lunedì 20 gennaio 2014

Pubblicità Paura

L’automobile procedeva lentamente. I due uomini a bordo osservavano silenziosamente il nastro bianco che si stendeva di fronte a loro. Sotto quel nastro bianco un altro nastro, questa volta d’asfalto, completamente invisibile. La neve cadeva ininterrottamente da diversi giorni e le previsioni meteo non promettevano nulla di buono per i giorni successivi. Due file di alberi erano gli unici riferimenti visibili in quella sorprendente distesa di neve. Oltre le due file di alberi, il buio della notte. Occasionalmente l’uomo al volante borbottava qualcosa di incomprensibile, forse malediceva quella sua stupida idea di mettersi in viaggio proprio quella notte. Una curva improvvisa e l’automobile per poco non uscì di strada. Se almeno si fosse ricordato di far montare le gomme invernali! Invece aveva rimandato quella scocciatura, l’aveva rimandata più e più volte, finché ormai era troppo tardi per rimediare. Non poteva permettersi alcuna distrazione. Doveva solo procedere lentamente, con gli occhi aperti e le mani ben serrate sul volante. Il passeggero accanto a lui taceva e, tutto sommato, gli andava bene così.
Ma cos’era quella cosa là in fondo? Sembrava una figura umana, completamente vestita di bianco, in piedi al centro della strada qualche centinaio di metri più avanti. Una donna. L’uomo rallentò fino a fermarsi. Era decisamente una donna, vestita di un succinto abito bianco, forse una semplice sottoveste, immobile nel freddo della brughiera. I due uomini si scambiarono un rapido sguardo, increduli di fronte all’immagine che i loro occhi stavano faticosamente mettendo a fuoco, ed indecisi sul da farsi. Poi, improvvisamente….

Buongiorno a tutti! Oggi un post tranquillo qui su Obsidian Mirror, un post di puro intrattenimento per poter recuperare un po’ di energie dopo le fatiche derivate dall’intervista a Catherine Fisher di pochi giorni fa. Non avrei mai immaginato che intervistare qualcuno fosse così impegnativo: con mia grande sorpresa, ho realizzato che preparare un articolo del genere è tutt’altro che un gioco da ragazzi. Richiede prima di tutto un grande lavoro preliminare di studio (perché devi ovviamente conoscere la materia di cui parli) e, in secondo luogo, c’è tutta la parte che segue, vale a dire la traduzione dell’intervista e il post di presentazione che precede di qualche giorno quello in cui appare l’intervista vera e propria. Dopodiché va considerata anche tutta l’attività di “spam” sui vari social e, per la prima volta (non senza vergogna), ho fatto anche un po’ di “scouting”: in poche parole ho cercato in rete tutti i blog che, negli ultimi anni, hanno recensito Catherine Fisher e ho lasciato loro un commento con un link e un invito. Tirando le somme, seppur faticosa, è stata un’esperienza affascinante che mi ha regalato una grande soddisfazione. Avrei sperato magari in un risultato migliore in termini di visite e di commenti ma, come si usa dire, non si può avere tutto dalla vita.

Ma torniamo al post di oggi. Quello che ho scritto all’inizio è non l’incipit di un racconto, anche se così potrebbe sembrare. È invece la descrizione dei primi secondi di uno dei più singolari spot pubblicitari degli ultimi anni. Il committente è la Autoway Tyres, un’azienda giapponese di pneumatici. E da dove, se non dal Giappone, poteva arrivare una simile bizzarria? Lo spot intende sottolineare l’assoluta affidabilità del proprio prodotto anche nelle situazioni più pericolose ed imprevedibili, e lo fa utilizzando un messaggio che definire impattante è solo un eufemismo.
Lo definirei piuttosto terrificante, talmente terrificante che in un breve annuncio (quella scritta che appare nei primi secondi) si suggerisce agli spettatori più sensibili e impressionabili (nonché ai malati di cuore) di cambiare canale. Terrificante al punto che chi lo guarda ne esce talmente provato che ben difficilmente riuscirà, se interrogato, ad indicare quale prodotto si era inteso pubblicizzare.
Siete pronti? Lo spot è proprio qui sotto. Godetevelo dall’inizio alla fine ma, mi raccomando, non venite poi da me a lamentarvi se il conto del vostro cardiologo risulterà essere troppo salato.



Siete ancora tutti lì? Vivi e vegeti? Il polso com’è? Accellerato? Non preoccupatevi, tra poco probabilmente ritornerà normale e, se nel frattempo riuscite anche a recuperare la favella, mi piacerebbe che mi descriveste la vostra esperienza. Com’è andata?
Sono sicuro che nemmeno voi avete capito al primo passaggio di quale dannato prodotto questo spot stia parlando. Dovreste guardarvelo un’altra volta, magari azzeccando un fermo immagine negli ultimi secondi. Questa tecnica di visualizzare l’orrore non è certamente nuova per gli amanti di quel filone horror giapponese che ha tra i suoi capostipiti Ju-On e Ring, quei film con il classico tema del fantasma che cerca instancabilmente vendetta accoppando tutti quelli che capitano a tiro. Il breve spot di Autoway Tyres, così come i più articolati prodotti per il cinema, si basa su un preliminare silenzio in cui sono i piccoli rumori a creare l'atmosfera, dopodiché ecco che arriva, improvvisa, la rivelazione dell'orrore. L’efficacia è garantita.

20 commenti:

  1. Ahaha, però... è una bella pensata! Anche se non so se una cosa del genere potrebbe funzionare in Italia (o anche solo fuori da Giappolandia).
    Dato che avevo letto tutto il tuo post, non m'è preso un colpo... :)
    In ogni caso, posso dire la mia?
    Trovo più spaventose le cose che non ricorrono a questo mezzuccio ormai abusato del salto sulla poltrona... vuoi mettere? Anche negli spot! Ricordi la tossicomane con gli occhi bianchi della Pubblicità Progresso "Se ti droghi ti spegni"?
    Fa più paura di qualsiasi Samara o altra diavoleria dagli occhi a mandorla :)

    Moz-

    RispondiElimina
    Risposte
    1. In effetti un po' mi stupisce che i giapponesi siano ancora incagliati su questo genere di cose. Probabilmente per capire questo fenomeno bisogna andare oltre alla logica occidentale del "film dell'orrore uguale spavento". Sadako e Samaro sono molto di più di semplici personaggi di un film: sono parte di un folklore a cui noi riusciamo ad avvicinarci ma non a comprenderne fino in fondo la natura.

      Elimina
    2. Sì, sono personaggi folkloristici o meglio ancora... archetipi appartenenti a quel mondo orientale così lontano.
      Ricordo quando ci fu l'invasione di film horror orientali (volevo scrivere horror gialli, ma poi si sarebbe creata confusione tra i due generi, l'horror e il giallo :p)... era pressappoco il 2000 e quel cinema era considerato la nuova frontiera dell'horror... ma anche no, dai.

      Moz-

      Elimina
    3. Chiamarla "nuova frontiera" era forse un po' esagerato, ma ricordo che quei film riuscirono a terrorizzarmi come da tempo non mi accadeva

      Elimina
    4. Forse ci riuscivano perché proponevano dettami leggermente diversi dagli horror canonici. Alla lunga, sgamato il trucco, passa l'effetto.
      Ora vanno di moda gli horror pov, moda ripresa da The Blair Witch Project che ha precorso i tempi con anni e anni di anticipo, anche se il capostipite di questo genere è Cannibal Holocaust -per dire quanto siamo sempre avanti noi Italiani e non ce ne rendiamo conto.

      Moz-

      Elimina
    5. La ripresa in soggettiva e il 3D sono la morte del cinema. Mille volte meglio questi horror giapponesi, almeno lì non viene da vomitare. Cannibal Holocaust, è vero, ha avuto il gran merito di anticipare di vent'anni un trend. A Deodato però non riesco proprio a perdonare la scena della tartaruga...

      Elimina
    6. Ti capisco, però se almeno pensi che fu mangiata (in brodo) da tutta la troupe... è già qualcosa.
      Pensa che nello stesso film vengono uccisi un serpente e un ragno senza poi essere mangiati (mentre il topo muschiato e la scimmia sì).
      Insomma, erano anche altri tempi... altra mentalità.

      Moz-

      Elimina
    7. Chissà perché non mi stupisce che il ragno non se lo sia mangiato nessuno...

      Elimina
    8. E proprio mentre parliamo di CH... si spegne il grande, grandissimo Riz Ortolani! :(
      MORE.

      Moz-

      Elimina
    9. Nooooo! Un mito assoluto che se ne va! Una leggenda!

      Elimina
  2. Ma non fa paura! Dai, TOM, pensavo peggio. Ero preparata a cose peggiori, ma io sono strana, rido guardando i film horror!

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Ah è così? OK, allora la prossima volta cercherò di fare sul serio... hihihih

      Elimina
  3. Ahahah! Su certe strade le gomme invernali non bastano per garantire la sicurezza!!

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Si, è vero! Beh però dai, il tizio al volante alla fine se l'è cavata bene.
      A proposito....Benvenuto! Ma dimmi, per caso sei un dealer, un distributore o forse un competitor di Autoway?

      Elimina
  4. Solo in Giappone potevano pensare ad una cosa del genere. ;)

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Proprio vero. Immagina se dovesse passare in Italia uno spot del genere sugli schermi all'ora di pranzo... ci sarebbe una rivolta.

      Elimina
  5. Se un giorno dovessero vendere i loro prodotti in Italia... NON li comprerò per vendetta, questo è poco ma sicuro ;-)

    RispondiElimina
  6. Secondo me era molto più terrificante lo spot della Fattoria in cui Barbara d'Urso diceva "Un due tre stalla".
    Comunque a breve riceverai una telefonata, dove una voce malefica ti dirà che dopo sette giorni comprerai dei pneumatici da neve.

    RispondiElimina

Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...