Il mese di luglio è ormai agli sgoccioli. Il caldo è opprimente. L’aria condizionata ha smesso di funzionare ormai da molto tempo ed io mi ritrovo a vagare per casa in mutande, mentre lancio i dadi per decidere se mettermi a scrivere queste righe, infilarmi nuovamente sotto la doccia, oppure aprire la porta del frigorifero, agguantare una birra gelata e sbattermi sul divano a cazzeggiare con lo smartphone. Ancora una settimana di lavoro e poi finalmente potrò mettermi alle spalle una stagione tra le più dannatamente difficili da quando ho iniziato a fare il mestiere che faccio. Il mio capo si è già levato dai maroni e per le prossime settimane dovrebbe rimanersene sdraiato a prendere il sole, avanti e indietro in barca tra l’Elba e la Capraia. Ovviamente il suo ultimo giorno non ha fatto eccezione: c’è stato il solito immotivato alterco quotidiano, evidentemente necessario per poter soddisfare quel suo ego smisurato. “Ad Ovest niente di nuovo”, disse tanti anni fa Erich Maria Remarque. Io invece oggi posso dire: “Sulla Ovest niente di nuovo”. E infatti sulla Ovest c’è ancora il solito casino. A rendere il tutto ancora più stressante c’è il fatto che la “mia” azienda abbia appena traslocato, generandomi chilometri extra di tangenziale di cui davvero non sentivo il bisogno. Ma non è il caso di preoccuparsene adesso. Ancora pochi giorni e mi metterò in standby pure io e con me andrà in pausa pure il blog perché, come si dice, quando ci vuole ci vuole.
martedì 30 luglio 2013
mercoledì 24 luglio 2013
La ricerca dell’immortalità
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Di mummie ho già scritto in precedenza su questo blog, e se ci torno su nuovamente è perché trovo l’argomento molto interessante, e più prosaico, e meno orrorifico (o meramente orrorifico, se preferite) di quanto di primo acchito si possa pensare. Ora qualcuno storcerà il naso, forse. Se così fosse, spero di contribuire a farlo ricredere… complice un vecchio dossier sull’ormai scomparsa rivista "Hera" che mi ha dato l’idea di addentrarmi nel seguente excursus nel poco esplorato mondo delle mummie.
Se il binomio mummia/Egitto è ormai idea radicata, la mummia non è certo prerogativa unica di quell’area geografica, né di quella cultura o di quell’epoca. Ci sono mummie che invece di pochi millenni hanno solo pochi secoli, o pochi decenni… mummie su suolo europeo, o asiatico… mummie “religiose” e mummie “politiche”… Non c’è praticamente luogo al mondo che non abbia le sue mummie, perché la conservazione del corpo, in primis, non è che un tentativo di raggiungere simbolicamente l’immortalità, cosa che, prima ancora che appannaggio dei potenti (come i faraoni) era prerogativa di un’altra categoria di eletti, gli artisti, che con i loro versi o pitture immortali, eccetera eccetera, si assicuravano un posto duraturo nella memoria dei posteri, nella storia dell’umanità. Sto parlando di conservazione volontaria del corpo, ovviamente, e non di quei casi in cui le condizioni climatiche unite al caso hanno permesso ad un corpo di mantenersi integro, invece che deteriorarsi come natura vorrebbe.
venerdì 19 luglio 2013
Secchiate di rosso a 170Hz
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Joost Van Ginkel,
Olanda
Credo che per poter cogliere appieno anche le più sottili sfumature di questo film olandese, dal curioso titolo di “170 Hz”, bisognerebbe immedesimarsi completamente nei suoi due protagonisti. Bisognerebbe in primis avere un’età vagamente “tardo-adolescenziale”, se mi passate il termine, e in secondo luogo avere alle spalle una famiglia discretamente alto borghese, in modo da potersi permettere, senza grosse ripercussioni, uno spensierato atteggiamento da “rebel without a cause”. Su quest’ultimo punto non posso esprimermi, visto che provengo da una famiglia operaia (anche se l’idea di fare il ribelle è balenata nella mente anche a me ad un certo punto, un po’ come a tutti, senza tuttavia risultare credibile nemmeno a me stesso). Sul primo punto mantengo pure qualche riserva: è vero che un “tardo-adolescente” lo sono stato anch’io qualche tempo fa, ma è anche vero che ho trascorso quegli anni meravigliosi a zonzo nelle periferie di Milano, anziché in una moderna e disinibita città del Nord Europa. Ah, dimenticavo… e in terzo luogo bisognerebbe essere sordomuti, come Evy e Nick, i due teenager di cui sopra. Queste sono le premesse.
lunedì 15 luglio 2013
Full Moon Madness
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Milano, marzo 2007. Rainbow Club. È lunedì sera e nel locale semibuio ci sono sì e no una cinquantina di persone. O di più, forse anche molte di più ed è la mia memoria che m'inganna, ma cambia poco: il locale, già di suo non grandissimo, è semivuoto. Quando parte la musica, però, i più sfegatati si accalcano davanti al palco saltando, pogando e gridando a squarciagola le parole delle canzoni. Io mi tengo un po' in disparte, sullo sfondo, ma sono ipnotizzato da quello che sta succedendo a pochi metri da me. Alla fine il concerto sarà memorabile. Sarà perché sono portoghesi, ma i Moonspell sono un gruppo, a dir poco, malinconico. Non di quella malinconia cupa e spesso rabbiosa tipica delle terre del nord, no, di una malinconia un po’ più pacata, ma forse anche più disperata.
venerdì 12 luglio 2013
Certi... concerti
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lunedì 8 luglio 2013
L'altra parte (Pt.2)
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Nella seconda parte del romanzo il Regno del sogno comincia a sgretolarsi, implodendo in un processo di decadimento così rapido che, più che del sovrannaturale, ha dell'apocalittico; questo mentre le ultime illusioni circa la vera natura del Regno del sogno vengono a cadere e un ricco fabbricante di carne in scatola americano, Ercole Bell, si scontra con Patera.
Era un oceano di sangue che si estendeva laggiù, fin dove spaziava il mio sguardo. I flutti purpurei e bollenti salivano sempre più in alto, i miei piedi erano lambiti dalla spuma rosata della risacca. Un sentore nauseabondo mi penetrò il naso. Il mare rosso si ritirò e imputridì davanti ai miei occhi; il sangue divenne sempre più denso, più scuro, più nero, con dei riflessi, ogni tanto, che avevano tutti i colori dell’arcobaleno. Più volte il liquido denso si aprì, rendendo visibile il fondo di quel mare, che era ricoperto di un limo molle ed esalava miasmi pestilenziali. Patera e l’americano si attanagliarono in una massa informe: l’americano era divenuto ormai un corpo solo con Patera. Un corpo mastodontico che era impossibile abbracciare con lo sguardo e che si rotolava in tutte le direzioni. Quell’essere senza forma possedeva la natura di un Proteo: sulla sua superficie si formavano milioni di piccoli volti cangianti, che parlavano, cantavano e gridavano tutti insieme e poi si disfacevano.
venerdì 5 luglio 2013
L'altra parte (Pt.1)
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Letteratura
Si dice che le persone più creative siano anche quelle più inquiete, irrisolte. Questa definizione calza a pennello ad Alfred Kubin (1877-1959), dei più grandi disegnatori del '900, divenuto famoso in Italia a seguito di una mostra del 1952 inaugurata dalla Biennale di Venezia, ma poi più o meno caduto nell'oblio. Disegnatore fantastico, sapeva mettere su carta “tutte le sensazioni possibili”, trasformandole in un immaginario morboso: amore, morte, disperazione e così via. Per farlo attingeva ai suoi sogni, ai suoi incubi, ma anche, certamente, ai suoi ricordi.
Nel 1909, appena trentunenne, Kubin pubblicò “L'altra parte”, il suo unico romanzo compiuto, considerato il primo romanzo espressionista della storia, o più spesso definito pre-espressionista, a voler sottolineare lo spirito pionieristico del suo autore nell'affrontare e sviscerare un certo tipo di tematiche. All'epoca Kubin era già un illustratore di una certa fama, anche se la sua consacrazione avvenne più tardi, con la maturità artistica, ma alla morte del padre, l'anno precedente, aveva reagito malissimo; al padre lo legava un complesso rapporto di amore-odio e, come se ciò non bastasse, il lutto era sopraggiunto nella sua vita al culmine di un periodo di profonda prostrazione psicologica e di crisi creativa. Forse per questo Kubin, non riuscendo ad esprimersi con il disegno come desiderava, affidò le sue emozioni a questo romanzo cupo e bellissimo nel quale è possibile leggere il suo disagio interiore, la sua sofferenza. Un romanzo che passato il primo, e poi il secondo dopoguerra, con l'arrivo di tempi meno cupi avrebbe facilmente potuto cadere nel dimenticatoio, e invece è sopravvissuto all'usura del tempo mantenendo inalterata la sua dirompente forza.
lunedì 1 luglio 2013
Issun-bōshi
Per esempio, sapevate che la storia di una creatura alta appena un pollice è diffusa in molte varianti un po' in tutto il mondo? La fiaba “Tom Pouce” di Charles Perrault del 1697 (ripresa dai fratelli Grimm nel 1800) in italiano si chiama “Pollicino”, in inglese “Tom Thumb”, in tedesco "Daumesdick”, in spagnolo “Pulgarcito”, in portoghese “O Pequeno Polegar”, e poi ci sono varianti in danese, polacco, russo, olandese… persino vietnamita. E il Giappone? Di certo non poteva mancare all’appello, anzi quella di cui vi parlerò oggi è proprio la storia del Pollicino del Sol Levante, Issun-bōshi (一寸法師): “Issun-bōshi from OtogizōshiIssun-bōsh”.
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