sabato 5 maggio 2018

Il dolore di essere Masoch (Pt.1)

Leopold von Sacher-Masoch
Sucker for Pain
Il dolore di essere Masoch

I torture you / Take my hand through the flames / I torture you / I’m a slave to your games / I’m just a sucker for pain / I wanna chain you up / I wanna tie you down / I’m just a sucker for pain (Lil Wayne, Wiz Khalifa & Imagine Dragons, dalla colonna sonora del film Suicide Squad).

Prologo 

C’era una volta un rettore dell’Università di Leopoli che pativa due grandi sofferenze. La primo era la morte del figlio, che già di suo è una di quelle disgrazie che rovinano una vita, e nei confronti del quale la seconda sofferenza impallidiva. Però rimaneva lì, a logorarlo: la seconda sofferenza del rettore era che, morto suo figlio, il cognome di famiglia si sarebbe estinto. Gli rimaneva solo una figlia, che sposandosi ovviamente acquisiva il nome del marito, condannando all’oblio il cognome nobile del rettore. 
La disperazione spinse l’uomo ad una richiesta impensabile: era qualcosa di inaudito, ma doveva provarci. Andò dal marito della figlia e lo pregò di non far perdere per sempre quel cognome, che sebbene appartenesse ad una piccola borghesia di campagna per lui era comunque importante. Il marito della figlia era anche lui nobile, discendente da una famiglia spagnola il cui cognome riscuoteva ammirazione in tutto il mondo austriaco, e forse proprio per questa nobiltà – sia di sangue che d’animo – accettò l’ardita proposta del rettore. La proposta di “unire” i cognomi delle due famiglie.
Quel rettore di Leopoli ha fatto di tutto perché il suo cognome non andasse dimenticato... e non ha mai saputo quanto il suo desiderio sia stato esaudito. Perché quell’uomo si chiamava Franz Masoch.
Aveva due anni il piccolo Leopold, quando quel 18 novembre 1838 finalmente arrivò la concessione imperiale perché il suo cognome di famiglia von Sacher si fondesse con il cognome della madre, von Masoch. 
Per i primi due anni della sua vita il giovane portava un nome illustre. Nel 1832 Franz Sacher aveva inventato una torta al cioccolato a cui aveva dato il proprio nome e che stava riscuotendo enorme successo, oltre che grandi introiti. Lo stesso Franz poi era entrato nel ramo alberghiero allargando la notorietà e la fama del suo cognome. Il piccolo Leopold per via paterna avrebbe potuto essere un Sacher... invece per via della madre fu Leopold von Sacher-Masoch
Aveva due anni il piccolo Leopold quando una donna si impose nella sua vita. E probabilmente non fu affatto spiacevole... 

Aurora/Wanda von Sacher-Masoch
1. Uomini e deonimi 

Professore, giornalista, romanziere, inutile stare a ricordare le tante attività in cui Leopold si è lanciato nei primi 34 anni della sua vita, ciò che rimane di lui è che a quell’età scrisse dei racconti spinti da un sentimento che dopo cercò di ritrattare o che comunque non provava più. Dei tanti romanzi e racconti che lo rendevano un giovane nobile adorato dalle lettrici non rimangono che pallidi elenchi: ciò che ha reso immortale Leopold è l’aver voluto iniziare una serie di romanzi brevi incentrati sul tema della misoginia. Perché come tutti gli uomini che adorano le donne ma si sentono sopraffatti da loro, Leopold le odiava. E più le odiava, più le amava. 
La vita privata di Sacher-Masoch in quanto uomo importa poco, visto poi che è in realtà un mistero: rimasta del tutto ignota alle cronache fino almeno a dieci anni dopo la sua morte, solo nel 1906 la moglie Aurora von Rümelin pubblicò a Berlino un suo libro di memorie, Meine Lebensbeichte (“Confessione sulla mia vita”), che raccontavano l’intimità di Leopold firmandosi con uno pseudonimo più che eloquente: Wanda von Sacher-Masoch. Wanda, la Venere in pelliccia che lo scrittore trentenne aveva cantato con la passione del suo doloroso amore. Racconto che l’aveva reso immortale ma non nel senso che avrebbe desiderato. 
Ciò che sappiamo del Leopold uomo lo sappiamo perché anni dopo la sua morte l’ha raccontato Wanda: un autore descritto dal suo personaggio. Non può che essere un racconto crudele. Al racconto di una donna la cui vita è stata funestata da un uomo bizzarro, scostante e dalle abitudini sessuali decisamente fuori dal comune, rispose prima il figlio di Leopold poi il suo segretario, scrivendo a loro volta storie diametralmente opposte e descrivendo la donna che si firmava Wanda come un’opportunista e una sfruttatrice. 
Tutto ciò che sappiamo con sicurezza della vita di Sacher-Masoch è che agli inizi del Novecento l’editoria impazzisce per lui. Ma non lui in quanto uomo, letterato o studioso: in lui in quanto deonimo...

Sul finire dell’Ottocento la psicologia è in pieno fermento creativo e in rapidissima ascesa, e soprattutto sta creando una propria mitologia e quindi un proprio vocabolario, inventando termini che entreranno in pianta stabile nel linguaggio parlato. Nel brodo primordiale di questa Sexualwissenschaft (“scienza sessuale”) l’americano J.M. Sims conia “vaginismo” (1861), il francese E.C. Lasègue conia “esibizionismo” (1877), in Germania nasce “omosessualità” (1869) e alla fine del XIX secolo Havelock Ellis conia “narcisismo” e “autoerotismo”.

In mezzo a tutti questi “-ismi” il tedesco Richard von Krafft-Ebing aggiunge un tocco di stile: aggiunge un po’ di deonomastica, cioè quel processo per cui un cognome personale diventa sostantivo. In fondo l’aveva già fatto Ellis prendendo Narciso e coniando “narcisismo”, ma siamo però nel campo della mitologia greca, innocua e lontana. Krafft-Ebing preferisce attingere a nomi molto più “vicini”. Così nel 1869 lo studioso prese il celebre nome del Marchese de Sade, vissuto a cavallo fra Sette ed Ottocento, e coniò “sadismo”, ma l’opera è solo a metà. 
Nel suo celebre saggio Psychopathia sexualis (1886) per la prima volta tenta uno studio sistematico di quei comportamenti sessuali che sbrigativamente erano sempre stati definiti “anormali”, o comunque al di fuori di ciò che la morale considera “normale”. Nel suo testo – che arriva in Italia nel 1931 – identifica due comportamenti che il connazionale Albert von Schrenck-Notzing nel 1899 tenderà ad unificare sotto il nome di “algolagnìa“ (dal greco algos, “dolore”, e lagneia, “voluttà”), termine ancora attestato nella lingua italiana anche se raro. 
Krafft-Ebing propone di separare l’attività di provare piacere mediante il dolore: c’è infatti chi il dolore lo infligge e chi lo riceve, ed entrambi provano piacere ma in modi diversi. Quindi lo psicologo propone “sadismo” nel primo caso e “masochismo“ (Masochismus) nel secondo. 
È nato un deonimo! (In realtà la lingua italiana non attesta questa parola: se però la toponomastica si basa sul toponimo, mi sento autorizzato a dire che la deonomastica si basi sul deonimo.) 
«Intendo con masochismo una particolare perversione della vita sessuale in cui l’individuo è controllato dall’idea, nei pensieri e nelle situazioni sessuali, di essere completamente ed incondizionatamente soggetto alla volontà di un’altra persona e di essere trattato da questa come fosse il proprio padrone, di essere umiliato e abusato. Quest’idea si colora di sensazioni orgasmiche; il masochista vive con fantasie in cui crea situazioni di questo tipo e spesso cerca di realizzarle.»
Dunque è questo l’unico lascito di Leopold? Una vispa carriera letteraria spazzata via da un semplice deonimo? Purtroppo è così, ma se ci si fissa sul masochismo si rischia di non apprezzare appieno la potenza che Sacher-Masoch ha inserito in quello che all’epoca era visto come narrativa misogina leggera. Un aspetto importante da non dimenticare mai... è il clima.
CONTINUA

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Se qualcuno là fuori ancora sperava (o temeva) avessi barato, dicendo che questo speciale si sarebbe rapidamente distaccato dal mondo di Hellraiser, a questo punto avrà dissolto ogni suo dubbio. 
Il vero percorso di "Pleasure of Pain" si rivela quindi oggi, con la prima parte di un trittico incentrato su Leopold von Sacher-Masoch, un personaggio estremamente singolare che, volente o nolente, ha lasciato un segno indissolubile nella nostra cultura. E quando dico "cultura" intendo in senso generale; non mi riferisco esclusivamente alle pratiche BDSM che pare abbiano un vasto seguito in quel sottobosco di piaceri sessuali sempre più spinti alla ricerca del limite. Nel caso qualcuno se lo stesse chiedendo la mia conoscenza dell'argomento è superficiale e limitata alla lettura di libri e alla visione di film: la mia soglia del dolore è infatti bassissima, praticamente tendente allo zero... basta un leggero mal di stomaco e, peggio, una puntura di zanzara per rovinare la giornata a me e a chi mi vive attorno. La stessa vista del sangue, nonostante il blog che state leggendo non ne sia mai stato avaro, mi crea difficoltà: non chiedetemi di fare un prelievo senza prima legarmi, bendarmi e imbavagliarmi! Fosse per me i laboratori di analisi andrebbero in rovina, oppure dovrebbero reclutare dei campioni di wrestling per tenermi buono. Con tali premesse avrei poche chance di carriera anche nei panni di un "sado"... figuriamo di un "maso"...
Ma sto divagando: l'ottimo articolo del nostro Marlowe Etrusco proseguirà già domani e si concluderà lunedì, mantenendo quindi un ritmo serratissimo. Ammetto che quasi mi dispiace che "Il dolore di essere Masoch" cada proprio nel weekend (quando molti dei miei potenziali lettori preferiscono occuparsi d'altro), ma non ho davvero trovato una posizione più naturale di questa all'interno dello speciale "Pleasure of Pain".

Uomini in abiti da donna, dalla collecione di Richard Von Kraft-Ebing, 1896
Source: https://eska.livejournal.com/

19 commenti:

  1. Grazie all' Etrusco entriamo nel vivo. ;)

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  2. Mi interessa Masoch poiché, pur essendo universalmente noto, non è che io ne sappia poi così tanto di lui e della sua opera letteraria (e della sua vita). Aspetto i prossimi post.

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  3. Ottimo esordio, Lucius! C'è una cosa però che non ho ben compreso... tutte le varie relazioni con dominatrici a cui si sarebbe sottomesso Masoch: con Kolar, la von Kottowitz, Fanny Pistor, la stessa Aurora e infine Hulda Meister, non sono storicamente accertate?

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  4. Grazie dello spazio e della fiducia ^_^
    Il povero Leopold è uno di quelli che in un mio racconto di anni fa mi divertii a definire "Angeli e deonimi", cioè persone che loro malgrado si sono viste appioppare una fama immeritata solo per via deonomastica. Così come Lapalise non ha mai detto ovvietà in vita sua, solo un minima parte dell'opera di Masoch è dedicata a ciò che il suo nome oggi evoca, e non nei termini che gli sono stati imposti, come vedremo.
    Spero che il mio umile contributo serva a gettare nuova luce su un uomo più raccontato che descritto.

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  5. Grande Lucius! Come sempre d’altronde. Unica cosa: non è che ci avete ingannato con uno specialone su Hellraiser e ci ritroviamo a parlare di 50 sfumature di grigio?
    No, tanto per sapere... 😜

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    1. Chi lo sa, in fondo è sado-masochismo anche quello :-P In fondo molti anni prima del romanzo originale c'era stata una giovane impacciata che aveva conosciuto un ricco Grey, amante di pratiche estreme, e ne era rimasta affascinata e innamorata (se "Hunger Games" ci ha insegnato qualcosa è che se vuoi il successo devi sempre copiare dai prodotti migliori!): e quest'ultima storia se non sbaglio verrà raccontata in questo speciale... :-P

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  6. Obs si preoccupa del weekend e poi ci sono io che arrivo con settimane di ritardo e leggo tutto di fila :)

    Strana questa storia del cognome... anche perché sarebbe stato strano chiamarlo "sacherismo" e fare un collegamento involontario con la torta, che a me fa venire in mente tutto tranne la sofferenza!

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  7. ahaha infatti sono sicuro che Krafft-Ebing non avrebbe mai proposto "sacherismo", si sarebbe inventato qualche nuova parola ;-)

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  8. In realtà non sono parenti, Leopold e Franz, o almeno non è nota la parentela, ma di sicuro il cognome Sacher in quel momento e in quel luogo, nel cuore dell'Europa, è un valore molto più grande del piccolo Masoch.

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  9. Ciao.
    Di sicuro c’è la Saker.
    Non sto scherzando, almeno da questo primo tuo scritto mi sorgono tanti dubbi.
    Il primo che mi viene è che la descrizione che fai di masochismo non si addice proprio alla figura umana di Leopold.
    Ma è forse un’esagerazione del suo essere misogino.
    Nel senso tante parole ma pochi fatti.
    Ma lo stesso secondo me si può dire anche di De Sade e il suo deonimo.
    Se non sbaglio del dicono marchese lessi le 120 giornate , la filosofia del..:e lettere dalla Bastiglia e se non ricordo male le sue spaventose perversioni stavano per lo più sulla carta .
    Insomma sono stati coniati due termini che però non rispecchiano le azioni reali dei due diretti interessati o mi sto sbagliando?
    Poi noto che non lo scrivi ma forse approfondirai negli altri due capitoli se esiste un limite o differenza tra perversione è quella che a me sembra una vera e propria malattia mentale.
    A presto
    Massimiliano

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    1. Grazie del commento, Max ;-)
      Il confine tra perversione e malattia è appunto il cardine su cui è nata la psicologia e si è discusso a lungo. Prima si considerava malattia mentale tutto ciò che esulasse dalle pratiche socialmente accettabili, invece sappiamo che la sessualità è un universo sconfinato e a malapena comprensibile (figuriamoci accettabile!) e questi neologismi e deonimi sono appunto nati per identificare qualcosa che prima, quand'anche fosse nota, era risolta sbrigativamente come comportamento deviante se non proprio malattia mentale.
      Sono perfettamente d'accordo che il masochismo non indica qualcosa troppo attinente a ciò che sappiamo della vita di Masoch, ma il fatto stesso che sia nato il neologismo è positivo: perché è un comportamento che può emergere da quel brodo indistinto in cui troppo sbrigativamente buttiamo roba che consideriamo malattia mentale.
      Il piacere o anche solo l'interesse sessuale può essere raggiunto o "acceso" da una galassia sterminata di fattori: essere umiliato, come amava Masoch, è in fondo il più innocuo. Un notissimo attore ha chiuso la sua lunga vita portando al limite la pratica dell'asfissia erotica: è forse più "sano" di Masoch, che stilava i suoi contratti con le amanti e nessuno si è mai fatto male?
      Limitare alla "carta" le proprie perversioni poi è tutt'altro che innocuo, perché significa condividerle e creare un piacere solitario ma comune che sfida i secoli. Anche se de Sade fosse un pantofolaio asessuato, non importa: ciò che conta è ciò che ha scritto e ciò che è rimasto del suo mito, per "creare" il sadismo. Così il masochismo, anche se quello di Masoch è all'acqua di rose.
      Provare piacere dal dolore non è molto diverso dal provarlo in mille altri modi in cui è possibile farlo. Il fenomeno delle donne YouTuber ha portato alla luce una curiosa realtà: un numero impressionante di italiani è feticista dei piedi! Le proposte di "escire le tette" sono nulla a quelle di mostrare i piedi. Quindi prima di parlare di malattia bisognerebbe studiare la sedicente "normalità" :-P

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  10. Parafilia , perversioni chiamale come vuoi ...sempre disturbi mentali sono.
    Poi sta ad ogni persona sana di mente tracciare il limite come scrivi te di quella che chiami "normalita'".
    Chiaro che non sto qua a giudicare .
    Se le pratiche si svolgono tra adulti consenzienti disturbati son "cazzi "loro.
    Si , quello che scrivi è vero a proposito di "limitare sulla carta le perversioni" su de Sade e Masoch.
    Diciamo che dopo son diventai in un certo senso dei capri espiatori per chi quelle perversioni le ha concretizzate.
    E di "veri" sadici nella storia ce ne sono stati davvero tanti.
    Forse più di masochisti.
    Grazie per la risposta.
    Buona giornata

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  11. Interessantissima questa prima porzione sulla vita di von Sacher-Masoch, mi è venuto naturale usare il termine "porzione", ma si tratta di umorismo involontario... Non sapevo dell'abbinamento di questi due cognomi. L'articolo è scritto con grande maestria, leggerò molto volentieri anche il seguito!

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    1. Ti ringrazio, e spero che troverai "gustose" anche le altre porzioni :-P

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  12. Di questa puntata ho trovato particolarmente inquietanti le foto finali degli uomini baffuti in abiti da donna...

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    1. Le foto le ha scelte TOM, quindi rigiro a lui il gradimento.

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    2. Troppo belle per essere ignorate! ^_^

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