giovedì 30 aprile 2015

In fondo al corridoio

Siamo in dirittura d’arrivo, amici miei. Questo è l’ultimo della lunga serie di post dedicata ai corridoi sussurranti e, tra qualche ora, tutto finirà in archivio. La gigantesca immagine che vedete qua in alto lascerà il posto all’header tradizionale e sarà quello il segnale che sancirà il ritorno alla normalità. Una normalità relativa, come vi spiegherò tra qualche giorno alla riapertura del blog. Ma ora che il mese di aprile è giunto al termine, lasciatemi provare a tirare qualche somma.
Come già accennato nell’introduzione, nessuno dei film che compongono la saga di “Whispering Corridors” è un horror nel senso stretto del termine. Forse è “Wishing Stairs” l’unico a calcare un po’ la mano in certe scene (anche se in fondo, secondo me, è interessante soprattutto per l’aver sfruttato efficacemente nella trama il concetto di legge del contrappasso) così come, in misura minore, “A Blood Pledge”. Se nei rapporti tra le protagoniste il confine tra amicizia e amore è sempre molto labile, e allo stesso tempo nulla di “sconveniente” viene mai mostrato, ci sono due eccezioni da rilevare: la prima è “A Blood Pledge”, dove in retrospettiva è evidente che le due protagoniste sono legate solo da affetto fraterno, ma soprattutto “Memento Mori”, che difatti è l'episodio con le atmosfere più morbose, dove l'amore saffico si palesa in diverse situazioni e soprattutto nella famosa scena del bacio in classe (la cui immagine ho inserito a corredo della recensione del film). Questo tema pesa molto nell'economia del film, anzi si può dire che è la sua vera impronta. Si dice che, del cast di attori presenti sul set, solo le interpreti di Hyo-shin e Shi-eun fossero al corrente di come si sarebbe svolta quella scena, e le reazioni delle altre ragazze sarebbero non finzione scenica ma vera sorpresa e disgusto, cosa che ci dà la cifra di come allora (e probabilmente anche adesso) si reagiva di fronte all’omosessualità.

Insomma l'horror fa capolino, ma non è il vero fulcro di film ove prevalgono piuttosto il dramma e il mistero, ove la ricerca di risposte è sì indagine dei fatti accaduti, ma soprattutto indagine psico-emotiva.
Nessuno di essi è un horror in senso stretto ma, a prescindere dai contenuti così a lungo descritti in questi trenta giorni appena trascorsi, è proprio horror il termine tecnico con il quale questi cinque film sono accreditati ed etichettati. Ed è lo stesso termine che ho usato nel primo post, definendo il primo capitolo come “un film che avrebbe cambiato per sempre gli equilibri dell'horror”, ricordate? È vero che scrissi subito dopo che “parlare di horror in questo contesto è sostanzialmente riduttivo se non del tutto errato”, ma anche vero che subito dopo pubblicai due post su “I corridoi della paura”, giusto per mettere in chiaro che non si sarebbe parlato di pizza e fichi.
La speranza che covavo dentro di me, e che da allora avrebbe sempre più preso i contorni di una sfida, era di portare a leggere articoli dichiaratamente horror lettori che normalmente rifuggono l’horror. Portarli a leggere ma, soprattutto, suscitare in loro dell'interesse e a fare in modo che sorgessero in loro delle domande.
L’horror è infatti una di quelle cose che si amano o che si odiano: un  po’ come accade alla musica metal, alla religione, al comunismo, alla Juventus, alle ragazze bionde o agli amministratori di condominio. In ogni campo c’è sempre qualcosa che ci respinge, dal quale tendiamo ad allontanarci, senza tante storie, per partito preso.
Tante volte, dicendo che amo l’horror, sono stato guardato con sospetto. Alcune persone sono convinte che chi guarda l’horror, o legge l’horror, non sia in grado di apprezzare nient’altro. Ti piace l’horror? Allora di sicuro sei un folle maniaco omicida che adora fare il bagno nel sangue come Erzsébet Báthory, si tiene in casa una tarantola come animale domestico, maltratta cani e gatti e, non contento, mangia i bambini a colazione. Non è esattamente così, ve lo assicuro. Il bagno lo faccio nella schiuma profumata, amo gli animali (un po’ meno ragni e bambini) e il fatto che sono in grado di apprezzare anche altro credo, in questi quattro anni di blogging, di essere riuscito vagamente anche a dimostrarlo. E allora perché dico di amare l’horror? Cercare di dare una risposta a questa domanda era appunto lo scopo che mi ero prefissato all’inizio di aprile. Volevo condividere con i miei impavidi lettori la mia convinzione che anche una serie definita horror può offrire dei contenuti sui quali vale la pena soffermarsi un attimo a riflettere e discutere. Se ci sono riuscito? Non posso esserne sicuro, ma spero proprio di sì. E se lo spero non è certo per i tanti commenti e i segnali di apprezzamento ricevuti che, in fondo, potrebbero anche dipendere dalla stima che una parte di voi ha per me e per questo blog. Spero di esserci riuscito per via una sensazione che non so descrivere, e che forse dipende da un mix tra il numero di condivisioni che avete fatto nei social, dal numero totale di visite registrate (questo mese ho superato per la prima volta la soglia dei diecimila contatti), dal fatto che ho visto alcune facce nuove commentare qua sopra, e forse dalle tante adesioni ricevute alla mia proposta di chiudere questo progetto con un bel “K-Horror Day” (i dettagli in fondo al post).

Lo Speciale Whispering Corridors è finito, come dicevamo. Sorprendentemente abbiamo scoperto una saga con più alti che bassi, i cui picchi a mio parere sono senz’altro “Memento Mori” e “Voice” ma in cui, in tutta onestà, non posso identificare capitoli del tutto non riusciti. Se qualche ovvietà di troppo compare nella trama e nel suo svolgimento, questo viene compensato da un approfondimento mai banale di temi e personaggi, mentre dal punto di vista tecnico-estetico si nota una crescita pressoché costante, tanto che, arrivati alla fine, ci si ricorda appena dell’essenzialità di “Whispering Corridors”.

Il cinema in Corea del Sud può vantare anche altri buoni esempi di horror e, nell’attesa di riparlarne ancora, in un futuro ancora non stabilito, vi ringrazio per il calore che mi avete trasmesso con le vostre visite e i vostri commenti. Lo Speciale Whispering Corridors è finito ma la festa continua altrove e, senza altro indugio, vi invito a leggere i post che alcuni colleghi blogger specializzati in “cose di cinema” hanno preparato oggi  sull’argomento. Oggi è il K-Horror Day, signore e signori!
Un ennesimo grazie a loro, quindi, per aver aderito a quest’ultima iniziativa per supportare lo speciale di Obsidian Mirror e aiutarlo a chiudersi degnamente.

Sono ben due i blogger che oggi hanno optato per offrire la loro personale interpretazione di "Whispering Corridors" (Park Ki-hyung, 1998), il primo capitolo della saga di cui ormai dovreste conoscere tutto a menadito. Ma anche se siete ormai degli esperti, vi invito lo stesso a fare loro una visita. È sempre interessante conoscere l’opinione di qualcun altro, no? Si tratta di Alfonso del blog Non c’è paragone e Marco “Cannibal Kid” del blog Pensieri CannibaliDel ghost-movie “Sorum” (Jong-chan Yun, 2001) ci parla invece la specialista horror Mari di Mari’s Red Room: il film da lei scelto racconta la storia di un giovane tassista che si trasferisce in un vecchio appartamento fatiscente che fu sito di una tragedia brutale avvenuta trent'anni prima. L’inossidabile Ford del blog White Russian ci presenta “A Tale Of Two Sisters” (Kim Ji-Woon, 2003), la storia di due sorelle che, dopo aver trascorso un lungo periodo in un istituto per malattie mentali a seguito della morte della madre, fanno ritorno a casa, dove ad attenderle, oltre al padre e alla nuova compagna c'è anche una presenza inquietante di cui solo loro due sembrano accorgersi. Un super classico è invece la scelta dell’irrefrenabile Arwen Lynch del blog La fabbrica dei sogni: si tratta di “Three...Extremes” (Fruit Chan, Takashi Miike, Chan-wook Park, 2004), un film composto da tre episodi girati da alcuni tra i più grandi nomi del moderno cinema orientale. Il buon Jean Jacques di Recensioni Ribelli ci porta nel mondo di “The Host” (Bong Joon-ho, 2006), vero record di incassi in Corea del Sud per il regista di Snowpiercer e per la sua creatura geneticamente modificata, che sbuca dalle acque del fiume e fa strage di poveri passanti. La simpaticissima Lisa Costa del blog In Central Perk si butta invece sulla rivisitazione di un classico della letteratura per bambini, vale a dire la versione coreana di “Hansel & Gretel” (Yim Pil-sung, 2007): un giovane uomo, smarritosi nel bosco, dopo lungo peregrinare trova una bella casa con un camino bello caldo, cibo, bevande e una famiglia con tre bambini adorabili. Troppo perfetto per essere vero? La graffiante Erica del Bollalmanacco si getta senza alcuna esitazione su “Thirst” (Park Chan-wook, 2009), una storia a sfondo vampirico, molto liberamente ispirata al romanzo “Teresa Raquin” di Émile Zola. Il blog Delicatamente Perfido della brava Ester Moidil presenta invece “I Saw the Devil” (Kim Jee-woon, 2010): durante una notte nevosa una donna attende nella sua auto l'arrivo del carro attrezzi, ma giunge un uomo dall'aria sospetta, a bordo di un pulmino, che le domanda se ha bisogno di aiuto. Beatrix Kiddo sveste invece i panni della sposa di Tarantino per proporci su Cinquecento Film Insieme la sua opinione su “The Terror Live” (Kim Byung-woo, 2013), la storia di un conduttore radiofonico che riceve la telefonata di un singolare ascoltatore. L’inarrestabile Alessandra di Director’s Cult chiude in bellezza con “Mourning Grave” (Oh In-chun, 2014), una commovente storia di fantasmi ambientata tra i corridoi scolastici. Non vi ricorda proprio nulla?


34 commenti:

  1. Eccomi a commentare questo tuo nuovo articolo.
    Esordisco col dire che faccio parte della schiera dei non amanti dell'horror, ma devo anche precisare che non mi piace perchè probabilmente mi fa paura. L'ultimo horror che ho visto aveva per protagonista un fotografo che si ritrovava nelle istantanee degli strani lampi di luce, che poi si scopre trattasi di uno spirito che lo tormenta (ed è seduto sulle sue spalle... argh!).
    Questo genere non mi piace probabilmente perchè arriva a toccare quelle pieghe della nostra personalità dove sono riposte (nel mio caso "sigillate") le nostre paure più profonde, ma probabilmente sto scrivendo un'ovvietà. Amo diversi generi di racconto, sia esso narrativa o cinema, e credo che siano quelli che suscitano in me emozioni positive, probabilmente rassicuranti.
    Però... però. C'è qualcosa di innegabilmente interessante in questo tipo di film, che forse non può fare a meno di attingere alla migliore letteratura horror (Poe è assolutamente il mio prediletto): la capacità di raccontare, senza essere banali. La capacità di arrivare alle cose senza ricorrere a immagini convenzionali. Ecco il genio dove si nasconde. Guardo quindi al vrituosismo tecnico di questi registi e maestranze e mi inchino dinanzi al talento. L'immagine che hai messo in alto, per esempio, potrebbe essere un'ottima fotografia, sucita inquietudine, già ci sta "raccontando" qualcosa. Lo trovo estremamente interessante.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Conosco bene il film di cui parli: si tratta di "Shutter", una delle più terrificanti pellicole sui fantasmi thailandesi. E quando dico "una delle più terrificantii" intendo una di quelle meglio adattabili alla nostra scarsa percezione occidentale. A differenza di quelli giapponesi e coreani, i fantasmi thailandesi sono molto meno avvicinabili dalla nostra cultura. I racconti thai sono criptici nel descrivere le loro leggende ed è necessaria una profonda cultura della materia per poter cogliere tutte le sottili sfumature che essi offrono. Sfortunatamente la mia cultura sulla Thailandia è limitata, ma mi sto seriamente impegnando.
      Non so se tu abbia visto la versione "storica" del 2004 o il remake americano del 2008 (quest'ultimo giunto da noi con il titolo "Shutter: ombre dal passato". Quest'ultimo a me manca ma ho ragione di credere che sia esattamente identico all'originale thailandese.
      Capisco perfettamente quanto il genere horror possa suscitare perplessità. Personalmente lo trovo un eccellente modo per avvicinarmi a differenti culture, perché non c'è nulla come la paura che possa descrivere un popolo.

      Elimina
    2. "Personalmente lo trovo un eccellente modo per avvicinarmi a differenti culture, perché non c'è nulla come la paura che possa descrivere un popolo".
      Come insegnante, ti dico che questo passaggio mi interessa molto. Forse è proprio in questa dimensione che va collocato il patrimonio di racconti di ogni cultura. La paura ne è parte intergrante, quindi questi generi sono assai più vicini a noi di quanto pensiamo. Grazie, un bellissimo confronto questo.
      P. S. Ho visto il remake del 2008... brrrr. :-)

      Elimina
  2. E' stato un viaggio interessante, ma mi resta una curiosità: ne hanno mai fatto delle parodie, li hanno mai stemperati in qualcosa di simile a Scary Movie, oppure l'argomento è lì troppo sentito per poterlo trattare diversamente?

    RispondiElimina
    Risposte
    1. L'argomento è effettivamente troppo sentito per poterlo trattare diversamente. Esistono però in Giappone delle parodie horror abbastanza interessanti: mi viene in mente il recente "Zombie Ass: The Toilet of the Dead" (Noboru Iguchi, 2011), ma anche i quel caso, come vedi, i fantasmi non si toccano.
      Una curiosità che ho letto di recente da qualche parte: fu chiesto a (mi pare) un regista thailandese il motivo per cui i film horror nel loro paese fossero incentrati tutti sulle figure di fantasmi, demoni e vampiri, mentre non fossero mai, per esempio, stati girati film thai sugli zombi. La risposta fu semplice quanto rivelatrice: egli disse: "è semplicemente perché gli zombi non esistono".

      Elimina
    2. Risposta davvero illuminante, anche se mi pare che in Giappone le cose vadano in modo diverso, o almeno credo perché non mi riesce di capire se alla fine si tratti di horror o la sua versione comica parodistica, o meglio folle se ricordo un film a tema school-girl zombie. Ma forse la risposta va letta in altro modo, che quando vogliono parodiare prendono temi occidentali, ma che quando fanno qualcosa di “serio”, allora guardano ai soli “demoni di casa”.
      E questa indifferenza agli zombie come tema “serio”, forse dice molte più cose di quello che sembra.

      Elimina
    3. Hai colto perfettamente il punto, direi.

      Elimina
  3. Grazie per questa iniziativa! Ho fatto pace con il genere horror! Spero che la mia interpretazione di Mourning Grave sia interessante e fatta come si deve! ^_^

    RispondiElimina
    Risposte
    1. La tua interpretazione di Mourning Grave è stata fenomenale. Come ti ho commentato di là mi è piaciuta molto un tua frase che qui riporto integralmente: "Se nel dramma teatrale A porte chiuse Jean Paul Sartre identificava l'inferno con una stanza chiusa senza finestre dove gli astanti finiscono per torturasi psicologicamente a vicenda, in Mourning Grave la classe di un liceo diventa il luogo di odio e soprusi."
      Hai scelto un film che potenzialmente avrebbe potuto diventare il sesto capitolo di Whispering Corridors... peccato che sia arrivato fuori tempo massimo, quando ormai questo genere di cinema si è ridotto ad essere una mera ripetizione di se stesso. Grazie.

      Elimina
    2. Sto cercando di commentare, ma il mio blog ha deciso di rompere i maroni e non mi fa visualizzare i commenti. Sappi che sono in brodo di giuggiole. Sono stra contenta di non aver deluso le aspettative! Avendolo visto con i sottotitoli inglesi, avevo paura di aver perso un po' nella traduzione e di conseguenza non averci capito una mazza. Ma a quanto pare non è così! ^_^

      Elimina
    3. Sei stata bravissima. So io che sono in brodo di giuggiole ^_^

      Elimina
  4. Perdona la recensione da neofita su "The terror live" che, tra le altre cose, mi è piaciuto un sacco. Leggendo te e gli altri blogger ho accumulato una bella lista di filmoni da vedere...

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Non te le sei cavata affatto male, Beatrix! In fondo non è detto che serva conoscere a fondo qualcosa per poterne parlare. Spesso è sufficiente pescare le parole nella propria anima e buttarle fuori come ci si sente di farlo. E questo a te riesce molto bene. Grazie!

      Elimina
  5. Rispetto a quando ero più giovane ho un po' perso l'interesse per il film horror, forse sono già sufficientemente entrato nell' "orrore" quotidiano della vita adulta da non aver più bisogno di sublimarlo tramite film e fumetti con tale argomento.
    Però la tua presentazione di questa serie di film è stata così piena di insight che, beh, mi sta venendo la curiosità di vedere almeno il primo per valutare le emozioni che è in grado di trasmettere.
    Hai fatto una lavoro molto accurato :-)

    RispondiElimina
    Risposte
    1. E' stata una lunga galoppata quella che si sta concludendo oggi sul blog. Personalmente mi sono divertito tantissimo e sono contento di vedere che la cosa è reciproca. Parlare di uno stesso argomento per un mese intero è dannatamente rischioso: l'attenzione è destinata a calare sul finale e non è detto che a tutti possa interessare l'argomento che si è deciso di affrontare. Grazie per essere stato presente con assiduità.

      Elimina
  6. E' stato uno speciale più appassionante di quanto avevo immaginato...

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Avevi forse sottovalutato questo blogger ?? ^_^

      Elimina
    2. Non essendo appassionato di cinema asiatico, non sapevo bene che aspettarmi. Però questo non mi ha impedito di leggere e commentare tutti i post dello speciale e riflettere sulle cose che in maniera così amplia e dettagliata ci hai raccontato. Mi sono piaciuti particolarmente i riferimenti al folklore coreano e la riflessione semigiornalistica sulla tragedia dei suicidi di gruppo.

      Elimina
  7. Comincio col dire che tutti i post dedicati a questo ciclo sono stati interessanti, stimolanti, pieni di riflessioni e spunti, e perciò stesso ci sono stati commentatori che a mio avviso hanno dato ottimi contributi. Un successo su tutta la linea! *__* Complimenti TOM!

    Per quello che riguarda la questione del sospetto XD suscitato quando si dichiara di amare l'horror, o le bionde (ma perché poi! XD) o altro... Ecco, prima di tutto, viviamo nel paese in cui gli anime sono prodotti (uso questo termine appositamente, perché così vengono appunto trattati e pensati da chi lo afferma) per i bambini, i fumetti sono prodotti al più per i nerd o per i peter pan, se leggi poesia (io, io, io!) sei strano, se ti piace il teatro, ok ma quanto sei snob, chissà se mangerai la pizza... Santa pazienza :P
    Per me la sola discriminante è che quel film/libro/comics/ecc. in questione, sia almeno stimolante, curioso, interessante... non deve essere per forza un capolavoro. Non esistono generi o etichette: se si usano per convenzione, quindi comodo e utilità, mi sta bene, ma non per definire e qualificare, perché si finisce davvero con l'essere snob, ovvero chiusi di mente. Figurarsi giudicare le persone in base ai propri gusti (devo specificare nei limiti del lecito ecc.??? E spero ben di no) -_-



    RispondiElimina
    Risposte
    1. Mi piace pensare che questo progetto sia riuscito bene. Non è stato facile, forse perché eccessivamente di nicchia, ma alla fine sono contento. Grazie per i complimenti. Gentilissima!

      Elimina
  8. come dire....wow!! sarà lapidario il mio commento, ma non ho nessuna aggiunta o puntualizzazione da farti. sei stato praticamente enciclopedico, non nel senso di palloso come può essere un'enciclopedia, per quanto utile possa essere. ma perchè hai fatto un excursus degno di nota! Bravissimo, ma non avevo dubbi.
    E il tanto per stare in tema, i corridoi ritornano sempre nei miei sogni (vedi l'ultimo, io reincarnata in Lucrezia degli Obizzi), e comincio a capire il perchè

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Wow! Grazie per le tue bellissime parole, Lucr... ehm.. Donata! Mi sa che comincio a commuovermi.

      Elimina
  9. Per me che conosco il Giappone solo tramite Manga, Anime e quel poco che è filtrato attraverso il cinema americano, è stata una lezione con i fiocchi.
    Ti ringrazio. ;-)

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Grazie a te per aver seguito tutto dall'inizio alla fine! Lezione? Che parole grossa! Diciamo che è stata una conversazione che ha portato qualcosa da entrambe le parti.

      Elimina
  10. Ho letto fra uno scatolo e l'altro entrambi i post di chiusura! :D Sono felice ne sia nata una 'giornata' del genere! Complimenti a tutti e soprattutto a te: è stato uno speciale molto accurato da parte tua per la pazienza di analizzare ogni singolo film nei suoi aspetti peculiari prima relativi strettamente alla trama e conseguentemente ad ampio raggio dando una visione d'insieme sulla società coreana.
    Il che mi ha fatto venire curiosità perché ne so molto poco!
    Mi sono appassionata alla vicenda degli hikikomori... in realtà nonostante sia un fenomeno collaterale e in negativo trovo molto significativo che stia avvenendo, un po' come gli inetti a vivere del decadentismo nostrano e potrei anche condividerne i motivi scatenanti che ne stanno alla base (sono folle probabilmente, lo ben so). Ma è curioso come ne sappiamo tutti talmente poco sulla Corea che viriamo le discussioni sempre sul più noto Giappone oppure, con qualche esempio molto arrischiati, sulla Cina. Anche questo fa pensare, insomma: un argomento e mille domande! Hai fatto un gran bel lavoro per la mia testa Obs! :°D Bravo!

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Un argomento e mille domande.. già, è proprio vero. Questa serie di post e i commenti che si sono susseguiti giorno sopo giorno mi hanno messo addosso una voglia infinita di portare avanti argomenti qui solo accennati... e non è detto che prima o poi non capiti. Adesso però è il momento di staccare un attimo, no?
      Grazie per esserci stata dall'inizio alla fine, nonostante il trasloco!

      Elimina
  11. Onestamente debbo ringraziarti di cuore per avermi fatto conoscere questa produzione, decisamente notevole. Non entro nel merito, prima devo finire di vedere i film disponibili su you tube ma intanto un grosso grazie. Avanti così!

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Grazie a te! Attendo allora un tuo parere alla fine delle visioni ^_^

      Elimina
  12. E così ho finito anche questo speciale. Devo dire che, insieme con quello di Sadako, è quello che mi è piaciuto di più, ed è stata una bella scoperta. Ora che cosa mi consiglieresti dal tuo menu-blog?

    Per finire... arrivo ultima tra i tuoi commentatori, ma "beati gli ultimi che saranno i primi"! ;-)

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Il primo speciale, quello su Phantasm, era oggettivamente acerbo. Rileggendolo oggi, grazie ai tuoi recuperi, è difficile non notare certe ingenuità e la completa mancanza di una programmazione. Diciamo che l'esperienza Phantasm mi è servita per poter migliorare in seguito.
      Questo speciale coreano è a tutt'oggi quello che, a mio parere, è venuto meglio. Mi riferisco alla sua completezza e alla sua capacità di lasciare che la lettura scorra fluida.
      I due più recenti risentono forse della necessità, con cui ho dovuto fare i conti, di costringere argomenti vastissimi in uno spazio limitato. Li ho trovati però molto stimolanti e, al di là del risultato, ne sono pienamente soddisfatto.
      Cosa offre il menù del blog? Domanda difficilissima. Non saprei se speciali come Orizzonti del reale e quello sugli Yellow Mythos
      possano esserti affini. Considerate le tue letture precedenti ti consiglieri senz’altro il post sul Green Man o quello sul celebre dipinto del Giorgione, scritto a quattro mani con una collega blogger.
      In alternativa, posso rivelarti la vera natura di uno dei miti della nostra infanzia, al quale ho dedicato una serie di cinque post che partono da qui.
      Infine, in fondo alla pagina, c’è un’immensa nuvola di etichette sulle quali puoi sbizzarrirti…

      Elimina
  13. Anch'io parto con idee ambiziose quando lancio le mie serie, poi devo sempre fare i conti con due fattori: la complessità degli argomenti e il fatto che sono da sola a scrivere. Per questo tiro un sospiro di sollievo quando mi arriva qualche proposta per dei guest post.

    Di Orizzonti del reale avevo già letto e commentato un paio di post, e lo metto in nota; Yellow Mythos devo ancora scoprirlo. Mi faccio sicuramente un nodo al fazzoletto su Green Man e Giorgione! Grazie ancora, e alla prossima. Ti lascio con un quesito: "In quale post ricomparirà?" ;-)

    RispondiElimina
    Risposte
    1. In quale post? No, non sono bravo con gli indovinelli. Preferisco conservarmi la sorpresa... ^_^

      Elimina
    2. Bravo! Tra l'altro ho menzionato il tuo blog e il tuo speciale thailandese nel mio ultimo post, o meglio guest post, "Alla ricerca degli antenati."

      Elimina

Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...