martedì 31 gennaio 2017

Orizzonti del reale (Pt.12)

LA PRIMA PARTE SI TROVA QUI

Per proseguire il discorso impostato fin qui occorre prendere atto di questa fondamentale premessa: Allegro era convinto che, più che una molteplicità di dèi, nel mondo antico vi fossero più espressioni di uno stesso dio della fertilità. Poiché i nomi diffusi nella mitologia del Vicino Oriente avevano una radice comune e molti dei miti e idee religiose alla base delle varie culture si somigliavano, questo era il segno che avevano avuto la stessa origine e si erano differenziati solo per effetto della dispersione sul territorio e delle diverse realtà sociali e etniche alle quali si adattavano. 
Ad esempio, Zeus e Yahweh (Geova) sarebbero nomi che derivano dal sumero per “succo di fecondità” ovvero il seme della vita, lo spermatozoo: entrambi infatti contengono i fonemi IA o ya (in dialetto za), “succo”, e U, che significa “copulare”, “montare” e “creare” ma anche, in altri contesti, “diluvio” (inteso come caduta dello sperma divino sulla terra) e “vegetazione” (il frutto divino dell'unione con la terra). Invece Yahweh Sabaoth, l'indicazione biblica per “Signore degli Eserciti” (una cui contrazione è il nome biblico Giuseppe), potrebbe derivare dai fonemi *SIPA-UD con il significato di “pene della tempesta” e questo creerebbe un legame inedito con una divinità il cui nome ha un significato molto simile: Isku o Iskur, il dio sumero della tempesta (Adad in accadico). Dal radicale SIPA, con l'aggiunta del suffisso ZI, “eretto”, deriverebbe anche il nome del dio frigio Sabazio, il cui grido cultuale era “euoi saboi”; così come Baal deriva forse dal sumero AL, “forare”, e con il preformativo BA ha originato il greco phallós e il latino phallus, da cui l'italiano “fallo” come designazione dell'organo genitale maschile. La parola semitica ba'al assume anche, più genericamente, il significato di signore o marito, e il profeta Osea gioca con questo doppio senso quando scrive: E in quel giorno avverrà, dice l'Eterno, che tu mi chiamerai: “Marito mio!” e non mi chiamerai più: “Mio Baal!” (Osea 2:16). 

La spiegazione di Allegro fornisce una chiave di lettura per un versetto altrimenti incomprensibile, ed è solo un esempio di come secondo lui gli autori del Vecchio Testamento usassero il linguaggio per fare dell'umorismo. Questi giochi di parole, che altrove sono allusioni falliche abbastanza grevi, pecorecce, testimoniano anche che l'intento dell'autore era leggero, giocoso, molto lontano da quell'aura di austerità e “moralità” di cui la Chiesa ammanta i testi biblici.

I re e i sacerdoti, in quanto rappresentanti del dio, erano i pastori della comunità, forti sul campo di battaglia e virili nel talamo, dovevano insomma essere esempi di fecondità per il popolo: come re Davide, “l'amante” o “l'amato”. Non è certo un caso se nella Bibbia si fa riferimento al popolo d'Israele come alla moglie di Geova, mentre nei Vangeli la Chiesa è definita la sposa di Cristo. I richiami all'unione tra maschile e femminile nei testi biblici sono innegabili, anche se normalmente vengono interpretati come una maniera di indicare il legame spirituale della comunità con Dio. La spiegazione che ne dà Allegro è però completamente diversa e strettamente collegata alla natura del fungo. Arriveremo a parlare di questo un po' alla volta, riassumendo quanto fin qui detto e aggiungendo qualche altro elemento all'equazione. 
Con il suo organo fecondatore, generalmente identificato con il sole, il dio penetrava nel grembo della terra: il sole rosso che al tramonto si china sull'orizzonte per poi scomparire alla vista è una bella metafora dell'apice di questo incontro. L'orgasmo celeste scuoteva i cieli; si manifestava con la forza creatrice del dio, la pioggia, accompagnata dal tuono, la voce del dio; dalle “labbra” del dio, la punta del pene, usciva la “saliva”, la Parola o Verbo di Dio, suo Figlio, portata dal vento, il Fiato divino, sulla terra. Fra i mortali, questa unione cultica veniva messa in scena ogni volta che il Prete entrava nel Tempio, casa del dio e grembo della madre terra, e lo risaliva fino alla sua parte più intima e nascosta: il Santo dei Santi, la sua profondità uterina. Fra gli ebrei il Sommo Sacerdote era l'unico ad avere accesso al Sancta Sanctorum. 
Nell'antichità il prete si ungeva il corpo con resine e linfe vegetali che simboleggiavano il seme divino, e ancor oggi il sacerdote viene definito l'”unto” del Signore, appellativo proprio anche dello stesso Cristo. Come testimoniato anche dai Vangeli, ad esempio in Giacomo 5:14, fino almeno al dodicesimo secolo si soleva ungere i malati per curarli, usanza da cui nacquero sia quella degli antichi di imbalsamare i cadaveri usando unguenti e spezie (vedesi, come esempio, Genesi 50:2), sia quella cattolica che esiste ancora oggi dell’estrema unzione ai moribondi. 
Le resine e le linfe delle piante, così come il seme dell'uomo e degli animali, erano vitali per la generazione e ri-generazione della vita e come tali erano sacri. Non è difficile immaginare che il loro spreco, un grave peccato cultico contro il concetto di fertilità, possa essere la vera origine dei peccati biblici di onanismo e sodomia, due pratiche che impediscono il concepimento. Due pratiche che, come il coito interrotto, vengono tuttora condannate dalla Chiesa, la quale, come ben sapete, aborrisce ogni forma di contraccezione.

I miti che Allegro ricollega all'idea di fertilità sono numerosissimi. Prendiamo Elena, colei che involontariamente causò la guerra di Troia. La sua origine compare nel mito in diverse varianti: le fonti più comuni la indicano come figlia di Zeus, travestito da cigno, e Leda, oppure di Zeus e Nemesi, la dea della vendetta. Elena incarna l’archetipo del femminino, ma per Allegro la sua figura è strettamente legata all’immaginario fungino e questo per via del suo nome che significherebbe “torcia di pino”, legno con il quale venivano fatte le torce votive utilizzate nel culto di Ilizia (la dea, iconograficamente, veniva rappresentata mentre reggeva una torcia, e la parola greca per torcia è helenê o helanê). Non solo: dalla descrizione omerica di un vino aromatizzato con una spezia chiamata elenio (helenion), il Nectarion, che secondo Plinio nasceva dalle lacrime della regina Elena, Allegro deduce che le “lacrime di Elena” sarebbero le gocce di resina del pino, che forniva il legno per le suddette torce ed era quindi la fonte dell'Amanita Muscaria (che, come tutti i funghi, spesso nasce e cresce sui tronchi degli alberi). Questa interpretazione è molto interessante, perché il nome greco della madre di Elena secondo alcuni miti, Nemesis, è identico nel significato all’originale sumero per nettare: nella parte 10, ricordate?, abbiamo visto come questo venisse a volte chiamato mandragora, il Fungo Sacro, che i per semiti era detto anche pianta-uovo. Poiché la dea greca Ilizia era una dea della fertilità che proteggeva la gravidanza e il parto, nell’antichità la gestazione del feto nell'utero umano doveva essere strettamente correlata con la nascita del fungo dalle resine di certi alberi, e specialmente delle conifere. 
Sulla base di quel mito la vuole nata da Leda, possiamo aggiungere anche l'uovo agli elementi legati alla figura di Elena: Leda, sotto forma di cigno, avrebbe generato Elena e i fratelli Castore e Polluce proprio da un uovo. Pare ovvio sottolinearlo, ma in realtà tutti gli esseri umani sono nati da un uovo: lo zigote, la cellula-uovo fecondata che, in base ad alcune concezioni religiose, riceverebbe in sé uno spirito proprio al momento del concepimento. Ampliando il discorso, ricordiamo che la mitologia e la cosmogonia di culture di tutte le latitudini includono un concetto di “uovo del mondo”, che assume quindi una valenza metafisica.

Anche l'Amanita Muscaria nella fase iniziale della vita somiglia a un uovo (Plinio lo paragonò proprio a “un tuorlo dentro l'uovo”) protetto da una membrana: un involucro, o volva, oltre il quale c'è una seconda membrana che dal margine del cappello si congiunge allo stelo, destinata a staccarsi man mano che il fungo (l'embrione) cresce, e che a volte forma una sorta di coppa alla base del gambo. È la membrana che, strappandosi, forma le tipiche verruche bianche del fungo.
Il fungo per sua natura è ermafrodito. Nasce spontaneamente, non si può coltivare (perché non nasce da un seme) e non ha delle vere e proprie radici, sebbene abbia dei filamenti sotterranei spesso così fitti da sembrare una vera e propria rete - il micelio – che idealmente possono produrre dei nuovi “frutti” ad ogni stagione per un tempo lunghissimo. Questo fra gli antichi era fonte di grande meraviglia perché non si conosceva il ruolo delle spore nel processo riproduttivo del fungo, e poiché questo cresce più facilmente dopo i temporali si pensava che il grembo, l'ovulo, nascesse dal fulmine, che fosse cioè UD-NUN, “seminato [fecondato] dal temporale”: unigenito, impiantato nella volva dal tuono, la parola creatrice del dio portata sulla terra dal suo alito divino. Era il sacro frutto, il Figlio di Dio nato da una vergine. 
A proposito di Castore e Polluce, secondo Allegro tutta la mitologia gemellare, i cui protagonisti portano nomi correlati agli organi genitali maschili e femminili, è legata ai temi della fertilità e richiama la doppia natura del fungo, la cui volva è separata in due metà, e questo nonostante i protagonisti delle storie siano in genere due figure maschili: la contraddizione è solo apparente, perché sappiamo bene che la logica così come noi la intendiamo ha un ruolo molto marginale nella mitologia, se ne ha uno, e ancor meno ne ha nella letteratura religiosa. 
In termini fungini, Castore è il gastêr, la “pancia”, il “grembo” o il “guscio”, ovvero l’elemento femminile della coppia, mentre Polluce l’”uomo forte” o “guardiano” (LU-GEShPU), sarebbe quella maschile. 

Il segreto della vera natura dei Diòscuri, venerati come dèi tanto dai greci che dai romani e dagli etruschi, sarebbe dunque di nuovo nel nome, che non sarebbe un plurale e nemmeno greco: il loro appellativo, “figli di Dio” (in questo caso, il lanciatore di fulmini Zeus) sarebbe in realtà un riadattamento (tramite dislocamento dei fonemi) dell’originale sumero *Ush-GU-RI-UD, tramandatosi fino a noi anche nel nome Iscariota, l’appellativo di Giuda nei Vangeli. 
Nei Vangeli, la coppia avrebbe un corrispettivo nei personaggi dei fratelli apostoli Giacomo e Giovanni (che, a loro volta, avrebbero un corrispettivo nell'Antico Testamento nei fratelli Giacobbe e Esaù “il rosso”). Il loro soprannome, Boanerges, si è sempre creduto essere di derivazione aramaica sebbene non sia presente in alcuno dei dialetti aramaici conosciuti; ebbene, per Allegro deriverebbe invece dalla frase sumerica GEShPU-AN-UR, da leggersi PU-AN-UR-GES nel significato di “uomo possente che sostiene la volta celeste” (una figura, peraltro, presente anche nella mitologia classica). Nei Vangeli si sostiene che l’appellativo Boanerges significa “figli del tuono” (Marco 3:17): come abbiamo visto qualche paragrafo fa, questa era una delle definizioni del sacro fungo!

Supponendo di dare credito alle tesi finora esposte, verrebbe da chiedersi se in questo caso (e in altri che non è possibile riportare) non si sia verificato un banale errore di traduzione in epoca più tarda per rendere quello specifico riferimento coerente con la trama narrata, il che presupporrebbe l’ingenuità e la buona fede del traduttore. Allegro sostiene invece che si sia cercato di trovare un significato diverso, perfettamente plausibile per il lettore occasionale o disinformato, per nomi che in realtà erano chiari riferimenti alla sacra pianta, e questo dimostra non solo che la storia narrata nei Vangeli è falsa, nulla più che uno scherzo volto principalmente a ingannare i persecutori del culto, ma che ciò che contava davvero era il messaggio occultato al suo interno, la cui comprensione era riservata a una ristretta cerchia di iniziati. Nel Nuovo Testamento ci sarebbero cioè almeno tre livelli di lettura: il significato apparente, superficiale delle parole greche, un livello semitico di comprensione dei testi in cui è possibile apprezzare i numerosi giochi di parole che vi sono stati disseminati e poi, nel sostrato più profondo, la filosofia misterica del culto fungino della fertilità.

Tornando invece alla Bibbia, un’altra corrispondenza fungina si troverebbe nelle figure bibliche di Caino e Abele, il “grembo” e il “pene”, ovvero la volva e lo stelo del fungo. Abele deriverebbe dal sumero BAL, “trivella”, e con l'aggiunta di TI ci avrebbe dato anche il nome di Tubalcain, “colui che lavora il metallo” menzionato in Genesi 4: 22. Tubalcain è figlio di una donna di nome Sella, cioè BAR-Sella, e la parola semitica per ferro è barzelâ, che significa anche grembo o inguine - per via della sua forma a V indica sia la giuntura fra tronco e gambe umane che il punto dell'accetta in cui testa e manico si uniscono. 
La forma dell'accetta ricorda quella di un fungo aperto, con il gambo a sostenere il cappello. A sua volta, questa immagine ha una chiara allusione sessuale, con l'organo maschile che si inserisce nel “fardello” del grembo femminile (il che ci riporta, di nuovo, alla figura mitologica di un eroe che sostiene il cielo). Dunque il fungo con il cappello aperto veniva visto la rappresentazione dell'unione fisica fra l'uomo e la donna, simbolo di armonia “cosmica”, o come un'accetta. E che cosa ci ricorda questa forma? Vi do un indizio, un’altra delle stupefacenti informazioni fornite nel saggio: un altro soprannome del Fungo Sacro nell'antichità era “Piccola Croce”.
Questi due elementi, l'asse e la volta, sono cruciali. Innanzitutto i fonemi AR-GUN, ovvero “l'organo del fardello”, ci hanno dato la parola armonia, un termine comune in falegnameria che letteralmente vuol dire unire, congiungere (da armôn, il nome ebraico del platano che, con il suo grosso ombrello, rassomigliava a un fungo gigante). Uno dei figli di re Saul, Armoni – ovvero “il giunto, il carpentiere” - fu ucciso tramite crocifissione (II Samuele 21:8) e questo racconto, nell'originale, usa un verbo che significa letteralmente “disarticolare”. Dunque, crocifiggere significava proprio disarticolare, smembrare, un riferimento al distendersi del gambo del fungo all'apertura del suo ombrello, e a ciò che accade al fungo stesso durante il suo consumo cultico. Secondo un'altra etimologia, la parola Cristo significherebbe oltre che “unto” anche “disteso, allungato”. Non dimentichiamo poi che il suo “padre adottivo” Giuseppe era un falegname...
Ravvisiamo quei due elementi, l'asse e la volta, anche nel giogo, quell'oggetto a forma di croce a cui venivano attaccati i buoi o i servi, ma anche nella stessa forma della forca, la croce che (come nel racconto del calvario di Gesù) i criminali dovevano portare da sé sulle spalle fino al luogo della propria esecuzione. Per l'identificazione del gioco con il fardello, ovvero l'inguine femminile, portare il giogo o la croce doveva dunque voler dire sia essere crocifisso che avere un rapporto sessuale, ed ecco perché (per esempio) il dio del sole Apollo era anche il guidatore del carro celeste. 
Dal giogo nacque la croce simbolica di Hermes, simbolo fallico del dio che anticamente era posto agli incroci delle strade. Anche Castore e Polluce erano rappresentati con due assi incrociate, una stilizzazione di quella croce o stella che portavano in testa sopra un copricapo di feltro e che nell'iconografia cristiana si trasformò in un globo celeste sormontato da una croce, molto simile all'ideogramma sumerico per la parola “fertilità”: l'orbe.

Il pianeta Venere ha un simbolo che di solito si interpreta come una mano che sorregge uno specchio, ma che potrebbe benissimo essere visto come un globo che sovrasta una croce, ovvero come un orbe rovesciato. Ma Venere e i Diòscuri hanno un’altra cosa in comune: Castore e Polluce erano conosciuti anche come stella del mattino e della sera, definizione propria del pianeta Venere. Questo riferimento cosmologico prova che il Fungo sacro era figlio di due mondi, quello terreno e quello celeste, e che la sua adorazione comprendeva anche aspetti astrali. 
Un altro dei nomi del fungo magico nella mitologia era “pianta-chiavistello”, dall'aramaico tiqlâ' e dal greco skandalon, un’allusione alla sua forma così peculiare che rammentava una chiave o chiavistello (una barra con un pomello sulla cima), e anche alle sue proprietà che danno accesso al “paradiso” quanto all’”inferno”.
Le prima Epistola ai Corinzi (1 Corinzi, 1:22-23) nasconderebbe proprio un'allusione al Fungo Sacro derivante da un gioco di parole fra la parola greca skandalon che, in senso lato, significa trappola (ovvero un bastone o chiavistello sul quale si sia posta un'esca che serve a far scattare la trappola stessa) e môria, follia (môrios era un altro nome greco del fungo): Poiché i Giudei chiedon de' miracoli, e i Greci cercan sapienza; ma noi predichiamo Cristo crocifisso, che per i Giudei è scandalo, e per i Gentili, pazzia. 
In termini mitologici, il sacro fungo era la chiave della terra, la “pietra” che avrebbe spalancato i cancelli dell’Ade, luogo di creazione per eccellenza e in contatto con le forze insite nel ventre della terra. Ricordiamo che, in base ai Vangeli, Pietro è la pietra (petra) sulla quale Dio ha edificato la sua chiesa e che avrà le “chiavi” del regno dei cieli, ma il suo stesso nome sembra un gioco di parole con il termine semitico per fungo, pitrâ'. 
Il suo patronimico “figlio di Giona” (Matteo 16:17), ovvero BAR-Johan, ricorda un altro nome del fungo legato alla Peonia, la sacra pianta: *BAR-Ush-TAR-IAU-NA , probabilmente scomposto in bar-setârâ'-yônâ, o qualcosa del genere, e conosciuto fra i Greci in tempi più tardi come peristereôn.
Direi che per oggi abbiamo aggiunto sufficienti elementi al quadro generale e possiamo fermarci qui. A questo punto della lettura, forse concorderete anche voi che vedere le scritture come una maniera ingegnosa ideata dagli antichi per tramandare i nomi segreti del fungo, figlio del Dio e vera e unica chiave per il suo Regno, sembra un'ipotesi sempre meno inverosimile.
CONTINUA


16 commenti:

  1. Molto interessante. Sono rimasto colpito in particolare dall'interpretazione del brano dall'espistola di San Paolo. Del resto, pochi altri autori possono vantare una densità di significati pari a quella dell'Apostolo. Jacob Taubes nella sua "Teologia politica di San Paolo", testo notevolissimo, disquisisce per oltre 200 pagine su una parte minima de La lettera ai Romani, lasciandosi pure lo spazio per altre considerazioni ancora. E pensare che sia tra i cattolici che tra i laici c'è chi lo liquida in due righe.
    Grande prova, comunque, quella di Allegro. E questa tua, arricchita da una ricerca iconografica davvero notevole.

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    1. Grazie dell’apprezzamento, Ivano :-) Questa parte di OdR dedicata ad Allegro è davvero molto lunga (e non è ancora finita) e temevo potesse annoiare. La mistica cristiana è un argomento davvero complesso che la maggior parte delle persone, credo, conosce poco o niente. Naturalmente l’interpretazione di Allegro di quel particolare passo potrebbe essere una totale cantonata, ma è entusiasmante vedere come a distanza di oltre due millenni si riesca ancora a trovare nuovi spunti di discussione su argomenti che all'apparenza sembrano già essere stati sviscerati in tutti gli aspetti possibili.

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  2. Quello che mi lascia perplesso però è che qui si fa riferimento a eventi concreti. Per dire: la crocifissione era una pena che i romani applicavano ai colpevoli di crimini gravi, quindi la crocifissione di Cristo è stata "programmata" affinché si potesse citare l'ipotetico precedente riferimento simbolico della croce in culti anteriori?
    Non so se ho reso l'idea...

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    1. Ti dirò, questa ipotesi non mi stupirebbe affatto ;-) In realtà Allegro considerava verità storica l’esistenza di una figura riconducibile a quella di Gesù, un uomo vissuto al tempo di Alessandro Ianneo e morto crocifisso, ma non quanto narrato dai Vangeli a proposito della sua opera e della sua predicazione - se infatti Gesù fu effettivamente un Esseno (e sottolineo “se”), doveva essere in qualche modo un ribelle e non certo un pacifista, né tantomeno qualcuno che operò miracoli, eccetera (un punto di vista che naturalmente esclude la fede). Insomma il suo parere, se non ho capito male, è che ai cronisti cristiani bastò modificare i fatti quel tanto che bastava per i propri scopi...

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  3. Risposte
    1. Spero davvero di non annoiarti.... ^_^

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    2. No assolutamente, anche perché ciò che conosco dei libri sacri deriva da studi di st. della Chiesa e ignoro questa parte interpretativa. Per me la Bibbia è un insieme di testi scelti per far funzionare la dottrina, non ha altro significato ;) Ecco ché son molto curiosa su questi approfondimenti! Non credo che sia possibile trovare una Verità o delle verità quando si maneggia materiale simile, fatto di stesure da fonti varie, censure-scelte ecc. Il fascino della Bibbia sta proprio in questo per me, anche se è innegabile il valore/influenza culturale che ha per tutti noi, e lo dico da atea.

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    3. Nessuno può definirsi il depositario della verità, né gli studiosi “alternativi” né gli appartenenti alla Chiesa (è però quantomeno presuntuoso, oltre che intellettualmente disonesto, definire i testi sacri delle altre religioni delle favolette e i propri, che raccontano vicende altrettanto improbabili, verità assoluta). Per quanto ci riguarda, credo che l’unico modo di ottenere una visione il più possibile equilibrata della materia sia armarsi di santa pazienza e fare delle ricerche, leggendo i pareri più diversi e confrontandoli fra loro, con la consapevolezza che accanto agli studi seri e autorevoli c’è tantissima fuffa.

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  4. Seguo questo ciclo di approfondimenti con interesse oserei dire... fungino! ^_^ Per riciclare una battuta di un mio vecchio racconto, c'è chi vuole diventare mitico: a te basta essere micotico :-P
    Scherzi a parte, in questo post noto maggiorente quanto Allegro stia cercando di "unire i puntini" per arrivare alla conclusione che i testi sacri siano un corpus definito, scritto volutamente con un messaggio, poi mascherato. Purtroppo è un'idea che temo non stia in piedi, visto che non esiste alcuna ombra di uniformità nei Testi, scelti con criteri assolutamente non omogenei e provenienti da scopiazzate di culture molto distanti.
    Che le religioni, nelle loro radici, tendano ad assomigliarsi è indubbio, visto che spesso sono tutte evoluzioni di originali condivisi, e visto poi che partono da concetti basici identici in ogni cultura: la fertilità e la condanna di pratiche sessuali non fertili fa parte del comportamento umano e nessuna religione può sperare di durare nel tempo se non segue gli stessi identici passi.
    Il mio timore è che questa splendida ricerca di Allegro sia solo uno dei tantissimi casi "a posteriori", che cioè voglia trovare un collegamento tra elementi che solo da un certo momento sono stati accomunati, ma che provengono da fonti diversissime e rimaneggiate più volte. Giocare con i nomi è come giocare con i numeri: qualcosa riesci sempre a trovarla.
    Fermo restando l'alto interesse nella tesi di Allegro, e ritenendo altamente probabile che un simbolo così naturale e basilare come il fungo sia stato inglobato nel cristianesimo, anche se poi ne ha "dimenticato" l'origine, sono lo stesso molto dubbioso di chi studia una materia disomogenea come se fosse omogenea. Quando i primi evangelisti scopiazzavano da tutte le culture del loro tempo, che a loro volta scopiazzavano da chi li aveva preceduti, e quando gli amanuensi medievali sbagliavano a ricopiare o correggevano perché non capivano i testi originali, quando le censure e le traduzioni sbagliate modificavano profondamente i testi che noi chiamiamo "canonici" ma che lo sono solo perché qualcuno li ha scelti fra decine di altri simili solo secoli dopo la loro stesura... in tutta questa confusione, come si fa a mantenere un messaggio concepito e nascosto? Come può chiunque creare un qualcosa che duri a due millenni di massacri testuali? Questo mi lascia molto perplesso.
    Per finire, per credere all'esistenza storica di Gesù serve la stessa fede per credere che sia il Figlio di Dio: gli unici quattro vaghi e claudicanti riferimenti storici che esistono del suo passaggio su questa terra sono tutti fortemente sospetti di manomissione posteriore, ma magari questa è materia per un futuro post ;-)

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    1. Di base la penso più o meno come te, anche se il ragionamento di Allegro non si basa solo sulla filologia, ma anche sull’analisi di vari culti del passato (accennerò qualcosa nei prossimi post). Il problema, come anche tu hai sottolineato, è che quando si cerca fortemente qualcosa in genere la si trova e così da un lato intuizioni corrette, a volte geniali, vengono usate per trarre delle conclusioni macroscopiche, e dall’altro i documenti e i fatti non presi in esame sono ancora di più di quelli effettivamente esaminati. Una delle idee meno convincenti di Allegro, per me, è il suo voler attribuire un’origine geografica molto circoscritta alla filosofia della fertilità e al culto del fungo sacro, che si sarebbero diffusi a partire dal Vicino Oriente antico, mentre mi sembra più verosimile pensare che culti simili si siano sviluppati autonomamente in aree diverse, e poi con il tempo le invasioni e la circolazione di persone e di merci abbiano favorito la loro commistione in un immaginario e simbologia simili, e magari la coesistenza di dèi di origine diversa in uno stesso pantheon. La verità è che per essere esauriente “Il fungo sacro e la croce” dovrebbe essere un tomo di enorme invece che un libro di poco più di 200 pagine… Ho l’impressione che Allegro possa avere aggiunto alle sue opere posteriori delle considerazioni anche importanti che non avevano trovato posto ne “Il fungo sacro…” - saggio che come abbiamo visto fu scritto a tempi di record - ma è solo una supposizione. Ne riparleremo comunque alla fine, mi sembra più appropriato :-) E quanto all'esistenza storica di Gesù… questa è proprio tutta un’altra storia che esula un tantino dal discorso che sto portando avanti ;), ma bisogna considerare che all’epoca di Gesù operavano diversi “messia” e uno di questi potrebbe benissimo essere divenuto quello che conosciamo noi… una volta mischiati ai fatti reali quei topoi ricorrenti un po’ in tutte le tradizioni, per questo, credo, Allegro non insiste tanto sulla “non storicità” della figura di Cristo, quanto sul fatto che la persona che ha detto e fatto ciò che viene narrato nei Vangeli, di fatto, non esiste.

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  5. Chissà quante traduzioni bibliche sono state "artefatte" nei secoli.
    Le scritture originali saranno disseminate anche di riferimenti di questo tipo.

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    1. Questo secondo Allegro è il caso dei Vangeli, che sono scritti in greco (e che notoriamente non è la lingua di quella regione), mentre per la Bibbia le cose sono ancora più complicate.

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  6. Ovviamente quelle di Allegro sono tutte ipotesi e supposizioni: direi che è difficile ricostruire l'esatta etimologia ed è facile ingannarsi seguendo una propria idea preconcetta nel tentativo di provare a dimostrare una certa teoria che segua una determinata linea.
    C'era stata per esempio (credo forse nell''800) una diatriba tra due linguisti o etimologi, in quanto uno dei due sosteneva che le parole Dio e Diavolo deriverebbero dallo stesso termine (nota come sono simili) e quindi era possibile supporre che anticamente venissero visti come due aspetti della medesima entità, un po' come nello zoroastrismo con Ahura Mazda e Ahriman.

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    1. Qui posso testimoniare che la questione è attualissima e deriva dal fatto che proprio Zarathustra aveva identificato nella desinenza "dev" il dio degli infedeli, quindi un'essenza maligna. L'indoeuropeo ha colonizzato la cultura europea e così abbiamo tanto il latino divus, quindi Dio, che... divano!
      Purtroppo non riesco a ritrovare il delizioso libro dell'archeologo da cui ho appreso questo incredibile fiume evolutivo di 3000 anni di parola "dev", ma spero di far cosa gradita linkando il mio post in cui spiego l'intera vicenda: "Dei e Divani: il sorriso di Zarathustra".
      Dio è una parola, quindi ha una sua evoluzione totalmente slegata dalla fede: il fatto che derivi da una parola che tremila anni fa indicava il Maligno non lo considero un problema. O almeno non dovrebbe esserlo...

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    2. Grazie Lucius, sei sempre una fonte incredibile di contributi eterogenei! :)

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    3. Hai ragione, Marco, ma per lo stesso motivo è impossibile (per me certamente!) anche accettare senza discutere l'etimologia proposta dalla Chiesa. Per esempio, io credo che affermare che i Boanerges fossero "figli del tuono" perché erano di indole irascibile sia molto più ridicolo che dire che "figli del tuono" significa in realtà "figli di dio", considerando quanti miti di dèi legati ai tuoni e ai fulmini sono giunti fino a noi. Per il resto... non abbiamo neanche la certezza che la Bibbia parli di Dio, dato che la parola biblica Elhoim è un plurale (e quindi dovrebbe al massimo essere tradotta con "dèi", ma potrebbe in realtà indicare qualcos'altro). L'esempio che citi è molto calzante e illustra perfettamente quello che intendo. E' chiaro che in tutto questo marasma non si arriverà mai a mettere la mano sul fuoco per una cosa o per l'altra, ma è doveroso accettare i pareri più diversi. Il discorso è molto complesso, troppo per affrontarlo qui in OdR, ma chissà che in futuro non se ne possa parlare in separata sede. E se poi non lo farò io, potremo sempre contare sui post "erertici" di Lucius ;)

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