venerdì 22 luglio 2016

Yuggoth! Rehearsals (Pt.2)

LA PRIMA PARTE SI TROVA QUI

Come molti di voi avranno senz’altro sentito dire, Howard Phillips Lovecraft, grande appassionato di astronomia oltre che scrittore talentuoso, aveva da sempre ipotizzato l’esistenza di un pianeta transnettuniano (chiamato Yuggoth, nel suo immaginario) e ne era così certo che non esitò a menzionare quella sua idea in una lettera inviata al prestigioso Scientific American già nel 1906, quando il nostro era appena sedicenne. 
Plutone, come sappiamo, non venne scoperto che nel maggio del 1930, un quarto di secolo dopo le riflessioni del giovane Lovecraft. Quest'ultimo, che in quei giorni aveva appena iniziato la stesura di The Whisperer in Darkness, decise di citare il nuovo pianeta nel testo, precisamente là dove dice: “Gli astronomi l'hanno battezzato Plutone senza rendersi conto quanto gli si adatti quel nome! Sono profondamente convinto che altro non è che Yuggoth, e rabbrividisco chiedendomi perché, in base a quale piano, i mostri ne abbiano consentito la scoperta.” E più avanti dove invece dice: “Ecco tutto. Sono fortunato di non aver perso la ragione. Talvolta pavento quanto ci porteranno gli anni futuri, soprattutto da quando è stato scoperto il nuovo pianeta, Plutone.” Howard Phillips Lovecraft immaginava Yuggoth/Plutone come “l'avamposto di una terrificante razza interstellare il cui luogo d'origine doveva trovarsi molto al di fuori della nostra galassia”.
Secondo Lovecraft gli alieni in questione, molto più simili a crostacei che agli esseri umani, avrebbero scelto l’unico pianeta non ancora classificato dai terrestri per nascondere le proprie malevole intenzioni (sul fatto che fossero davvero “malevole” c’è in realtà tutta una letteratura sulla quale, e permettetemelo, sorvolerei). In un altro passaggio HPL scrive che: “Esso [Plutone, ndr] sarà scoperto dai nostri, quando Quelli-di-Fuori lo desidereranno.” E ancora: “Sono contento che [la lettera, ndr] sia sparita insieme al rullo e alle fotografie; e mi rammarico, per le ragioni che esporrò in seguito, che sia stato scoperto un nuovo pianeta al di là di Nettuno”.

La mia idea a questo punto l’avrete già capita. Se HPL aveva scritto il suo racconto nel fermento della scoperta del nono pianeta da lui ipotizzato, perché non immaginare di riproporre quelle stesse vicende 85 anni più tardi, ambientandole nei famosi giorni in cui la sonda spaziale New Horizon trasmetteva a Terra le prime immagini di Yuggoth? Gli avvenimenti, come sappiamo, sono piuttosto recenti (questo avveniva esattamente un anno fa, per essere precisi) e, ho pensato forse con un pizzico di presunzione, è molto probabile che a questo collegamento non abbia ancora pensato nessuno. In realtà, quando nel luglio scorso il mondo vide finalmente il vero volto di Plutone, milioni di persone dedicarono almeno un piccolo pensiero ai miti di Cthulhu...
Avevo però trovato un secondo modo di associare due avvenimenti distanti 85 anni uno dall’altro. Non solo, avevo anche la possibilità di chiudere il cerchio. E potevo farlo in un testo di ventimila battute scarse (una dimensione che mi è sempre para molto adatta al formato del blog). Mi mancava solo di inserire i due avvenimenti nello stesso contesto. Se per la Pietra nera mi era bastato lo stratagemma del disservizio postale, per Plutone non ho trovato di meglio che avvolgere la Pietra nera nella pagine di un quotidiano del passato e spedire letteralmente il “Plutone” del 1930 nella realtà del 2015. 
Tecnicamente ho però creato quello che taluni definirebbero un OOPArt (acronimo derivato dall'inglese Out Of Place ARTifacts, «manufatti, reperti fuori posto»): infatti, nel racconto originale il narratore, pur vivendo in un presente del 1930, raccontava avvenimenti accaduti due anni prima, nel 1928. Va da sé che, nella visione di Lovecraft, Albert Wilmarth non avrebbe mai potuto incartare la Pietra nera nel foglio di un giornale che non era ancora stato pubblicato. 
Veniamo ai personaggi. Era fondamentale mantenere un collegamento saldo tra i protagonisti del passato e quelli del presente. Henry Akeley, secondo HPL, aveva un figlio, tale George Goodenough Akeley, che molti anni prima delle vicende narrate si era già trasferito a San Diego. Avrei potuto agganciarmi a quella discendenza, senonché qualcun altro lo aveva già fatto anni prima in un sequel apocrifo di "The Whisperer in Darkness" di cui parleremo più avanti. Non mi rimaneva che appoggiarmi alla discendenza di Albert Wilmarth… e così feci. 
Albert Wilmarth, secondo lo scrittore del New England, insegnava letteratura inglese alla Miskatonic University nel 1927. Possiamo quindi benissimo localizzarne la nascita una cinquantina di anni prima, diciamo nel 1877. Un eventuale discendente che possa svolgere lo stesso ruolo nel 2015 (particolare che in parte spiega la consegna nelle sue mani di un pacco indirizzato ad altra persona) non può che esserne il nipote, se non addirittura il bisnipote. 
Ho scelto per lui il ruolo di nipote perché preferivo che il mio protagonista fosse un bel po’ oltre la mezza età, in modo da potergli regalare quel po’ di esperienza accademica che non guasta. Secondo il suo ideatore Albert Wilmarth, come dicevo poco fa, insegnava letteratura inglese, ma nel mio scarabocchio ho invece deciso di nominarlo “Direttore del dipartimento di letteratura alla Miskatonic University”. Questo particolare non è campato per aria: fu infatti Fritz Leiber, altro mostro sacro della letteratura fantastica, a riprendere lo stesso personaggio e a fargli fare carriera: nel suo romanzo "To Arkham and the Stars", scritto e presumibilmente ambientato nel 1966, Fritz Leiber promosse infatti Wilmarth a “Chair of Miskatonic's Literature Department”. 
Avevo però bisogno almeno di un altro personaggio nella mia blog-novel, un personaggio che interagisse seppure a distanza con il mio protagonista. Tale personaggio non doveva fare un granché, solo imbeccarlo un attimino fornendogli qualche piccola informazione che potesse metterlo sulla pista giusta. Ho pensato a un professore di una certa età, domiciliato, guarda un po’, nei luoghi che furono scenario degli avvenimenti del 1930. Il nome Noyes non è affatto casuale, come avrete senz’altro capito. Si chiamava infatti così quel sinistro personaggio di "The Whisperer in Darkness" che pareva essere controllato dagli alieni, lo stesso personaggio che, sospettiamo, fu anche responsabile di tutte le porcherie del racconto originale, dalla sottrazione del pacco con la pietra nera alla xxxxxx del vecchio Akeley (quelle cinque x sono lì per evitare uno spoiler colossale, casomai qualcuno non avesse letto "The Whisperer in Darkness"). Anche il nome di battesimo di Noyes, sebbene mai precisato nel racconto di Lovecraft, non nasce dal caso... ma di questo particolare parleremo più diffusamente la prossima volta.

4 commenti:

  1. Sempre molto accurato il tuo percorso.
    Domanda: ti sei mai proposto come relatore in conferenze a tema, quei classici eventi che enti locali a volte promuovono e anche bene?

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    1. L'attività del relatore è parte della mia professione e, sotto quell'aspetto, posso vantare anche una discreta esperienza, avendo spesso intrattenuto per intere ore platee anche importanti (oltre le 50 persone). Mi piacerebbe, in via del tutto teorica, provare a farlo anche in contesti dove gli argomenti trattati siano più affini ai miei interessi personali, ma tra il dire e il fare, you know, non è così facile,

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  2. Bisognerebbe proporsi agli enti, almeno da queste parti ciò è possibile. Se fra biblioteca civica, pro loco e associazioni il territorio è "fertile", si potrebbe anche far emergere la possibilità di una serie di conferenze strettamente legate a questo tema.

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    1. Non ci avevo mai pensato, in effetti. Non avevo nemmeno idea che potessero esistere attività del genere...

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