venerdì 23 settembre 2016

Clonazione

La seconda serie TV suggerisce velatamente un parallelismo fra virus biologico (il veleno, vīrus, dei latini) e virus informatico, perché Sadako finisce in una rete di computer dalla quale, tramite internet, le sarebbe teoricamente possibile raggiungere e infettare un numero spropositato di persone (la minaccia di Kenichi Azuma di sterminare l’umanità in questo modo occupa proprio le puntate finali della serie).
In effetti anche il virus informatico, introdotto in un organismo, in questo caso una macchina, è in grado di infettarlo e di replicarsi al suo interno.
Nella peggiore delle circostanze compromette il sistema operativo del pc e spesso non ci si accorge della sua presenza finché il danno non è esteso.
Ricordate quando la volta scorsa abbiamo accennato a come le cellule dell'organismo ospite sembrino "possedute" dal virus? Come un virus, anche Sadako è allo stesso tempo viva e morta, o meglio si trova in uno stato intermedio fra la vita e la morte. Ma Sadako può anche essere vista come una sorta di divinità, o forse un demone, in grado di prendere possesso di un altro organismo. Lo stesso può dirsi della videocassetta, e perfino dell’altra “volontà” che ne ha permesso la creazione (il virus del vaiolo) e del risultato di quel miscuglio di geni (il virus Ring) che si trova nella cassetta stessa. È per questo che nel reportage “Ring” scritto da Asakawa nel primo romanzo di Suzuki la risoluzione dell’enigma (che, come dovrebbe essere ormai chiaro, non consiste affatto nella sepoltura dei resti di Sadako, ma nella duplicazione della cassetta), viene definita “esorcismo”? Attenzione, bisogna sempre tenere a mente che, qualsiasi cornice scientifica Kōji Suzuki possa aver dato alla sua storia, l’elemento soprannaturale è altrettanto importante, a parte il fatto che è proprio su quello che le varie trasposizioni (cinematografiche e non) dell’opera hanno puntato per garantire e reiterare l’effetto horror.
Come abbiamo visto, nel primo film di Nakata e nel remake americano la narrazione ruota attorno al video maledetto che agisce come veicolo del contagio e della maledizione. Nella prima serie TV il video all’apparenza non ha nulla di anomalo, essendo la registrazione del videoclip di una canzone pop, ma poco cambia: a un esame più attento si scopre che questo contiene, occultata, la maledizione di Sadako. Un virus viene “inoculato” a chi guarda il video ed è questo a provocargli un arresto cardiaco.
Non è solo il modo in cui Sadako riesce a generare delle immagini e a registrarle con la forza del pensiero a provocare stupore e terrore, anche la virulenza del contagio è stupefacente: nessun virus, perfino il più aggressivo, può causare una risposta prevedibile sui soggetti colpiti, perché ogni individuo ha una diversa reazione agli agenti patogeni, così come alle medicine. Perciò, il fatto che i contagiati muoiano immancabilmente allo scadere del tempo a loro concesso dopo la visione del video, è la riprova del fatto che l’azione letale del virus è in qualche modo soprannaturale.
Nella seconda serie TV si scoprirà che uno dei personaggi (inesistente nel libro di Suzuki) ha trafugato i resti di Sadako per condurre degli esperimenti: nel fare questo, e nel sequenziare il suo DNA per poi caricarlo su un computer, è come se questa persona avesse di fatto evocato Sadako, permettendole di tornare alla vita - una “pista” soprannaturale che può andare ad aggiungersi a quelle più esplicite immaginate dall’autore della storia. In “Rasen” (la serie TV e il film) Sadako è inoltre in grado di accelerare la crescita di un feto nell’utero materno nel giro di una settimana, e la crescita del “clone”, una volta che questo è nato, in un’altra settimana. Potremmo, più banalmente, considerare Sadako una strega moderna?

Nel Medioevo, le cosiddette streghe erano nella maggior parte dei casi donne (o uomini) che tramandavano l’antica arte erboristica, e operavano nei villaggi come guaritrici e ostetriche, spesso accompagnando l’applicazione di rimedi sui pazienti con scongiuri o incantesimi rituali. Come già i culti più antichi, anche il Cristianesimo identificava negli spiriti maligni, che chiamava demoni, la vera causa di tutte le malattie. Quando un paziente moriva, non era raro che si incolpasse la strega della sua morte. E di pazienti, all’epoca della Peste Nera, ne morivano davvero a decine ogni giorno. Paradossalmente, anche le guarigioni di casi disperati destavano sospetto, a meno che non fossero avvenute per intercessione di un prete o di un esorcista cristiano: nessuna strega poteva operare miracoli ma, al massimo, fare appello a forze del male. Perciò, che guarisse o che fallisse, o che fosse semplicemente sospettata di diffondere il contagio della peste, la strega veniva comunque perseguitata e torturata, imprigionata e uccisa o, nella migliore delle ipotesi, bandita dal villaggio.
In “Ring 0: Birthday” Sadako viene sospettata di una serie di avvenimenti nefasti, giudicata sommariamente dai suoi impauriti colleghi e poi uccisa dal suo stesso padre: lei è la strega che, come nelle fiabe, bisogna eliminare perché tutto torni alla normalità.
Le cose sono un pelino più complesse di come le ho descritte ora (e un po’ diverse nel romanzo, ma poco importa), ma in effetti la genealogia, per così dire, extraterrena di Sadako non è una novità (ne abbiamo parlato qui).
D’altra parte, è cosa nota che Sadako avesse dei poteri molti superiori a quelli di sua madre Shizuko. In effetti, anche se finora non abbiamo ancora affrontato l’argomento, proiettare delle immagini su un tubo catodico non è la stessa cosa che farlo su una pellicola fotografica. I televisori producono immagini attraverso un processo del tutto diverso da quello fotografico, non si tratta semplicemente di esporre la pellicola alla luce. Un'immagine su uno schermo televisivo è composta da 525 linee, giusto? Ebbene, Sadako è riuscita a manipolarle. Questo è un potere di ordine del tutto diverso. (cit.)
Un potere di ordine del tutto diverso con (forse) un’origine del tutto diversa, un potere in grado di rendere anche la morte, per Sadako, un’esperienza del tutto differente da quella delle persone comuni.
Si dice che chi sta per morire sperimenti un flashback con le visioni dei momenti più significativi della propria vita: ogni scena del video maledetto, così carica di tensione e di emozione, rappresenta proprio il ricordo dei momenti che hanno lasciato l'impronta più profonda sulla vita di Sadako.

Torniamo però sul terreno apparentemente più sicuro della speculazione scientifica, perché dobbiamo dire ancora qualcosa a proposito della mutazione. Come abbiamo visto, il virus si riproduce solo tramite mutazione, ma anche la famosa videocassetta ne ha subita una quando alcune immagini (che con un po’ di fantasia possiamo considerare i suoi “geni”) sono state sovrascritte con qualcos’altro: Asakawa, copiando la cassetta per mostrarla a Ryūji, non ne ha copiato la versione integra, originale, ma quella “monca”, ha cioè riprodotto la mutazione, proprio come avviene quando il DNA replica le modifiche o i difetti dei geni.
Lo scenario che Suzuki apre introducendo questo concetto (che, per inciso, finisce per sovrastare di parecchio il tema della clonazione) è apocalittico, perché se la cassetta, ovvero il virus, è mutato una volta, allora sono possibili infinite mutazioni, e ciò significa che continuerà a diffondersi anche nel caso in cui la sua prima forma-contenitore venisse distrutta per sempre. La sfrenata fantasia di Suzuki immagina che il reportage di Kazuyuki Asakawa diventi un romanzo firmato da suo fratello Junichiro, che quel romanzo diventi un film con protagonista Sadako nella parte di se stessa, e poi che quel film venga immesso anche nel mercato degli home video e generi infiniti sottoprodotti (videogame, colonne sonore, gadget...).
Tramite i mezzi di comunicazione di massa e il web, le possibilità di una nuova vita per Sadako e per il virus Ring sono infinite.
Nel capitolo conclusivo della sua trilogia, “Loop”, Suzuki tira in ballo proprio la realtà virtuale, un ambiente creato da un team di scienziati utilizzando un centinaio di supercomputer. La storia è cronologicamente posteriore a quella narrata nei primi libri, e ambientata in un mondo in cui un’evoluzione del virus Ring, la cui origine è strettamente legata a quella dello stesso programma Loop, è in grado d’infettare indifferentemente uomini, animali e piante. Il programma consente a chi entra di scegliere se fare da osservatore (da fantasma) oppure fondere la propria coscienza con le persone nel Loop. Naturalmente il protagonista, Kaoru Futami, è particolarmente interessato alle vite di Asakawa, Ryūji e Sadako, perché sa che sono state essenziali per la genesi di Loop...
A molti lettori questo libro non è piaciuto, in parte forse perché ridimensiona parecchio il peso della figura di Sadako sulla storia nella sua globalità, concentrandosi maggiormente su Ryūji. Forse anche per questo non è mai stato adattato per il cinema, mentre perfino “Lemonheart”, un racconto appartenente ad una raccolta di racconti successiva, ha avuto la sua trasposizione (per la precisione in “Ring 0: Birthday”). La verità è che ogni tassello del puzzle dell’autore ha spostato un po’ il baricentro dell’affresco generale, e per quanto ci si sforzi è difficile coglierne tutte le sfumature.
La cosa più entusiasmante della saga di Ring è proprio questa. Cos’è più importante per l’autore? L’aspetto scientifico? Il soprannaturale? Oppure prevalgono i temi quali coscienza, libertà personale e molti altri? Di sicuro quella che i più considerano solo una storia di fantasmi, magari neanche così ben riuscita, nasconde invece mille altri significati.

Il presente articolo è parte di un vasto progetto che ho voluto chiamare Hyakumonogatari Kaidankai (A Gathering of One Hundred Supernatural Tales) in onore di un vecchio gioco popolare risalente al Giappone del periodo Edo (1603-1868) e, di tale progetto, esso rappresenta la parte 24 in un totale di 100Se volete saperne di più vi invito innanzitutto a leggere l'articolo introduttivo e a visitare la pagina statica dedicata, nella quale potrete trovare l'elenco completo degli articoli sinora pubblicati. L'articolo è inoltre parte dello Speciale Ghost in the Well che è iniziato qui lo scorso aprile. Buona lettura! P.S.: Possiamo spegnere la 24° candela...

6 commenti:

  1. Affascinante! Forse il segreto è non aspettarsi nulla (sarebbe buona abitudine, sempre) e lasciarsi condurre dall'autore. Del resto un cambiamento abbastanza radicale come quello descritto, rispetto alla storia di Sadako delle origini, mi pare un colpo di genio per proporre altre tematiche e inserirle in un contesto più complesso.

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    1. Indubbiamente l'autore è da ammirare per quanto sia riuscito a fare con Sadako. Quella che tutti conoscono, e che anch'io conoscevo solo fino a pochi mesi fa, è solo una piccola parte dell'universo di Ring. Ci sarebbe di che parlarne per mesi....

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  2. Arrivo tardi ma leggo di gusto!
    Sono tra quelli che hanno fortemente odiato il terzo romanzo. Parliamo di più di dieci anni fa quindi la memoria non mi aiuta, ma ho il preciso ricordo di alcune affermazioni di Suzuki che considerai sfondoni assurdi spacciati per "scienza". Non ricordo però cosa fossero...

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    1. Probabilmente sei anche uno dei pochi che lo hanno letto. Gli sfondoni di cui parli temo siano il suo marchio di fabbrica; non credo che Suzuki si sia mai preso davvero sul serio...

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  3. Direi che anche questa è una bella trasformazione nel personaggio di Sadako. A questo punto del suo cammino evolutivo sembrerebbe che della leggenda iniziale non sia rimasto quasi nulla, o sbaglio?

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    1. Non sbagli. Credo però che quell'aspetto sia ancora quello che riesce ancora a conferire maggior pathos alla storia - non so se mi spiego ^^

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