lunedì 24 giugno 2024

La Grande Abbuffata: il lato oscuro della ristorazione (Pt.3)

"Fast Food nation”, ispirato all'omonimo romanzo di Eric Schlosser, racconta le vicende di una catena di fast food immaginaria, la Mickey's (ogni riferimento a McDonald's è comunque piuttosto evidente): a seguito di alcune inchieste secondo le quali la carne non è igienicamente a norma, il direttore marketing californiano si reca ad indagare presso lo stabilimento di macellazione. L’uomo verifica che le norme igieniche per fortuna vengono rispettate, ma anche che alla produzione di hamburger vengono riservate le parti di scarto degli animali. Si rende anche conto che gran parte dei lavoratori sono immigrati illegali dal Messico, che lavorano in condizioni precarie, soggetti a rischi fisici e abusi. Suppongo che avvenga lo stesso, trasversalmente, un po’ in tutti i settori. 
È noto che le industrie alimentari del fast food utilizzano carne proveniente da allevamenti intensivi, vale a dire di animali che vivono in condizioni di stress e che, per evitare che si ammalino, vengono imbottiti di antibiotici, antinfiammatori e cortisonici, e costretti a una dieta, per loro innaturale, a base di cereali. I polli vengono cresciuti a dismisura grazie agli ormoni anabolizzanti. Inoltre, gli hamburger (come le crocchette di pollo, polpette, wurstel, cordon bleu e cotolette) vengono prodotti con carne separata meccanicamente e ricavata da scarti industriali che includono anche ossa e cartilagini, il tutto tritato assieme per renderlo lavorabile nella forma preferita.

venerdì 21 giugno 2024

Fuori speciale: la colonna portante di ogni colazione vitaminica

“Fuori speciale” è una serie di articoli che vengono scritti di getto nel periodo di pubblicazione dello speciale “La grande abbuffata”. Pur non essendone parte integrante, ciò che viene qui trattato ruota intorno all’argomento principale senza spezzarne il filo logico. Si tratta, in estrema sintesi, di piccoli approfondimenti che non hanno trovato posto nella struttura principale. “Fuori speciale”, in uscita tutti i venerdì, non è una lettura necessaria alla comprensione degli articoli de “La grande abbuffata” (che usciranno invece il lunedì), è viceversa una lettura che può essere ignorata o rimandata, a vostro piacimento. 
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Capita talvolta su questo blog che si postino anche dei contenuti seri. È il caso del post precedente ed è anche il caso di quelli che arriveranno nei prossimi giorni, che lo saranno ancora di più. Spezzare in due tanta serietà con un post frivolo serve a sdrammatizzare e a riportare l’angoscia a livelli più sopportabili. Non so se faccio bene a farlo, visto che un pochino di angoscia non fa mai male, ma mi serviva un articolo “fuori speciale” da scrivere velocemente e non ho trovato di meglio che parlare di temi secondari. La volta scorsa abbiamo parlato di cibo spazzatura, e scrivendo il pezzo mi sono trovato a chiedermi quale potesse essere l’hamburger più noto del cinema. La risposta non poteva essere che una: il leggendario Big Kahuna Burger che Jules (Samuel L. Jackson) aveva tanto gradito in una delle scene più epiche di Pulp Fiction di Quentin Tarantino, una di quelle scene, per inciso, che solo pochi sassi non saprebbero ripetere a memoria. 

lunedì 17 giugno 2024

La Grande Abbuffata: il lato oscuro della ristorazione (Pt.2)

In “The Menu”, la final girl chiede allo chef di prepararle due cheeseburger. I cheeseburger vengono quindi presentati come un cibo semplice, tradizionale, da contrapporre a quello ricercato e moderno in cui lo chef si è specializzato. Naturalmente, l’hamburger (di cui il cheeseburger è una variante) non è l’unico cibo che si presta a essere cucinato e consumato velocemente, benché sia di certo il più famoso. 
Ciò che ci interessa capire oggi, però, è se questa percezione dell’hamburger, o cheeseburger che dir si voglia, è coerente con quanto proposto oggi dai ristoranti fast food diffusi nel mondo. Sarà forse il caso che iniziamo con qualche cenno storico. 
Sebbene l’hamburger sia ormai diventato simbolo di americanità, le sue vere origini sono ancora dibattute. Bisogna però distinguere tra l’hamburger propriamente detto, cioè la fetta di carne tra due fette di pane, e la carne macinata servita da sola, o tra le foglie di insalata. 
Si dice che la prima forma di hamburger sia nata presso gli antichi egizi, e che fosse una sorta di polpetta. Altre ipotesi ne ascrivono le origini ai romani, che in effetti realizzavano numerose ricette a base di carne macinata, come testimonia il “De re coquinaria” (ovvero “L’arte culinaria”), il più antico ricettario a noi pervenuto, opera in dieci volumi attribuita a Marco Gavio Apicio. Il secondo volume si intitola “Sarcoptes”, che significa “carne tritata”, ma è evidente che si tratta di ricette ricercate, destinate ai patrizi e non certo ai comuni cittadini. 

venerdì 14 giugno 2024

Fuori speciale: storia di uno chef e di ciò che gli ribolliva nelle vene

“Fuori speciale” è una serie di articoli che vengono scritti di getto nel periodo di pubblicazione dello speciale “La grande abbuffata”. Pur non essendone parte integrante, ciò che viene qui trattato ruota intorno all’argomento principale senza spezzarne il filo logico. Si tratta, in estrema sintesi, di piccoli approfondimenti che non hanno trovato posto nella struttura principale. “Fuori speciale”, in uscita tutti i venerdì, non è una lettura necessaria alla comprensione degli articoli de “La grande abbuffata” (che usciranno invece il lunedì), è viceversa una lettura che può essere ignorata o rimandata, a vostro piacimento. 

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Nel corso di uno speciale dove l’attenzione è praticamente sempre rivolta a gente seduta a tavola, non poteva mancare uno sguardo all’altro lato della medaglia, al dietro le quinte, ovvero a quella gente che della ristorazione ne ha fatto un mestiere. Non so quanti tra i miei lettori abbiano mai fatto, nel corso della loro vita, i cuochi, i pizzaioli o i camerieri. Il sottoscritto non è tra questi, anche se non nego che per un giorno, ma solo per un giorno, non mi dispiacerebbe provare.

lunedì 10 giugno 2024

La Grande Abbuffata: il lato oscuro della ristorazione (Pt.1)

I tempi moderni sembrano aver trasformato la passione per la buona tavola in mania, rendendo il cucinare un affare pubblico, come quasi ogni altra cosa, da svolgersi davanti a una platea di commensali o di spettatori paganti, includendo nella disamina programmi di cucina come quelli di Food Network, “I menù di Benedetta” o “La Prova del Cuoco”, sfide tv come “4 ristoranti” e talent show in stile “Hell’s Kitchen Italia” e “MasterChef”. Non essendo un appassionato di cucina, ed essendo anzi bravo a cuocere più che a cucinare, non comprendo l’attrattiva di questo tipo di programmi, a parte l’essere una vetrina per i partecipanti o i conduttori. De gustibus! 
So però che i reality show, come il menzionato “Hell’s Kitchen Italia”, sono fondati sulla cultura tossica dell’insulto, lo sprone più utilizzato dagli chef: il desiderio di emergere, lo stress di dover superare delle prove, la paura del giudizio (in certi casi anche del pubblico in studio o al televoto) e delle eventuali penalità o punizioni sottopongono i concorrenti a una fortissima pressione psicologica. So anche che da sempre cinema e tv sono lo specchio della società, quando non ne anticipano i moti, per cui non è sorprendente che anche i film e le serie tv ambientate nel mondo della ristorazione siano cresciuti in modo esponenziale, come non è casuale che uno di quelli che più spinge l’acceleratore nel mostrarne il lato oscuro, l’horror “The Menu” (Mark Mylod, 2022), sia ambientato in un locale in cui la cucina è aperta, e quindi i clienti possono non solo assistere in diretta alla preparazione dei piatti, ma perfino averne una dettagliata presentazione dallo stesso chef, Julian Slowik. 

venerdì 7 giugno 2024

Fuori speciale: fasting people

“Fuori speciale” è una serie di articoli che vengono scritti di getto nel periodo di pubblicazione dello speciale “La grande abbuffata”. Pur non essendone parte integrante, ciò che viene qui trattato ruota intorno all’argomento principale senza spezzarne il filo logico. Si tratta, in estrema sintesi, di piccoli approfondimenti che non hanno trovato posto nella struttura principale. “Fuori speciale”, in uscita tutti i venerdì, non è una lettura necessaria alla comprensione degli articoli de “La grande abbuffata” (che usciranno invece il lunedì), è viceversa una lettura che può essere ignorata o rimandata, a vostro piacimento. 

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Nel post precedente abbiamo accennato al fenomeno delle “fasting girls”, donne o bambine a digiuno e “nutrite da Dio”. Una di queste fu la francese Jane Balan, di Confolens, che si diceva avesse digiunato per almeno tre anni e fu sorvegliata da un medico per ordine del re Enrico IV; un’altra fu Martha Taylor, che attirò l’attenzione dopo che ebbe digiunato, a suo dire, per un intero anno.

lunedì 3 giugno 2024

La Grande Abbuffata: lotta al potere

Il digiuno umano è un fenomeno molto antico. Dico “umano” perché di questo parliamo oggi, ma l’esperienza ci dice che anche gli animali, quando stanno poco bene, rifiutano istintivamente il cibo; quel che manca loro, naturalmente, è la volontà ideologica - religiosa o politica - di praticare il digiuno. Tutte le religioni incoraggiano il digiuno come forma di disciplina e pratica di purificazione, e per altre motivazioni; si digiuna per ottenere l'autocontrollo, per "risvegliarsi" (come nel Buddhismo) o per conoscere il Signore, per espiare (come nel Cristianesimo), per tenere lontane le tentazioni, come forma di autoconoscenza che porta ad aprire il cuore a Dio e al prossimo (quindi con significato sia spirituale che sociale), come rito religioso, per adempiere un voto religioso (nell’Induismo) e perfino come forma di preghiera. Talvolta ci sono regole rigorose (ad esempio, nel ramadan), altre volte ci si rimanda alla coscienza dei fedeli, ma ha sempre e comunque una funzione educativa. 
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