giovedì 11 febbraio 2021

Tales of the Black Pharaoh

Ma torniamo al punto in cui eravamo rimasti prima di interromperci. Nephren-Ka, secondo Robert Bloch, fu un sacerdote che riuscì a usurpare il trono d’Egitto. Le teorie più comuni, che pongono il suo regno in tempi quasi biblici, sostengono che fosse l'ultimo (e il più grande) sacerdote-stregone di un culto misterioso che, per un determinato periodo, trasformò la religione canonica in qualcosa di oscuro e terribile. La “storia” narra che Nephren-Ka, una volta sul trono, fece bandire tutti i culti tranne quello di un’entità abominevole chiamata Nyarlathotep. Egli reclamò sacrifici umani sempre più sanguinosi e trasformò l’Egitto nel regno del caos. Quando il popolo ne ebbe abbastanza di tali atrocità scatenò una rivolta, e il famigerato Faraone fu finalmente detronizzato. Secondo questo racconto, il nuovo sovrano e il suo popolo distrussero immediatamente tutte le vestigia dell'ex regno, demolendo tutti i templi e gli idoli di Nyarlathotep, e cacciarono i sacerdoti malvagi. Il Libro dei Morti fu quindi modificato in modo da eliminare tutti i riferimenti al Faraone Nero e ai suoi culti maledetti. Ancora una volta, qui la storia si confonde con la leggenda: secondo i più informati, il culto considerava la loro divinità come rappresentante di mostruosi uomini-bestia che avrebbero abitato la Terra in tempi primordiali.
Quanto allo stesso Nephren-Ka, viene dato uno strano resoconto della sua fine: si dice che il Faraone detronizzato fuggì verso un luogo non lontano da quello dove oggi sorge la moderna città del Cairo, da dove era sua intenzione imbarcarsi, con alcuni fedelissimi, verso una "isola ad ovest" (gli storici ritengono che tale isola potesse essere la Gran Bretagna, dove il culto in qualche modo sopravvive ancor oggi). La sua fuga fu però bloccata e dovette ripiegare: decise quindi di rifugiarsi in una tomba sotterranea, che in precedenza aveva fatto costruire in gran segreto, dove fece seppellire se stesso e i suoi seguaci. Nessuno è ancora stato in grado di identificare il luogo del riposo del Faraone Nero. 

Una diversa ipotesi, anche questa elaborata da Robert Bloch, è raccontata per mezzo di Ludvig Prinn (immaginario autore dell’altrettanto immaginario “De Vermis Mysteriis”) e descrive la morte del Faraone in un modo molto più elaborato. Prinn sostiene che la tomba segreta, alla quale si accede attraverso un certo passaggio celato tra le strade del Cairo, sia stata invece scoperta e violata. Egli conferma tuttavia la sopravvivenza del culto nei racconti dei discendenti di alcuni sopravvissuti, precisando che, al termine di un ciclo della durata di settemila anni, il Faraone Nero e i suoi seguaci risorgeranno dal mondo delle ombre per restaurare l’antica fede.

Non credo che quei settemila anni siano ancora trascorsi, e sinceramente non sono nemmeno sicuro che l’umanità stessa, con quello che sta combinando al pianeta, sarà in grado di sopravvivere per assistere alla resurrezione di Nephren-Ka programmata in tempi antichi. Quel che invece è certo è che il Faraone Nero si è sempre irritato parecchio quando scrittori di ogni genere hanno mandato i loro protagonisti a violare il suo sepolcro. È il caso, per esempio, dei personaggi di “The curse of Nepher-Ka” (1997) di John Cockcroft, e di “The Temple of Nepher-Ka” (1977) dei fratelli Arthur e Philip Rahman
Ma è soprattutto la vicenda che sta alla base del racconto “Curse of the Black Pharaoh” (1953) dello scrittore statunitense Lin Carter quella che più di ogni altra ha fatto indispettire il terribile Faraone. Volendo essere pignoli, sebbene sia abbastanza evidente a quale Faraone Lin Carter si stesse riferendo nella stesura dell’opera, egli non menziona Nepher-Ka, preferendo identificarlo con un (nella realtà inesistente) sovrano della VI dinastia di nome Kethep (o Kothep). Non è quindi chiaro da dove Lin Carter abbia preso questo nome, quando avrebbe benissimo potuto utilizzare il nome di uno qualsiasi tra quella ventina di sovrani che, tra la VI e la X dinastia, assunsero il nome di Neferkare (o Nefer-Ka-Ra), termine che letteralmente non significa altro che “Meraviglioso è il Ka (ovvero la forza vitale) del dio Ra”. Probabilmente non c’è una vera ragione in questo, per cui direi che non serve scervellarsi oltre misura.
Lin Carter con il suo racconto “Curse of the Black Pharaoh” sarà argomento di un post successivo. Oltre ad aggiungere numerosi nuovi dettagli alla sinistra figura del Faraone Nero, infatti, il racconto lungo (o romanzo breve, se preferite) è importante anche per altri motivi che, per mia incapacità di sintesi, non riesco ad affrontare in poche righe. 



10 commenti:

  1. Sembra la versione al contrario del faraone che introdusse il culto del dio sole, di tipo quasi monoteistico. Anche lui comunque fallì, perché alla sua morte venne restaurato il politeismo.

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    1. Abbattere od occultare monumenti, quando si instaura una nuova religione (o quando si restaura una vecchia) è un'abitudine che abbiamo sperimentato in tutte le latitudini e in tutte le epoche. Il cristianesimo, per quanto riguarda l'occultamento, ha una grande esperienza: basta entrare in una qualsiasi chiesa (ovviamente con lo sguardo non offuscato) per rendersene conto.

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  2. E' incredibile pensare al quanto sia stata importante una civiltà come quella degli egizi per la letteratura dell'orrore mondiale, a quanto abbia influenzato i maggiori scrittori mondiali del genere. Se pensiamo che ci sono state civiltà ancora più misteriose e più adattabili per un racconto horror ma forse decisamente più "local" come quella degli etruschi, la cosa ha un che di miracoloso....

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    1. Gli etruschi hanno stranamente poco appeal. A memoria mi ricordo solo un paio di B-movie horror anni Settanta e uno sceneggiato RAI (uno solo, ma mitico). Tutta roba locale, effettivamente. Ma d'altra parte i grandi scrittori (o registi, se preferisci) americani a malapena saprebbero indicare l'Italia su un mappamondo...

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  3. Oggi mi sento particolarmente matematico. E poiché 7000 anni mi fa pensare a Nostradamus e la resurrezione di Nephren-Ka a una specie di apocalisse, proporrei il 2242 come anno più plausibile per la resurrezione del faraone-stregone, anno che secondo Nostradamus mette fine all'attuale ciclo di 7000 anni della storia del mondo. E sottraendo 7000 a 2242 si ottiene pure la data della morte del faraone stesso.

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    1. Non sono un grande esperto di Nostradamus per cui sono corso a documentarmi per comprendere le tue parole. Ti riferisci alla quartina che dice "Passati vent'anni del regno della luna / Settemila anni un altro terrà la sua monarchia / Quando il sole prenderà i suoi giorni lasciati / Allora si compie e termina la mia profezia"?
      Non so a te, ma a me stanno già venendo i brividi...
      L'accostamento all'(ennesimo) anno del giudizio 2242 può essere una pista che vale la pena seguire.
      Ma allora quella quartina famosa (famosa al punto che la conosco anch'io) che dice "L'anno 1999, il settimo mese, dal cielo verrà un gran re del terrore, risusciterà un grande re..." come ce la spieghiamo? E se un Nephren-Ka poco più che ventenne fosse già tra noi?

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    2. Sì, Obs la quartina è quella. E ho trovato al riguardo in rete un interessante estratto di lettera di Nostradamus al figlio che aggiunge al tutto altre suggestioni:
      "E adesso che siamo governati dalla luna, tramite l'onnipotenza di Dio eterno, e prima che essa abbia compiuto il suo circuito totale, verrà il sole e poi Saturno".
      Il regno di Saturno comincerebbe proprio nel 2242 e su Wikipedia ho trovato il nome del faraone così scritto: Neferkaptah. E Ptah, che pare quindi essere il dio collegato al faraone, corrisponde appunto al Crono dei Greci e al Saturno dei Latini.

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    3. Da Wikipedia: "Si racconta che Tolomeo II, antico sovrano egizio, chiese al sommo sacerdote di consultarli [i Libri di Thot]. Proprio di quei tempi è il suo mito, si narra del viaggio che Neferkaptah, un principe egizio insieme alla sua famiglia, fecero alla ricerca di quei libri, alla fine li trovarono e vennero seppelliti con il principe alla sua morte. Il racconto lo si ritroverebbe descritto in antichi papiri.
      Si trattava di una conoscenza infinita e coloro che la padroneggiavano venivano indicati come "Capi della casa dei libri". Solo i sacerdoti potevano consultare tali testi.
      Sanconiatone affermava di avere avuto in suo possesso una parte dei testi.
      Gaston Maspero, uno storico dell'antico Egitto nei suoi testi ne parla di frequente, indicando come Cheope ne fosse alla ricerca."

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    4. Nefer-ka-Ptah, figlio del re Mer-neb-ptah, risulta citato anche nel frammento del libro di Alfred Wiedemann che ho riporatato nel mio post precedente... sempre che si tratti sempre dello stesso individuo, visto che mi pare di aver capito che gli antichi Egizi non avessero una gran fantasia con i nomi (ma non è trascurabile nemmeno l'ipotesi che siano gli stessi studiosi ad aver tradotto i geroglifici in maniera superficiale).
      Non ci resta che attendere il 2242 e finalmente sapremo la verità!

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    5. Credo proprio che si tratti dello stesso individuo, perché secondo il mito originale dell'età tolemaica è lui il principe egizio che si mette alla ricerca dei Libri di Toth e li trova.

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