“Fuori speciale” è una serie di articoli che vengono scritti di getto nel periodo di pubblicazione dello
speciale “La grande abbuffata”. Pur non essendone parte integrante, ciò che viene qui trattato
ruota intorno all’argomento principale senza spezzarne il filo logico. Si tratta, in estrema sintesi, di
piccoli approfondimenti che non hanno trovato posto nella struttura principale. “Fuori speciale”, in
uscita tutti i venerdì, non è una lettura necessaria alla comprensione degli articoli de “La grande abbuffata” (che uscirà invece il lunedì), è viceversa una lettura che può essere ignorata o
rimandata, a vostro piacimento.
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“Il cibo consolida il senso di appartenenza a una comunità, ristretta o allargata che sia: è come una carta
d’identità che ci dice chi siamo e da dove veniamo”. Più o meno con queste parole avevo iniziato il post
pubblicato lunedì scorso. Qui il discorso davvero potrebbe allungarsi a dismisura, e non è detto che prima
del termine dello speciale ciò non succeda. Trovandomi a riflettere su quanto scritto mi sono chiesto se
davvero ciò che mangiamo sia la cartina di tornasole di ciò che siamo o se lo sia, viceversa, di ciò che
vogliamo (fingiamo) di essere. Non è forse vero che tutto quel proliferare di foto di piatti ricercati sui
profili social non ha che l’unica finalità di fingere che l’eccezionale sia per noi la normalità? E
l’eccezionale, inutile giocare con le parole, capita di rado. Il più delle volte, quando pranziamo o ceniamo
fuori non prendiamo nulla che valga la pena di essere fotografato e condiviso, ma ci accontentiamo, per
motivi di tempo o di denaro, di pasti rapidi ed economici, che si traducono in “dozzinali” e quindi poco
interessanti.
Cercavo quindi un modo “cinematografico” per spendere due parole sui pasti dozzinali consumati al
ristorante ed ecco che ha fatto capolino nella mia mente un vecchio filmaccio che con il cibo ha a poco a
che fare se non per un'unica, breve scena.
Ok, lo so bene che in questo speciale sarebbe preferibile parlare di robe serie, ma quando mi ricapita più
di poter recensire, concedetemi il termine, boiate come questa? OK, dentro di me già lo so che “recensire”
non può essere il termine corretto, anche perché per farlo sarebbe quantomeno necessario guardare un
film dall’inizio alla fine, cosa che in questo caso non credo di aver mai fatto. Anche perché il duo comico
pervenuto al successo come “Gigi e Andrea”, al secolo Gigi Sammarchi e Andrea Roncato, non è mai
stato in cima alla lista delle mie preferenze. Il secondo dei due, lo ammetto, non mi è dispiaciuto quando
l’ho visto fare il caratterista in film a loro modo gloriosi come “Fantozzi subisce ancora” (Neri Parenti,
1983) o “L’allenatore nel pallone” (Sergio Martino, 1984), ma l’idea che la coppia potesse reggere la
scena da sola per novanta minuti non mi è mai parsa realistica, e quindi l’ho sempre scartata a priori. Chi
ne sa più di me sostiene, al contrario, che titoli come “Se tutto va bene siamo rovinati” (Sergio Martino,
1984) e “Acapulco, prima spiaggia... a sinistra” (Sergio Martino, 1983) siano tutt’altro che disprezzabili.
Non ho motivo di dubitarne, ma preferisco rimanere immerso nella mia ignoranza, che è quasi assoluta.
Ho detto quasi perché una particolare scena di “Acapulco”, vista e stravista su YouTube su indicazione di
nemmeno mi ricordo chi, è quella che mi ha ispirato l’articolo di oggi.
Parliamo di dieta. Nello specifico della “dieta del marinaio”, ma in generale parliamo di dieta.
Nella
commedia all’italiana più caciarona è risaputo che non è mai il gesto dell’abbuffarsi che strappa al
pubblico le risate più spontanee, quanto il suo esatto contrario. Uno dei momenti più alti di questo sotto-
genere lo dobbiamo indubbiamente a Paolo Villaggio, che in una scena ormai entrata nella leggenda cerca
in tutti i modi di sottrarre alcune gustosissime “polpette di Bavaria” dalla tavola del dottor Birkenmeier, il
severissimo dietologo tedesco che lo ha preso in cura in “Fantozzi contro tutti” (Neri Parenti, 1980).
Si
trattava ovviamente di una scenetta completamente improbabile, ma alla cui base si celava il fenomeno,
piuttosto diffuso in quegli anni, delle diete forzate come soluzione ai problemi di linea. Oggi l’uomo del
ventunesimo secolo è orientato verso diete di altro tipo, con risultati ahimè spesso identici, ma questa è
tutta un’altra storia.
La cosiddetta “dieta del marinaio”, locuzione coniata da Andrea Roncato in quel
felice siparietto inserito in “Acapulco, prima spiaggia... a sinistra”, è invece qualcosa di completamente
diverso: è in pratica una “dieta” che, seduti al tavolo di un ristorante con due avvenenti ragazze, i due si
impongono per ottenere il massimo risultato con la minima spesa. Detto in altri termini, il loro scopo è
quello di portarsele a letto spendendo poco o nulla per i preliminari. Andare al ristorante senza prendere nulla? Ma perché a questo punto non evitare del tutto i ristoranti?
Nella vita reale ci sono vari motivi per cui qualcuno può decidere di recarsi al ristorante e ordinare poco o
nulla. Se l’economia familiare non permette il lusso di mangiare fuori casa, ci sono dei momenti in cui è
proprio impossibile negarsi ad amici o parenti che desiderano banchettare con noi in “campo neutro”
(ovvero fuori dalle rispettive abitazioni). In genere, sbandierare ai quattro venti le proprie difficoltà
economiche non è mai troppo bello, per cui ci si tappa il naso e si accetta la proposta, nella speranza di
non uscirne troppo malconci. Una volta seduti a tavola scatta immediatamente la via di fuga nel risparmio,
e si finisce per scorrere il menù alla ricerca dei piatti meno impegnativi dal punto di vista economico. “Un
Antipasto di salumi e formaggi?” – “No, andrà bene la bruschetta”. - “Prendiamo il primo? Magari un
risottino al tartufo?” - “No, preferisco passare subito al secondo altrimenti mi riempio”. “Cosa volete di
secondo? Ci sono le aragoste!” – “Non le sopporto. E poi ho voglia di una pizza” – “Da bere? Vino
rosso o bianco?” – “Per me acqua, che devo guidare” – “Caffè? - “Per me no, altrimenti poi stanotte
non dormo”.
Sebbene da fuori possa sembrare antipatica, una strategia del genere potrebbe alla fine essere
premiante, in teoria, se non che, quando arriva il conto, c’è sempre qualche fenomeno che propone di fare
“alla romana”, e allora ti ritrovi a pagare l’aragosta del tuo amico, tu che ti sei preso un brodino.
Personalmente, una situazione molto simile è quella che mi capita spesso di affrontare quando, per lavoro,
mi si chiede di portare fuori a cena clienti che, giustamente, si aspettano che sia tu a pagare il loro conto.
Ci sono due regole che l’azienda mi impone: 1) C’è un limite massimo di spesa: se sfori, dovrai mettere tu
la differenza; 2) Niente pizzerie: porta il cliente in un posto che sia anche un po’ di facciata.
Con queste
premesse le situazioni comiche (che dal mio punto di vista sono però tragiche) si presentano
immediatamente: basta che tu ti assenti un attimo dal tavolo per lavarti le mani che, con tuo sommo
orrore, quando torni il tuo ospite avrà già ordinato in autonomia una bottiglia di vino da 40 euro.
Il
dramma ha così inizio. Come fare a rientrare nel budget con qualcuno seduto di fronte a te che si aspetta
una serata no-limits? L’unica possibilità è aderire alla “dieta del marinaio” (se non sapete cos’è, il video
qui in fondo lo spiega bene), che ben ci è stata illustrata in “Acapulco, prima spiaggia... a sinistra”. È
un’operazione difficile, ma non del tutto impossibile.
A Gigi e Andrea la tattica in quel film non funzionò
granché bene, e come da pronostico le possibilità di coricarsi con Anna Kanakis e la sua amica si
azzerarono nel giro di pochi istanti, complice anche la scelta della location, tra le più miserabili della costa
romagnola; complice anche quel “fenomeno” di Jimmy, il terribile ristoratore, interpretato da
quell’indimenticabile caratterista che, seppur sempre con parti di pochi minuti, ha attraversato mezzo
secolo di commedia all’italiana.
Anch'io li ho sempre sopportati poco, comunque immagino che così come ti obblighino a evitare le pizzerie per portarci i clienti, mi sa che pure i ristoranti cinesi con il "all you can eat" non sono ammessi eh? Quelli aiuterebbero a tenere bassa la spesa...
RispondiEliminaQuelli preferisco evitarli anch'io. L'unica volta che, per lavoro, ho portato gente al cinese è stato quando alcuni colleghi taiwanesi sono venuti a Milano. Dopo una prima cena in un ristorante toscano (rivelatasi un tremendo fiasco), la sera successiva li ho accontentati e portati in un posto a loro più gradito.
EliminaMi hanno poi spiegato che la cucina italiana, specialmente gli affettati, era un po' troppo saporita per i loro palati.
P.S.: le sere successive li ho mandati poi a cena da soli in un altro ristorante cinese, dove, mi è stato poi riferito, hanno chiesto allo chef di cucinare roba meno "occidentalizzata" di quella presente nel menu.
Gigi e Andrea hanno partecipato a quella perla che fu Don Tonino, regalando all'Italia e al mondo intero uno dei serial televisivi di genere noir più intensi mai visti. E anche se in quello che ho appena scritto c'è molto di falso, io per quel telefilm un po' li porto nel cuore. Poco eh. Ma un po' si. Sul resto della loro filmografia invece non mi esprimo, che questa scena nemmeno la ricordavo.
RispondiEliminaIl film intero è facilmente dimenticabile, non solo questa scena specifica. Io la ricordo più che altro perché riprende, con poche variazioni, una scena simile vista in almeno un paio di film di Totò. Nulla di davvero originale, quindi. ma sono stati entrambi molto bravi dal reggere il confronto.
EliminaOra non posso vedere il video ma confido che la "dieta del marinaio" sia la formula magica perfetta per risolvere una serata :-D
RispondiEliminaQuando tempo fa mi sono studiato i libri di Luigi Cozzi per un ciclo sul suo pseudo-Alien, e a un certo punto racconta di quando cercava fondi per girare fantascienza in Italia e un produttore gli ha confidato che proprio non capiva la sua perversione: "Fosse per me farei solo film con Gigi e Andrea" gli ha detto. Non si riferiva solo alla parte comica, la tesi del produttore era che in Italia funzionava esclusivamente la formula "donnine svestite circondate da comici", e temo che avesse ragione lui, visto quanto incassavano questi film rispetto alla rarissima fantascienza italiana.
Bellissimo aneddoto. Temo anch'io che avesse ragione lui, ma potrebbe anche essere vero il contrario: se ne avrò il tempo e la forza approfondirò il mio pensiero più avanti, nel corso di questi contributi fuori speciale. C'è da dire anche che la fantascienza in Italia la viviamo già tutti i giorni - basta leggere le cronache; forse per questo la gente ha sempre voglia di leggerezza.
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