«Avevo vent'anni... Non permetterò a nessuno di dire che questa è la più bella età della vita.» (Paul Nizan)
Quando uscì questo articolo, il 29 novembre 2014, Obsploitation stava già affrontando i primi suoi periodi di crisi. Quasi due mesi erano trascorsi dal post precedente e c'erano già i primi segnali che l'idea di poter gestire un secondo blog, parallelo ad Obsidian Mirror, fosse lì lì per naufragare.
Furono due gli avvenimenti che mi diedero modo di uscire dal torpore. In primo luogo l'iniziativa sorta in seno al solito gruppo di blogger cinefili, che avevano lo scopo di diffondere sensibilità attorno ad un argomento spinoso al quale, ahimè, non si dedica mai abbastanza attenzione, vale a dire la ricorrenza del 25 novembre, giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne. I blogger coinvolti, tre al giorno, si impegnarono a pubblicare un articolo sull'argomento a partire appunto dal 25 novembre di quell'anno e fino alla fine del mese.
In secondo luogo ci fu la prematura scomparsa di una delle regine della commedia sexy all’italiana anni Settanta. Sto parlando naturalmente di Lilli Carati, all’anagrafe Ileana Caravati, giovane interprete di B-movies oggi elevati allo stato di cult e, in questi ultimi anni forse ancora più di allora, icona exploitation fra le più desiderate.
A coloro che si aspettavano un post-necrologio che, in quattro e quattr’otto, si trasformasse nella solita divagazione perbenista sugli anni più travagliati della vita di Lilli Carati, risposi che no, non era Obsploitation il posto giusto da cui mettersi a sparare sentenze. Lilli Carati non era più tra di noi e tutto quello che era stato detto e fatto non aveva più importanza. Era giunto il momento del silenzio. Era giunto il momento di ricordare Lilli Carati nella versione splendida che seppe offrire alla macchina da presa di Fernando Di Leo nell’ormai lontano 1978. Ecco cosa ne scrissi all'epoca.
Considerato uno dei film più controversi del regista pugliese, “Avere vent’anni”, visto oggi con gli occhi di un adulto che ne ha passate di ogni, può apparire una boiata stratosferica. Nulla da eccepire e, se devo proprio ammetterlo, rivedendolo qualche giorno fa prima di scrivere questo post, sono arrivato a perdermi, per sopravvenuto sonno, anche la famosa scena di letto fra la Carati e Gloria Guida.
Non è così strano, ve lo assicuro. Abituato ormai da anni a considerare Fernando di Leo come l’Autore ispirato di pellicole quali “Brucia ragazzo brucia” o “I ragazzi del massacro”, sembra quasi incredibile che questo “Avere vent’anni” possa portare la sua firma. Almeno per i primi nove decimi del film. Almeno fino a quella allucinante scena finale, che si sgancia prepotentemente dalla insulsaggine che permeava il film fino a quel momento per trasformare improvvisamente “Avere vent’anni” da dimenticabile a indimenticabile.
E pensare che quel violentissimo finale, dove le due ragazze venivano violentate a morte e in cui la nostra Lilli Carati finiva sventrata con un ramo piantato nella vagina, fu tagliato dalla censura e proiettato nelle sale cinematografiche in una versione edulcorata che ne sovvertiva completamente il significato. Privato di quel finale, di “Avere vent’anni” rimangono solo le allegre imprese di due belle ragazze alla ventura, tra un espediente e l’altro e tra un letto e l’altro. Una sequenza di situazioni boccaccesche che si possono riassumere nella battuta che le sue protagoniste non fanno che ripeterci per novanta minuti: “Sono giovane, bella e incazzata”.
Alla luce di quel finale, recuperato con un quarto di secolo di ritardo solo nella versione integrale datata 2004, quel “Sono giovane, bella e incazzata” acquista un significato più sinistro. Essere belle, giovani e incazzate negli anni Settanta non pagava, ci stava dicendo Fernando Di Leo. Va bene la liberalizzazione sessuale, va bene l’emancipazione, va bene la contestazione, ma… se eri una donna, allora era diverso, perché quegli furono sì anni formidabili, ma lo furono solo per gli uomini. Un messaggio forte e controcorrente sebbene, vale la pena precisarlo, “Avere vent'anni” sia stato realizzato con un decennio di ritardo rispetto agli evocati anni della contestazione. Tutto ad un tratto quel film, guardato distrattamente mentre si è intenti a fare altro, smette di essere quello che sembra e ti pianta un calcio improvviso negli attributi, lasciandoti indifeso come una sardina in un convegno di gatti.
È proprio qui che scopriva le sue carte quel regista che temevi essersi perso per strada, risucchiato dalle tentazioni erotiche degli anni del riflusso. Fino a quel momento eri pronto a bocciare implacabilmente quella direzione troppo poco convinta e quella sceneggiatura maldestra… e invece… invece…
A livello interpretativo, per inciso, il livello rimane uno schifo: delle performance delle due attrici rimane, anche con tutta la buona volontà, ben poco da salvare. Mi dispiace. Avrei davvero voluto spendere ben altre parole per questo post di commiato da Lilli Carati ma, in tutta onestà, non mi sento di mentire. Posso solo dire che Lilli Carati riusciva, in “Avere vent’anni”, ad imporre la propria personalità in maniera abbastanza convincente, prevalendo nettamente sulla sua insipida collega bionda e su tutti i personaggi di contorno, inclusi quel Vincenzo Crocitti o quel Ray Lovelock le cui lunghe carriere artistiche potevano lasciar sperare in ben altro. Ci tengo a precisare, per il rispetto che ho dell’arte, che è escluso dalla lista dei bocciati il compianto Vittorio Caprioli, uno dei maggiori talenti che il nostro cinema abbia mai avuto (qui nel macchiettistico ruolo di Michele Palumbo, detto "il Nazariota").
Quando uscì questo articolo, il 29 novembre 2014, Obsploitation stava già affrontando i primi suoi periodi di crisi. Quasi due mesi erano trascorsi dal post precedente e c'erano già i primi segnali che l'idea di poter gestire un secondo blog, parallelo ad Obsidian Mirror, fosse lì lì per naufragare.
Furono due gli avvenimenti che mi diedero modo di uscire dal torpore. In primo luogo l'iniziativa sorta in seno al solito gruppo di blogger cinefili, che avevano lo scopo di diffondere sensibilità attorno ad un argomento spinoso al quale, ahimè, non si dedica mai abbastanza attenzione, vale a dire la ricorrenza del 25 novembre, giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne. I blogger coinvolti, tre al giorno, si impegnarono a pubblicare un articolo sull'argomento a partire appunto dal 25 novembre di quell'anno e fino alla fine del mese.
In secondo luogo ci fu la prematura scomparsa di una delle regine della commedia sexy all’italiana anni Settanta. Sto parlando naturalmente di Lilli Carati, all’anagrafe Ileana Caravati, giovane interprete di B-movies oggi elevati allo stato di cult e, in questi ultimi anni forse ancora più di allora, icona exploitation fra le più desiderate.
A coloro che si aspettavano un post-necrologio che, in quattro e quattr’otto, si trasformasse nella solita divagazione perbenista sugli anni più travagliati della vita di Lilli Carati, risposi che no, non era Obsploitation il posto giusto da cui mettersi a sparare sentenze. Lilli Carati non era più tra di noi e tutto quello che era stato detto e fatto non aveva più importanza. Era giunto il momento del silenzio. Era giunto il momento di ricordare Lilli Carati nella versione splendida che seppe offrire alla macchina da presa di Fernando Di Leo nell’ormai lontano 1978. Ecco cosa ne scrissi all'epoca.
Considerato uno dei film più controversi del regista pugliese, “Avere vent’anni”, visto oggi con gli occhi di un adulto che ne ha passate di ogni, può apparire una boiata stratosferica. Nulla da eccepire e, se devo proprio ammetterlo, rivedendolo qualche giorno fa prima di scrivere questo post, sono arrivato a perdermi, per sopravvenuto sonno, anche la famosa scena di letto fra la Carati e Gloria Guida.
Non è così strano, ve lo assicuro. Abituato ormai da anni a considerare Fernando di Leo come l’Autore ispirato di pellicole quali “Brucia ragazzo brucia” o “I ragazzi del massacro”, sembra quasi incredibile che questo “Avere vent’anni” possa portare la sua firma. Almeno per i primi nove decimi del film. Almeno fino a quella allucinante scena finale, che si sgancia prepotentemente dalla insulsaggine che permeava il film fino a quel momento per trasformare improvvisamente “Avere vent’anni” da dimenticabile a indimenticabile.
Alla luce di quel finale, recuperato con un quarto di secolo di ritardo solo nella versione integrale datata 2004, quel “Sono giovane, bella e incazzata” acquista un significato più sinistro. Essere belle, giovani e incazzate negli anni Settanta non pagava, ci stava dicendo Fernando Di Leo. Va bene la liberalizzazione sessuale, va bene l’emancipazione, va bene la contestazione, ma… se eri una donna, allora era diverso, perché quegli furono sì anni formidabili, ma lo furono solo per gli uomini. Un messaggio forte e controcorrente sebbene, vale la pena precisarlo, “Avere vent'anni” sia stato realizzato con un decennio di ritardo rispetto agli evocati anni della contestazione. Tutto ad un tratto quel film, guardato distrattamente mentre si è intenti a fare altro, smette di essere quello che sembra e ti pianta un calcio improvviso negli attributi, lasciandoti indifeso come una sardina in un convegno di gatti.
È proprio qui che scopriva le sue carte quel regista che temevi essersi perso per strada, risucchiato dalle tentazioni erotiche degli anni del riflusso. Fino a quel momento eri pronto a bocciare implacabilmente quella direzione troppo poco convinta e quella sceneggiatura maldestra… e invece… invece…
A livello interpretativo, per inciso, il livello rimane uno schifo: delle performance delle due attrici rimane, anche con tutta la buona volontà, ben poco da salvare. Mi dispiace. Avrei davvero voluto spendere ben altre parole per questo post di commiato da Lilli Carati ma, in tutta onestà, non mi sento di mentire. Posso solo dire che Lilli Carati riusciva, in “Avere vent’anni”, ad imporre la propria personalità in maniera abbastanza convincente, prevalendo nettamente sulla sua insipida collega bionda e su tutti i personaggi di contorno, inclusi quel Vincenzo Crocitti o quel Ray Lovelock le cui lunghe carriere artistiche potevano lasciar sperare in ben altro. Ci tengo a precisare, per il rispetto che ho dell’arte, che è escluso dalla lista dei bocciati il compianto Vittorio Caprioli, uno dei maggiori talenti che il nostro cinema abbia mai avuto (qui nel macchiettistico ruolo di Michele Palumbo, detto "il Nazariota").
Ditemi voi se non è un cult questo.... |
Di Fernando di Leo, so che ha fatto una trilogia niente male, che ben presto guarderò, la trilogia dei Milleu, spero di averlo scritto bene, questo avere vent'anni ne ho sentito parlare parecchio anche io, magari gli do un occhiata ^_^
RispondiEliminaProbabilmente avrò visto si e no il dieci o il venti per cento dei suoi film. Non ho mai sentito il bisogno di andare molto oltre quei titoli citati nel post.
EliminaAvrò visto la versione soft perché non ricordo un finale così o qualsiasi altra cosa di censurabile...
RispondiEliminaNiente di più probabile, viceversa suppongo te ne ricorderesti.
EliminaMe la ricordo Lilli Carati, ha avuto poca fortuna tutto sommato. A differenza di Gloria Guida che comunque non era poi tutta questa gran attrice...
RispondiElimina...e non era nemmeno tutta questa gran f##a. Ma questo è un mio parere personale.
EliminaCome già scrissi nella prima edizione, un Di Leo in maschera ma comunque riconoscibile. E un film che non ammette mezze misure... o si odia o si ama.
RispondiEliminaProbabilmente la sua fu solo voglia di staccare dai soliti cliché del poliziottesco e di avventurarsi altrove.
EliminaIl mio preferito in assoluto, ma come scrivevo in un commento qui sopra, dovrei recuperarne parecchi prima di poter davvero esprimere un parere.
RispondiEliminaSe guarda la fine i due minuti finali che valgono tutto il film .
RispondiEliminaPoi lo guardo dall’inizio...perdo il pathos del film?
Nel senso che mi trovo un film come quelli della golden age di Edwige Fenech fino alla scena dello sventramento?
C’è l’ho nel Pc devo solo trovare il tempo di guardarlo....managgia me!!!
Direi che puoi scorrere veloce e guardati solo il finale, se proprio non hai tempo. C'è comunque sempre il rischio che la copia che hai nel PC sia quella edulcorata con il finale tagliato...
EliminaDomanda un po'OT; parlerai anche di film non italiani? Solo per sapere (non che c'entri molto col genere qui trattato, ma ammetto di essere curioso di sapere che ne pensi di Summer Lovers (1982).
RispondiElimina(Immaginati me l'anno scorso a vedere per la prima volta questo film - in versione integrale, ma lo avrei scoperto solo dopo che ne esisteva la versione censurata - e avevo, guarda caso, 20 anni... ;)
Prova a cercare su Youtube #Cinema tossico/ avere vent'anni. È una recensione di Shiva produzioni, non so, se ti può interessare...
Grazie, buonaserata!
In futuro parlerò anche e soprattutto di film non italiani. Hai parlato di Shiva produzioni... ecco andremo a finire più da quelle parti che da quelle di film come questo qui sopra.
EliminaCiao .
RispondiEliminaQuasi visto il film ...no dai , visto solo prima la scena finale da quando ballano nella Taverna del Bosco e poi son andato a ritroso saltando un po’ qua e là...
Non so che dirti.
Il finale così famoso mi ha un po’ deluso.
La scena e la recitazione è pessima...la Carati che si strappa la maglietta e dice : è questo che volete allora ...avanti!
Poi o lei o la Guida che fa: non ne posso più ...sembrava quella di Verdone che si lamentava delle manie del marito: Non c’è la faccio chiu..!
Te lo ricordi?
;)
Sventrata e nemmeno uno schizzo di sangue : alla faccia degli effetti speciali caserecci..!
Top: scena finale di loro morte con il culo per aria ( bei culi ..) nel verde del bosco e parte la colonna sonora del film cantata dalla stessa Gloria Guida e scorrono i titoli di coda dove si ringrazia il supermercato Atlas ( se non ricordo male il nome)...insomma che devo commentare di più?
La favoletta delle due ragazzotte che la danno a destra e manca e alla fine vengono punite dal lupo cattivo!!!
Pensiero maschilista sicuramente.
Ma quello sicuramente non è un film femminista.
La Carati e la Guida erano due bellezze naturali e sexy di quegli anni .
Le trovavo in copertina sui vari Blitz e Skorpio a tette al vento.
Come pure Nadia Cansini ( o Cassini ?)e Carmen Russo.
Hanno recitato la parte delle belle senza cervello per un mondo sicuramente al Maschile e ne hanno pure guadagnato in termini di successo e soldi.
Cosa possiamo dire ancora?
Mi riservo di vedermi attentamente il resto del film ( c’è pure Leopoldo Mastelloni ...;) per cogliere altre importanti sfumature.
Ciao
Non posso negare che il film si regga in gran parte sul richiamo erotico delle protagoniste (in fondo nel cinema di quegli anni, in Italia, era quello che faceva la differenza tra una sala vuota e una sala piena). Resta tuttavia un finale sorprendente che fino al quel momento mai ti saresti aspettato. Vero che è girato con l'occhio di un uomo, ma è anche vero che, se avessero dato in mano la sceneggiatura a una Liliana Cavani, di sicuro sarebbe stato tutto un altro film. Magari più forte nel messaggio ma chissà, forse non avrebbe fatto breccia nell'immaginario collettivo con la stessa potenza.
EliminaRecitazioni non impeccabili certo, ma personaggi memorabili.
RispondiEliminaE' un film che non fa prigionieri. Condanna tutti (o forse nessuno, alla fine...): dalle ragazze alle femministe, dagli uomini ai professori, fino alle istituzioni.
Un'opera nichilista.
Mi permetto di invitarti a leggere la mia analisi :)
http://bazarcalcio.blogspot.com/2018/11/extra-cinema-cult-avere-ventanni.html
Mi erano sfuggite le tue digressioni extra-calcistiche ^_^
EliminaLe recitazioni saranno state pure non impeccabili, ma di sicuro mille volte meglio di quelle di certi personaggi del cinema italiano di oggi...