venerdì 13 luglio 2012

Body Parts

Stiamo per raccontarvi la storia di Frankenstein, un eminente scienziato che cercò di creare un uomo a sua immagine e somiglianza, senza temere il giudizio divino. È una delle storie più strane che siano mai state narrate, tratta dei due grandi misteri della creazione: la vita e la morte. Penso che vi emozionerà, forse vi colpirà, potrebbe anche inorridirvi! Se pensate che non sia il caso di sottoporre a una simile tensione i vostri nervi, allora sarà meglio che voi... beh, vi abbiamo avvertito!
Circa 3000 anni prima che la mente della scrittrice britannica Mary Shelley partorisse quello che sarebbe divenuto uno dei mostri più famosi dell'immaginario comune, un misterioso Frankenstein già calpestava le terre di Scozia. Quale location meglio della Scozia potrebbe essere utilizzata per ambientare le gesta di un Frankenstein preistorico? La Scozia: un paese dai contorni sfumati di grigio, cieli plumbei, vasti territori popolati da fantasmi, castelli gotici dove ancora oggi si aggirano ombre inquietanti. Da oggi una nuova sinistra figura alimenta la tradizione di un paese che, come pochi altri al mondo, può vantare un così ampio numero di leggende: stiamo parlando della mummia di Frankenstein. Si, avete capito bene. La mummia di Frankenstein. La notizia rimbalza sul web da un paio di settimane: un team internazionale di archeologi ha portato alla luce, durante alcuni scavi presso South Uist,  dei resti umani che, dopo un'attenta analisi, si sono rivelati essere stati assemblati, per ignoti motivi, utilizzando parti provenienti da cadaveri di diversi individui.

South Uist è, per dimensioni, la seconda isola  dell'arcipelago delle Ebridi, in Scozia. Si estende da nord a sud per circa 35 km mentre da est a ovest raggiunge gli 11 km in corrispondenza del punto più largo. La popolazione residente, stando al censimento del 2001, è di circa 2000 unità. I primi insediamenti umani nelle Ebridi risalgono al periodo mesolitico (6500aC) e, proprio qui, vi sono quelle che sono considerate essere le più antiche tracce della presenza dall'uomo in Scozia. In particolare il sito di Cladh Hallan, un insediamento presso South Uist, è l'unico in tutto il Regno Unito dove sono  state portate alla luce mummie risalenti all'età del bronzo.
È proprio negli scavi di Cladh Hallan che alcuni studiosi hanno scoperto due mummie dalle caratteristiche molto singolari. La scoperta dei corpi, per la verità, è avvenuta una decina di anni fa, ma nuovi particolari sono emersi di recente grazie a nuove tecniche di datazione. Le due mummie, oggi ormai nient’altro che scheletri, sarebbero state composte assemblando i resti di sei persone differenti!

Basandosi sulle condizioni e sulla struttura degli scheletri, i ricercatori hanno stabilito che i corpi, un uomo e una donna, furono sottoposti dopo la morte ad un processo di conservazione consistente nella sepoltura in un terreno paludoso (le cosiddette “torbe” o “torbiere”). Qui, a causa dell'acidità dell'ambiente e dell’assenza di ossigeno, i cadaveri non poterono decomporsi interamente. “Non fu il caso a conservare i corpi: fu davvero una precisa tecnica praticata diffusamente in Europa”,  ci riferisce il ricercatore Michael Parker-Pearson, archeologo presso l’Università di Sheffield in Inghilterra.
Circa 600 anni dopo la loro morte i corpi, ormai mummificati, furono riesumati e nuovamente sepolti, questa volta nella terra, assieme ai resti di una giovinetta e di una bambina di 3 anni. Furono deposti in posizione fetale proprio nel luogo dove, ai giorni nostri, sono stati ritrovati. Chi si prese la briga, dopo secoli, di occuparsi di antenati ormai dimenticati? Cosa fu fatto a quei corpi? Perché sottoporli a un processo talmente complesso? E soprattutto quale misterioso rito pagano ha guidato la mente e il braccio di quegli antichi dottor Frankenstein?

Il professor Terry Brown, docente di archeologia biomedica presso l'Università di Manchester, afferma di aver avuto il sospetto che i corpi fossero di più di quelli che erano emersi: "Sullo scheletro femminile la mandibola non corrispondeva al resto del cranio. Ho raccolto, quindi, campioni di DNA dalla mandibola dello scheletro femminile, dal cranio, dal braccio e dalla gamba ed ho scoperto che le ossa appartengono a persone diverse, nessuna delle quali aveva in comune lo stesso patrimonio genetico. In particolare lo scheletro maschile era composto da persone morte a centinaia di anni di distanza. Un più accurato esame dei resti maschili ha evidenziato una forma di artrite nelle vertebre del collo, che però era completamente assente nelle vertebre della spina dorsale. La mascella inferiore, inoltre, conserva ancora tutti i denti mentre, al contrario, quella superiore non ne conserva nessuno. Nonostante ciò le condizioni dei denti della mascella inferiore dimostrano chiaramente la presenza, nella vita dell’individuo, anche dei denti superiori.  Lo scheletro maschile, in conclusione, è composto da almeno tre persone. Persone morte, tra l’altro, a centinaia di anni di distanza l’una dall’altra.
Una delle ipotesi, suggerisce Brown, è che le popolazioni di Cladh Hallan dell'Età del Bronzo avessero delle ragioni molto pratiche: "Forse semplicemente uno dei teschi era andato perduto ed è stato deciso di usarne un altro per dare completezza allo scheletro". Un'altra possibilità è che invece il "mosaico" fosse il frutto di una scelta deliberata, per creare un antenato simbolico che incarnasse, in senso letterale, caratteristiche di varie stirpi. Qualcosa di relativo a vecchi cerimoniali ormai dimenticati. Brown cita a tal proposito le mummie Chinchorro scoperte sulle Ande cilene, di cui gli imbalsamatori rinforzavano i corpi con bastoncini, erba, peli di animali, perfino pelle di foca. "È come se non fosse importante la persona, ma l'immagine che deve trasmettere. Quindi non è una singola identità, ma la rappresentazione di qualcos'altro".

Con queste parole si concludono tutti le fonti web che riportano la notizia, sia quelle in inglese, sia quelle in italiano e, presumo, quelle in qualsiasi altra lingua.
Il vostro Obsidian Mirror non ha voluto però fermarsi qui e, per dare una minima giustificazione a questo post (che non vuole essere il post fotocopia di tanti altri), si è messo a cercare in giro delle analogie con i corpi ritrovati a South Uist.
Sono incappato quindi nel cosiddetto "Uomo delle torbiere di Silkeborg" o "Uomo di Tollund",  un corpo ben conservato, appartenente a un uomo di mezza età vissuto circa 2200 anni orsono, imbalsamato dal tannino e dagli acidi umici del terreno, ritrovato nel 1950 nello Jutland (in Danimarca) ed ora esposto smembrato nel museo locale. L'individuo, di sesso maschile e di età adulta, fu trovato adagiato sul fianco destro, con le gambe lievemente piegate e vestito esclusivamente con una cintura e un cappuccio di cuoio. Al collo è ancora visibile lo strumento con cui fu giustiziato: una corda da impiccagione o da strangolamento.
Lo storico Tacito, nel narrare delle pene più comuni inflitte in giudizio tra i Germani, nel “De origine et situ Germanorum” così si esprime: “appiccano agli alberi i traditori e i disertori, i codardi, gli ignavi, i peccatori contro natura affogano nel fango delle paludi, gettandovi sopra graticci”. Nell'esecuzione dell'uomo di Tollund assistiamo appunto, almeno apparentemente, alla combinazione di queste due pene, che Tacito, da buon romano, vede connesse esclusivamente all'esecuzione giudiziaria e ritiene peraltro motivate da una sorta di logica interna. “La diversità del castigo” prosegue il passo succitato “si ispira a questo loro pensiero, che i delitti debbono punirsi alla luce del sole, le vergogne occultarsi.”

Quindi l’atto di seppellire i cadaveri nelle paludi era la punizione dei condannati a morte. Conservare il corpo più a lungo ha quindi un significato punitivo? Forse impedire ad un corpo di dissolversi impedisce all’anima del defunto di trovare la pace? Se così fosse si potrebbe spiegare allo stesso modo anche la fase successiva. Ad un certo punto, secoli dopo, ci si rende conto che la mummificazione non è eterna e, per proseguire nella volontà di non concedere il perdono ai condannati, si riesuma quello che rimane dei corpi e si “mescolano” le ossa, creando degli ibridi. In questo modo forse l’anima del condannato, perdendo la speranza di vedere riposare in pace le proprie spoglie mortali, continuerà a vagare senza pace.
Paradossalmente è questo lo stesso destino che inconsapevolmente Mary Shelley, tremila anni più tardi, riservò all’anonimo criminale che donò il cervello al suo mostro più famoso.

E per concludere, miei signori, questo è uno degli esemplari più perfetti di cervello umano che abbia mai visto negli anni trascorsi in questa università. Ecco invece il cervello anormale del criminale tipico. Osservate la riduzione del numero delle circonvoluzioni del lobo medio-frontale. Questi caratteri degenerativi corrispondono sorprendentemente alla vita che quest’uomo ha condotto, una vita fatta di brutalità, di violenza, di assassinii.

11 commenti:

  1. Certo quei due corpi, specialmente quello dell'uomo, dovevano appartenere a persone che dovevano aver compiuto crimini molto gravi al punto che dopo 600 anni vi era ancora memoria di loro, da parte di quelle popolazioni.
    Non conosceremo mai il vero motivo, il che è un peccato e fa ancora di più rimpiangere il fatto che quelle popolazioni non abbiano lasciato memorie scritte.
    Ciao.

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  2. Questa faccenda dei 600 anni è parecchio curiosa! È un vero peccato che non ci siano molte testimonianze delle epoche più remote, ma forse è meglio così e certi ritrovamenti hanno un certo fascino anche per questo.

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  3. Avete ragione entrambi. Quella faccenda dei 600 anni sembra bizzarra. Ma forse nemmeno tanto, se pensate che noi adesso, al contrario di loro, siamo abituati ai grandi cambiamenti repentini. Noi passiamo con scioltezza da uno smartphone ad un altro nel giro di sei mesi. I nostri progenitori ci hanno messo 2000 anni per passare dal bronzo al ferro. In altre parole il tempo trascorreva più lentamente. Si può quindi suppore che vi era una diffusa tradizione orale che abbia fatto in modo che cadaveri sepolti dai bis-bis-bis-bisnonni venissero dissotterrati secoli dopo dai loro bis-bis-bis-bisnipoti, proprio perché quella pratica era rimasta in voga per millenni.

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    1. Una macchia che per secoli sovrastava i discendenti del criminale. Mi piace la tua interpretazione sul corpo-puzzle di ossa. Forse mischiavano le ossa dell'innocente con quelle del colpevole perchè potessero avere un "passaggio" per un luogo di pace? chissà!

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    2. Ho paura che sia vero l'esatto contrario...

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  4. Veramente stranissima questa consuetudine di mescolare le ossa. Non mi è mai venuto in mente che potessero esservi rituali simili! La fotografia dell"Uomo delle torbiere di Silkeborg" o "Uomo di Tollund", poi, è decisamente inquietante, sembra una scultura di bronzo.

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    1. Quella fotografia in effetti rimane impressa. Mi torna in mente di tanto in tanto quando sento parlare di "whisky torbato"...

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    2. Mamma mia... meno male che sono astemia. :-(

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    3. ...e pare che sia anche una variante piuttosto ricercata.

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  5. chissà se c'è qualche collegamento con questo caso nella mente del cosiddetto "collezionista d'ossa" di Roma... (sospetto serial killer)

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