Durante la seconda metà degli anni '80s del XX secolo il mondo della narrativa fantastica venne sconvolto da uno dei suoi periodici scossoni.
Come tutti gli scossoni alla fine si trattò di un fuoco di paglia che dopo qualche anno esaurì tutta la sua portata propulsiva, però è indubbio che finché ebbe durata quello scossone ebbe effetti deflagranti in tutto il mondo dell'horror, letterario, televisivo e cinematografico.
In buona sostanza era nato un nuovo movimento narrativo, un movimento che lo scrittore e sceneggiatore David J. Show aveva battezzato come "splatterpunk", anche se - come spesso succede - una parte degli scrittori associati a questo movimento avrebbe finito per dissociarsene o per effettuare i propri bravi distinguo.
Detto ancora più in soldoni lo splatterpunk rappresentava una sorta di ribellione contro l'horror più tradizionale, un suo adattamento alla controcultura (letteraria,musicale, cinematografica) dei tempi moderni e alla nuova società che stava arrivando con molte meno sicurezze, molta più violenza e molto molto più caos. Dovendone dare una definizione potremmo dire che lo splatterpunk descrive in maniera cruenta e con dovizia di particolari situazioni già cruente per loro natura.
Sangue e frattaglie non mancavano, così come non mancava una sorta di bizzarra poetica del macabro al suo interno.
Era un mondo nuovo, carico di promesse e di aspirazioni, un mondo del quale la stampa perfino quella generalista e non specializzata s'impossessò ben presto. Perfino in Italia, non ancora diventata la provincia povera dell'Impero visto che una buona parte delle opere rappresentative dello splatterpunk vennero tradotte quasi immediatamente con una solerzia difficile da immaginare oggi.
Come a tutti i movimenti serviva però un simbolo, diciamo un volto rappresentativo da poter associare a tutto il complesso e si credette di individuarlo nella persona di Clive Barker.
Non era certo l'unico, visto che lo splatterpunk poteva contare su tanti validi rappresentanti, tra cui lo stesso David J. Show, Richard Laymon, Poppy Z. Brite e la coppia John Skipp e Craig Spector, oltre a tanti altri; solo che Clive Barker poteva indubbiamente contare sul giusto phisique du rol per colpire l'immaginazione anche dei lettori meno specializzati.
Tanto per cominciare Barker era inglese (nato a Liverpool) cosa questa che negli anni '80s faceva molto trendy; era all'epoca ancora abbastanza giovane (classe 1952), era una persona colta, sempre gentile e disponibile; il buon Stephen King, sempre prodigo di complimenti nei confronti dei colleghi, lo aveva appena definito come "il futuro dell' horror" e inoltre - cosa che non guasta mai - era effettivamente dotato di bella presenza, abbastanza per incuriosire i giornalisti da sempre sensibili a particolari come questi e per fare strage dei cuori delle lettrici (questo però solo fino al giorno in cui Barker anni dopo avrebbe fatto coming out dichiarandosi pubblicamente omosessuale).
Interessante era stato anche il percorso artistico del "nostro": la madre, prima di darsi all'insegnamento, era stata una pittrice di una certa bravura ed in casa gli stimoli letterari e culturali non erano mai mancati. Grazie all'incoraggiamento familiare il giovane Clive aveva precocemente dimostrato segnali di un enorme poliedrico talento cimentandosi via via come illustratore, scrittore, regista di film underground (quasi tutti interpretati dall'amico d'infanzia Doug Bradley, il futuro Pinhead cinematografico) e sempre con un certo successo.
Certo, non mancavano anche i particolari meno edificanti: all'età di tre anni il piccolo Clive aveva avuto il suo primo contatto con la morte quando aveva assistito alla tragica fine del paracadutista francese Leo Valentin durante uno spettacolo al quale lo aveva portato il padre mentre, come racconta il critico e scrittore
Paul M. Sammon all'interno della sua antologia Splatterpunk: Extreme Horror, le maggiori influenze del Clive Barker adulto e scrittore verranno dal mondo e delle iconografie della sessualità radicale, comprese quelle sado-maso.
Quanto la morte di Leo Valentin avesse impressionato il giovane futuro scrittore è cosa data a sapere fino ad un certo punto, visto che più volte lo stesso Barker ritornerà a citare il nome del francese nei suoi scritti.
Quello che è certo è che gli interessi del ragazzo di Liverpool sembrarono virare verso gli ambienti della controcultura, dell'underground, del sesso in tutte le sue manifestazioni più estreme e del mondo post-punk.
Ma Barker era prima di tutto uno scrittore di razza e lo dimostrò nel 1984 quando diede alle stampe i primi tre volumi (dei sei totali, gli altri 3 arrivarono l'anno dopo) dei suoi "Books of Blood" grazie ad un editore londinese, la Sphere Books (in Italia fu la Bombiani ed il titolo fu "Libri di Sangue") definito dalla critica anglosassone come uno dei migliori debutti di sempre.
I racconti contenuti nelle sei raccolte rappresentavano un florilegio di gore ("Pig Blood Blues"), splatter, situazioni morbose, descrizioni di sesso esplicito, ma anche di denuncia politica ("The Midnight Meat Train" o "In the Hill, the Cities", che a suo modo, con la descrizione simbolica di due comunità che non ricordano più bene il loro comune passato, profetizza la fine della Jugoslavia) ma anche di umorismo nero ("The Yattering and Jack"), slasher ("The Forbidden" che in seguito sarà espanso dando origine a "Candyman"). Ma anche la nascita di un personaggio ricorrente nella narrativa Barkeriana quale il detective del paranormale Harry D'Amour ("The Last Illusion"), demoni infernali e tanti mostri e creature post-lovecraftiane.
Ma soprattutto una sfrenata sfrenatissima fantasia, una unione di temi apparentemente crudeli e grotteschi però descritti con una tecnica sofisticata ed una poetica davvero ricca e rara da trovare altrove.
Questo però era ancora solo l'antipasto.
Nessuno si stupì quindi quando un paio di anni dopo uscì per conto della Dark Harvest (all'interno dell'antologia collettiva "Night Visions") un'altra opera seminale di short fiction: "The Hellbound Hearth"). In seguito la Harper-Collins affrancherà il monumentale romanzo breve ripubblicandolo singolarmente, mentre per l'Italia ci penserà la Sonzogno con il titolo "Schiavi dell'Inferno".
Seminale e monumentale, due termini forse abusati ma che in questo caso ci stanno tutti.
The Hellbound Hearth è la storia di un artefatto, il cubo o scatola di Lemarchand, una sorta di cubo di Rubik in versione acida. Nato come semplice giocattolo da aprire risolvendo un rebus e poi tramutatosi in oggetto magico il cubo di Lemarchand è in grado, se aperto, di provocare una frattura nel continuum spazio-temporale e di mettere in contatto l'utilizzatore del cubo con una nuova dimensione, una sorta di paradiso dove vivere eternamente in un perenne stato di estasi e di piacere carnale.
A ritrovare la scatola in un oscuro palazzo in Germania comprandola dal suo ultimo proprietario ancora in vita sarà un inglese di nome Frank Cotton, da sempre in cerca del piacere estremo.
Frank Cotton viene descritto sin da subito come una persona egoista, viziata e profondamente narcisista, pronta a tutto pur di soddisfare i propri bisogni, ad ogni modo l'uomo riesce a risolvere il rebus del cubo e ad entrare in contatto con i guardiani della parallela dimensione paradisiaca: i Supplizianti altrimenti detti teologi dell'Ordine dello Squarcio (Cenobites nella dizione originale inglese), creature immaginate come una via di mezzo tra l'adepto di una setta religiosa e l'essere soprannaturale.
Ricordate però che il diavolo sta nei dettagli: tanto per cominciare, la dimensione alternativa si rivela essere un vero e proprio corrispettivo dell'Inferno, un luogo dove subire per l'eternità torture sempre più estreme e distruttive, un Paradiso si, ma per Sado-Masochisti. Gli stessi supplizianti si dimostrano vere e proprie figure demoniache dedite alla sofferenza - da infliggere agli altri e da auto-infliggersi - creature che forse una volta erano anche state umane ma che ormai presentano corpi talmente deturpati e mutilati da uncini, aghi e fibule, al punto da risultare quasi asessuati.
Qui parte una delle tante differenze tra il libro ed i film che seguiranno poi: i quattro supplizianti che appaiono agli occhi di Frank vengono descritti in maniera distinta rispetto a come appariranno nel film Hellraiser, non compare assolutamente Pinhead, il leader del gruppo si rivela essere stato in passato una ragazza e, inoltre, viene fatto riferimento ad un quinto "membro" del gruppo, chiamato l'Ingegnere, che compare solo quando il Cubo rischia di essere distrutto (o per passare il medesimo ad un nuovo proprietario).
Frank Cotton diventa così l'ultimo esperimento dei Supplizianti e finisce per essere condotto all'Inferno Cenobita.
Questo l'antefatto.
La storia vera comincia qualche tempo dopo quando Larry (detto Rory), il fratello di Frank, si trasferisce assieme alla giovane moglie Julia nella casa dello scomparso. Rory persona molto diversa dal fratello ed infinitamente migliore di lui, ignora però che la stessa Julia qualche tempo prima di sposarlo ha intrattenuto una relazione proprio con Frank e che, segretamente è ancora innamorata del fratello.
Nel romanzo - visto che i triangoli amorosi, sembrano non essere ancora abbastanza - compare ancora un' altra figura e cioè Kristy, un'amica di Rory, che sotto sotto desidererebbe essere qualcos'altro per lui.
Qui scatta la seconda delle differenze con la pellicola, nel film infatti Kristy verrà trasformata nella figlia del primo matrimonio di Rory, di conseguenza Julia viene fatta diventare la matrigna della ragazza, cambiando quasi totalmente il senso dell'intera vicenda.
Frank però riesce a scappare dal'universo dei Supplizianti, il corpo essiccato dell'uomo si mette in contatto con Julia in cerca di aiuto (ancora una volta saranno gli umori corporei, sangue e sperma nello specifico a rendere possibile la fuga attraverso le dimensioni di Frank).
Come presi da una macabra partita a scacchi i personaggi saranno ingoiati da un vortice macabro e distruttivo, l'innocenza non basterà a salvare da una fine immeritata qualcuno, qualcun altro incontrerà un destino peggiore della morte; la scatola di Lemarchand cambierà ancora una volta padrone e solo uno dei quattro personaggi principali giungerà vivo ed integro alla fine della storia.
Fine della storia che pone di fronte ai lettori anche una blanda, pallidissima speranza: forse da qualche parte sparsi per il mondo esistono altri artefatti e forse qualcuno tra loro conduce davvero a qualcosa che potremmo davvero chiamare Paradiso
E il Paradiso, se non altro a livello narrativo e cinematografico, sembravano davvero averlo incontrato, in quello scorcio degli anni '80s e '90s, Clive Barker e Doug Bradley: il primo convinto di non dover mai vivere l'appannamento del proprio talento e delle proprie fortune (letterarie e cinematografiche) mentre il secondo sembrava avviarsi, grazie alla sua interpretazione di Pinhead, quasi come il babau definitivo, il Freddy Krueger del nuovo millennio.
Le cose sarebbero andate in maniera leggermente diversa.
La vita, come sappiamo, se ne fotte allegramente delle previsioni. Ma questa è un'altra storia e la racconteranno coloro che seguiranno in questo dossier collettivo su Obsidian Mirror.
Una storia che verrà raccontata da coloro che seguiranno? Bene! A questo punto non ci resta che attendere e sperare che qualcuno abbia saputo cogliere questo meraviglioso assist.
Nel ringraziare lo Zio Nick per questa esauriente introduzione all'universo cenobita, ci tenevo ancora una volta a precisare, semmai ce ne fosse bisogno, che lo speciale che state leggendo è solo limitatamente incentrato sull'opera barkeriana.
Ho avuto modo recentemente, per esigenze di copione, di riprendere in mano il racconto in questione e di riguardarmi i primi tre film della serie dopo anni di oblio... e ho fatto davvero fatica a comprendere la logica secondo la quale una buona idea iniziale sia finita nel cesso a causa di una stesura frettolosa e di una serie di adattamenti che definire discutibili è dire poco.
Avevo già accennato nel mio post introduttivo che il meccanismo attorno al quale ruota "The Hellbound Heart" è sostanzialmente un equivoco: Frank Cotton, involontario bersaglio del supplizio cenobita, non era affatto alla ricerca del piacere "nella sofferenza", quanto del piacere tout-court, un piacere senza trucco e senza inganno (ma poi, suo malgrado, è andata come è andata). Frank Cotton è tuttavia la più ovvia rappresentazione di anima dannata, la vittima presuntuosa del più classico degli inganni diabolici e in tal senso, se ci soffermiamo sull'originalità dell'idea, Clive Barker non è che si sia sprecato moltissimo. Molto più originale la chiave di accesso alla dannazione: la cosiddetta "Configurazione del Lamento", ovvero quella specie di cubo di Rubik la cui soluzione spalanca le porte dell'inferno. Peccato solo che il cubo magico barkeriano sia sempre rimasto ai margini del mondo di Hellraiser e, personalmente, non posso che dispiacermene.
Dicevo poco fa che "The Hellbound Heart" si basa sostanzialmente su un equivoco... Nessun equivoco invece sul contenuto di questo "Pleasure of Pain" che è fermamente intenzionato a mantenere ciò che promette.
E da dove iniziare a parlare di "piacere nella sofferenza" se non da quel celebre personaggio il cui nome è indissolubilmente legato a tale concetto? Ce ne parlerà ampiamente un nostro comune amico nel corso del weekend.
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Una storia che verrà raccontata da coloro che seguiranno? Bene! A questo punto non ci resta che attendere e sperare che qualcuno abbia saputo cogliere questo meraviglioso assist.
Nel ringraziare lo Zio Nick per questa esauriente introduzione all'universo cenobita, ci tenevo ancora una volta a precisare, semmai ce ne fosse bisogno, che lo speciale che state leggendo è solo limitatamente incentrato sull'opera barkeriana.
Ho avuto modo recentemente, per esigenze di copione, di riprendere in mano il racconto in questione e di riguardarmi i primi tre film della serie dopo anni di oblio... e ho fatto davvero fatica a comprendere la logica secondo la quale una buona idea iniziale sia finita nel cesso a causa di una stesura frettolosa e di una serie di adattamenti che definire discutibili è dire poco.
Avevo già accennato nel mio post introduttivo che il meccanismo attorno al quale ruota "The Hellbound Heart" è sostanzialmente un equivoco: Frank Cotton, involontario bersaglio del supplizio cenobita, non era affatto alla ricerca del piacere "nella sofferenza", quanto del piacere tout-court, un piacere senza trucco e senza inganno (ma poi, suo malgrado, è andata come è andata). Frank Cotton è tuttavia la più ovvia rappresentazione di anima dannata, la vittima presuntuosa del più classico degli inganni diabolici e in tal senso, se ci soffermiamo sull'originalità dell'idea, Clive Barker non è che si sia sprecato moltissimo. Molto più originale la chiave di accesso alla dannazione: la cosiddetta "Configurazione del Lamento", ovvero quella specie di cubo di Rubik la cui soluzione spalanca le porte dell'inferno. Peccato solo che il cubo magico barkeriano sia sempre rimasto ai margini del mondo di Hellraiser e, personalmente, non posso che dispiacermene.
Dicevo poco fa che "The Hellbound Heart" si basa sostanzialmente su un equivoco... Nessun equivoco invece sul contenuto di questo "Pleasure of Pain" che è fermamente intenzionato a mantenere ciò che promette.
E da dove iniziare a parlare di "piacere nella sofferenza" se non da quel celebre personaggio il cui nome è indissolubilmente legato a tale concetto? Ce ne parlerà ampiamente un nostro comune amico nel corso del weekend.
Grazie per l' ospitalità. ;)
RispondiEliminaGrazie a te per il prezioso contributo!
EliminaE così siamo entrati nel vivo. E bravo Nick che ha illuminato la strada da percorrere. Peccato che ci abbia lasciato con l'incertezza del seguito... ci sarà, non ci sarà?
RispondiEliminaP.S. Ma quel "In buona sostanza" c'era davvero nel file originale di Nick?
Sembrerà strano ma quella "buona sostanza" (che pare proprio essere parte del mio repertorio, al pari di "sostanzialmente") è pura farina del sacco del Parisi.
EliminaNulla di quello che leggi qui è cambiato rispetto all'originale (a parte la correzione di qualche refuso che era palesemente tale).
Uno dei pilastri di questo speciale è proprio quello di non intervenire in nessun modo sui vostri contributi... e ciò allo scopo di rendere perfettamente riconoscibile la mano del redattore di turno.
@ Ivano Landi
EliminaC'era, c'era...
Anche se io sostanze non ne adopero. :D
Ricordo quel periodo in cui Clive Barker era notevolmente esaltato dalla critica (se non sbaglio gli venne addirittura data carta bianca per dirigere lui stesso, come regista, "Cabal").
RispondiEliminaSi, mi pare anche a me di ricordare qual particolare. D’atra parte Clive Barker era davvero al topo della notorietà, grazie soprattutto a quella celebre frase di Stephen King che recitava più o meno “Ho visto il futuro dell’horror: si chiama Clive Barker”. Oggi abbiamo ormai capito che Stephen King dice la stessa cosa di tutti, se lo pagano il giusto, ma ai tempi era una novità assoluta.
EliminaChe poi la frase di King, nel trailer (solo italiano?) del film, è diventata: "Ho visto il futuro del cinema horror. Si chiama Clive Barker".
EliminaSi vede che avevano finito il budget per una frase nuova di zecca. Aggiornare qualcosa costava meno che creare.
Elimina@ Ivano - Ariano -Obsidian
EliminaL' eclisse barkeriana dopo i primissimi anni di grandi successi è uno dei misteri maggiormente inspiegabili del XX secolo. Secondo me lo stesso Barker aveva cominciato a prendersi troppo sul serio col conseguente inaridimento della sua vena creativa.
Per il mio ciclo sulla saga di Hellraiser sono andato a leggermi le riviste specializzate dell'epoca, tipo "Fangoria", "Gore Zone" e similari, e nelle interviste Barker ha chiaramente perso la testa già nel 1987! L'enorme successo del primo film gli ha fatto perdere un attimino il controllo e SUBITO molla Hellraiser in favore di Cabal. Agli intervistatori di quegli anni racconta che l'editoria non è più in grado di offrirgli strumenti adatti per la sua poetica, e che il cinema è ormai la sua nuova casa. Ma per cinema intende "Cabal", che di Hellraiser se ne strafrega sin da subito, ammollandolo ad amici e passanti rimanendo produttore e pretendendo che tutti lo chiamino per sapere cosa fare. Insomma, un "padre nobile" che però non vuole sporcarsi pubblicamente le mani, visto che sta per lanciare il più grande film della storia del mondo. Visto che Cabal è stato un flop potente, Baker era fottuto già ad inizio corsa...
EliminaAd ogni anno le sue interviste si facevano più umili, cominciava a riconoscere di non aver gestito bene le cose ed è commovente quando si arriva al punto che si domanda come mai non lo chiamino più, per sapere cosa fare nei vari film di Hellraiser. (Perché avrebbero dovuto, visto che all'arrivo di Bob Weinstein non era più produttore?)
Temo che Barker non abbia saputo vedere la fine di una certa poetica - ho amato lo splatterpunk ma è davvero durato il tempo di un'alba - e la fine di un certo cinema, che all'epoca si credeva eterno: è arrivata la serialità per spillare soldi al fandom - che dura tuttora - e produttori americani spietati che non hanno nulla da invidiare ai cenobiti!
@ Lucius Etruscus
EliminaQuando ho intervistato recentemente Craig Spector e gli ho fatto delle domande specificamente sullo splatterpunk, mi ha detto più o meno le stesse cose, cioè che i tempi stavano cambiando e che loro-gli splatterpunks- sono poi andati tutti per conto loro.
Non mi ha parlato di Barker però col senno di poi sarebbe stato interessante fargli una domanda in proposito.
Questi movimenti letterari che si prefiggono di essere alternativi spesso durano molto poco, tipo appunto il decano cyberpunk, i cui maggiori esponenti si sono subito dedicati ad altro e a rimanere a lungo è rimasto solo il nome, usato sempre a sproposito :-D
EliminaNon puoi inseguire Spector e chiedergli "Ah, un'ultima domanda..." alla Tenente Colombo? :-P
Dopo la succosa introduzione al ciclo dell'altro ieri, questo primo post è altrettanto gustoso.
RispondiEliminaFelice di avervi beccato in tempo!
L'autore di questo articolo è un maestro e un vero trascinatore. In un'altra epoca sarebbe stato probabilmente un condottiero o un dittatore... ma anche in veste di blogger è sempre uno che lascia il segno.
Elimina@ Zio Portillo
EliminaGrazie per i complimenti.
@ Obsidian
:)
@ Bara Volante
RispondiEliminaGrazie, troppo buono!
Ovviamente prima o poi prenderò questa serie in mano perché mi incuriosisce la storia della scatola che si apre ad enigma e vorrei provare ad entrare un po’ nel vivo di questo ‘mondo dannato’ tramite la quale vi si accede.
RispondiEliminaGrandissimo Nick e grandissimo Obs!
@ Alessia H.V.
EliminaGrazie da parte nostra. :D
Complimentissimi a Nick e splendido inizio di specialone! ^_^
RispondiElimina@ Lucius Etruscus
EliminaGrazie, sono convinto che tu farai ancora meglio col tuo post.^_^
L'Etrusco anche questa volta non si è risparmiato! Vedrai, zio Nick!
EliminaIo ho scoperto il racconto solo eoni dopo della serie di film, ma con il senno di poi devo ammettere che il primo capitolo del film e per me più succoso del pur mirabile ( ma brevissimo ) racconto.
RispondiElimina@ Pirkaf
EliminaIl primo film è in effetti molto bello
Non l'avevo mai considerato in questi termini, soprattutto non sapevo nemmeno che esistesse un movimento splatterpunk...a questo punto quindi, credo che un giorno o l'altro li recupererò e vedrò tutti ;)
RispondiElimina@ Pietro Sabatelli
EliminaConsidera comunque che le sue cose migliori lo splatterpunk le ha prodotte in narrativa.
Articolo stupendo!
RispondiEliminaAnche io ho scoperto il racconto solo anni dopo, per me Hellraiser era un film horror diverso dal resto mainstream (slasher, perlopiù).
Zio Frank, praticamente un antesignano apritore di Behelit :)
Moz-
@ MikiMoz
EliminaGrazie di tutto! :)
Bravissimo Nick! Non sapevo che esistesse un filone splatterpunk, ma devo ammettere che mi attrae parecchio...
RispondiEliminaNeppure io sapevo esistesse il genere Splatterpunk..comunque ciao Nick!
RispondiEliminaInteressante conoscere la genesi di uno dei film che sicuramente credo trovino favori positivi anche da chi non ama particolarmente il genere.
Alla luce di quello che scrivi obiettivamente posso anche capire ( dopo trent’anni ) perché Hellraiser si sia “Cristalizzato” almeno secondo me ai primi tre capitoli cinematografici.
Semplicemente non c’èra altro da raccontare.
Posso solo esprimere un giudizioso cinematografico non ho letto il breve racconto da cui è tratto.
E a questo punto mi vien da pensare che per la versione cinematografica obbligato o meno Si sia censurato.
Poi ho letto che dopo il primo film sui cenobiti aveva puntato molto su quello che lui forse teneva di più ma che se rivelato dopo essere un flop cinematografico, Cabal.
Sinceramente credo che sia stato frainteso , come si dice l’abito non fa il monaco associare esclusivamente Hellraiser a perversioni sadomasochista prevalente sessuali.
Almeno dal film a me non è arrivato questo.
Poi ripeto il racconto non l’ho letto.
Forse non ha avuto il successo di altri film horror di quegli anni che hanno fatto della serialita un punto di forza con risultati altalenanti ma che comunque in un certo senso son rimasti nel cuore.
Penso a Nightmare a Friday 13 o la saga di Leatherface.
Il difetto per me o ho letto che qualcuno ha scritto pure l’equivoco di Hellraiser ( nella versione cinematografica) fosse la perversione sessuale.
Effettivamente nella realtà pratiche sadomaso intese come perversione sessuale fanno tuttalpiù ridere i polli.
Naturalmente i sani di mente.
Forse mi son dilungato troppo .
Adesso bisognerebbe recuperare il libro.
Ah...speriamo che tra i vari interventi legati al trentennale del film di Barker qualcuno parli anche della serie di film che ne hanno fatto ...per capire cosa non ha funzionato oltre a quello che ho pensato io.
Massimiliano
Intanto complimenti all'autore dell'articolo, scritto con la consueta maestria. Ciao, Nick! Poi vorrei aggiungere un paio di osservazioni, da vera neofita dell'argomento: la prima è che i doni del diavolo hanno sempre un prezzo altissimo. E poi al danno si aggiunge la beffa: tutto questo spremersi le meningi per aprire una scatola, e poi guarda il risultato!
RispondiElimina