lunedì 29 gennaio 2024

Rapporto sulla cecità (Pt.1)

Tempo fa mi è capitato fra le mani un libriccino dal titolo “Racconti nel buio” di Roberto Turolla. Sono dieci racconti sul tema del buio, i cui protagonisti (come riporta la seconda di copertina) si trovano in condizioni di momentanea cecità, che hanno la particolarità di essere stati scritti da un autore realmente non vedente. Non è di questo testo però (apprezzabile, peraltro) che voglio parlare oggi. Ecco, tenendo questo libro fra le mani ho pensato con un pizzico di angoscia a quegli autori che hanno avuto la sventura di ritrovarsi ciechi, come Borges o Milton, ma anche a quanto deve essere ben più difficile scrivere quando, anziché perdere la vista da adulti, non si è mai vista la luce del sole. Ho allora rispolverato la bozza di un articolo mai pubblicato, scritto anni fa, sul tema della cecità nella letteratura fantastica. Ripreso in mano oggi, il progetto ha assunto la forma che potete leggere di seguito, quella di un ibrido che parte da libri di ogni genere e provenienza per approdare al cinema e ad altri lidi. Se questo fosse un saggio, sarebbe pessimo, ma è solo un articolo su un piccolo blog di provincia, fatto alla mia solita maniera, e so che voi non mi giudicherete. 
In letteratura il tema della cecità è stato utilizzato nei modi e ai fini più diversi. Qualche volta è semplicemente un vulnus, una difficoltà che il protagonista o un altro personaggio deve affrontare (“Jane Eyre” di Charlotte Brontë, 1847; “Il buio e il miele“ di Giovanni Arpino, 1969; “Il cieco di Ortakos” di Salvatore Niffoi, 2019), guarendo (“La Cieca di Sorrento” di Francesco Mastriani, 1852) o facendone addirittura il proprio punto di forza, soprattutto nella narrativa poliziesca (“I due ciechi” di Baynard Kendrick” è un giallo del 1943 in cui la vittima d’omicidio e l’investigatore sono entrambi ciechi; “Il detective cieco” raggruppa 4 dei 26 racconti, e un romanzo, che il romanziere inglese Ernest Bramah dedicò tra il 1914 e il ‘34 a Max Carrados e Louis Carlyle, due investigatori “cloni” di Sherlock Holmes e il fido Watson, con la particolarità che Carrados è cieco e ha facoltà al limite del soprannaturale). 
Qualche volta la cecità è la metafora di un’ossessione amorosa (“Risata nel buio” di Vladimir Nabokov, 1932, o “La civetta cieca” di Sadègh Hedayàt, 1937). A volte, la cecità è usata come allegoria umana e morale (“Il paese dei ciechi” di H.G. Wells, 1904; “Il cieco” di Friedrich Dürrenmatt, 1948; “Cecità” di José Saramago, 1995) o comunque come spunto per una riflessione filosofica, mistica o spirituale (“I ciechi” di Maurice Maeterlinck, 1891; “Il cieco” di Kalil Gibran; “Memorie di un cieco. L'autoritratto e altre rovine” di Jacques Derrida, 1990). Altre volte serve per fare satira sulla scienza e sul progresso (“L'isola dei ciechi” di Giuseppe Fraccaroli, 1907). 

Alcuni autori usano la cecità per spiegare concetti scientifici (“L'uomo che scambiò sua moglie per un cappello” di Oliver Sacks, 1985, è il resoconto di alcuni casi di cecità causati da varie sindromi neurologiche; “L'orologiaio cieco” di Richard Dawkins, già autore de “Il gene egoista”, parte dall’analogia dell'orologiaio del filosofo e teologo William Paley per illustrare un meccanismo di "selezione cumulativa" di matrice darwiniana, cioè come la varietà e complessità degli organismi siano la conseguenza di processi di selezione naturale che non necessitano di un disegno intenzionale a opera di un'entità sovrannaturale), altri per fare analisi psicologiche o parlare di crescita personale (“Guardarsi dentro rende ciechi” di Paul Watzlawick, 2007, frase con cui l’Autore spiega che cercare di interpretare i propri “moti interiori” (pensieri, emozioni, ecc.) quale prodotto di un processo di causa ed effetto non solo non ha valore terapeutico, ma può peggiorare il problema). 
La cecità può divenire anche il pretesto per una riflessione politica. “Se un cieco guida un altro cieco..." di Cosme Beccar Varela, avvocato, scrittore e politico argentino, segna il suo definitivo distacco dall’associazione brasiliana TFP (Tradizione, Famiglia, Proprietà), la famiglia di associazioni tradizionaliste di ispirazione cattolica diffuse soprattutto in America Latina, Stati Uniti, Europa, Australia e Africa del Sud. 
La TFP è contro la “crisi del mondo contemporaneo” - segnata già da momenti storici come il Rinascimento e la "pseudo-riforma protestante", l'Illuminismo con la Rivoluzione Francese, la rivoluzione comunista e il movimento hippy del ‘68, e più di recente dal progetto di un Nuovo Ordine Mondiale promosso da un’élite giudaico-massonico-comunista - l’acme di un processo di decadenza spirituale da combattere con una “contro rivoluzione” che restauri la "civiltà cristiana", in opposizione a eutanasia, aborto, ricerca genetica sugli embrioni, omosessualità e teorie gender. Beccar Varela denunciò che il movimento, pur essendo di base di matrice laica, era ormai dominato dall’ala religiosa e si era trasformato in una setta eretica a carattere esoterico, costringendolo a dissociarsi. 

Naturalmente, molte opere (incluse alcune di quelle qui menzionate) hanno più livelli di lettura e inserirle in una categoria o in un’altra potrebbe apparire forzato. E poi… altre opere sono, semplicemente, non collocabili con facilità. Che dire, per esempio, di “Rapporto sui ciechi” dello scrittore argentino Ernesto Sábato? In origine, questo testo costituiva la terza parte (di quattro) del romanzo del 1961 “Sopra eroi e tombe” (opera che da racconto di formazione proprio con il suddetto “Rapporto sui ciechi” vira nel surrealismo puro) e, come tale, è interpretabile come il resoconto di eventi appartenenti a un ciclo molto più ampio che riguarda il declino di una famiglia aristocratica, intrecciata con la storia, spesso sanguinosa, dell’Argentina. Talora, però, queste settanta e rotti pagine sono state pubblicate come testo a sé (ne sono stati tratti un adattamento a fumetti da parte del maestro argentino Alberto Breccia, e un film girato da Mario Sábato, figlio di Ernesto: “El poder de las tinieblas”, titolo internazionale “The power of darkness”, 1979). 
Rapporto sui ciechi” descrive un viaggio che assume i contorni di una discesa nella follia. Racconta infatti l’epopea di Fernando Vidal Olmos, un paranoico ossessionato dall’idea che tutti i ciechi facciano parte di una sorta di setta demoniaca destinata a impadronirsi del mondo grazie a un complotto planetario. Questi ciechi avrebbero proprie leggi e una propria gerarchia e vivrebbero nel sottosuolo, in caverne e tane raggiungibili dalle cantine, dalle fogne e da cunicoli sotto le città, che Fernando decide di visitare alla ricerca della verità. 
Per la sua particolarità, non me la sento di accostare tematicamente questo “romanzo nel romanzo” a nessun’altra delle opere che trattano di cecità, tranne forse a “L'uomo della sabbia” di E.T.A. Hoffmann - ne parlerò poi - ma solo per il tema psicologico e la tara mentale del protagonista, non certo per la trama. In seguito cercherò di parlare di alcuni romanzi e racconti cercando di entrare un po’ nel dettaglio. Il cinema sembra invece, a quanto ne so, aver trattato il tema della cecità in maniera più convenzionale, se si eccettuano gli adattamenti a romanzi più o meno famosi. Anche a questo faremo qualche accenno andando avanti.

4 commenti:

  1. La cecità può essere una metafora letteraria, ma è soprattutto un male terribile. Ricordo mia zia che purtroppo lo è diventata in tarda età ed era disperata.
    Forse trasformarla in metafora narrativa è un modo per elaborare il terrore che giustamente suscita alla sola idea di come deve essere la vita quando se ne diventa vittime.

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    1. Da diversi anni, dalle mie parti, esiste una mostra/percorso allestita presso l'Istituto dei Ciechi di Milano. Ti fanno entrare in un edificio completamente buio e te la devi cavare a fare le cose più impensabili senza poter utilizzare la vista. Tra queste c'è la simulazione dell'attraversamento simulato di una strada, con tanto di rumori di fondo (le voci della folla, le gomme che stridono sull'asfalto). Alla fine del tour ti portano in una piccolo bar a bere una bibita. Anche lì nel buio più assoluto.
      Mi ci portarono anni fa e ti assicuro che fu un'esperienza terrificante...

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  2. Arrivo tardi ma batto forte le mani per questa splendida iniziativa!!!! ^_^
    Il tema è intrigantissimo e già dai titoli che hai citato mi affascina molto, è stata una buona idea fare in un certo qual modo il "punto della situazione" nella narrativa della cecità. Vado a recuperare le puntate che mi sono perso.

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    1. A me piacciono molto questi viaggi tematici nella letteratura e nel cinema; non hai idea di quante bozze ho scritto sui temi più diversi e mai pubblicato. Magari qualcun'altra di queste diventerà qualcosa di concreto in futuro, chissà. Grazie per il commento, spero troverai interessante anche il seguito. :-)

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