Solo qualche settimana fa, attorno a ferragosto, scrissi una recensione a "I delitti della casa decagonale" di Yukito Ayatsuji che, come spesso accade, specialmente in piana estate, è passato più o meno inosservato. Perché ve ne parlo proprio ora? Semplicemente perché l'incipit di quel post, dove facevo una rapida rassegna dei cosiddetti “delitti della camera chiusa” nella letteratura gialla, ci starebbe a pennello, senza alcuna variazione, anche oggi. Il fulcro di tale sottogenere, come scrivevo nell'altro post, non è quello classico del poliziesco, cioè scoprire
il responsabile, bensì scoprire il modo in cui il crimine è stato commesso. Ho citato naturalmente i classici più importanti, da Gaston Leroux a John Dickson Carr, da S.S. Van
Dine a Ellery Queen, fino ad arrivare alla regina indiscussa Agatha Christie. Lo scopo di quella carrellata era introdurre un romanzo abbastanza recente che non era difficile non notare sugli scaffali delle librerie nei primi mesi di quest'anno.
La storia che racconterò oggi non nasce però, ahimè, dalla fantasia di uno scrittore di romanzi gialli; la
storia è reale, un delitto è realmente accaduto e le circostanze con cui si sono trovati ad avere a
che fare gli investigatori rientravano perfettamente nello schema tanto caro ai giallisti citati pocanzi.
Il problema è che nel mondo reale non esiste un investigatore così brillante da poter sbrogliare una
matassa così intricata, magari con un “coup de théâtre” che inchioda il colpevole nelle ultime
pagine, di solito scelto tra i meno sospettabili. La realtà è che un vero “delitto della camera chiusa”,
meno raro di quel che si pensi, raramente viene risolto.
![]() |
L'edificio di arenaria al 12 di Wesr 23rd St, scena del crimine |
La scena che apparve agli occhi
dell’agente di polizia accorso la mattina del 29 sul luogo del delitto era terribile: Benjamin Nathan
giaceva a terra in una vasta pozza di sangue, con numerose ferite aperte nel cranio. Il sangue era
schizzato sulle pareti e sui mobili e anche una sedia rovesciata lì accanto era imbrattata di sangue.
All’appello pare mancassero alcuni gioielli e una piccola somma di denaro, particolare che in
seguito portò gli inquirenti ad archiviare il caso come il classico furto finito male, senza tenere
granché conto di un aspetto che agli occhi di tutti non poteva affatto definirsi trascurabile: come
sarebbero entrati e usciti i ladri? E come poterono le quattro persone presenti in casa non
accorgersi di nulla durante il feroce attacco? In effetti, pensandoci bene, l'omicidio di Nathan
sembrava più un classico mistero da "stanza chiusa", un mistero che, a distanza di oltre 150 anni,
rimane irrisolto.
Il luglio 1870 faceva un caldo opprimente a New York City e l’intera famiglia di Benjamin Nathan si
era trasferita nella loro casa di campagna a Morristown, nel New Jersey, a meno di 60 chilometri
dalla Grande Mela. Se oggi, secondo un qualsiasi navigatore satellitare, occorre meno di un’ora
per compiere il tragitto, nel 1870 certamente il viaggio era ancora piuttosto impegnativo,
nonostante ciò Benjamin faceva regolarmente il pendolare dal New Jersey alla sede della borsa in
Broad Street dove aveva il suo ufficio; solo occasionalmente, egli trascorreva la notte nella sua
casa sulla ventitreesima strada, dove invece risiedeva stabilmente Anne Kelly, la governante, e
William Kelly, suo figlio illegittimo. Quest’ultima fu comunque sorpresa, la sera del 28 luglio, nel vedere
sopraggiungere, senza alcun preavviso, Benjamin con due dei suoi figli, Frederick (26 anni) e
Washington (22).
La stanza di Benjamin, quella sera, non era agibile poiché era in fase di ristrutturazione (c’erano
imbianchini e muratori ovunque), e la donna dovette improvvisargli un giaciglio al secondo piano,
nel piccolo studio adiacente all’ufficio del suo principale, il quale, disse, aveva del lavoro da
sbrigare prima di coricarsi. I figli di Nathan alloggiavano nelle loro stanze al terzo piano, la signora
Kelly in una stanza nella parte posteriore del secondo piano e William Kelly dormiva al quarto
piano.
Clicca per ingrandire |
Eppure, quella a prima vista pare davvero l’unica via che un killer avrebbe
potuto prendere per dirigersi verso la scalinata in corridoio e allontanarsi. Esistono delle finestre,
questo è vero, ma sempre grazie a Google possiamo renderci subito conto che si tratta di un salto
di almeno sette metri, il che le rende delle vie d’uscita poco probabili. Tecnicamente l’unica
persona che avrebbe potuto agire indisturbata sarebbe la governante, ma questa è un’ipotesi priva
di logica, come vedremo meglio più avanti.
La sera del 28 luglio, ad ogni modo, Frederick e Washington uscirono a cena separatamente. Il
primo fece rientro intorno alle 23:15 e scambiò due parole con suo padre prima di ritirarsi; il
secondo rientrò più tardi, verso le 0:30, e sbirciando oltre la porta aperta della camera di suo padre
vide il vecchio che dormiva.
La mattina del 29 Washington si alzò di buon’ora e intorno alle 6:00 scese le scale per svegliare
suo padre. Lo trovò disteso in una pozza di sangue. Altro sangue era schizzato sulle pareti e sui
mobili. Washington urlò per attirare l’attenzione del fratello, che si precipitò al piano di sotto e,
vedendo la mattanza, corse verso il corpo del padre e ne prese la testa tra le braccia. Dopo
qualche attimo di incertezza entrambi corsero urlando in strada in camicia da notte, quella di
Frederick completamente imbrattata di sangue, e attirarono l’attenzione di un poliziotto che
transitava da quelle parti.
Il capo della polizia John Jordan e il detective capo James J. Kelso presero il comando delle
indagini.
Dallo studio della scena del crimine risultò evidente che Benjamin Nathan fosse stato colpito alle
spalle mentre era seduto alla sua scrivania. Il primo colpo non era stato sufficiente a ucciderlo e
c'erano evidenti segni di lotta. Due dita della mano sinistra erano fratturate, evidentemente mentre
Benjamin aveva tentato di parare un colpo. Erano presenti almeno quindici ferite sulla testa, con
schegge ossee e materia cerebrale che fuoriusciva da una dozzina di punti. Nell'ufficio adiacente
la porta della cassaforte era spalancata (era a chiave, e non a combinazione): mancavano poche
centinaia di dollari in contanti e qualche oggetto d’oro.
Alcune delle ferite alla testa di Benjamin erano state provocate da un oggetto contundente, altre
invece da qualcosa di appuntito, particolare che fece inizialmente supporre che fossero presenti
due assalitori con due armi diverse. Successivamente, però, sul pavimento vicino alla porta
d'ingresso venne rinvenuto un attrezzo da carpentiere con tracce di sangue e capelli, una specie di
sbarra di ferro da 46 centimetri che avrebbe potuto infliggere entrambi i tipi di ferita.
L'agente John Mangam, che quella notte era di ronda sulla West 23rd Street, riferì di aver
verificato, come era sua abitudine, la porta d'ingresso di casa Nathan due volte, la prima verso la
1:30, la seconda verso le 4:30, e di averla trovata chiusa a chiave entrambe le volte, e inoltre di
non aver notato segni che potessero far pensare a un’effrazione.
John Nies, lo strillone che
consegnava i giornali quella mattina, riferì di aver notato la porta d'ingresso aperta alle 5:10; disse
inoltre di aver notato un uomo "vestito da muratore" raccogliere un pezzo di carta dai gradini di
casa Nathan e allontanarsi con esso. Mettendo insieme tutte le dichiarazioni, fu plausibile quindi
ritenere che l'omicidio potesse essere avvenuto tra il rientro a casa di Washington Nathan, attorno
alla mezzanotte, e le 5:10 del mattino. Sempre, beninteso, che tutti fossero stati precisi (e sinceri)
nelle loro testimonianze.
In tutto questo, però, l’aspetto che più sconcertava era il modo in cui le quattro persone presenti in
casa quella notte fossero riuscite a dormire pacificamente durante quella che era stata
chiaramente un’aggressione violenta. Qualcuno forse mentiva? Sicuramente c’è più di una cosa
che non quadra in questo scenario, e altrettanto sicuramente la teoria del ladro non è tra le più
sostenibili. Oltre a ciò che il mistero della “camera chiusa”, che sconcerta i quotidiani dell’epoca,
almeno quasi tutti, perché ho trovato un’illustrazione (che inserisco qui di seguito) che sembra
smentire completamente la planimetria che era stata largamente diffusa in quei tragici momenti.
CONTINUA
Nessun commento:
Posta un commento