Tutti costoro, essi stessi e i loro discendenti, per molte generazioni abitarono qui, esercitando il comando su molte altre isole di quel mare, ed inoltre, come si disse anche prima, governando regioni al di qua, fino all'Egitto e alla Tirrenia. La stirpe di Atlante dunque fu numerosa e onorata, e poiché era sempre il re più vecchio a trasmettere al più vecchio dei suoi figli il potere, preservarono il regno per molte generazioni, acquistando ricchezze in quantità tale quante mai ve n'erano state prima in nessun dominio di re, né mai facilmente ve ne saranno in avvenire […] Tutto produceva in abbondanza, e nutriva poi a sufficienza animali domestici e selvaggi. In particolare era qui ben rappresentata la specie degli elefanti… (Platone, Dialoghi, Crizia.)
Nel 1776 il canonico della cattedrale di Volterra Pietro Franceschini rinveniva nei pressi della necropoli etrusca del Portone un ipogeo di notevoli dimensioni risalente all'epoca ellenistica, contenente quaranta urne etrusche, che nel 1777 donò al comune di Volterra. Questa donazione fu il primo nucleo del Museo Civico che in breve tempo raccolse molte altre opere rinvenute nei dintorni di Volterra e che fino a quel momento erano state custodite in collezioni private di nobili volterrani. Tra le varie donazioni, la più importante e più consistente fu quella di Monsignor Mario Guarnacci (1701-1785), un facoltoso sacerdote promotore di numerose campagne di scavi archeologici che il 15 settembre 1761 donò la sua intera collezione al neonato museo. A lui venne intitolato il museo che, in oltre due secoli di storia, ha incrementato il suo patrimonio grazie a numerose campagne di scavo promosse dalla Soprintendenza alle Antichità dell'Etruria (estratto dalla pagina di Wikipedia del Museo Guarnacci di Volterra).
Chiunque si rechi in vita al museo Guernacci non potrà fare a meno di rimanere folgorato di fronte alla bellezza di uno dei reperti più famosi, ricchi di fascino e di mistero, che sono giunti sino a noi dall’altrettanto affascinante e misteriosa civiltà etrusca.
Sto parlando di una statuetta bronzea riproducente un fanciullo esile e sproporzionatamente allungato, la cosiddetta “Ombra della Sera”, nome che fu ideato dal poeta Gabriele D‘Annunzio al quale, nel guardarla, venivano alla mente le lunghe ombre del tramonto. Credo che tutti, almeno una volta nella vita, abbiano avuto l’occasione di vedere la statuetta, se non dal vivo perlomeno in fotografia, visto che, come detto, nulla come l’Ombra della Sera rappresenta meglio la civiltà etrusca e i suoi misteri. Personalmente ricordo che la vidi per la prima volta da bambino, negli anni Settanta, guardando uno di quei bellissimi programmi RAI che, al tempo, ci riunivano con le nostre famiglie attorno alla tivù: l’Ombra della Sera, qualcuno forse se ricorderà, fu utilizzata nella sigla iniziale di “Ritratto di donna velata”, uno sceneggiato in cinque puntate ambientato appunto a Volterra, che aveva a che fare con un’antica urna nei cui fregi si sarebbero dovute celare le indicazioni per trovare l'ingresso di una misteriosa necropoli etrusca.
Sul fanciullo riprodotto nell’Ombra della Sera è stato scritto e detto moltissimo, ma quello che ancora oggi abbiamo tra le mani è solo un gigantesco punto interrogativo.Perché una forma così allungata, così esasperatamente stilizzata? Chi o cosa rappresenta quella figura? E perché la testa e i piedi della statua appaiono invece perfettamente proporzionati? Nella mitologia etrusca a noi nota, derivante da quella greca, non c’è traccia di un essere dalle caratteristiche simili. Così, ad istinto, mi verrebbero in mente i Giganti, presenti in innumerevoli mitologie, da quella greca a quella norrena, dalle tradizioni indù alle leggende native americane, fino addirittura alla Bibbia, e forse come ipotesi la mia non sarebbe nemmeno troppo campata per aria se considerassimo i Giganti come un popolo estinto e dimenticato che ad un certo punto dell’evoluzione precedette l’umanità (o, semplicemente, coabitò con essa per poi sparire senza lasciare traccia: un popolo di origine terrestre, divina o… intergalattica).
Se i giganti sono infatti presenti in tante tradizioni anche così distanti tra di loro, cosa ci vieta di credere che ci sia una base comune di verità? Ogni civiltà della Terra ha descritto ad un certo punto della sua storia la presenza di giganti. Sono quindi davvero esistiti? È davvero esistito un popolo dalle caratteristiche fisiche così particolari?
La risposta è forse nascosta nella misteriosa origine degli Etruschi, talmente avvolta nel mistero da aver scatenato infinite teorie storiche e archeologiche, nonché una fiorente letteratura fantastica. Le notizie che ci provengono da fonti storiche sono infatti piuttosto discordanti: si parla di una provenienza orientale, riferita da Erodoto, secondo la quale avrebbero dapprima «oltrepassato molti popoli» e sarebbero infine arrivati «presso gli Umbri e nel loro paese costruirono 12 città», ma si parla anche di una provenienza settentrionale, riferita da Tito Livio, così come di una provenienza occidentale, riferita da Festo, secondo la quale gli Etruschi altro non sarebbero che una colonia distaccatasi dall’antica civiltà nuragica (Reges soliti sunt esse Etruscorum, qui Sardi appellantur. Quia Gens etrusca, Horta est Sardibus).
Resta il fatto che gli Etruschi apparvero improvvisamente nell’area oggi corrispondente alla nostra Toscana, Umbria e Lazio settentrionale: nel corso del VIII secolo le genti insediate in quel territorio passarono da una cultura poco più che primitiva ad un’organizzazione federale assolutamente moderna ed evoluta come quella etrusca con uno sviluppo incrementale assolutamente inspiegabile. Com’è avvenuto questo passaggio? I Villanoviani si evolsero nel giro di pochi decenni, furono assorbiti da una civiltà superiore e straniera, oppure ricevettero insegnamenti da una civiltà venuta da lontano, una civiltà sparita nel nulla proprio così com’era venuta?
La riposta forse ce la può dare Platone che, nel brano del Crizia riportato all’inizio di quest’articolo, fa riferimento alla stirpe atlantidea. E un altro indizio Platone ce lo fornisce nel suo dialogo forse più celebre, il Timeo: “Ora, in cotesta isola Atlantide, venne su possanza di cotali re, grande e maravigliosa, che signoreggiavano in tutta l’isola, e in molte altre isole e parti del continente; e di qua dallo stretto, tenevano imperio sovra la Libia infino a Egitto, e sovra l’Europa infino a Tirrenia. […] Passando poi tempo, facendosi terremoti grandi e diluvii, sopravvegnendo un dí e una notte molto terribili, i guerrieri vostri tutti quanti insieme sprofondarono entro terra; e l’Atlantide isola, somigliantemente inabissando entro il mare, sí sparve.”
Dell’aspetto fisico degli abitanti di Atlantide conosciamo la descrizione che diede lo storico greco Teopompo di Chio, il quale narrò, nel libro VIII delle sue Filippiche, che esisteva un continente amplissimo che arrivava “al di là dei limiti della terra […] con immensi animali (gli elefanti descritti da Platone?) e uomini di statura doppia della nostra”. Le opere di Teopompo sono purtroppo andate perdute, ma alcuni frammenti ci sono giunti attraverso il filosofo greco Claudio Eliano di Preneste. “Il centauro Sileno descrive al Re le favolose ricchezze della terra di Meropide, che si allarga molto al di là delle Colonne d’Ercole, ai confini dell’oceano. Là, sotto un cielo quieto, vivevano i Meropidi, il cui proviene da quello della figlia di Atlante. Le città sono enormi, splendide, e l’oro e l’argento vi si trovano in misura tale che non vengono valutati più preziosi di quanto non lo siano gli alti metalli per i comuni mortali. Il re, meravigliato, domanda al sapiente umanoide come queste cose siano conosciute dai greci, e Sileno racconta che in tempi antichi i Meropidi erano arrivati sulle loro navi nella terra degli Iperborei, che stanno al di là del vento a nord….”
Meropidi. Atlantidei. Giganti. Etruschi. Tanti nomi per uno stesso popolo? E quella statua? Chi è quel fanciullo che l’ignoto autore dell’Ombra della Sera ha voluto rappresentare? Forse un fanciullo proveniente dal continente perduto? Forse. O forse no.
Forse l’Ombra della Sera non rappresenta altro che… un’ombra. Forse il nome “Ombra della Sera” non è solo un prodotto della fervida e fantasiosa ispirazione poetica di Gabriele D’Annunzio, ma è proprio l’ombra di una statua preesistente dello stesso fanciullo, perfettamente proporzionata, opera dello stesso autore. Un indizio sembrerebbe provenire dalle misure stesse della statua. Un altro indizio dal particolare, già citato, della testa e dei piedi.
Teniamo a mente questo dato: l’Ombra della Sera misura in altezza 57,5 cm esclusa la base. Se l’ignoto artista avesse scolpito il corpo del fanciullo mantenendo le stesse proporzioni che osserviamo nella testa e nei piedi, la statuetta sarebbe stata alta circa 22 cm. Ebbene, l’ombra di qualsiasi oggetto di 22 cm si allunga al tramonto fino a raggiungere circa 60 cm, assumendo, ovviamente, una sua forma sproporzionatamente allungata. Una strana coincidenza, non trovate? Inoltre i piedi, la testa e le natiche della statua mostrano alcuni segni di usura, indizi di un suo probabile e prolungato mantenimento in posizione orizzontale. Forse la statua era stata ideata proprio perché rimanesse in tale posizione?
Ma c’è un’altra possibilità ancora: mai sentito parlare di Tagete? C’era una volta un contadino che arava un campo nei pressi di Tarquinia. Improvvisamente, da un solco più profondo del solito, vide sollevarsi una zolla che, come per magia, assunse le sembianze di un fanciullo alto e magro. Lo chiamò Tagete. Il fanciullo era dotato di grande saggezza e di virtù profetiche e visse soltanto il tempo necessario per insegnare agli Etruschi, accorsi sul luogo dove era nato, l’arte di predire il futuro, scomparendo poche ore dopo la sua miracolosa apparizione.
Nel 1776 il canonico della cattedrale di Volterra Pietro Franceschini rinveniva nei pressi della necropoli etrusca del Portone un ipogeo di notevoli dimensioni risalente all'epoca ellenistica, contenente quaranta urne etrusche, che nel 1777 donò al comune di Volterra. Questa donazione fu il primo nucleo del Museo Civico che in breve tempo raccolse molte altre opere rinvenute nei dintorni di Volterra e che fino a quel momento erano state custodite in collezioni private di nobili volterrani. Tra le varie donazioni, la più importante e più consistente fu quella di Monsignor Mario Guarnacci (1701-1785), un facoltoso sacerdote promotore di numerose campagne di scavi archeologici che il 15 settembre 1761 donò la sua intera collezione al neonato museo. A lui venne intitolato il museo che, in oltre due secoli di storia, ha incrementato il suo patrimonio grazie a numerose campagne di scavo promosse dalla Soprintendenza alle Antichità dell'Etruria (estratto dalla pagina di Wikipedia del Museo Guarnacci di Volterra).
Chiunque si rechi in vita al museo Guernacci non potrà fare a meno di rimanere folgorato di fronte alla bellezza di uno dei reperti più famosi, ricchi di fascino e di mistero, che sono giunti sino a noi dall’altrettanto affascinante e misteriosa civiltà etrusca.
Sto parlando di una statuetta bronzea riproducente un fanciullo esile e sproporzionatamente allungato, la cosiddetta “Ombra della Sera”, nome che fu ideato dal poeta Gabriele D‘Annunzio al quale, nel guardarla, venivano alla mente le lunghe ombre del tramonto. Credo che tutti, almeno una volta nella vita, abbiano avuto l’occasione di vedere la statuetta, se non dal vivo perlomeno in fotografia, visto che, come detto, nulla come l’Ombra della Sera rappresenta meglio la civiltà etrusca e i suoi misteri. Personalmente ricordo che la vidi per la prima volta da bambino, negli anni Settanta, guardando uno di quei bellissimi programmi RAI che, al tempo, ci riunivano con le nostre famiglie attorno alla tivù: l’Ombra della Sera, qualcuno forse se ricorderà, fu utilizzata nella sigla iniziale di “Ritratto di donna velata”, uno sceneggiato in cinque puntate ambientato appunto a Volterra, che aveva a che fare con un’antica urna nei cui fregi si sarebbero dovute celare le indicazioni per trovare l'ingresso di una misteriosa necropoli etrusca.
Sul fanciullo riprodotto nell’Ombra della Sera è stato scritto e detto moltissimo, ma quello che ancora oggi abbiamo tra le mani è solo un gigantesco punto interrogativo.Perché una forma così allungata, così esasperatamente stilizzata? Chi o cosa rappresenta quella figura? E perché la testa e i piedi della statua appaiono invece perfettamente proporzionati? Nella mitologia etrusca a noi nota, derivante da quella greca, non c’è traccia di un essere dalle caratteristiche simili. Così, ad istinto, mi verrebbero in mente i Giganti, presenti in innumerevoli mitologie, da quella greca a quella norrena, dalle tradizioni indù alle leggende native americane, fino addirittura alla Bibbia, e forse come ipotesi la mia non sarebbe nemmeno troppo campata per aria se considerassimo i Giganti come un popolo estinto e dimenticato che ad un certo punto dell’evoluzione precedette l’umanità (o, semplicemente, coabitò con essa per poi sparire senza lasciare traccia: un popolo di origine terrestre, divina o… intergalattica).
Se i giganti sono infatti presenti in tante tradizioni anche così distanti tra di loro, cosa ci vieta di credere che ci sia una base comune di verità? Ogni civiltà della Terra ha descritto ad un certo punto della sua storia la presenza di giganti. Sono quindi davvero esistiti? È davvero esistito un popolo dalle caratteristiche fisiche così particolari?
La risposta è forse nascosta nella misteriosa origine degli Etruschi, talmente avvolta nel mistero da aver scatenato infinite teorie storiche e archeologiche, nonché una fiorente letteratura fantastica. Le notizie che ci provengono da fonti storiche sono infatti piuttosto discordanti: si parla di una provenienza orientale, riferita da Erodoto, secondo la quale avrebbero dapprima «oltrepassato molti popoli» e sarebbero infine arrivati «presso gli Umbri e nel loro paese costruirono 12 città», ma si parla anche di una provenienza settentrionale, riferita da Tito Livio, così come di una provenienza occidentale, riferita da Festo, secondo la quale gli Etruschi altro non sarebbero che una colonia distaccatasi dall’antica civiltà nuragica (Reges soliti sunt esse Etruscorum, qui Sardi appellantur. Quia Gens etrusca, Horta est Sardibus).
Resta il fatto che gli Etruschi apparvero improvvisamente nell’area oggi corrispondente alla nostra Toscana, Umbria e Lazio settentrionale: nel corso del VIII secolo le genti insediate in quel territorio passarono da una cultura poco più che primitiva ad un’organizzazione federale assolutamente moderna ed evoluta come quella etrusca con uno sviluppo incrementale assolutamente inspiegabile. Com’è avvenuto questo passaggio? I Villanoviani si evolsero nel giro di pochi decenni, furono assorbiti da una civiltà superiore e straniera, oppure ricevettero insegnamenti da una civiltà venuta da lontano, una civiltà sparita nel nulla proprio così com’era venuta?
La riposta forse ce la può dare Platone che, nel brano del Crizia riportato all’inizio di quest’articolo, fa riferimento alla stirpe atlantidea. E un altro indizio Platone ce lo fornisce nel suo dialogo forse più celebre, il Timeo: “Ora, in cotesta isola Atlantide, venne su possanza di cotali re, grande e maravigliosa, che signoreggiavano in tutta l’isola, e in molte altre isole e parti del continente; e di qua dallo stretto, tenevano imperio sovra la Libia infino a Egitto, e sovra l’Europa infino a Tirrenia. […] Passando poi tempo, facendosi terremoti grandi e diluvii, sopravvegnendo un dí e una notte molto terribili, i guerrieri vostri tutti quanti insieme sprofondarono entro terra; e l’Atlantide isola, somigliantemente inabissando entro il mare, sí sparve.”
Dell’aspetto fisico degli abitanti di Atlantide conosciamo la descrizione che diede lo storico greco Teopompo di Chio, il quale narrò, nel libro VIII delle sue Filippiche, che esisteva un continente amplissimo che arrivava “al di là dei limiti della terra […] con immensi animali (gli elefanti descritti da Platone?) e uomini di statura doppia della nostra”. Le opere di Teopompo sono purtroppo andate perdute, ma alcuni frammenti ci sono giunti attraverso il filosofo greco Claudio Eliano di Preneste. “Il centauro Sileno descrive al Re le favolose ricchezze della terra di Meropide, che si allarga molto al di là delle Colonne d’Ercole, ai confini dell’oceano. Là, sotto un cielo quieto, vivevano i Meropidi, il cui proviene da quello della figlia di Atlante. Le città sono enormi, splendide, e l’oro e l’argento vi si trovano in misura tale che non vengono valutati più preziosi di quanto non lo siano gli alti metalli per i comuni mortali. Il re, meravigliato, domanda al sapiente umanoide come queste cose siano conosciute dai greci, e Sileno racconta che in tempi antichi i Meropidi erano arrivati sulle loro navi nella terra degli Iperborei, che stanno al di là del vento a nord….”
Meropidi. Atlantidei. Giganti. Etruschi. Tanti nomi per uno stesso popolo? E quella statua? Chi è quel fanciullo che l’ignoto autore dell’Ombra della Sera ha voluto rappresentare? Forse un fanciullo proveniente dal continente perduto? Forse. O forse no.
Forse l’Ombra della Sera non rappresenta altro che… un’ombra. Forse il nome “Ombra della Sera” non è solo un prodotto della fervida e fantasiosa ispirazione poetica di Gabriele D’Annunzio, ma è proprio l’ombra di una statua preesistente dello stesso fanciullo, perfettamente proporzionata, opera dello stesso autore. Un indizio sembrerebbe provenire dalle misure stesse della statua. Un altro indizio dal particolare, già citato, della testa e dei piedi.
Teniamo a mente questo dato: l’Ombra della Sera misura in altezza 57,5 cm esclusa la base. Se l’ignoto artista avesse scolpito il corpo del fanciullo mantenendo le stesse proporzioni che osserviamo nella testa e nei piedi, la statuetta sarebbe stata alta circa 22 cm. Ebbene, l’ombra di qualsiasi oggetto di 22 cm si allunga al tramonto fino a raggiungere circa 60 cm, assumendo, ovviamente, una sua forma sproporzionatamente allungata. Una strana coincidenza, non trovate? Inoltre i piedi, la testa e le natiche della statua mostrano alcuni segni di usura, indizi di un suo probabile e prolungato mantenimento in posizione orizzontale. Forse la statua era stata ideata proprio perché rimanesse in tale posizione?
Ma c’è un’altra possibilità ancora: mai sentito parlare di Tagete? C’era una volta un contadino che arava un campo nei pressi di Tarquinia. Improvvisamente, da un solco più profondo del solito, vide sollevarsi una zolla che, come per magia, assunse le sembianze di un fanciullo alto e magro. Lo chiamò Tagete. Il fanciullo era dotato di grande saggezza e di virtù profetiche e visse soltanto il tempo necessario per insegnare agli Etruschi, accorsi sul luogo dove era nato, l’arte di predire il futuro, scomparendo poche ore dopo la sua miracolosa apparizione.
Wow, un articolo che trasuda storia, mito e mistero! Non sapevo che il nome della celebre statuetta venisse da D'Annunzio, ma, a questo punto, non escluderei che il poeta stesso conoscesse il mito di Tagete o che si riferisse agli Atlantidi, che potevano apparirgli come una sorta di superuomini! Ovviamente la mia è una supposizione che si potrebbe smentire senza difficoltà, ma mi hai messo questa curiosità per la risoluzione di questo mistero antichissimo! Complimenti per l'approfondimento! :)
RispondiEliminaBentornata Athenae! Il popolo etrusco ha lasciato un'eredità incredibile a noi blogger appassionati di misteri (non solo a noi in verità). Non mi viene in mente nessun altro popolo dell'antichità la cui storia sia così affascinante. Il mistero della loro improvvisa apparizione e dell'altrettanto repentina sparizione è qualcosa che nessuno mai sarà in grado di spiegare. Questa statuetta, apparentemente così semplice, sintetizza benissimo il loro passaggio sulla terra e, detto tra noi, D'Annunzio non era forse così fuori strada.
EliminaAppena ho letto il titolo ho pensato: se non mi cita lo sceneggiato Rai lo ammazzo :p
RispondiEliminaE invece non mi hai deluso, ovviamente, caro TOM! :)
Una statuetta bellissima e misteriosa, a tratti angosciante... per un mistero che temo non sarà mai svelato.
Di solito tendo a non credere a civiltà strane, con aspetti fisicamente diversi, ecc ecc... di certo sono storie affascinanti, ma che si perdono tra mito e antropomorfizzazione di qualche idea.
Per me è Tagete.
Moz-
E come avrei potuto deluderti? Quello sceneggiato me lo sogno ancora tutte le notti. Tu dici Tagete? Probabile. Ma anche l'ombra individuata da DAnnunzio è allo stesso modo probabile. Potrei azzardare l'ipotesi che Tagete non fosse altro che... un'ombra.
EliminaBravo perchè hai citato Ritratto di Donna Velata, bravo ancora di più per questo articolo!:)
RispondiEliminaGrazie... e per chi due anni fa non c'era, ricordo che sul tuo blog c'è da recuperare un bellissimo post proprio sul mitico "Ritratto di donna velata": (qui).
EliminaInteressante. Vivendo nel Lazio settentrionale sono a contatto diretto con l'archeologia etrusca (per dire mio padre ha in casa una riproduzione di Ombra della Sera, ovviamente comprata in una bottega di Volterra). Sulle loro origini penso che si sia fantasticato molto, probabilmente per colpa degli storici antichi che non hanno saputo fornire dati univoci.
RispondiEliminaL'accostamento della statuetta a Tagete può essere azzeccato, anche se temo che nessuno potrà mai confermarlo con certezza.
Nessuno potrà mai confermarlo, hai ragione. Quando la cortina di mistero è troppo densa si possono azzardare le ipotesi più incredibili rimanendo certi che nessuno potrà mai contestare. Così nascono le leggende sui Giganti, su Atlantide, sugli Antichi o sugli UFO che avrebbero costruito le piramidi...
EliminaSplendido post, come sempre :)
RispondiEliminaL'ombra della sera l'ho vista dal vero al museo etrusco, perché nel 1985 ho lavorato per un'estate a Volterra; città che ha tra le sue caratteristiche quella di aver dato i natali a più di una strega (almeno così mi è stato raccontato) .
La città di Volterra, vuoi per essere così strettamente legata all'enigmatica civiltà etrusca. è spesso scenario di leggende e, tra queste, le streghe non potevano assolutamente mancare. Molte di queste sono narrate nel libro "Volterra magica e misteriosa" di Franco Porretti (Pacini editore)
EliminaHai mai letto la trilogia fantasy sugli Etruschi di Mariangela Cerrino?
RispondiEliminaNo, mai. Tu li hai letti? Li consigli?
EliminaNo, non li ho ancora letti per una questione di tempo, ma mi sono stati consigliati. Magari più avanti. Un'emittente tedesca mi sembra ne abbia anche fatto una riduzione per il piccolo schermo.
RispondiEliminaCiao Obsidian, intanto ti faccio i complimenti per l'articolo. Io sono di Volterra e infatti l'immagine dell'Ombra della sera ha catturato la mia attenzione e mi sono fermata sul tuo blog....molto interessante l'argomento che tratti. Leggendo ciò che hai scritto mi è venuta in mente la leggenda di Agarthi, ovvero la civiltà nascosta. In molte culture si fa spesso riferimento a regni sotterranei. Il racconto di Emerson del Dio Fumoso e della terra cava, per esempio, narra di un marinaio norvegese che con suo padre attraversando il Polo Nord, durante una tempesta, si ritrovarono in un altro mondo sotto la crosta terrestre. Il marinaio afferma che la popolazione abitante era molto più alta e abile di quella che abita la superficie. E' solo una leggenda, comunque non si può neanche affermare che non esiste...come per Atlantide
RispondiEliminaBenvenuta Elisa! Grazie per i complimenti. La leggenda di Agarthi (così come tutte le sue molteplici derivazioni) è davvero molto affascinante. Come per Atlantide non si può affermare che si tratti solo una fantasia: ci deve stato, in qualche tempo o in qualche luogo, un fondamento di verità che con il trascorrere dei secoli si è evoluto nella versione che conosciamo. P.S.: Ho visto che hai appena aperto un tuo blog che a prima vista sembra essere interessante. Appena ho due secondi passo a leggerti.
EliminaA Volterra ci sono stato ma ero troppo piccolo per ricordarmene. Gli Etruschi sono un popolo semi-leggendario per tutte le ragioni che hai descritto e il mistero è parte integrante del fascino dei reperti che ci hanno lasciato. Sono il popolo perfetto per una ucronia "spinta" o per un fantasy semi-storico a' la Howard (ma lui aveva già i suoi Atlantidei). Ma soprattutto, lo spunto per tornare laggiù e visitare quei benedetti siti archeologici!
RispondiEliminaVale senz'altro la pena ritornare, specialmente adesso che arriva la primavera. Ricordo che quando ci andai (era gennaio) c'era un freddo tale che non avrei mai più sperimentato da nessun altra parte
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