Secondo appuntamento con le notti horror ossidianiche di questa calda estate 2023 e seconda proposta cinematografica pescata nel marasma delle produzioni meno note del panorama giallo italiano. Dopo “La casa con la scala nel buio” di Lamberto Bava, presentato qui a metà luglio, passiamo oggi la fiaccola olimpica a un altro grande maestro del cinema horror a basso costo, ovvero il compianto Bruno Mattei, un nome che è tutto un programma. Basterebbe d’altra parte gettare uno sguardo alla sua filmografia per rendersi conto dell’abilità con la quale Bruno Mattei ha saputo sfruttare filoni cinematografici vincenti a suo esclusivo vantaggio: “Strike Commando” (1987), giusto per fare qualche esempio, è una pellicola che richiama il quasi omonimo film con Arnold Schwarzenegger (“Commando”, 1985) ma che ricalca clamorosamente “Rambo 2 La vendetta” (1985) di George Pan Cosmatos; il curioso “Terminator 2” (1989), che anticipa di quattro anni l’omonimo (e ufficiale) film di Cameron (1991), è una furbetta operazione commerciale, esplicitamente volta ad attirare i fan di Schwarzy più ingenui; “Zombi 3”, iniziato da Lucio Fulci (altro grande manipolatore), ma completato da Mattei, è un altro esemplare esercizio di sfruttamento di un filone vincente; e anche questo “Gli Occhi dentro” (1994), come vedremo tra breve, in tutto questo sudiciume non è da meno.
Confezionato, come detto, nel 1994, in un periodo in cui il giallo all’italiana aveva ormai da tempo tirato le cuoia, “Gli occhi dentro” viene presentato al pubblico con l’astuto titolo di “Occhi senza volto” (Eyes without a face), con il chiaro intento di evocare l’omonimo capolavoro (datato 1960) del regista francese Georges Franju. Non si tratta, come vi sarà già chiaro, nemmeno lontanamente di un remake, ed è per questo motivo, e per non ingannare l’occasionale visitatore del blog, che in questo articolo ho preferito utilizzare quello che mi pareva il meno dozzinale tra i numerosi titoli alternativi della pellicola.
Ma le operazioni “poco limpide” di questo film (non è mia abitudine usare il termine “plagio”, ma forse qui ci stava bene) non sono affatto confinate alla scelta del titolo. Bruno Mattei si appropria clamorosamente del girato de “La casa con la scala nel buio”, ritaglia via tutto quello che non gli serve e monta spudoratamente all’interno de “Gli occhi dentro” le sequenze degli omicidi realizzate dal buon Bava. E così assistiamo nuovamente, già sotto i titoli di testa, alla scena dell’omicidio dello scantinato (quello compiuto con un improbabile coltellino Stanley) e ritroviamo intatta la sequenza del bagno, che avevamo lodato ne “La casa con la scala nel buio” per la sua inebriante ferocia. Ma davvero Mattei, che firma la regia con un pseudonimo ma che accredita se stesso, con il suo vero nome, per il montaggio, pensava che nessuno se ne sarebbe accorto?
Il montaggio ovviamente è venuto uno schifo, e anche lo spettatore più distratto non può fare a meno di notare le numerose incoerenze tra il girato originale di Mattei e quello “riciclato” (lo smalto sulle unghie che va e viene, per esempio). L’unica accortezza del regista pare essere stata quella di scegliere delle attrici che potessero essere vagamente (ma proprio vagamente) somiglianti alle vittime de “La casa con la scala nel buio”, ma è chiaro che non è così che si poteva pensare di venirne fuori immacolati.
Anche la qualità stessa delle immagini tra i due girati avverte dell’imbroglio, il che a questo punto mi fa riflettere e pentire di quanta poco generosa sia stata la mia precedente recensione (se un film dichiaratamente a basso budget come quello di Bava non mi aveva fatto gridare al miracolo, bisognerebbe ammettere che aveva in realtà risorse, in termini di budget ma anche di talento, che Mattei si poteva scordare proprio). E a proposito di talento, quali saranno state le scelte di Bruno Mattei per il cast?
La risposta è quasi ovvia: con un budget sottozero, il povero Mattei non poteva far altro che andare a scavare nella rumenta, tirando sorprendentemente fuori dal cappello un personaggio che in seguito, in Italia, sarebbe stato acclamato come il re assoluto del trash televisivo, ovvero Antonio Zequila, di cui fondamentalmente ricordiamo una discussa partecipazione a “L’isola dei famosi” e, soprattutto, un’epocale scazzottata con Adriano Pappalardo (altro mito generazionale) nel corso di una storica puntata di Domenica In.
La cosa che forse vi sorprenderà di più (ma ricordatevi che tutto è relativo, eh) è che "Er Mutanda" non ha affatto sfigurato recitando ne “Gli occhi dentro”. Circondato da colleghi dal livello recitativo molto più che imbarazzante, a conti fatti non possiamo che promuovere a pieni voti il nostro eroe, nell’occasione capace di affrontare con una giusta, ma non eccessiva, dose di impegno una sceneggiatura a dir poco sconcertante.
Fosse per me la recensione potrebbe tranquillamente finire qua, ma per dovere di completezza continuerò a intrattenervi ancora per qualche minuto.
"Gli Occhi Dentro" è un thriller nella migliore tradizione del giallo italico che ricorda le tipiche uscite di genere degli anni '70. Sbarcato ampiamente fuori tempo massimo, è comunque in grado di regalare ai nostalgici un pizzico (ma giusto un pizzico) di quelle atmosfere che hanno fatto del nostro cinema un esempio di originalità (ma non certo grazie a Mattei) in tutto il mondo.
La vicenda ruota attorno a un maniaco omicida di baby-sitter che, come sua personalissima firma, prima di andarsene si appropria dei bulbi oculari delle sue vittime. Il modus operandi assomiglia in maniera raccapricciante a quello descritto in “Doctor Dark”, una serie a fumetti incentrata su un serial killer che passa le notti, appunto, a giocherellare con gli occhi di povere sventurate.
La disegnatrice della serie a fumetti è Giovanna, una giovane donna che viene subito identificata dai media e dall’opinione pubblica come responsabile, in quanto involontaria ispiratrice, dei tragici avvenimenti. A rafforzare la sua spiacevole posizione ci si mette il simpatico assassino che, ironicamente, non trova di meglio da fare che seminare nell'appartamento della disegnatrice i disgustosi trofei.
La storia non è certo così originale: ce la siamo sentita raccontare probabilmente in decine di B-slasher anni Ottanta e Novanta, ma in questo caso Mattei riesce a metterci molto del suo, riducendo anche i momenti potenzialmente più raccapriccianti a delle storie per educande. Tralasciando le macabre sequenze prese a prestito da Bava, non ci sono affatto scene di occhi brutalmente strappati, ma solo vaghi suggerimenti che, in qualche modo, fuori campo, le asportazioni siano avvenute.
Chissà cosa sarebbe stata questa mia recensione se solo Mattei avesse voluto, o potuto, osare di più? Anche sesso e nudità qui sono ai minimi storici, e in quell’unica occasione la musica di sottofondo da telenovela brasiliana non riesce in alcun modo a risollevare la soglia di attenzione.
Un disastro totale? Come al solito, è una questione di punti di vista. Se vi piacciono i film che strizzano l’occhiolino agli anni Settanta, quelli dove venivano inquadrate “casualmente” le bottiglie di brandy sui tavolini, o quelli in cui una ragazza isterica veniva riportata all'ordine con un paio di schiaffoni, allora "Gli Occhi Dentro" potrebbe essere il film che fa per voi. In alcuni casi Mattei è stato, anzi, piuttosto bravo a sviluppare una buona suspense e a seminare qua e là false piste abbastanza convincenti. E, se preso per il verso giusto, "Gli Occhi Dentro" potrebbe risultare anche deliziosamente divertente, specialmente in quel folle finale.
A proposito di finale aggiungo che, ripensandoci a mente fredda, non è del tutto vero ciò che ho scritto poco fa sul talento del cast. Monica Carpanese, attrice padovana che ha offerto il volto alla protagonista, riesce in questo film a distinguersi, oltre che per la sua rara bellezza anche per una prestazione squisitamente magistrale, e l’ossessionante ultimo quarto d’ora non sarebbe stato certo lo stesso senza di lei. Viene piuttosto da chiedersi per quale motivo la sua carriera di attrice sia tutta racchiusa in una manciata scarsa di B-movies, ma questi, lo abbiamo ormai capito, sono i misteri insondabili del cinema.
La recensione de “Gli occhi dentro” è il secondo dei miei due contributi alla decima edizione di “Notte Horror 2023”. Hanno già partecipato La Bara Volante, Il Bollalmanacco di Cinema, Il Zinefilo, Solaris, La Fabbrica dei Sogni, The Obsidian Mirror, Il Blog di Tony, Malastrana Rated X, In central perk, The Kings of horror, di nuovo Il Zinefilo, di nuovo In Central Perk, Pensieri Cannibali, Redrumia, Pietro Saba World, Director's Cult e Vengono fuori dalle fottute pareti.
Le Notti Horror proseguiranno martedì prossimo su Malastrana (di nuovo) e a seguire ancora su La Bara Volante, su Vengono fuori dalle fottute pareti e, a concludere, su La stanza di Gordie. Buone notti horror a tutti!
Di Mattei ho visto solo L'altro inferno, che tra l'altro mi avevi chiesto tu per un On Demand. Di questo non conoscevo nemmeno il titolo!
RispondiEliminaGesù, che ricordo mi hai sbloccato! "L'altro inferno" è forse stato il mio mio crudele contributo al tuo "On Demand". Sappiamo comunque entrambi perfettamente che di quel film siamo riusciti a vedere si e no i primi dieci minuti, prima di crollare addormentati....
EliminaNon amo i titoli blasonati degli italiani anni 80-90, figuriamoci quanto io possa apprezzare i "titoli minori", quindi anzi per me sei stato un signore nella recensione :-P
RispondiEliminaHo trovato una rivista americana del 1990 (circa) con interviste a tutti gli storici registi italiani, che sto traducendo per il Zinefilo, e Ruggero Deodato senza alcuna remora accusa Lenzi di essere un ladro, avendogli rubato intere sequenze per i suoi film: temo che l'ambiente fosse molto "largo di maniche" al momento di "ispirarsi" a vicenda...
Grazie per l'iniziativa in generale e per questo post in particolare: giuro, non avevo mai sentito citare questo film, ma è noto che non amo (a dir poco) i prodotti italiani 80-90, soprattutto dopo aver scoperto quanto erano belli quelli '70.
In quegli anni un po' tutti i registi rubavano agli altri, chi le idee, chi le musiche, chi i titoli. Bruno Mattei in questo è sempre stato l vero grande maestro. Si può dire che non esiste un suo film che sia davvero originale dell'inizio alla fine. Per il film "Fauci crudeli" Mattei aveva saccheggiato scene da "Lo squalo" e da un'altra mezza dozzina di film a tema squalifero. Il risultato è che lo squalo di Mattei, da una scena all'altra, cambiava colore, cambiava dimensioni, cambiava anche espressione....
EliminaAhahahah, grande lavoro di Mattei in questo film! Già che c'era poteva rubare qualcosa da Bava padre invece che dal figlio...
RispondiEliminaComunque hai scritto un grande pezzo da Notte Horror, mi hai fatto molto ridere con il montaggio firmato da Bruno Mattei che è *ovviamente* venuto uno schifo, e coi commenti sulle doti attoriali del cast. Peccato per la Carpanese che per lavorare lavora ancora oggi, ma in un sacco di produzioni televisive di dubbio gusto.
W la Notte Horror , e grazie come sempre per l'iniziativa! :--)
Per quanto ne so potrebbe aver plagiato anche Bava padre. Tra lui e Claudio Fragasso (altro noto furfantone) non c'era film a cui non si poteva attingere liberamente e impunemente...
EliminaNoto qualche similitudine con "Il mostro" di Luigi Zampa, anche se ovviamente quello non era un thriller nel senso stretto del termine e poteva basarsi su un budget ben più imponente.
RispondiEliminaNo, ti assicuro che "il mostro" è proprio tutto un altro pianeta.
EliminaMi sa che hai ragione. Ho letto e riletto questo post più volte prima di pubblicarlo e non mi sono mai annoiato. Viceversa quando ho dovuto riguardare il film ammetto di aver abusato clamorosamente del fast forward per ingannare il tedio incombente.
RispondiEliminaNon conosco, ma potrei riscoprire, avendo visto altri film del regista, anche quelli di Bava.
RispondiEliminaA tuo rischio e pericolo, però! ^_^
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