensione in cui si raggiunge l'estasi, ma ciò che più ci interessa in questa sede è il ruolo degli allucinogeni in tutto questo, perché la tesi degli autori è che il vero sciamanesimo sia caratterizzato dal ruolo di sostanze psicoattive, e dove queste non siano disponibili esogenicamente, sotto forma di piante o funghi, dev’esserci nel soggetto una predisposizione endogena alla loro sintesi, come nella schizofrenia, o all’induzione tramite tecniche quali danza, percussioni, canto rituali o il sottoporsi a situazioni di stress e isolamento estremi. In termini junghiani, lo sciamano è un intermediario tra la società e l’inconscio collettivo e i suoi simboli archetipici numinosi, ciò che tentò di divenire anche McKenna nell’esperimento de La Chorrera. 

Gli Jívaro abitano la parte di selva amazzonica confinante fra Ecuador e Perù
Per capire come certe esperienze fuori dall’ordinario possano accadere, bisogna accennare al ruolo biofisico che le sostanze psicoattive giocano a livello molecolare, ma il presupposto fondamentale è abbracciare la teoria quantistica, secondo la quale l'elettrone, l'unità di base della materia, non ha un'esistenza spaziale continua, cioè continuità sia nello spazio che nel tempo, ma punti di manifestazione discreti (quanti) nello spazio. In questa visione la realtà ha una natura vibratoria e qualità della materia quali la massa, il moto e la localizzazione, da sempre considerate come primarie, finiscono per trovarsi sullo stesso piano di qualità secondarie come il colore, la consistenza o il rumore. Per dirla con McKenna (la traduzione è mia): “non sono le componenti stesse [di un'entità] che sperimentiamo come oggetti sensoriali, ma la nostra comprensione unificata di queste componenti in dispiegamento. Così, la natura diventa una struttura di processi in evoluzione, e lo spazio e il tempo il luogo dell'unificazione di questi processi in oggetti sensoriali. È ridicolo, quindi, chiedersi se il colore sia meno reale, diciamo, della posizione nello spazio; il colore è un ingrediente nel processo di realizzazione; fa parte della comprensione unificata di un evento e, a parte la comprensione, non c'è realizzazione.” (Invisible landscape: mind hallucinogens and the I CHING, cap. 3) 

In una concezione in cui un’entità è un processo in divenire, e in cui non esiste una scala “gerarchica” delle sue qualità, la mente deve avere un’importanza pari alla materia. È ragionevole pensare che esista qualcosa definibile come mente, che McKenna chiama “orizzonte interno”, anche nei più semplici organismi primari; affermare il contrario equivarrebbe a dire, contro ogni evidenza, che la natura è priva di scopo, di significato e di valore. Da tutto questo nasce una "filosofia della vita" che comprende la filosofia dell'organismo e quella della mente.

2 commenti:

  1. In effetti la medicina moderna ormai tende a curare certe deviazioni psichiche come la schizofrenia soprattutto da un punto di vista "chimico", con farmaci che agiscono chimicamente sulla corteccia cerebrale, quindi una connessione fra l'uso di allucinogeni e la casuale nonché temporanea "risoluzione" del conflitto mentale dello schizofrenico potrebbe esserci.
    Da un punto di vista artistico questo post mi ha fatto venire in mente il film "La foresta di smeraldo" di John Boorman, soprattutto le varie scene in cui il ragazzo rapito dagli indios e poi suo padre sperimentano il viaggio mentale indotto dagli allucinogeni che gli da lo sciamano.

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  2. Si parla in effetti di "chimica del cervello"... Ricordo poco del film che citi,che devo aver visto negli anni Ottanta. Chissà se ci sarà il modo di fare qualche altro excursus cinematografico nel corso di OdR...

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