venerdì 19 marzo 2021

Carcosa svelata

Ciò che distingue True Detective da grandissima parte delle serie televisive si può individuare nella sua caratteristica di basarsi più sul non detto che sul detto, di sfruttare più le atmosfere create e i simbolismi sapientemente velati che non ciò che accade effettivamente, a livello di azione, nei frangenti narrativi. Se questa sua peculiarità da una parte è lodevole, proprio per la sua capacità di calare lo spettatore in una dimensione quasi a-temporale, caratterizzata dall’onirismo più bizzarro e permeata dall’azione delle ineludibili forze del destino, dall’altra rende molto complicato decifrare i suoi significati più reconditi, cosa che noi in questa sede ci proponiamo di fare. Nondimeno, se sviscerare la serie nel suo complesso può sembrare un’operazione quasi impossibile, proprio per la sua caratteristica di non dire, nessuno vieta di provare a gettare luce su alcuni elementi chiave della storia, analizzabili per esempio con gli strumenti dell’antropologia del sacro e della storia delle religioni (Marco Maculotti) 
Un tempo di lettura record quello registrato per “Carcosa svelata”. Non mi capitava ormai da anni di far fuori duecento pagine in soli due giorni senza, si badi bene, sottrarre nulla al lavoro quotidiano e senza rinunciare al cinemino in streaming serale. Al netto di tutto, l’ho iniziato e portato a termine in tre o quattro ore, con gli occhi arrossati che gridavano inutilmente un po’ di pietà. D’altra parte, come ho scritto qualche settimana fa in questa breve segnalazione, era da tempo che aspiravo a leggere qualcosa in italiano sul Re in Giallo che non fosse stato scritto da me. Qualcosa sul Re in Giallo di un attimino articolato, intendo dire, perché dal giorno in cui la serie tivù di Nic Pizzolatto è atterrata nel nostro paese, sono stati molti i blogger, youtuber e articolisti di varia natura che hanno fatto a gara per cercare, nel loro piccolo, di sollevare un po’ di sipario dalla perduta Carcosa e dalla mitologia ad essa collegata. Marco Maculotti ha fatto molto di più: quel sipario lo ha sollevato completamente con un saggio di quelli che chiunque dovrebbe avere nella propria libreria. E quando dico chiunque, intendo chiunque abbia una passione per la letteratura fantastica, chiunque abbia una passione per la mitologia, chiunque abbia una passione per la filosofia e chiunque abbia una passione per l’intrattenimento televisivo di un certo livello, perché in “Carcosa svelata” c’è un po’ di tutto questo. 

Illustrazione di Marco Sabbatani
per Carcosa Svelata.
Tecnicamente, e a scanso di equivoci, “Carcosa svelata” non è un’indagine sul mito chambersiano del Re in Giallo fine a sé stessa. Non è, se vogliamo azzardare un paragone, un giochino come quello che sto facendo io su questo blog da qualche anno, attraverso il quale mi diverto a ricostruire un puzzle narrativo i cui tasselli sono sparsi nello spazio e nel tempo. “Carcosa svelata” è a tutti gli effetti un saggio o, come recita l’illuminante sottotitolo, una serie di “appunti per una lettura esoterica di True Detective” (appunti sparsi e ben amalgamati, ma insindacabilmente appunti). D’altra parte, se Maculotti avesse scelto di approfondire uno per uno i mille spunti usciti dalle pieghe di True Detective, non sarebbero bastate duemila pagine per farlo e ciò avrebbe reso l’opera di difficile fruibilità per il lettore che, al contrario, riesce in questo modo a seguire il percorso indicato dell’autore con buona agilità. Non è un’indagine sul mito chambersiano del Re in Giallo fine a sé stessa anche perché l’analisi di Maculotti parte da molto lontano e, come un giocatore di poker, l’autore cala l’asso solo quando è il momento di farlo. Ma andiamo con ordine. 
Conosco abbastanza la serie True Detective per averla vista (mi riferisco alla sola prima stagione) parecchi anni fa, in tempi non sospetti. Avevo già iniziato, all’epoca, la mia serie di post sui Mythos, e ricordo che mi misi di fronte allo schermo con un pizzico di presuntuosa diffidenza. Non pensavo certo di avere l’esclusiva sui Mythos ma, di contro, non ero assolutamente preparato ad un’interpretazione degli stessi diversa da come l’avevo in mente io. Non ci misi molto ad accorgermi che Nic Pizzolatto era stato in grado di disegnare uno scenario grandioso, talmente grandioso che solo una piccola parte di esso riusciva a essermi chiara. Percepivo tuttavia la vastità di elementi con il quale avrei dovuto fare i conti, nel caso avessi avuto desiderio di approfondire la questione; elementi che, grazie al cielo, qualcun altro ha messo insieme e mi ha servito su un piatto d’argento solo qualche giorno fa. 
« [...] il primo aspetto di interesse da menzionare riguardo a Childress è la notevole somiglianza che si può riscontrare tra il suo identikit e la simbologia tradizionale del Green Man, figura leggendaria della tradizione europea personificante la forza del potere germogliante vegetale e della natura selvaggia e panica – figura che si confonde sovente con quella dell’Uomo Selvatico o Uomo di Bosco, che ne risulta essere un’ulteriore antropomorfizzazione. L’identikit di Childress lo ritrae esattamente come una copia funzionale di queste figure del mito e del folklore: orecchie verdi e foglie ne decorano il viso ("La mia idea è che forse avesse delle foglie impigliate alle orecchie", afferma Rust Cohle nell’ottava puntata).» — M. Maculotti, "Carcosa svelata. Appunti per una lettura esoterica di True Detective", cap. 2 
Conoscendo Maculotti e il suo incredibile Axis Mundi non potevo dubitare che il percorso iniziasse più o meno da questo punto. Il Green Man, la figura che molti ritengono essere semplicemente una bizzarra fantasia degli antichi pagani potrebbe essere in realtà, come ebbi modo di scrivere in questo vecchio post, un archetipo in senso platonico e junghiano, un’immagine presente nel nostro inconscio collettivo che continua a riapparire, con disarmante ciclicità, quando l’umanità sente il bisogno di riaffermare la propria unione con la Natura, un simbolo perpetuato per secoli che ritroviamo nell’iconografia cristiana, così come l’avevamo trovata nell’arte sassone e celtica e addirittura nell’antichità classica. Nel Green Man non possiamo non riconoscere, e ciò è abbastanza intuitivo, il leggendario Robin Hood o il (per noi) meno noto Jack o’ the Green del folclore britannico, ma anche figure mitiche come Babbo Natale o il coranico al-Khidr. L’immagine di una ciclicità sulla quale Maculotti non si sofferma ma che evidentemente gli ronza nella testa quando, più avanti nell’opera, la rende esplicita. 
«Come i personaggi dei racconti del Ciclo Giallo di Chambers [...] anche i personaggi del serial televisivo di Pizzolatto sono destinati, come in virtù di una maledizione cronica, a ritornare sempre, ciclo dopo ciclo, sui proprî errori e sulle rispettive dannazioni; [...] Ritorna sempre, per dirlo in altri termini, l’idea che il destino dei varî personaggi [...] sia destinato a ripetersi infinite volte sullo stesso refrain, come se la loro esistenza sia dannata ab origine e, in virtù di questa oscura maledizione, obbligata da una forza fatale a riprodursi per l’eternità.» — M. Maculotti, ”Carcosa svelata. Appunti per una lettura esoterica di True Detective”, cap. 6 
«[...] la tradizione latina su Saturno (equivalente romano di Kronos) in quanto sovrano dell’Età dell’Oro ci consentirà di svelare ulteriori misteri sull’enigmatica figura numinosa del King in Yellow e sulla dimensione acronica di Carcosa nella quale dimora in uno stato di “vita-nella-morte”, attendendo similmente al Saturno/Kronos del mito mediterraneo e allo Cthulhu lovecraftiano che le stelle si allineino nuovamente, favorendo il suo ritorno»— M. Maculotti, ”Carcosa svelata. Appunti per una lettura esoterica di True Detective”, cap. 8 
Illustrazione di Marco Sabbatani
per Carcosa Svelata.
Tutto ciò porta inevitabilmente il pensiero a uno dei concetti di base del Buddismo, cioè che l’essere umano esista in uno stato di non illuminazione e che il suo scopo ultimo sia quello della liberazione del ciclo di nascita-morte-rinascita che distingue tutti gli esseri senzienti. A rappresentare il perpetuo ripetersi delle ri-generazioni i greci utilizzarono (come i buddisti) l’immagine della ruota della vita (che corrisponde esattamente al samsara della tradizione indiana e che è condizionata dal karma): in tale visione il ciclo delle esistenze è come la ruota di un carro: quando tocca terra, s’immerge nel fango, cioè nella vita come la conosciamo, ma poi, continuando il suo corso, si stacca da terra e si rivolge verso l’Alto, ovvero la coscienza si stacca, si separa, da questo mondo materiale, per innalzarsi in una dimensione spirituale. Ciò, fuor di metafora, significa che ogni cosa che muore rinasce in altra forma o in un’altra dimensione da sempre e per sempre. Già, ma quale dimensione spirituale? Platone, nel suo "Fedro", ci narra di un luogo indescrivibile, accessibile solo dall’anima: stiamo parlando dell‘Iperuranio, termine che deriva dal greco upèr (oltre), e ourànos (cielo). L’Iperuranio è descritto da Platone come un luogo “al di là di ciò che è reale”, dunque un luogo non empirico dove sono collocate le idee eterne e perfette, idee che l’anima ha contemplato, ma che una volta reincarnata dimentica del tutto. In altre parole, potenzialmente l’anima sa già tutto, ma il corpo terreno si trova in uno stato di ignoranza. Nel dialogo “Menone”, Platone riesce a far dimostrare a uno schiavo il teorema di Pitagora, dimostrando, con ciò, che anche chi non sa niente può “accedere” al sapere, perché è naturalmente predisposto (innatismo). Platone conclude quindi che conoscere è ricordare: l'anima doveva già conoscere l'argomento di cui si stava parlando, e poiché non l'ha imparato in questa vita, deve averlo fatto in un'altra. In conclusione, per Platone “conoscere è riconoscere, ovvero ricordare”. Tutto ciò ci riporta a quel mio primo antichissimo post nel quale sollevai la questione dell’innatismo platonico, ovvero la possibilità che il Re in Giallo, la perduta Carcosa e tutti i loro annessi e connessi possano far parte di una conoscenza di cui l’umanità si è dimenticata, ma che in qualche modo risiede in un altrove metafisico e che, ciclicamente, riappare sotto forme diverse e con nomi diversi. “Nihil sub sole novum!” (Non vi è nulla di nuovo sulla terra), disse Salomone (Eccl. 1.9) e probabilmente aveva ragione. 
Maculotti giunge alle stesse mie conclusioni e a tal proposito scomoda inevitabilmente Eléna Petróvna Blavatski, co-fondatrice della Società Teosofica e autrice di controversi testi di esoterismo e occultismo quali “Iside svelata” e “La dottrina segreta”. La medium russa affermava infatti di essere consapevole di una seconda coscienza all'interno del suo corpo ("l'inquilino che è in me"), una sorta di memoria atavica che era stata fonte d’ispirazione della sua scrittura. Nel suo celebre “Libro di Dzyan” (testo alla base de “La dottrina segreta”), la Blavatsky aveva inoltre delineato le proprie idee cosmogoniche sulla nascita dell'universo, dei pianeti della specie umana. 
«La concezione della Blavatsky è palesemente in linea con quella lovecraftiana dei Grandi Antichi: ancestrali divinità o potenze demoniche giunte dal cosmo più profondo, che in un passato remoto avrebbero regnato sul nostro pianeta e adesso, esistenti in uno stato comatoso di “vita-nella-morte”, attendono il ritorno delle stelle nella posizione originaria, favorevole al loro risveglio. In altre parole, il momento fatidico in cui le costellazioni torneranno come erano in quella determinata era vedrà il ritorno degli dèi/demoni cosmici che regnarono in illo tempore, quando la Terra era giovane e l’uomo non esisteva ancora. In attesa che ciò si compia, i loro sacerdoti e seguaci umani seguitano a svolgere gli abominevoli rituali che vennero trasmessi, attraverso testi segreti, da quegli stessi dèi all’umanità nascente: e ciò non può che richiamare alla nostra mente gli abietti rituali compiuti in True Detective dalla Setta della Palude e i sacrifici umani protratti al fine di far sorgere nel cielo le Stelle Nere di Carcosa, che annunceranno il ritorno nel nostro mondo del Re in Giallo, finalmente libero dalle catene astrali con cui è stato immobilizzato nell’abisso dei tempi.» — M. Maculotti, ”Carcosa svelata. Appunti per una lettura esoterica di True Detective”, cap. 7 
Illustrazione di Marco Sabbatani
per Carcosa Svelata.
Relativamente ai Mythos, una cinquantina di pagine di “Carcosa svelata” sintetizzano a grandi linee (inevitabilmente) ciò che avete già letto, sotto diversa prospettiva, su questo blog. Si parte naturalmente dai capisaldi letterari di Bierce e Chambers e, attraverso essi, si cerca di individuare il significato che si nasconde dietro termini come “maschera pallida”, “soli gemelli” e “stelle nere”, senza ovviamente trascurare l’ubicazione di Carcosa e l’identificazione del Re in Giallo. Non è questo il luogo per rivelazioni in tal senso, anche perché finirei per spoilerare sia Maculotti che me stesso. 
Maculotti tuttavia si spinge oltre e prova a trovare una collocazione per Carcosa specialmente in senso filosofico, chiamando a testimoniare, tra gli altri, Nietzsche e Schopenhauer. Sento che potrei andare avanti ancora per molto a raccontarvi le meraviglie di “Carcosa svelata”, ma non è questo forse il modo di trasmettervi quella giusta dose di curiosità che possa spingervi a fare vostra una copia dell’opera. Nel cercare un modo di giungere a una conclusione non che non appaia troncata di netto, ci tenevo ancora una volta a sottolineare che “Carcosa svelata” è in prima istanza un saggio su una serie televisiva e che i miti letterari a cui quest’ultima volge lo sguardo sono solo un tramite per rafforzarne quell’aura di mistero che l’avvolge sin dai primi fotogrammi. Marco Maculotti, e se così non fosse non avrebbe certamente battezzato il suo spazio web con il nome di Axis Mundi, dirige la sua attenzione soprattutto sull’aspetto esoterico e sul simbolismo offerto nelle otto puntate della serie. Chi ha seguito il lavoro di Pizzolatto ricorderà certamente quell’abbondanza di spirali e di palchi di corna, certamente sarà rimasto turbato da quegli accenni a sacrifici umani e a riti pagani che tanto ricordano quel vecchio horror popolare britannico che imperversava al cinema a cavallo tra gli anni '60 e gli anni '70. In “Carcosa svelata” c’è ampio spazio anche per questo. E c’è anche spazio per “La cospirazione contro la razza umana”, saggio di uno tra gli scrittori contemporanei tra i più esaminati dalla critica che, per stessa ammissione del regista, costituisce la più solida fonte di ispirazione per True Detective
Gioite! La morte non è la fine!”, conclude il suo lavoro Marco Maculotti, parafrasando un passaggio essenziale del settimo episodio. Mi piace pensare che il suo intento sia quello di farci capire che Carcosa non è ancora del tutto svelata.



11 commenti:

  1. Sbaglio o del collegamento tra il Re in giallo e Saturno ne avevamo già discuso in un commento a uno dei post di Yellow Mythos? Non ricordo bene adesso se per uno spunto mio o tuo... In tal caso Carcosa, in cui il Re dimora in uno stato di vita-nella-morte, sarebbe situata nelle profondità dell'Abisso delle acque, cioè al cielo a sud del Tropico del Capricorno e più precisamente nel gruppo di stelle situato in prossimità del piede di Orione, astrologicamente il "grado della morte" secondo la dottrina ermetica.

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    1. Non sbagli. Il post in questione risale al 2015 ed è precisamente questo. All'epoca stavi leggendo "Il mulino di Amleto" e notasti già allora un accostamento tra il Re in Giallo e Saturno/Kronos. In quell'occasione scrivesti (testuali parole): "Secondo tale libro il Re in giallo corrisponderebbe a Kronos-Saturno e il suo regno sarebbe proprio l'età dell'oro di Esiodo e il Saturnia Regna di Virgilio. Secondo il mito, Kronos adesso si trova esiliato nelle profondità più remote dell'universo e come addormentato, pur continuando a esercitare un'azione sottile per interposta persona".

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  2. Grazie a scrittura molto letteraria, grande impatto visivo e personaggi profondi , True Detective è diventata subito di culto.

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    1. Ha contribuito molto al suo successo anche l'ottimo livello di recitazione, cosa mai scontata nelle serie tivù

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  3. Per combinazione proprio qualche giorno fa io e Venusia abbiamo rivisto in binge watching la prima stagione di "True Detectives" e mi sono ricordato di quando hai analizzato tutti i legami tra la serie e le invezioni chambersiane e bierchiane. Mi stavo giusto chiedendo. "chi lo sa se il buon Obs tornerà mai sull'argomento riparlando della serie?".
    Oggi ho avuto la mia risposta. ;)

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    1. Il ritorno degli Yellow Mythos su questo blog è imminente (anche grazie a Maculotti cha ha risvegliato in me un entusiasmo che stava lentamente scemando). Sulla serie "True Detective" a questo punto resta davvero ben poco da aggiungere...

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  4. Dovreste scrivere qualcosa insieme su questo argomento che vi appassiona tanto, chissà cosa riuscireste a scovare... magari potreste persino creare dei racconti vostri che vadano ad alimentare questo dedalo letterario.

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  5. Grazie per la segnalazione! Mi era completamente sfuggito.

    Io sono stata introdotta al Re in giallo dalla prima stgione di True Detective, vista ormai diversi anni fa, a cui mi capita ancora di pensare qualche volta. Come mi capita di pensare a Chambers.

    Complimenti per la citazione.

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    1. A molti è successo di sentire nominare il KiY solo dopo la visione di True Detective, il che è positivo visto che finalmente anche Bierce e Chambers hanno potuto ritagliarsi un po' di fama in questo paese. Non so come fosse lì da te in UK, ma qui in Italia, prima dell'edizione Hypnos, era impossibile leggere il KiY di Chambers (tanto che fui costretto a comprarmelo altrove).

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