mercoledì 26 aprile 2017

Mae Snake

Mae Bia Uncut (Snake lady, 2015)
La genesi di una leggenda è forse la sua parte più interessante, ma è anche quella che di norma è destinata a rimanere incerta, se non proprio oscura, come nella maggior parte dei casi che abbiamo esaminato nel corso di questo mese (Mae Nak, Phi Krasue, Phi Pop, eccetera). Con il passare del tempo è sempre però possibile seguirne a ritroso le tracce all’interno delle forme di culto più primitive, e quando un legame si trova, che non sia campato per aria né labile, le leggende stesse assurgono a tutti gli effetti a letteratura religiosa, e acquisiscono un valore antropologico molto maggiore di quello che avrebbero se fossero solo mere testimonianze di superstizioni popolari (a meno di non considerare il sentimento religioso stesso come una forma di superstizione). 
Nel caso di Mae Nak, abbiamo già visto che Mae corrisponde all’appellativo “madre”, ma è il nome proprio Nak che ci fornisce un indizio chiave per comprendere la possibile origine di questo spettro. Un’origine ben più antica e “nobile” della leggenda kmer che abbiamo menzionato in precedenza. Uno dei significati della parola tailandese nak, infatti, è serpente, e questo legame evidente con i Naga della mitologia vedica e induista, presenti più o meno in tutti i paesi in cui è diffuso l’Induismo, ci dice che molto probabilmente Mae Nak era in origine una divinità.
I Naga sono spiriti della natura legati alla fertilità (e quindi associati alla seduzione e alla sessualità) che possono avere l’aspetto di uomini-serpente e donne-serpente, oppure essere in tutto e per tutto dei rettili: serpenti in Laos, draghi in Malesia, e così via. In base ad alcune leggende, essi avrebbero abitato il perduto continente di Mu prima che questo si inabissasse, e grazie a una tecnologia estremamente avanzata avrebbero in seguito costruito delle città sotterranee e sottomarine i cui accessi sarebbero tuttora celati sul fondo di laghi, fiumi e pozzi.
In India, in effetti, i Naga sono prevalentemente spiriti acquatici, portatori di pioggia e protettori di corsi d’acqua e pozzi ma anche responsabili, se indispettiti, di alluvioni e inondazioni: i Naga hanno dunque la stessa natura ambivalente, materna e distruttiva, che ritroviamo nella figura di Mae Nak, la quale, non dimentichiamolo, viveva in una casa-palafitta sul fiume. 
Mae Nak dunque, etimologicamente e morfologicamente, sarebbe ricollegabile al principio femminile della terra, che è una delle manifestazioni di Mahā Devī, la Grande Dea o Madre divina (conosciuta anche come Durga, Shatki, Kali e in altri modi). 
Questa sacralità di fondo spiega qualcosa che di primo acchito, quando ne sono venuto a conoscenza, mi ha molto stupito di Mae Nak, ossia che abbia un tempio e un culto a lei dedicato, ma resta il fatto che essa sia sopravvissuta nell’immaginario tailandese esclusivamente come spirito. 

งูผี (Phantom Snake, 1966)
Ma come e quando la manifestazione di una divinità maggiore sarebbe stata declassata a semplice spirito? È una domanda difficile a cui rispondere, questa, e a dire il vero bisognerebbe piuttosto domandarsi il perché. Ci fu un tempo in cui anche in Oriente, come da noi, esistettero divinità femminili, si può anzi dire che queste fossero più importanti di quelle maschili, perché come “madri” avevano la facoltà principale di dare e reiterare la vita. Naturalmente, come in tutte le forme di religiosità arcaiche, la divinità era vista come la fonte sia del bene sia del male: Devi era la vita ma anche la morte, l’archetipo del femminino sacro tramite il quale tutte le cose potevano vivere, morire e tornare alla vita in un ciclo eterno. Tuttavia, con l’avvento del Buddismo e religioni più moderne (un po’ come avvenne da noi con l’affermarsi del Cristianesimo), il culto delle divinità femminili venne, se non proibito, quantomeno ridimensionato. La stessa origine di Devi venne ascritta alle divinità maschili del pantheon induista (per citare Wikipedia, Durga/Devi aveva una forma “di una bellezza accecante, con il viso scolpito da Śiva, il busto da Indra, il seno da Chandra (la Luna), i denti da Brahma, le natiche dalla Terra, le cosce e le ginocchia da Varuna (il vento), e i suoi tre occhi da Agni (il fuoco), il corpo dorato e dieci braccia. Ogni dio le diede anche la sua arma più potente: Śiva il tridente, Viṣṇu il disco, Indra la vajra, dalla quale scaturisce la folgore, ecc.”). 
Nell’impossibilità di sradicare queste figure dall’inconscio collettivo, si prese a sottolinearne sempre di più le caratteristiche negative, demoniache, a scapito della connotazione divina: a generare la leggenda dello spirito di Mae Nak sarebbe stato proprio un processo di questo genere. 

Poiché però lo scopo ultimo di questo speciale è di scavare nei meandri del cinema del folclore tailandese, possibilmente a tema horror, è opportuno mettere da parte questo tema per tornare a parlare di cinema, e dar conto anche dei film dedicati alle donne-serpente. Anche in questo caso, e a maggior ragione, proporre un elenco completo di questi titoli sarebbe arduo e mi limiterò quindi a proporvene un’accurata selezione, tralasciando quelli che, se pure parlano di serpenti, hanno poco o nulla a che fare con fantasmi o spiriti di ogni sorta. Con una premessa: il binomio donne e serpenti è comune un po’ in tutta l’Asia, e chissà che prima o poi non se ne riparli in altra sede. 

นางพญางูผี (Ghost Snake Queen, 1984)
Partiamo quindi da “Ghost snake queen”, un film del 1984 conosciuto anche come “Queen of ghost snakes”, remake di un precedente film del 1966 (“Phantom snake”). Il sipario si alza su alcuni uomini alle prese con una colonia di serpenti che ha infestato le strade del villaggio. Uno di questi, il più grosso, sfugge alla cattura, e nottetempo uccide un uomo, Chat, e sua moglie, prendendo possesso con il suo spirito della loro figlioletta appena partorita. Quella bambina, Boonmee, è ormai una giovane donna quando, anni dopo, diverse morti misteriose prendono ad affliggere il villaggio. Poiché i cadaveri delle vittime si trasformano in serpenti, la gente comincia a mormorare strane storie di spiriti che starebbero infestando il villaggio. La rivalità tra Boonmee e la sorellastra Kamfa, entrambe innamorate dello sbirro incaricato di condurre le indagini, scatenerà una serie di avvenimenti sempre più tragici e luttuosi. Il sequel, “Queen of ghost snakes 2”, diretto da Lek Suriyon nel 1990 e con la partecipazione in veste di attore di Bin Banleurit (che abbiamo già incontrato parlando di “Krasue Fat Pop”), ripropone la stessa vicenda con pochissime variazioni. 
Facendo un balzo in avanti fino al 2001, quasi vent’anni dopo, incontriamo due lungometraggi usciti a poca distanza l’uno dall’altro e ugualmente interessanti, anche se per ragioni molto diverse.

Snaker (The Snake King's Child, 2001) di Fai Sam Ang è ormai, a sedici anni dalla release, un film di culto. Si tratta di una rivisitazione della storia di “Cat People" (Il bacio della pantera), il film del 1982 di Paul Schrader che a sua volta era il remake dell'omonimo film del 1942 di Jacques Tourneur. In un piccolo villaggio khmer, Nhi viene sedotta e ingravidata da un serpente immortale. Uccisa da suo marito, Nhi fa in tempo comunque a dar vita alla prole del serpente: la piccola Soraya, una sorta di moderna Gorgone con dei serpenti per capelli ma che, grazie a un anello magico, può assumere un aspetto umano normalissimo. Il vecchio saggio che aveva cresciuto Soraya, accompagnandola fino alla sua adolescenza, cercherà di tenere quest’ultima il più possibile lontana dalle tentazioni della carne, poiché, come predetto nei suoi incubi, quando la ragazza perderà la verginità si trasformerà definitivamente in un serpente. Com’è ovvio, un giorno il timore del vecchio non potrà che tramutarsi in realtà. I punti di forza della pellicola sono l’accurata ricostruzione storica e gli effetti speciali totalmente artigianali (per realizzare gli incredibili capelli di Soraya, nello specifico, sono stati semplicemente applicati sul capo dell’attrice dei veri serpenti). 

Ngu Keng Kong (Snaker, 2001)
Mae Bia (Snake lady, 2001) di Somching Srisupap è invece un dramma thriller/horror incentrato sull’amore impossibile fra Chanachol e Mekala. Impossibile perché, se da un lato lui è sposato, dall’altro la ragazza sembra avere una relazione simbiotica con un cobra che pare abbia portato sfortuna (per usare un eufemismo) a tutti i suoi precedenti amanti. Il cobra che protegge Mekala, e sua madre prima di lei, non è infatti un normale serpente, ma una creatura sovrannaturale dagli sterminati poteri: la storia d’amore e morte finirà quindi per ripetersi anche con Chanachol e, per inciso, non è per niente certo che Mekala in tutto questo sia proprio così innocente… 
Il film è un remake dell’omonimo film del 1989, rivisitato in chiave un po’ più moderna, ed è un must soprattutto per la presenza nel ruolo di Mekala della bellissima Napakpapha Nakprasitte, che in seguito sarà protagonista anche di Art of the devil 2 e 3 e comparirà, seppure in un ruolo minore, anche nel film “The coffin” (La bara). 
Nel 2015 il regista Pantewanop Thewakul girò un nuovo remake di questa storia (“Mae Bia uncut”): un film più curato ed esteticamente più gradevole delle due versioni precedenti, ma soprattutto un film che abbonda di erotismo. Direi che possiamo chiudere qui questa breve rassegna. Vi sono in realtà decine di altri film che hanno come protagonisti i serpenti, ma si tratta per lo più di ennesimi, superflui eco-vengeance dove ci si focalizza solo sul pericolo e sull’azione, venendo a mancare non solo alcun legame con la tradizione o con il folclore ma spesso anche quello con la figura femminile e con il tema della seduzione. Sono insomma “altro”, roba vista e stravista che non serve riesumare ora.

10 commenti:

  1. Beh, col serpente rientriamo nei canoni delle paure archetipe, forse una paura inconscia di noi "mammiferi evoluti" verso un nemico naturale molto insidioso.
    La donna nella quarta locandina "è" praticamente la Medusa della mitologia greca.

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    1. Alla fine, per quanto secoli di cultura ci dividono, tutti noi discendiamo da uno stesso mammifero: quello che trovava rifugio nelle caverne e passava la vita a predare i più deboli e a difendersi dai più forti. Lo facciamo ancora adesso, sebbene aiutandoci con utensili diversi.

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  2. Il serpente è un animale dalla ricchissima simbologia e dai molti connubi. Ma poveretta l'attrice cui sono stati applicati in testa dei veri serpenti! E chissà se c'era scritto nel suo contratto... ;-)

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    1. Spero che abbia ricevuto uno stipendio adeguato, anche se, pensandoci bene, non esistono al mondo abbastanza soldi per poter definire uno stipendio in quel modo.

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  3. Il binomio "thriller/horror" per me ha un suono magico. Ma forse lo sospettavi già. Se poi ci aggiungi un pizzico di erotismo... il piatto è pronto per esser magnato ;-)
    Ottima anche la parte introduttiva del post!

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    1. Conosco bene i tuoi ingredienti preferiti! ^_^
      Grazie per essere passato, nonostante questo speciale non sia (mi pare di aver capito) nelle tue corde....

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    2. No, in effetti. Però sono venuto spesso a curiosare e stavolta l'incipit del post mi ha catturato :-)

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    3. Meno male. Ad un certo punto temevo di averti perso....

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    4. Non credo succederà, finché continuerò a esser parte della blogosfera...

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