venerdì 31 maggio 2024

Fuori speciale: storie di italiani

“Fuori speciale” è una serie di articoli che vengono scritti di getto nel periodo di pubblicazione dello speciale “La grande abbuffata”. Pur non essendone parte integrante, ciò che viene qui trattato ruota intorno all’argomento principale senza spezzarne il filo logico. Si tratta, in estrema sintesi, di piccoli approfondimenti che non hanno trovato posto nella struttura principale. “Fuori speciale”, in uscita tutti i venerdì, non è una lettura necessaria alla comprensione degli articoli de “La grande abbuffata” (che usciranno invece il lunedì), è viceversa una lettura che può essere ignorata o rimandata, a vostro piacimento. 

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Fin da piccoli, a ognuno di noi viene insegnata l’importanza del cibo. Se anche voi, come me, siete della generazione di quelli che si sono intristiti davanti al broccolo o al cavolfiore, ricorderete certamente una voce che ci spiegava che, mentre noi potevamo permetterci il lusso di avanzare il cibo, ogni anno milioni di bambini in Africa morivano di fame. Quel broccolo e quel cavolfiore non li avremmo mangiati ugualmente, ma il senso di colpa per l’immensa ingiustizia causata dal nostro comportamento ci avrebbe perseguitato la notte, popolando i nostri incubi e facendoci sentire delle merde.

lunedì 27 maggio 2024

La Grande Abbuffata: sul mangiare (di) merda, una critica sociale

Niente come il cibo si presta a essere utilizzato come arma di feroce critica sociale. In questo senso, l’apice del non rappresentabile lo si raggiunse negli anni ‘70. Per il Marco Ferreri di “La Grande Abbuffata” (1973) il cibo è la materializzazione del vuoto e della noia che pervadono la società borghese. I quattro uomini di successo che decidono di rinchiudersi in una villa per ingozzarsi fino alla morte non fanno altro che reiterare la stessa artificiale, amorale ingordigia che affligge l’umanità in ogni ambito della vita. Tra deiezioni, flatulenze, fluidi di vario genere, la vita continua a incedere come una sequenza infinita di funzioni corporali; mangiare fino alla morte non è semplice, con il corpo che cerca, nonostante tutto, di sopravvivere all’ordalia. Accanto a loro una donna che si rivelerà essere un misericordioso angelo della morte, non scheletrica come la Morte, ma abbondante e materna (un generoso e forse ormai inattuale apologo del femminile). Non c’è alcuna catarsi al sopraggiungere della morte, che rappresenta la morte della borghesia intera. Non c’è catarsi neppure per i cani, l’immagine di un mondo affamato per cui l’abbondanza resta qualcosa di irraggiungibile, infatti il cibo, leitmotiv del film, continua ad arrivare anche dopo la morte dei quattro, ma rimane ad accumularsi in giardino.

venerdì 24 maggio 2024

Fuori speciale: la vendetta è un piatto che si serve freddo

“Fuori speciale” è una serie di articoli che vengono scritti di getto nel periodo di pubblicazione dello speciale “La grande abbuffata”. Pur non essendone parte integrante, ciò che viene qui trattato ruota intorno all’argomento principale senza spezzarne il filo logico. Si tratta, in estrema sintesi, di piccoli approfondimenti che non hanno trovato posto nella struttura principale. “Fuori speciale”, in uscita tutti i venerdì, non è una lettura necessaria alla comprensione degli articoli de “La grande abbuffata” (che usciranno invece il lunedì), è viceversa una lettura che può essere ignorata o rimandata, a vostro piacimento. 

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Più o meno a tutti è capitato, nel periodo scolastico, di avere un compagno di classe un pelino sovrappeso. A quell’età per molti è quasi inevitabile, fisiologico, e non gliene si può dare nemmeno la colpa. 
Dal punto di vista medico, per spiegare lo sviluppo del sovrappeso o obesità infantile, è necessario infatti tenere in considerazione l’interazione di fattori genetici, biologici, psicologici, comportamentali, interpersonali e ambientali. È tuttavia innegabile che tra le prime cause vi è l’elevato consumo di bevande zuccherate e di cibo a basso contenuto di nutrienti e ricco di grassi saturi, ma la disponibilità di cibo appetitoso, economico e ingegnosamente pubblicizzato è sempre stato uguale per tutti. 
Comprensibilmente, i genitori che lavorano possono avere una maggiore dipendenza da opzioni comode, come per esempio il fast food, rispetto alla spesa e alla preparazione di pasti freschi e sani per i loro figli. Potrebbero non avere l’energia o i mezzi economici per sostenere l’attività fisica dei loro figli. Potrebbero infine non avere abbastanza tempo per imporsi ed educare i figli a non trascorrere troppo tempo davanti a uno schermo. 
Tutto ciò, come è stato dimostrato, è assolutamente deleterio in quanto, oltre a favorire la sedentarietà, può anche influire negativamente sui ritmi del sonno, il che può condurre all’obesità perché provoca un cambiamento dei livelli degli ormoni che regolano l’appetito. Ma non è solo questo: dalla letteratura scientifica è emerso che esiste una relazione tra obesità e livelli elevati di stress materno in gravidanza o di stress materno post-natale durante il primo anno. 

I ragazzini in età scolare però non prestano attenzione alle cause, bensì agli effetti, che in questo caso si traducono nell’avere a fianco un compagno di classe con il quale è facile confrontarsi e uscirne vincitori. Ai tempi del mio biennio delle superiori avevo in classe questo ragazzino che si chiamava Francesco che, per tutti, neanche a farlo apposta, era “Ciccio”. E quando dico “per tutti” significa che non era solo una questione di episodi di bullismo da parte di alcuni, che ovviamente c’erano, quanto di un comportamento scorretto generalizzato. D’altra parte, a quell’età quando ci si trova, per usare un termine calcistico, lontani sia dalla zona scudetto che da quella retrocessione, è molto più facile voltare lo sguardo altrove. Personalmente mi trovavo più o meno nel mezzo, ma defilato osservavo e immaginavo che il ragazzo meno popolare della classe potesse prendersi un giorno la sua rivincita. 
Ritrovo quella mia fantasticheria in un film spagnolo uscito nelle nostre sale un paio di anni fa, ma da me notato su non ricordo quale piattaforma di streaming abbastanza di recente. Si tratta di “Piggy” (“Cerdita”, 2022) della regista madrilena Carlota Pereda, che qui sviluppa un soggetto già proposto nell’omonimo cortometraggio che le valse il Premio Goya 2019. È la storia di Sara, una giovane ragazza in sovrappeso che viene pesantemente presa di mira da un trio di cattive ragazze: Piggy, naturalmente, è il suo soprannome. L’ambientazione non è quella scolastica, ma fa niente: siamo comunque in una piccola comunità dove tutti sanno tutto di tutti, il che equivale a fare della persona sovrappeso lo zimbello del paese, specie se alle spalle c’è, come in questo caso, anche una madre iperprotettiva che non fa che amplificarne le debolezze. Uno sguardo alla famiglia di Sara ci fa capire che la sua obesità non è affatto un incidente di percorso, ma piuttosto l’inevitabile conseguenza della sua genetica unita a abitudini di vita scorrette; i genitori peraltro non sembrano accorgersi affatto di ciò che accade attorno a Sara e della sofferenza della figlia. 

Dopo l’ennesimo episodio di bullismo, che vede Sara derisa mentre fa il bagno in piscina e quindi derubata dei suoi abiti, giunge il momento che cambierà il corso della sua vita. Mentre cerca di rientrare a casa inosservata, vestita solo di un imbarazzante bikini, Sara assiste al rapimento da parte di un maniaco delle sue aguzzine. Sara è testimone di tutto: vede il sangue, vede il furgone, vede la targa, vede e riconosce l’uomo che le ha rapite. E l’uomo, che a sua volta vede Sara, anziché trascinarla a bordo, in un inaspettato gesto di altruismo offre a quest’ultima un asciugamano con il quale coprirsi. Un gesto che equivale a un tacito patto di non tradimento, che Sara accoglie. 
Da quel momento in avanti Sara è complice. Una complicità che non tradisce nemmeno quando una serie di crimini sconvolge il villaggio e nemmeno quando la guardia civile inizia a interrogare tutti, lei compresa. Appare chiaro a tutti che la ragazza sa più di quanto dice. Il rapitore ne è conscio e la prende in simpatia, inizia a seguirla e alla fine, quando i due si incontrano, per qualche motivo Sara sembra invaghirsi di lui. 

Non racconterò altro perché non ne vedo la necessità, ma è innegabile che Carlota Pereda ha qui avuto una grande intuizione. Quel compagno di classe, che tutti noi abbiamo avuto seduto a pochi passi da noi, mai avrebbe potuto affidarsi alle proprie sole forze per trovare un riscatto immediato. Ho anche assistito a qualche timido tentativo di ribellione, quando andavo a scuola, ma le conseguenze di quei tentativi, inevitabilmente patetici, erano ancora più tremende. Nulla poteva, d’altro canto, l’intervento di genitori (quasi sempre inconsapevoli) o insegnanti (quasi sempre indifferenti, per non dire complici). Ecco, quindi, che l’idea di trovare un alleato in un feroce serial killer potrebbe essere, se non altro (e cinematograficamente parlando), l’unica soluzione. 
Il film lascia quindi intuire uno sviluppo molto interessante, decisamente originale, ed è subito difficile non fare il tifo per la protagonista maltrattata che si vendica dei suoi bulli con l'aiuto del cattivo. Peccato che qualcosa a un certo punto si inceppi; e “Piggy” sembra puntare diritto, e in maniera frettolosa, verso un finale che lascia perplessi. Perché Sara piace al maniaco? Perché a Sara piace il maniaco? Perché poi all’improvviso non le piace più? La psicologia dell’uomo non è mai chiarita, e se è facile pensare che possa aver rivisto in Sara una versione più giovane di se stesso o di qualcuno che amava, non abbiamo nessun elemento a indicarci se siamo o meno vicini alla verità. 
Quanto a Sara, il suo desiderio di vendetta le ha fatto dimenticare ogni principio, oppure la paura di essere a sua volta rapita e uccisa la rende vittima di una sorta di sindrome di Stoccolma anticipata? E ancora, ha semplicemente subito il fascino del male? Non lo sappiamo. Posso solo dire che c’è qualcosa che sembra mancare nello sviluppo dei due personaggi, mentre il film, ormai del tutto deragliato, contraddice se stesso in un epilogo buonista che, viste le premesse, non ha alcun senso.



lunedì 20 maggio 2024

La Grande Abbuffata: sul cibo e sui canoni di bellezza moderni

Qualche volta il rifiuto del cibo non è sintomo del male di vivere, ma una conseguenza del cercare di adeguarsi a tutti i costi a dei canoni di bellezza che qualcun altro ha deciso per noi. Imporre dei modelli estetici spesso irraggiungibili è uno dei modi tramite i quali non il singolo, stavolta, ma la società intera esercita il controllo. Una società surrettiziamente impersonata da un apparato economico che crea i nostri bisogni e ci indica la maniera per soddisfarli, passando sempre e comunque per il corpo della donna: anche il mondo maschile ha i suoi canoni di bellezza, ma sono un po’ meno stringenti. Non sto dicendo che per un uomo brutto la vita sia tutta rose e fiori, ma credo di essere obiettivo se affermo che alcuni traguardi che per la donna dipendono in primis dalla sua avvenenza sono più facilmente abbordabili da un uomo a prescindere dal suo aspetto fisico (per esempio in ambito lavorativo). 
Le protagoniste di “H2Odio” (2006) di Alex Infascelli sono donne e sono convinto che la stessa storia incentrata su degli uomini non avrebbe funzionato altrettanto bene, anzi non avrebbe funzionato affatto, mancando delle premesse psicologiche per rendere tutto plausibile. Perché una cosa va detta: pur con i suoi numerosi difetti, il film riesce a mio parere a suscitare un reale senso di disagio, e se anche non intendeva trasmettere chissà quale messaggio o insegnamento, questo ci arriva ugualmente. 

venerdì 17 maggio 2024

Fuori speciale: fino a che punto ti spingeresti per sembrare giovane?

“Fuori speciale” è una serie di articoli che vengono scritti di getto nel periodo di pubblicazione dello speciale “La grande abbuffata”. Pur non essendone parte integrante, ciò che viene qui trattato ruota intorno all’argomento principale senza spezzarne il filo logico. Si tratta, in estrema sintesi, di piccoli approfondimenti che non hanno trovato posto nella struttura principale. “Fuori speciale”, in uscita tutti i venerdì, non è una lettura necessaria alla comprensione degli articoli de “La grande abbuffata” (che usciranno invece il lunedì), è viceversa una lettura che può essere ignorata o rimandata, a vostro piacimento. 

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Nel corso dello speciale che viaggia parallelo a questi brevi intermezzi, abbiamo avuto e avremo modo di entrare nel fenomeno che vede il corpo come oggetto di un’ossessione. Secondo la definizione comune, per ossessione si intende quel fenomeno patologico che si manifesta con la presenza, persistente o periodica, di una rappresentazione mentale, un impulso, un affetto, che la volontà non riesce a eliminare, e che risulta accompagnata da un sentimento sgradevole di ansia paragonabile a quello di una minaccia incombente. In pratica è un fenomeno psicologico del tutto incoerente con la ragione o la logica.

lunedì 13 maggio 2024

La Grande Abbuffata: sugli aspetti psicologici e relazionali (Pt.2)

Come “301, 302”, anche “La vegetariana” (Lim Woo-Seong, 2009), tratto dall'omonimo libro di Han Kang, narra di una donna che rifiuta il cibo e (sarà un caso) anche questo film arriva dalla Corea. Ne avevo già parlato in passato, anticipando per forza di cose anche gran parte della trama, ma soltanto la lettura del romanzo avvenuta a posteriori mi ha permesso una visuale completa della storia così come la sua autrice l’aveva concepita in origine. 
La vita di Yeong-Hye, stravolta da un sogno, è l’odissea di una persona il cui rifiuto del cibo simboleggia quello delle costrizioni sociali, della famiglia e infine di se stessa in quanto essere umano, fatto di carne e sangue, così lontana dalla purezza placida e indifferente del mondo vegetale: Yeong-Hye finirà per essere rifiutata a sua volta, riuscendo a mantenere un flebile legame umano solo col cognato, un legame che però è al limite dell’abuso. Anche in questo caso non può esserci un lieto fine, non come noi ce l’immaginiamo (“e vissero felici e contenti...”). 

venerdì 10 maggio 2024

Fuori speciale: cronache del pianerottolo

“Fuori speciale” è una serie di articoli che vengono scritti di getto nel periodo di pubblicazione dello speciale “La grande abbuffata”. Pur non essendone parte integrante, ciò che viene qui trattato ruota intorno all’argomento principale senza spezzarne il filo logico. Si tratta, in estrema sintesi, di piccoli approfondimenti che non hanno trovato posto nella struttura principale. “Fuori speciale”, in uscita tutti i venerdì, non è una lettura necessaria alla comprensione degli articoli de “La grande abbuffata” (che usciranno invece il lunedì), è viceversa una lettura che può essere ignorata o rimandata, a vostro piacimento. 

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Tra le perle che la cinematografia sul vicinato ci ha regalato (“neighborhood cinema”, come direbbero gli anglofoni) c’è un misconosciuto film coreano del 1995 intitolato “301, 302” di Cheol-su Park, che narra l’impossibile amicizia tra una donna che ama cucinare e un'altra che odia mangiare (301 e 302 sono i numeri dei loro rispettivi appartamenti al terzo piano di uno stabile di Seul). Spoilerarne ampiamente il finale è il prezzo da pagare per spiegare come mai mi è stato impossibile incasellare questo film in una parte precisa dello Speciale: se da un lato parla in lungo e in largo del rapporto disfunzionale con il cibo, dall’altra è innegabile che si tratti di base di un film cannibalico, e neppure di uno di quelli dove la rivelazione arriva come un colpo di scena inaspettato.

lunedì 6 maggio 2024

La Grande Abbuffata: sugli aspetti psicologici e relazionali (Pt.1)

Avrete senz’altro sentito parlare di fame d’amore. È un disturbo noto in psicologia e, a quanto pare, abbastanza diffuso, poiché è all’origine di una serie di disordini e dipendenze alimentari. Trasformare il proprio corpo attraverso l’assunzione del cibo può essere una maniera inconscia per sottrarsi allo sguardo altrui (dimagrire per svanire, letteralmente) o per richiamare l’attenzione su di sé (ingrassare per affermare la propria esistenza). Abusare di cibo spazzatura o alcol può allo stesso modo divenire un surrogato di relazioni autentiche che nella propria vita sono carenti. Il grado di felicità e soddisfazione personale e il senso di appagamento nelle proprie relazioni familiari, amorose e sociali determinano spesso la capacità di ognuno di avere un atteggiamento sano ed equilibrato a tavola. Il cinema non poteva certo sottrarsi al richiamo di un tema così sentito e attuale, benché troppo complesso per necessitare di semplificazioni: e le opere che riescono ad affrontarlo in modo non banale, per fortuna, non sono poche. 

venerdì 3 maggio 2024

Fuori speciale: spaghetti sulla luna

“Fuori speciale” è una serie di articoli che vengono scritti di getto nel periodo di pubblicazione dello speciale “La grande abbuffata”. Pur non essendone parte integrante, ciò che viene qui trattato ruota intorno all’argomento principale senza spezzarne il filo logico. Si tratta, in estrema sintesi, di piccoli approfondimenti che non hanno trovato posto nella struttura principale. “Fuori speciale”, in uscita tutti i venerdì, non è una lettura necessaria alla comprensione degli articoli de “La grande abbuffata” (che uscirà invece il lunedì), è viceversa una lettura che può essere ignorata o rimandata, a vostro piacimento. 

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Il cinema sudcoreano, dopo i fasti degli anni ‘60, sembra vivere da una ventina d’anni una seconda giovinezza. Registi come Bong Joon-ho, Park Chan-wook e il compianto Kim Ki-duk, tanto per citarne alcuni, hanno contribuito alla fama di una cinematografia che non teme confronti con quella occidentale, sia per le tematiche che per quanto riguarda quisquilie come gli attori e il comparto tecnico. 
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