Ed Emshwiller illustration for A Case of Conscience, If (September 1953). |
In questo anno duemilasedici che volge
ormai al termine, provo a riprendere il filo del discorso lasciato interrotto
senza una spiegazione ormai un anno fa.
Non starò qui a sciorinare scuse o
giustificazioni, perché non c'è davvero nulla, se non la pigrizia, che mi abbia
impedito di trovare il modo per proseguire, in un tempo accettabile, il lungo
viaggio verso Carcosa e i suoi misteri. Riprendo oggi più o meno da dove ero
rimasto, sperando che non sia troppo difficile, almeno per chi era abituato a
seguire questa serie di post, affrontare lo stress da rientro.
Sì, ma dove ero rimasto? Beh, tecnicamente
non sarebbe del tutto esatto affermare che degli Yellow Mythos da queste parti
non si è più parlato da un anno. Quel breve racconto che avevo pubblicato nel
mese di luglio (Yuggoth, ndr), unitamente a quel breve pezzo sul lovecraftiano
"The Whisperer in Darkness", erano in un certo senso l'anticamera di
questo agognato ritorno. Perché dico questo? Perché ancora una volta è Howard
Phillips Lovecraft il passaggio attraverso il quale, abbastanza
prevedibilmente, decidiamo di a procedere. Ad accompagnarci in questa tappa del
nostro cammino un virgilio d'eccezione, uno degli autori di fantascienza più
controversi del ventesimo secolo: ladies and gentelmen, Mr. James Blish!
Sul celebre scrittore americano si è già
ormai scritto di tutto e non credo di poter aggiungere molto ai fiumi di
inchiostro versati sulla sua figura. Dispiace solo che James Blish sia stato
lungamente e ingiustificatamente criticato nel corso della sua carriera.
Avrebbe forse potuto essere uno dei più grandi autori di science-fiction, più famoso
di Isaac Asimov, più apprezzato di Arthur C. Clarke, più applaudito di Philip
K. Dick, ma per sua sfortuna gli è sempre stato contestato un pizzico di
incompletezza, opinabile o meno, che gli ha di fatto impedito di entrare nel
gotha dei caposcuola del genere.
Le opere più importanti scritte da Blish
entro i canoni della fantascienza sono senza dubbio Guerra al grande nulla (A
Case of Coscience, 1953) e Ed essi avranno le stelle (They Shall Have Stars,
1957; pubblicato anche con il titolo Year 2018!), ma la sua vera natura, almeno
nell'opinione di chi scrive, è emersa negli ultimi anni della sua vita, stroncata prematuramente da un male incurabile.
Romanzi decisamente più virati
al dark fantasy come, per esempio, Pasqua
Nera (Black Easter, 1970),
che termina con il trionfo di Baphomet e la morte di Dio, o come il suo seguito L'apocalisse e dopo (The Day after Judgment, 1970), che
termina in una città denominata Dite,
dove l'orrore dantesco si fonde con un orrore avveniristico, rappresentano il
cammino da parte di Blish su una strada sempre più oscura e metafisica.
Romanzi
e racconti nei quali si fanno prepotentemente largo argomenti come demonologia,
occultismo, speculazione filosofica; romanzi e racconti che trasmettono un
senso di angoscia profonda e di sfiducia nel genere umano.
Proprio in questo
scenario si inserisce un curioso lavoro di cui ahimé non è mai apparsa una
traduzione in italiano, ma che rappresenta forse più di mille altri il
tentativo riuscito di dare forma alla leggenda di Carcosa e del suo sinistro Re
in Giallo. Il racconto, che si intitola "More Light", è stato
pubblicato per la prima volta proprio nel 1970 all'interno di una raccolta curata
dalla scrittrice Anne McCaffrey e intitolata "Alchemy and Academe",
una "incantevole raccolta di racconti, incantesimi, cose magiche e strane,
diavoli e demoni, magia e stregoneria". Oggi la si può trovare nel
fondamentale "The Hastur Cycle", raccolta curata da un certo Robert
M. Price (mica pizza e fichi) per la casa editrice Chaosium.
Ma facciamo un passo indietro. Qualche
paragrafo più in alto non abbiamo forse accennato a Lovecraft? Il punto è
proprio questo. Il collegamento tra Blish e lo scrittore di Providence non è
affatto campato in aria, come avrete certamente immaginato. Non è un segreto,
d'altra parte, che Lovecraft fosse un grafomane incallito e che nel corso
della sua vita abbia mantenuto stretti rapporti epistolari con decine di
persone, molte delle quali suoi colleghi. Tra queste non mancò naturalmente il nostro James Blish.
Risale al 1936 una lettera piuttosto
curiosa che Lovecraft indirizzò al suo amico, ai tempi appena quindicenne, una
lettera con la quale, oggi ne siamo praticamente certi, egli aveva innestato
nell'animo di James Blish i primi semi di un'evoluzione che si sarebbe compiuta
in lui solo qualche decina di anni più tardi. Ma andiamo con ordine, iniziando
con il riportare uno stralcio di tale lettera, preso e tradotto
dall'introduzione del già citato "The Hastur Cycle".
In merito al trasferimento del
Necronomicon sul piano della realtà oggettiva – vorrei davvero aver avuto il
tempo e l’immaginazione necessari a collaborare a un simile progetto - temo sia
un compito piuttosto gravoso - soprattutto perché si suppone che il volume
ammonti a qualcosa come un migliaio di pagine! Ho preso "citazioni"
da almeno 770 pagine o giù di lì. Inoltre, nessuno sarebbe mai in grado di
produrre qualcosa che sia terribile e impressionante anche solo un decimo di
quanto sarebbe auspicabile. Se qualcuno dovesse provare a scrivere il
Necronomicon, questo deluderebbe tutti coloro che hanno rabbrividito persino al
più criptico riferimento ad esso. Tuttalpiù si potrebbe - e potrei provarci una
volta o l’altra - "tradurre" singoli capitoli del tomo mostruoso
dell’arabo pazzo, i capitoli meno terribili, quelli che qualunque essere umano
potrebbe leggere senza timore di esporsi all'assedio delle Forme dall'Abisso di
Azathoth. Una raccolta di tali estratti potrebbe in seguito essere proposta
come un "Necronomicon ridotto e censurato...".
Cosa significa tutto ciò? Ce lo spiega
indirettamente lo stesso James Blish nel racconto "More Light" che è,
in un certo senso, uno scritto autobiografico e che guarda caso va a ripescare
proprio gli eventi che anni prima fecero da contorno a quello scambio
epistolare. Lo stralcio riportato qui sopra è in pratica la risposta di
Lovecraft all'invito di James Blish a mettere nero su bianco il famigerato
Necronomicon, a materalizzarlo, a farlo diventare reale e non solo uno
pseudobiblium dal quale prelevare di tanto in tanto delle citazioni. La reazione di Lovecraft a un tale suggerimento, come avrete letto, è
decisamente contraria, e i motivi di tale rifiuto sono perfettamente
comprensibili.
Le speranze di quel quindicenne degli anni
Trenta non sono però mai svanite del tutto e, dopo aver decantato per
trentacinque anni in un angolo del suo cervello, sono infine riemerse, si sono
evolute e hanno preso forma in "More Light". Ma una volta
materializzate, quelle idee non guardavano più allo stesso pseudobiblium di un
tempo. Riuscite ad immaginare di quale altro testo stiamo parlando? Credo
proprio abbiate indovinato.
Oggi non vi racconterò altro. Mi limiterò
solo a rafforzare l'ipotesi che "More Light" sia effettivamente, come accennato in
precedenza, un racconto autobiografico. Ricordate come si faceva
chiamare James Blish quando scriveva articoli su riviste di critica letteraria?
Ve lo dico io: si faceva chiamare William Atheling, Jr. E sapete come si
chiama il protagonista di "More Light"? Ve lo dico io: si
chiama Bill Atheling. Un'ultima domanda: il cognome Atheling non vi dice
proprio nulla? Qualcosa dovrebbe dirvi, visto che lo abbiamo già citato in precedenza
in questa serie di post...
Appassionantissimo! Ti confesso però che non mi ricordo del nome Atheling nel ciclo degli Yellow Mythos. Spero non comprometta la comprensione del seguito della storia.
RispondiEliminaNon mi stupisco, visto che è passato ormai un anno dacché ne ho parlato. Comunque non ti preoccupare: a gennaio, quando riprenderemo il filo di questo discorso, faremo subito un bel recap....
EliminaQuesto sì che è un regalo di Natale! ^_^
RispondiEliminaBentornato, giallo irresistibile!
Neanche io ricordo quel cognome ma piuttosto che andare a spulciare preferisco attendere il tuo prossimo post: che spero arriverà presto!
Quando mi sono reso conto che era così tanto tempo che stavo trascurando i Mythos mi sono quasi sentito male. Non potevo chiudere questo 2016 senza riprendere il filo del discorso. Il seguito non ti farà aspettare molto. Promesso.
EliminaTi confesso che sono estremamente felice del tuo ritorno agli Yellow Mythos, riguardo a Blish, di cui ho letto "Guerra al Grande Nulla", la maggior parte delle critiche ebbe in vita arrivarono perché l'autore nelle sue opere mescolava cinismo, speculazione religiosa, filosofia in un periodo in cui queste cose non erano propriamente di moda.Lui discettava di filosofia in un momento in cui la maggior parte degli scrittori erano dei "tecnici"Se ci aggiungiamo il particolare che Blish non era propriamente un conoscitore della materia scientifica e che quindi qualche errorino lo compiva il quadro sarà completo. Certo in vita l'autore godeva della stima di molti suoi colleghi come lo stesso Asimov ed anche Fritz Leiber, però come hai detto tu all'epoca non era uno dei più apprezzati dalla massa dei lettori.
RispondiEliminaNon sono mai stato un talebano delle congruenze scientifiche nei romanzi di fantascienza. Gli scienziati faranno anche bene il loro mestiere ma probabilmente, se ci provassero, sarebbero dei cani a scrivere romanzi.
EliminaIo ammetto invece che non conoscevo Blish... si nota abbastanza chiaramente la mia profonda impreparazione in questo ambito narrativo.
RispondiEliminaNon è mica grave, non ti preoccupare ^_^
EliminaAncora una tacca da mettere tra le nuove scoperte, non conoscevo Blish. mi ricordo degli Atheling come una famiglia citata nei precedenti post perché in grado di fare da tramite tra l'aldilà e il di qua (mi sbaglio?). A proposito, c'è attinenza con il fatto che Atheling era l'appellativo dei principi Sassoni in epoca pre Normanna? Visto che si parla di miti...
RispondiEliminaAnche tu ricordi! Allora non ho scritto una cavolata XD Temevo!
EliminaAtheling era già stata citata più o meno in quei termini, ricordi bene. ^_^
EliminaSulla questione "sassone" è prematuro fare ipotesi, ma sento di non poter escludere ancora nulla. D'altra parte già in un precedente post avevamo trovato una connessione tra i Mythos e talune faccende di Britannia...
Sei bravo. Non ci piove. Non percepisco cattedre, solo un appassionato che racconta di quello che ama. Credo che sia la tua forza.
EliminaNemmeno io avevo mai sentito il nome dell'autore di cui ci hai parlato :O E da come ne hai scritto mi interesserebbe parecchio leggere qualche titolo (quelli suggeriti da te e Nick, direi), pare assai originale il suo lavoro.
RispondiEliminaPerò ricordo, anche se non dettagliatamente, gli Atheling come una delle famiglie "portale" XD
Attendo, gennaio... mi raccomando eh! :D
Scoprire che a un anno di distanza ancora qualcuno si ricorda di ciò ho scritto mi rende davvero felice ^_^. Grazie!
EliminaLa verità sugli Atheling arriva a gennaio. Ormai l'ho promesso troppe volte per poter tirarmi indietro...
Ma il mio commento? :o
RispondiEliminaMoz-
Quale commento?
EliminaNe avevo lasciato uno ieri o l'altroieri, sono venuto a vedere se c'erano risposte e non l'ho trovato :O
EliminaChe palle.
Comunque, alla fine ti chiedevo: non puoi inserire una lista didascalica e tipo guida su Carcosa e il Re Giallo?^^
Moz-
Strano, nella cartella spam non c'è, e non ricordo nemmeno di avermelo visto notificare via email... misteri di blogger!
EliminaUna lista didascalica? Tipo la pagina statica che già c'è? Non ho capito...
Sì, una sorta di quella pagina che hai scritto, ma più didascalica, che faccia da guida.
EliminaPartendo dall'inizio e spiegando brevemente quali opere e quali autori sono coinvolti nella faccenda :)
Moz-
Non è affatto una cattiva idea... ^_^
EliminaPerfetto,io la attendo^^
EliminaMoz-
Anch'io non avevo mai sentito il nome di Blish. Per certi versi ricorda un po' il percorso di Robert Bloch.
RispondiEliminaBeh, ero passato per fare gli auguri di un giallo Natale. :D
Ricambio di cuore gli auguri! A breve passerò anch'io da te a curiosare l'ultima serie di OdO. Purtroppo ultimamente sono stato latitante un po' dappertutto....
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