ARTICOLO PUBBLICATO SU
IL 12 LUGLIO 2015
Frugando tra le pagine virtuali di Obsploitation ho ripescato una mia vecchia recensione di un film pazzesco, talmente pazzesco, brutto, mal girato e mal recitato da farmi quasi venir voglia di riguardarmelo, per puro spirito masochistico.
Certo, direte voi, su questo blog non sono mai mancate recensioni di film assurdi, ma in quasi tutti quei casi era sempre la noia a farla da padrona. Al contrario, questo “Riti, magie nere e segrete orge nel Trecento”, il cui titolo nulla a che fare con il suo contenuto, se guardato con lo spirito giusto, può diventare quasi divertente. Divertente perché stupido in ogni suo fotogramma, come leggerete tra breve qui di seguito o, ancora meglio, come leggerete (e ve lo consiglio) nella brillante analisi che di questo film fece anni fa la buona Erica de Il Bollalmanacco di cinema, che con grande entusiasmo colse il mio suggerimento, si avventurò nella visione e dedicò al film una delle sue più taglienti recensioni.
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Il sipario si apre su alcuni individui ridicolmente travestiti da supereroi satanici. Il primo impatto lascia già ben presagire ciò che attende l’incauto pellegrino che si prepari ad affrontare la visione di “Riti, magie nere e segrete orge nel Trecento”, opera che il buon Renato Polselli realizzò nel lontano 1973 sull’onda del discreto successo che ottenne il suo precedente lavoro, “Delirio Caldo”.
Riunito attorno a una specie di altare sul quale giace una giovane donna (presumibilmente vergine), il gruppo è chiaramente concentrato su un rito che dovrebbe avere come culmine la resurrezione, attraverso il classico sacrificio umano, dell’oggetto del loro culto, Isabel (interpretata dalla splendida Rita Calderoni), una giovane che fu bruciata sul rogo secoli prima dagli abitanti del villaggio con l’accusa di stregoneria.
Il fatto che Isabel fosse davvero una strega è ovviamente opinabile, ma questi sono dettagli che a noi, al momento, interessano poco. Ci incuriosiscono di più quei personaggi che stanno cercando di riportarne in vita un cadavere che, nonostante i secoli e nonostante il rogo, appare tutto sommato solo un po’ palliduccio (se non si tiene conto, naturalmente, della profonda ferita visibile in mezzo al petto). Chi sono quindi questi individui? Ve lo dico già da adesso: una risposta precisa non arriverà mai.
Renato Polselli ci offre su un piatto d’argento un film assolutamente stravagante, tanto per usare un eufemismo. Stravagante perché i personaggi che vediamo muoversi senza senso per quasi un’ora e cinquanta minuti, di qua e di là sullo schermo, non fanno altro che cose fondamentalmente incomprensibili. Cosa potrei scrivere di sensato in questo post, visto che nemmeno la trama mi è chiara? Proviamo.
Partendo dal presupposto che questo sia un film incentrato sui vampiri, piuttosto che su streghe e relativi adepti di varia natura, alcune cose potrebbero trovare una vaga spiegazione. Tutti i personaggi che ruotano intorno alla vicenda, perlomeno quelli maschili, sembrerebbero essere essi stessi la reincarnazione di coloro che furono protagonisti della già citata vicenda medioevale. Personaggi reincarnati, oppure personaggi resuscitati anch’essi attraverso riti e magie nere? Non ci è dato sapere. Eppure una spiegazione, anche se minima, sarebbe doverosa, visto che Polselli continua per tutto il tempo a giocare con i flashback, saltando da un secolo all’altro con una frequenza esasperante, senza tuttavia ben delineare gli avvenimenti correnti rispetto a quelli trascorsi. Sarà dello spettatore il compito di iniziare, con il trascorrere del minutaggio, a formulare alcune ipotesi sul senso di tutto ciò, ipotesi che tuttavia non troveranno alcun conforto nel finale.
Ma formulare ipotesi è complicatissimo, perché non si riesce davvero a distinguere ciò che Polselli ha voluto effettivamente mettere in scena da ciò che potrebbe essere assolutamente involontario. Sono molti infatti gli indizi che lascerebbero credere che “Riti, magie nere e segrete orge nel Trecento” sia solamente un prodotto di bassa qualità, realizzato con scarsi mezzi e con interpreti al limite del patetico. La scena del rogo, tanto per dirne una, è palesemente fatta inquadrando un fornello a gas in primo piano. La sceneggiatura stessa sembra fatta mettendo insieme le parole come se fossero state pescate a caso da un mucchio e messe in fila. Che ne pensate infatti di una frase come questa? «I vampiri hanno bisogno di sangue non contaminato da seme umano». Non si faceva prima a dire che i vampiri preferiscono le vergini? Tuttavia, tra decine di sequenze ai limiti dell’incredibile, c’è una scena che è troppo assurda per essere involontaria. È una scena che rappresenta la cattura di due streghe da parte dei villici, una scena di una decina di minuti abbondanti nella quale si passa dall’ambientazione diurna a quella notturna praticamente ogni dieci secondi. Clamoroso errore di montaggio oppure si intendeva, con questo simpatico calembour cinematografico, sottolineare la compenetrazione temporale di eventi successi e di eventi che succedono? Mistero.
Per gli amanti del piccante rimane un incondizionato uso e abuso di nudità femminili. Si direbbe che qualsiasi scusa sia buona per mostrare un paio di tette. Ma che dire invece delle orge promesse nel titolo? Di quelle nemmeno l’ombra ma, si sa, che fossero “segrete” era effettivamente stato detto. A dire il vero una piccola situazione a tre c’è stata: quella dove una vergine, per non essere più tale, finisce a letto con l’amica ninfomane e il suo disgustoso amico. Ma bastano tre persone perché un’orgia possa definirsi tale? Non lo so mica.
Per fortuna, in tutto questo squallore, ci sono le stupende immagini di Ugo Brunelli, direttore della fotografia anche in altri grandi titoli del nostro cinema bis quali “La bestia in calore” (Luigi Batzella, 1977) e il già citato “Delirio Caldo” (Renato Polselli, 1972), immagini che riescono comunque a catturare l’attenzione e, nonostante lo sfacelo tutt’attorno, ad affascinare lo spettatore, permettendogli di arrivare serenamente in fondo a un’ora e cinquanta di noia. Un film che consiglieri? Tutto sommato sì. “Riti, magie nere e segrete orge nel Trecento” è un film talmente brutto che merita una visione.
Quando un film italiano ha la data degli anni '70 è quasi una garanzia che sia stato girato con pochi mezzi, puntando a ottenere incassi grazie ai "richiami" più elementari per solleticare l'interesse dello spettatore medio.
RispondiEliminaPoi, vabbé, non tutti sono come quello che citi, alcuni sono stati girati con il minimo sindacale di professionalità, in rarissimi casi sono riusciti addirittura a tirare fuori un piccolo cult movie.
Questo, come tutti gli altri filmacci anni '70 proposti facendo leva esclusivamente su un titolo furbetto, non fa eccezione. Ha avuto solo la fortuna di riuscire involontariamente più ridicolo della media.
EliminaQuesto è quello che si potrebbe definire un "guilty pleasure": sai benissimo quanto è scrauso ma ti viene quasi voglia di riguardartelo in loop...
RispondiEliminaNe avrei fatto a meno di parlarne, perché me lo hai ricordato, ricordato la sua tremenda visione, visione richiesta proprio da te!
RispondiEliminaNe parlai qui https://pietrosabaworld.blogspot.com/2021/03/cinema-richiesti-da-voi.html
A suo tempo avevo cercato in tutti i modi di diffondere il verbo di Polselli, senza tuttavia ottenere grossi risultati. Hai fatto bene a linkare il tuo post che solo ora mi rendo conto, mentre mi spargo il capo di cenere, di essermi lasciato a sfuggire. Vengo di là a scusarmi pubblicamente...
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