Sarà un caso, ma anche quest'anno la programmazione del blog, se si esclude il rituale episodio di Traditi dalla Fretta, pubblicato la scorsa settimana, parte con il tradizionale appuntamento con i racconti del Trofeo RiLL, giunto ormai alla sua ventinovesima edizione. La formula, come già altre volte ho riferito, è sempre la stessa dal 1994, anno in cui venne bandito per la prima volta il concorso letterario omonimo per il miglior racconto fantastico, i cui primi cinque classificati finiscono dritti sull'annuale antologia "Mondi incantati" curata dall’associazione RiLL Riflessi di Luce Lunare ed edita da Acheron Books.
Numeri ancora una volta importanti (anche se non da record) anche per l'edizione 2023, che ha visto all'opera oltre 300 autori e autrici per un totale di 410 racconti dati in pasto ai selezionatori. Ciò che ne è uscito è ancora una volta un prodotto di notevole qualità nel quale, anche con tutta la buona volontà, si fatica a trovare punti deboli.
L'antologia in questione prende il titolo dal racconto vincitore "Le case che abbiamo perso" di Francesco Corigliano, autore calabrese già finalista RiLL nel 2018 e grande appassionato di letteratura weird. Nella carrellata odierna partirei quindi da questo.
Ammetto di conoscere Francesco Corigliano più per fama che per altro, essendo entrambi più o meno legati agli stessi social, e sebbene la mia attenzione circa la sua produzione non sia mai stata così sistematica, tutto ciò che ho letto di lui l'ho decisamente apprezzato: mi riferisco ovviamente (visto che siamo in tema) al racconto "Il proprietario", già finalista del XXIV Trofeo RiLL e apparso nel numero 8 di "Dimensione Cosmica", al racconto "Ex-Machina", vincitore del Premio Hypnos 2015 e uscito sul numero 5 dell'omonima rivista, fino all'articolo "Alle origini del weird" pubblicato sul numero 4 di "Providence Tales", articolo che, oggi lo abbiamo compreso, era solo l'antipasto del suo lavoro più importante, ovvero il fondamentale saggio "La letteratura weird - Narrare l'impossibile", frutto di tre anni di dottorato (ma non solo) e che ha fatto il botto nel 2020 attraverso i tipi di Mimesis Edizioni.
E da un esperto di weird non poteva che scaturire il racconto più weird dell'intera antologia. Siamo in un futuro indefinito, o in un universo indefinito (il dettaglio poco conta), dove tutto è quasi desertico. Qua è là, piccole pozze d'acqua consentono a pochi sopravvissuti di tirare a campare. Quello che davvero manca è la possibilità di costruire solidi rifugi, visto che per motivi ignoti tutto ciò che viene eretto finisce per polverizzarsi all'istante. La speranza è riposta in strani edifici semoventi, eredità di un passato ormai dimenticato, che di tanto in tanto, seguendo una logica tutta loro, attraversano i territori inabitabili di quel mondo e si stabiliscono ora in un'oasi, ora in un'altra. L'immaginazione del lettore visualizza rapidamente quei veicoli "All Terrain" tipici dell'universo Star Wars, ma l'analogia inizia e finisce qui. Queste sono vere e proprie abitazioni, chiese e castelli che quando è il momento si sollevano su lunghissime gambe da dromedario e se ne vanno altrove. Ma questo è solo il contorno: "Le case che abbiamo perso" è ovviamente molto di più, è una saga familiare, la storia di gente senza possibilità che si rivolge a quegli edifici come se questi fossero delle divinità alle quali donare tributi e dalle quali ottenere un briciolo di speranza. E tutt'attorno, il mistero della morte. E il mistero di quell'ambiente così ostile da non consentire la sopravvivenza dell'umanità.
Ambientato nella Sicilia dei nostri giorni è invece il racconto "Tutt'apposto" di Giorgio Cappello, autore palermitano e grande appassionato di comics, nel quale la dura vita di Zù Simuni, un lavoratore sepolto dai debiti e pressato dai debitori, giunge a un punto critico nel momento esatto in cui scade l'ultimatum impostogli dal peggior usuraio della sua lista. Si tratta di dover decidere se scappare o rimanere, se vivere da fuggiasco (ma per quanto?) o se morire per mano dello spietato esattore che sta già bussando alla porta. Morire va bene, ma sarebbe una condanna a morte anche per Sofia, l'adorata moglie che in quel particolare frangente non ne vuole sapere di uscire dal bagno. Ma cosa diavolo sta succedendo in quel bagno? È proprio quello il momento di attardarsi sotto la doccia? Un racconto splatter tra i più classici, che avrebbe certamente meritato il primo posto se non fosse stato per l'ineguagliabile visionarietà espressa dal racconto vincitore.
Alza nettamente la propria asticella Giorgio Smojver, autore padovano specializzato nel cosiddetto "heroic fantasy" e classificatosi al quinto posto al Trofeo RiLL dello scorso anno. Anche questa volta, purtroppo per lui, il gradino più alto del podio resta lontano, ma "I colori del campo santo" sono la prova provata della capacità dell'autore di creare ambienti magici che giungono al cuore anche di chi, come me, di fantasy proprio non ne vuole sentir parlare. I personaggi di Smojver, pittori presi a prestito dai movimenti artistici fiorentini della prima metà del XIV secolo e già resi involontari protagonisti da Giovanni Boccaccio in alcune sue celebri e spassose novelle, qui si trovano a dover fare i conti con un'esperienza letteralmente ai confini della realtà.
Romana di origini ma umbra di adozione, Valentina Schiaffini propone "Un Ragazzo", una storia di un eremita e del suo cane che in un giorno d'inverno, nei boschi, si imbattono un ragazzo ferito. Lo accolgono al caldo della propria umile dimora. Nonostante le differenze culturali e l'ostacolo della lingua, l'amicizia tra i due sboccia e, dietro le quinte, qualcosa di molto simile alla magia accade. Una storia di comunione e di pregiudizio che lascia con più di un punto interrogativo.
"E' stata la palude" del napoletano Roberto Pone, quinto classificato, è uno "spaghetti fantasy in salsa lovecraftiana", per usare le parole del comunicato stampa, e in effetti gli uomini-pesce di cui ci aveva riferito il solitario di Providence non sono affatto difficili da riconoscere. Nella locanda di Niko, ai margini della palude, una sera viene servita una cena diversa dalle altre. La voce si sparge e tutti accorrono per verificare di persona, incluso quel bizzarro cavaliere di cui tutti hanno un riguardoso timore. Cosa bolle in pentola? Forse sarebbe meglio non sapere.
Quattro i testi selezionati, tra i quali "Assuntina e la Luna" di Laura Silvestri è di gran lunga il mio preferito, un'originale variante sul tema della licantropia: Assuntina, costretta suo malgrado in sposa a un uomo molto più anziano di lei, è alla disperata ricerca di un modo sicuro per nascondere al consorte la verità sulla sua illibatezza. L'unica soluzione pare però quella di affidarsi alla Luna.
Notevole anche "Segni di pista" dell'onnipresente Nicola Catellani, protagonista tra l'altro della "personale" di quest'anno. Alcuni giovani boy-scout al campeggio estivo si trovano loro malgrado catapultati, attraverso un non meglio specificato passaggio temporale, nel pieno della seconda guerra mondiale, tra partigiani in fuga e camicie nere lanciate al loro inseguimento. Chiudono la sezione "Dove i morti viaggiano veloci" di Alessandro Izzi, un'avventura in un paesaggio popolato dalle anime dei morti, e "Petricore" di Marta Bonaventura, una commovente riflessione sulle malattie degenerative del nostro secolo.
Nicola Catellani non è certo un nome nuovo nell'universo RiLL: lo avevamo già incontrato lo scorso anno, in occasione della vittoria, nell'ambito del XXVII Trofeo RiLL, del suo racconto "Quel signore in salotto", inquadrabile come racconto di fantasmi ma anche come testimonianza della solitudine che accompagna gli ultimi anni della nostra vita. In precedenza lo avevamo incontrato con il racconto "Il bar subito dopo", storia di un individuo che si trova precipitato in un ambiente urbano completamente deserto, e "Urne elettorali", ambientato in un futuro distopico nel quale è divenuto reale il diritto di voto dei morti. Non mi dilungherò su tali racconti, classificati rispettivamente al primo e secondo posto del XXVII Trofeo RiLL (casomai potete andare a leggere ciò che ne scrissi all'epoca), ma due parole su "F.lli Marziani, dal 1947", terzo classificato al XXIV Trofeo RiLL, è il caso di spenderle, visto che, sorprendentemente, nulla ne scrissi all'epoca della sua uscita. In un assolato pomeriggio di fine giugno del 1947 un boato scuote il cielo sopra l'immaginario paese di Pontorso. Il giorno successivo tre misteriosi individui fanno la loro comparsa in paese. Nessuno sa da dove vengano, ma quel che è subito chiaro e che non dovrebbero, e nemmeno vorrebbero, essere lì. La vicenda è narrata mezzo secolo più tardi da un testimone dei fatti che, osservando la tomba dove l'ultimo dei tre visitatori riposa, prova a ricostruire gli anni della loro presenza in quella parte di mondo, i loro tentativi di integrazione con i locali e parallelamente i loro infruttuosi tentativi di tornarsene a casa. Il finale, come Catellani ci ha ormai abituato, è sorprendente. E saremmo potuti arrivarci da soli sin dall'inizio, se avessimo subito compreso che quel "marziani" nel titolo non era che una mera semplificazione.
In effetti, i finali di Catellani sono invariabilmente dei piccoli terremoti, e forse è proprio per questo motivo che i suoi racconti, pur nell'anonimato, hanno così spesso affascinato i giudici del Trofeo RiLL. Ritroviamo i quattro suddetti racconti in questa antologia personale (e, credetemi, si rileggono sempre volentieri), ma ovviamente la carne al fuoco è parecchia e c'è davvero di che leccarsi i baffi.
Si parte subito con il botto: "Tutto calmo, tutto lucente" è la scelta ideale per aprire l'antologia: uno di quei rari racconti che ti trascinano immediatamente con sé sin dalla prima riga, e non c'è nulla di più piacevole, lo giuro, che affondare le chiappe in un divano e farsi trascinare nei mondi immaginari descritti da Catellani. Qui veniamo trasportati fra le strade di un borgo poggiato sulle Alpi, dove c'è una chiesetta arroccata in cima a un sentiero che solo la fede tenace di pochi può giustificare. Ma c'è anche qualcos'altro, qualcosa che turba le previste celebrazioni natalizie, qualcosa che forse non è esattamente di questa terra.
Con "Le notti degli Into" ci spostiamo nientemeno che a Gardaland in un imprecisato futuro. Alcune notti d'estate, nel luna park più famoso d'Italia, sono diverse dalle altre: la struttura chiude al pubblico e piccoli gruppi di misteriosi visitatori, provenienti da chissà dove, possono godere in esclusiva delle sue mirabolanti attrazioni. Finché, ovviamente, non succede qualcosa di imprevisto.
Ne "Il fantastico binomio e le sua magiche parole" troviamo tutta la malinconia dell'invecchiare e del non sentirsi più al passo con i tempi. Oggi, è vero, le cose sono molto diverse da solo qualche decennio fa, quando anche la semplice boa dei cinquant'anni era sinonimo di obsolescenza, ma lo scisma generazionale rimane tuttavia per certi versi invalicabile. E il linguaggio è, di questo, l'aspetto più evidente.
Un linguaggio, quello delle generazioni precedenti, che si cinge di sacralità ne "Il vecchio blaterone", una realtà futuristica nella quale l'umanità, esodata da secoli dal suo pianeta natio, conserva la memoria delle proprie origini nelle registrazioni (oggi le chiameremmo "audiolibri") di vecchi testi fantastici.
Una fuga indifferibile dal nostro pianeta morente è anche alla base de "La grande impresa", ma la destinazione verso la quale il genere umano sta viaggiando non è esattamente quella promessa. Chiude questa piccola rassegna "Intruso lunare", dove i dissapori fra le solite note potenze mondiali si trasferiscono sul terreno brullo e inabitabile del nostro satellite. Soliti problemi, solite soluzioni.
Un'antologia che si legge d'un fiato e un talento, quello di Nicola Catellani, che non rivedremo nelle pagine di una pubblicazione RiLL per via di una regola che impedisce agli autori che ottengono una "personale" di partecipare a concorsi futuri. Poco male. Vorrà dire che lo seguiremo altrove.
Sempre ottime le antologie RiLL e sempre ottime le tue recensioni.
RispondiEliminaUn grande abbraccio!!!
Le antologie RiLL sono ormai un appuntamento imprescindibile. Peccato che arrivano solo una volta l'anno...
Elimina