lunedì 18 agosto 2025

I delitti della casa decagonale

Chiunque sia appassionato di romanzi gialli conosce perfettamente, e certamente apprezza, i cosiddetti “delitti della camera chiusa”, ovvero quel particolare sottogenere in cui l'indagine ruota attorno a un delitto compiuto in circostanze apparentemente impossibili, generalmente una camera chiusa dall'interno. Il vero fulcro di questo sottogenere non è quello classico del poliziesco, cioè scoprire il responsabile, bensì scoprire come il crimine sia stato commesso, visto che la prima impressione degli investigatori e dei lettori è che il criminale, dopo aver compiuto il delitto, sia letteralmente svanito nel nulla. 
Uno dei primi esempi è probabilmente il racconto di Edgar Allan PoeI delitti della Rue Morgue”, ma sono certo molto più noti agli appassionati veri capisaldi del genere come “Il mistero della camera gialla” di Gaston Leroux e “Le tre bare” di John Dickson Carr
Quasi tutti i romanzieri più famosi, prima o poi, si sono cimentati con questa particolare tecnica, da S.S. Van Dine a Edgar Wallace a Ellery Queen, senza naturalmente dimenticare la regina del giallo, Agatha Christie, che con “Dieci piccoli indiani” e “Assassinio sull'Orient Express” ha ampliato l’area di indagine, trasferendola dalle quattro mura in cui era relegata alla vastità di un’isola o di un treno, rispettivamente, mantenendo però rigorosamente inalterato lo schema generale dell’ambiente delimitato e impenetrabile. 

martedì 5 agosto 2025

Profondo rosso

Devo per forza essere impazzito. Non si potrebbe spiegare altrimenti questa mia temeraria iniziativa di voler scrivere a tutti i costi un pezzo su uno dei film più dibattuti del cinema italiano di genere, specialmente in un periodo, quello del cinquantesimo anniversario dalla sua uscita nelle sale, in cui tutti hanno già ampiamente detto la propria. 
Eppure, se non questa volta, prima o poi era inevitabile che sarebbe accaduto. In fondo ho sempre considerato “Profondo Rosso” uno dei più grandi capolavori del cinema nostrano, anche se, e questo devo ammetterlo, con il passare degli anni mi sono dovuto più volte ricredere su certe valutazioni che in prima battuta mi avevano fatto gridare al miracolo. “Profondo Rosso” è un bel film d’impatto, ma certamente non è un capolavoro. E forse non è nemmeno il migliore tra quelli girati dal regista romano. Resta indubbio che si tratti del titolo che, nell’altalenante produzione argentiana, più di ogni altro ha influenzato il mio immaginario, e credo che ciò sia abbastanza evidente per coloro (pochi) che hanno avuto l’ardire di seguire pedissequamente questi quasi quindici anni di blog.
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