lunedì 16 dicembre 2024

Karma, colpa e fine vita (Pt.3): Plan 75 e riflessioni finali

LA PRIMA PARTE SI TROVA QUI

Per riallacciarci alla prima parte di questo post, abbiamo appurato che la relazione del Giappone con la morte volontaria non riguarda solo la famosa pratica del seppuku, il suicidio rituale dei samurai, o le missioni suicide degli aviatori giapponesi durante la Seconda Guerra Mondiale; è una pratica se possibile ancor più antica, il cui ricordo permane nell’immaginario collettivo della nazione e di tanto in tanto ritorna in auge, se pur camuffato da narrazione distopica. Un esempio recente è il film del 2022 "Plan 75" di Chie Hayakawa, ambientato in un futuro in cui il Paese del Sol Levante inaugura un programma di suicidio assistito gratuito per gli anziani ultra settantacinquenni. Prima che la narrazione prosegua concentrandosi su pochi personaggi, vediamo come la proposta susciti l’attenzione degli anziani per i motivi più disparati: c’è chi ha perso il lavoro, si sente inutile e sente di pesare sulle casse dello stato, chi vuole uscire di scena quando ancora è autosufficiente per non creare problemi ai parenti, chi è allettato dalla somma messa a disposizione dallo stato agli anziani per soddisfare i loro ultimi desideri o pensa di lasciarla in eredità a figli e nipoti, chi semplicemente è solo e non ha nulla e nessuno per cui continuare a vivere. A partire dall’incipit, in cui viene mostrato un attentato contro una casa di cura per attirare l'attenzione sul problema dell’invecchiamento della popolazione (“il crescente numero di anziani sta distruggendo l'economia del nostro paese”, dice l'attentatore prima di togliersi la vita), il film è un crescendo di angoscia e di profonda commozione mostrati col tipico minimalismo giapponese. 

lunedì 9 dicembre 2024

Karma, colpa e fine vita (Pt.2): un cambio semantico

LA PRIMA PARTE SI TROVA QUI

Ma vediamo anche quanto scrive Houston Smith in "Le religioni del mondo", un classico della saggistica sulla storia delle religioni che lessi alcuni anni orsono, a proposito di Induismo e di India: 
“...può forse sorprendere che ancora oggi ci siano indiani, perfettamente a conoscenza delle alternative occidentali, che difendono il sistema delle caste, naturalmente non nella sua interezza e non per quello che è diventato, ma come modello fondamentale”; e ancora “Tra le caste non esisteva nessuna uguaglianza, eppure all’interno di ciascuna i diritti degli individui erano più sicuri di quanto non sarebbero stati in generale se fossero stati costretti a difendersi da soli nel mondo. Ogni casta si reggeva sull’autogoverno e in caso di guai si poteva star certi di essere processati dai propri pari. All’interno di ciascuna casta c’erano uguaglianza, opportunità e sicurezza sociale.” (cap. 2). 

lunedì 2 dicembre 2024

Karma, colpa e fine vita (Pt.1): la ballata di Narayama

Quello di karma è un concetto nel quale ho creduto a lungo, o in cui ho voluto credere, o che comunque ho accarezzato abbastanza da citarlo nelle più svariate situazioni, reali e virtuali. Da tempo non è più così, e il fatto che ancora oggi lo tiri spesso in ballo non è indicativo dei miei sentimenti a riguardo; insomma, sono come uno di quegli atei che bestemmia perché viene da un contesto in cui si fa così e lo fa come un automatismo appreso da tempo immemore, che non ha un vero significato e neppure alcuna implicazione se non quella di renderlo inviso agli altri. La mia riflessione di oggi non riguarda solo letteratura e cinema, ma soprattutto la realtà di ieri e di oggi e, vi avverto, è forse tra le cose più controverse che abbia mai scritto. 
Nulla meglio di "Le canzoni di Narayama" (楢山節考, Narayama bushikō, letteralmente "La ballata di Narayama") di Shichirō Fukazawa, un racconto giapponese risalente agli anni ‘50, potrebbe offrirmi spunto migliore per introdurre il tema di oggi. Ho quindi ripescato dalla libreria e riletto la mia edizione Einaudi del 1961 (una traduzione dal francese) di questo libro, una copia così ingiallita e fragile, tra le dita, che ogni volta che la prendo in mano ho paura che la costa si rompa e le pagine si sparpaglino. 

lunedì 25 novembre 2024

Il viccolo di Madama Lucrezia

Credo di non andare molto lontano dalla verità se mi azzardo a dire che nella maggior parte delle librerie “casalinghe”, o perlomeno in quelle degne di questo nome, è presente una raccolta di racconti di Prosper Mérimée. Magari la vostra è una vecchia edizione da edicola, o magari qualcosa di recuperato su una bancarella dell’usato, una di quelle bancarelle dove i libri si comprano un tanto al chilo e non si fa nemmeno mai troppo caso ai titoli, perché in certe occasioni conta più la quantità che la qualità. Nella mia libreria giace per esempio, impolverata dagli anni, un’edizione piuttosto povera targata “L’unità / Einaudi” della novella “Carmen”, alla quale lo scrittore francese, con la complicità della celebre trasposizione musicale di Bizet, deve senza ombra di dubbio la sua fama universale. Quella mia vecchia edizione, ristampa parziale della mitologica collana “Centopagine” curata nel 1971 da Italo Calvino, include, oltre al racconto messo in evidenza dal titolo, anche “Il vaso etrusco”, “Le anime del purgatorio” e l’immancabile “La venere d’Ille”, probabilmente uno dei titoli più abusati della sua vasta produzione. Intendiamoci, io amo profondamente la “Vénus”, la cui lettura ancor’oggi mi fa venire la pelle d’oca, ma ho visto in giro troppe antologie spudoratamente intitolate “La venere d’Ille e altri racconti” per non provare ormai un vago senso di fastidio.

lunedì 18 novembre 2024

Jans deve morire

Come forse già saprete, alcuni fanno risalire l’etimologia della parola amore ad a-mors, dove la a privativa nega la parola che segue: amore, quindi, vorrebbe dire “senza morte”. Non importa ora stabilire quanto questa interpretazione sia corretta o verosimile, ma bisogna ammettere che è convincente, perfino invitante, perché ognuno di noi sa, intuitivamente, che l’amore può sconfiggere la morte, che dove c’è amore non c’è morte e viceversa. 
Purtroppo, come nel libro di cui vi parlo oggi, l’equazione funziona anche al contrario: l’amore negato porta la morte nel cuore e, spesso, anche nel corpo. “Jans deve morire” (Jans muß sterben), è il titolo di un racconto del 1925 di Anna Seghers (1900-1983) ed è anche la frase che una madre, Marie, mormora quando suo figlio Jans si ammala di una malattia che sembra lasciargli poche possibilità di guarigione. 
A quelle fatidiche parole (fatidiche in senso letterale: premonitrici, profetiche), il padre, Martin Jansen, s’indigna, ma è un sentimento fuggevole che lascia presto il posto a una prematura rassegnazione. Sarebbe forse comprensibile (ma anche no) se solo Jans non avesse appena sette anni e non fosse stato, fino al giorno prima, un bimbo sano e robusto impegnato in cose da bambini, tra la scuola e i giochi nei pressi del ponte sul fiume attiguo; ora è invece uno spettro che vegeta prima nel suo letto, poi su una poltrona accanto alla finestra, raggrinzito e rattrappito come un vecchio.

lunedì 11 novembre 2024

Del Fantastico Sublime - Teorie e sguardi sull’Arte dei Maestri della letteratura Immaginifica

Prepariamoci alla nascita di una nuova morbosa superstizione! È ora che i fantasmi, o comunque li si voglia chiamare, prendano il comando e diano inizio a un regno di terrore! (Fritz Leiber Jr., “Smoke Ghost”)

Fermi tutti! Questa non è la solita segnalazione. E non è nemmeno una recensione, visto che l'articolo è disponibile su Amazon solo da poche ore e, proprio per questo, chi scrive non ha avuto nemmeno il tempo materiale per completare l'ordine e riceverlo in tempo per il post di questa mattina (figuriamoci per leggerlo, elaborarlo e recensirlo). 
È una segnalazione, questo sì, ma non la solita, altrimenti l'avrei affogata in una qualsiasi delle puntate di Traditi dalla fretta. La particolarità di "Del fantastico sublime" è che da qualche parte, al suo interno, c'è la mia firma. 
Autopromozione? In un certo senso sì, ma non da un punto di vista meramente economico (non mi viene ovviamente in tasca nulla se lo comprate): mi auguro possa riuscire a dirottare l'attenzione di qualche nuovo lettore su questo blog, sui canali social a esso collegati e sull'attività del suo amministratore. 

lunedì 4 novembre 2024

Traditi dalla fretta #43

E finalmente lo Speciale "La Grande Abbuffata" ce lo siamo lasciati alle spalle. Non ne potevo più e, immagino, lo stesso sarà stato anche per voi. Un'impresa così ardua non credo si ripeterà, anche perché monopolizzare in questo modo questo spazio ha chiaramente avuto delle conseguenze su tutto il resto, a partire dal fatto che su questo blog ho clamorosamente bucato la ricorrenza di Halloween, che è sempre stata l'occasione per parlare di qualche horroraccio di serie zeta (non che mi servano occasioni particolari, visto che bene o male di horror ne parlo di continuo, ma sarebbe stato bello farlo quel giorno lì).
La nota positiva è questa forzata iper-produttività mi ha permesso di tornare a un livello di pubblicazioni (inteso come numero di post usciti in un anno) che da queste parti non si vedeva da diversi anni. Ma non vi preoccupate: la tendenza al ribasso riprenderà di sicuro nel 2025. Anzi, diciamo pure che è già ripresa, visto che è subito venuto a mancare il "fuori speciale" del venerdì.
A questo punto non resta che provare a tornare alla normalità e ripartire da un nuovo episodio di "Traditi dalla fretta" mi pare la cosa più ovvia, anche perché di cose che mi sono perso in questi mesi, per colpa appunto della fretta di rispettare le scadenze dello Speciale, ce ne sono state a milioni. 

lunedì 28 ottobre 2024

La Grande Abbuffata: epilogo

La parola cibo, dal latino cibus, indica tutto ciò che serve da nutrimento per il corpo”, scrissi nell’articolo introduttivo di questo speciale. E dissi anche, non ricordo se usando esattamente queste parole, che “anche lo spirito va nutrito” perché “così come il cibo è il nutrimento del corpo, l’arte è il nutrimento dello spirito”. Il cinema è oggi la forma d’arte più popolare non solo per le sue caratteristiche intrinseche (non occorre una preparazione culturale specifica per apprezzare la maggior parte dei film, anche se magari non se ne coglieranno tutte le sfumature), ma anche a causa della diffusione prima del televisore (negli anni Sessanta) e più recentemente delle numerose piattaforme di streaming che hanno relegato la visione dei film su grande schermo a un evento occasionale.

venerdì 25 ottobre 2024

Fuori Speciale: tempi moderni

“Fuori speciale” è una serie di articoli che vengono scritti di getto nel periodo di pubblicazione dello speciale “La grande abbuffata”. Pur non essendone parte integrante, ciò che viene qui trattato ruota intorno all’argomento principale senza spezzarne il filo logico. Si tratta, in estrema sintesi, di piccoli approfondimenti che non hanno trovato posto nella struttura principale. “Fuori speciale”, in uscita tutti i venerdì, non è una lettura necessaria alla comprensione degli articoli de “La grande abbuffata” (che usciranno invece il lunedì), è viceversa una lettura che può essere ignorata o rimandata, a vostro piacimento. 

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Dopo l’ultimo post dedicato lunedì scorso al cinema di Švankmajer, che sicuramente migliaia di lettori avranno letto avidamente, e prima dei titoli di coda su questo monumentale Speciale, che andrà in scena dopo il weekend, è il momento di qualcosa di più rilassante. In fondo questo è un “fuori speciale”, e in questi lunghi mesi solo raramente sono stati affrontati argomenti particolarmente complessi. 
Lo spunto per quest’ultimo “intermezzo” l’ho preso da quel post su Charlie Chaplin pubblicato poche settimane fa. Mia moglie, dopo averlo letto, mi dice: “Ehi, ti sei dimenticato di citare quell’altra scena…”. E lì mi si è accesa una lampadina. 

lunedì 21 ottobre 2024

La Grande Abbuffata: Švankmajer e il "cinema del dettaglio"

Non credo ci sia un altro regista, tra quelli che conosco, che abbia trattato il tema del cibo in maniera coerente e continuativa, fin dagli anni ‘60, come Jan Švankmajer. Avrei potuto inserire questo articolo su di lui in qualunque parte dello speciale, ma se l’ho fatto in questo preciso punto, dopo le parti dedicate alle creature dell’horror, è perché ritengo che Švankmajer in un certo senso superi e surclassi l’horror. Esaminandone solo l’estetica, per quanto inquietante, è difficile classificare a pieno i suoi film come horror, ma i contenuti sono tutta un’altra faccenda. Quello di Švankmajer è un cinema psicanalitico, dove l’orrore affonda le radici nel subconscio (nelle nostre pulsioni e processi organici, nei nostri pensieri e desideri reconditi, nella fascinazione per l’oscuro e l’ondivaga dualità della natura umana) e allo stesso tempo è esterno a noi (nel dialogo amoroso, la dialettica sociale e politica, il progresso, la società dei consumi). Questo orrore è filtrato dalle lenti del surrealismo, inteso come viaggio interiore, dove i desideri e le paure più segrete dell’uomo possono facilmente tramutarsi da sogni in incubi. È un orrore che colpisce emotivamente anche quando la ragione non è in grado di individuarne la causa.

venerdì 18 ottobre 2024

Fuori Speciale: vampiri psichici

“Fuori speciale” è una serie di articoli che vengono scritti di getto nel periodo di pubblicazione dello speciale “La grande abbuffata”. Pur non essendone parte integrante, ciò che viene qui trattato ruota intorno all’argomento principale senza spezzarne il filo logico. Si tratta, in estrema sintesi, di piccoli approfondimenti che non hanno trovato posto nella struttura principale. “Fuori speciale”, in uscita tutti i venerdì, non è una lettura necessaria alla comprensione degli articoli de “La grande abbuffata” (che usciranno invece il lunedì), è viceversa una lettura che può essere ignorata o rimandata, a vostro piacimento. 

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Forse l’avrò già detto in passato, ma per quanto mi riguarda la figura del vampiro, al cinema o in letteratura, è certamente una delle più affascinanti. Se da una parte zombi, cannibali, killer mascherati e lucertoloni giganti trasmettono solo ansia, e tra le righe mettono in guardia dai prodotti più negativi della nostra civiltà (le guerre, le carestie), il vampiro è l’essere che non muore, la cui esistenza è legata agli eterni tempi di vita e di morte e, di conseguenza, rappresenta per il lettore o per lo spettatore un continuo stimolo filosofico.

lunedì 14 ottobre 2024

La Grande Abbuffata: scorpacciate da paura (Pt.4: vampiri)

Il sangue è la vita!” (Dracula, Francis Ford Coppola) 

Abbiamo parlato di zombi e di cannibali, e va bene, ma perché inserire un capitolo anche sui vampiri? Cos’hanno a che fare tali creature con questo speciale a tema gastronomico? Purtroppo, nel lungo elenco dei disturbi alimentari tipici di quest’epoca non bisogna dimenticare quello forse più singolare. Sto parlando della cosiddetta Sindrome di Renfield (*), nota anche come ematolagnia o più comunemente come vampirismo clinico, ovvero una parafilia nella quale l'eccitazione sessuale è associata al bisogno compulsivo di ingerire sangue. Per chi ne soffre, l’ematolagnia è un’esperienza molto più profonda e intensa dell’atto sessuale, che termina nel momento dell’orgasmo. Ingerire il sangue del partner, al contrario, soddisfa il desiderio di entrare in comunione con il partner per un tempo virtualmente infinito. Il partner, attraverso il sangue, viene ingerito, posseduto, inglobato, per sigillare in questo modo un rapporto indissolubile, attraverso un meccanismo simile a quello per cui i guerrieri di un tempo ingerivano, possedevano e inglobavano i nemici vinti in battaglia per assorbirne le migliori qualità.

venerdì 11 ottobre 2024

Fuori Speciale: Charlie Chaplin girò il primo vero film cannibalico della storia del cinema?

“Fuori speciale” è una serie di articoli che vengono scritti di getto nel periodo di pubblicazione dello speciale “La grande abbuffata”. Pur non essendone parte integrante, ciò che viene qui trattato ruota intorno all’argomento principale senza spezzarne il filo logico. Si tratta, in estrema sintesi, di piccoli approfondimenti che non hanno trovato posto nella struttura principale. “Fuori speciale”, in uscita tutti i venerdì, non è una lettura necessaria alla comprensione degli articoli de “La grande abbuffata” (che usciranno invece il lunedì), è viceversa una lettura che può essere ignorata o rimandata, a vostro piacimento. 

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In precedenza, all’interno di questa piccola serie di post “fuori speciale” mi è capitato di cercare l’ispirazione in film importanti, alcuni dei quali veramente mitici, e in film assolutamente discutibili che un pochino mi vergognavo perfino di conoscere. Il film da cui prendo spunto per il post di oggi appartiene alla prima categoria, e in questo preciso caso il termine mitico è forse addirittura riduttivo.

lunedì 7 ottobre 2024

La Grande Abbuffata: scorpacciate da paura (Pt.3: altri cannibali)

In Italia il cannibalico ha segnato l’esigenza di rappresentare la morte in modo più evidente e realistico di pari passo a quanto avveniva nel paese ed echeggiava sui quotidiani e in tv, tramutandosi nella valvola di sfogo dalla realtà degli anni di piombo. 
In precedenza, il cinema ci aveva regalato, con il gotico, storie in cui la vita e la morte si intrecciavano, passioni e sofferenze sopravvivevano alla morte e qualche volta gli amanti restavano uniti anche nell’oltretomba, ma più spesso uomini ammaliati da seducenti e sensuali figure femminili, veicolo di orrori indicibili, finivano per preferirgli il più rassicurante richiamo del focolare domestico. Queste tendenze saranno sconfessate già dalla metà degli anni ‘60 dal giallo all’italiana e dallo spaghetti western, ma soprattutto dai nuovi filoni come il mondo-movie, cioè il documentario etnografico, e il cannibalico. 
Quello dei mondo-movie è un cinema manicheo che contrappone lo scontro ideologico fra civiltà e barbarie, cioè fra noi e “loro”, dimenticando, per citare Cioran, che “il «civilizzato» è un uomo finito quando si lascia affascinare dal barbaro”. Si delinea anche ben presto come cinema manipolatorio, che mescola il vero e il falso: animato dalla curiosità verso tutto ciò che è strano ed esotico, finisce per ricercare ciò che di peggio c’è al mondo, in particolar modo nel cosiddetto terzo mondo, e per ricorrere alla spettacolarizzazione del sesso e della morte (una tendenza che contagerà anche la televisione). 

venerdì 4 ottobre 2024

Fuori Speciale: the untold story

“Fuori speciale” è una serie di articoli che vengono scritti di getto nel periodo di pubblicazione dello speciale “La grande abbuffata”. Pur non essendone parte integrante, ciò che viene qui trattato ruota intorno all’argomento principale senza spezzarne il filo logico. Si tratta, in estrema sintesi, di piccoli approfondimenti che non hanno trovato posto nella struttura principale. “Fuori speciale”, in uscita tutti i venerdì, non è una lettura necessaria alla comprensione degli articoli de “La grande abbuffata” (che usciranno invece il lunedì), è viceversa una lettura che può essere ignorata o rimandata, a vostro piacimento. 

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Nei giorni più caldi dello scorso mese di agosto ho fatto uscire su questo blog un breve articolo “True Crime”, passato quasi inosservato per via della stagione. Sto parlando del cosiddetto massacro degli “Otto Immortali”, dal nome del ristorante di Macao in cui erano avvenuti i fatti. Sintetizzando, per chi avesse già letto l’articolo o per chi non avesse voglia di farlo adesso, si tratta di uno dei casi più controversi della storia della penisola cinese che ancora oggi, dopo quasi mezzo secolo, fa discutere e rabbrividire i locali.

lunedì 30 settembre 2024

La Grande Abbuffata: scorpacciate da paura (Pt.2: cannibali)

Se lo zombi appartiene alla fantascienza e al folclore, il cannibale appartiene invece, oltre che al mito, alla storia e alla cronaca. Accanto a miti come quelli di Crono e di Medea, a fiabe su streghe antropofaghe (per esempio Hansel e Gretel), al racconto allegorico di Dante sul Conte Ugolino della Gherardesca, destinato a divorare in eterno la testa dell'arcivescovo Ruggieri, abbiamo infatti i celebri racconti del conquistatore spagnolo Cortés e dei suoi uomini sulle tradizioni cannibali che degli aztechi. Presso gli aztechi il sacrificio di esseri umani era solitamente seguito dal consumo del corpo delle vittime, spesso prigionieri di guerra o schiavi, o di alcune sue parti: i corpi venivano fatti ruzzolare giù dai gradini delle piramidi, trasportati nei templi, smembrati e suddivisi per essere divorati. Il rituale serviva a uno scopo ben preciso, doveva essere cruento e prevedeva lo spargimento di sangue, che veniva raccolto e bevuto. Naturalmente, il sacrificio di esseri umani, prima del sorgere delle religioni di stato, era praticato in gran parte del mondo, inclusi Egitto e Africa sub-sahariana, Medio Oriente, sudest asiatico, Cina, India e Europa; tuttavia, non ci sono evidenze di feste retributive in queste lande, dove i prigionieri venivano sì sacrificati ritualmente, ma raramente venivano mangiati, se non dagli iniziati ai riti misterici. 

venerdì 27 settembre 2024

Fuori Speciale: gli zombi tra di noi

“Fuori speciale” è una serie di articoli che vengono scritti di getto nel periodo di pubblicazione dello speciale “La grande abbuffata”. Pur non essendone parte integrante, ciò che viene qui trattato ruota intorno all’argomento principale senza spezzarne il filo logico. Si tratta, in estrema sintesi, di piccoli approfondimenti che non hanno trovato posto nella struttura principale. “Fuori speciale”, in uscita tutti i venerdì, non è una lettura necessaria alla comprensione degli articoli de “La grande abbuffata” (che usciranno invece il lunedì), è viceversa una lettura che può essere ignorata o rimandata, a vostro piacimento. 

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Un appassionato di cinema horror degno di questo nome ha certamente un rapporto di odio-amore con gli zombi, nel senso che ogni volta che ne viene presentato uno nuovo si precipita al cinema (o sulla piattaforma) per gustarselo, pur nella consapevolezza che l’entusiasmo iniziale si trasformerà ben presto in una drammatica incazzatura. 
Questo perché, diciamocelo, non ci sono più i film di zombi di una volta. O, per meglio dire, il 99% delle nuove proposte non sono altro che riproposizioni di uno schema visto e rivisto, riproposizioni delle quali avremmo potuto benissimo fare a meno se solo non fossimo stati così stupidi da farci calamitare per l’ennesima volta dal fascino che quegli abomini ritornati dalla morte esercitano su di noi. Ed è un fascino che difficilmente altre creature dell’horror moderno sono in grado di generare. 

lunedì 23 settembre 2024

La Grande Abbuffata: scorpacciate da paura (Pt.1: zombi)

La gola è il quinto vizio o peccato capitale e per gravità precede l’accidia e la lussuria. E a giudicare da quante favole o fiabe narrano di esseri puniti per la loro ingordigia, ha sempre colpito molto l’immaginazione umana. Nell’horror, è lo zombi la creatura che più di tutte correliamo all’idea di voracità. Nel folclore lo zombi appartiene alla tradizione coloniale haitiana, e indica semplicemente una persona soggetta al controllo mentale del bokor, il sacerdote, che ne detiene il “corpo astrale”, mentre il suo “cadavere” continua a vagare sulla terra per essere sfruttato come schiavo per i lavori più faticosi e degradanti; mentre il termine zombi, esistente in alcuni dialetti del Niger e del Congo, deve la sua diffusione a William Buehler Seabrook, un giornalista vissuto a cavallo fra '800 e '900, che lo utilizzò nel suo libro “The Magic Island” (ne abbiamo parlato qui), uno dei suoi incredibili racconti di viaggio. 
I primi film di zombi li rappresentavano proprio così, come vittime del voodoo, inermi davanti a forze aliene incontrastabili e che vengono usate dagli indigeni come forma di vendetta o riscatto sociale. 

venerdì 20 settembre 2024

Fuori speciale: Midori-ko

“Fuori speciale” è una serie di articoli che vengono scritti di getto nel periodo di pubblicazione dello speciale “La grande abbuffata”. Pur non essendone parte integrante, ciò che viene qui trattato ruota intorno all’argomento principale senza spezzarne il filo logico. Si tratta, in estrema sintesi, di piccoli approfondimenti che non hanno trovato posto nella struttura principale. “Fuori speciale”, in uscita tutti i venerdì, non è una lettura necessaria alla comprensione degli articoli de “La grande abbuffata” (che usciranno invece il lunedì), è viceversa una lettura che può essere ignorata o rimandata, a vostro piacimento. 
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Il cibo sintetico è stato per lungo tempo appannaggio della fantascienza. Mi vengono alla mente moltissime scene tratte da serie tv più o meno famose in cui i personaggi ordinano il menù preferito a un computer, il quale eroga nel giro di pochi secondi, o al massimo di pochi minuti, pietanze che ricreano nella forma e nel sapore i classici primi, i secondi, i contorni e i dolci; oppure, ai meno fortunati il computer si limita a erogare pillole dall’aspetto molto meno invitante, ma altrettanto complete dal punto di vista nutrizionale. 

lunedì 16 settembre 2024

La Grande Abbuffata: oltre l'umano (Pt.2: corpo mutante e cibo sintetico)

Come ebbi già modo di scrivere in passato, la fantascienza prima e la scienza poi hanno a lungo ragionato sul modo di elevare l’uomo dalla sua condizione attuale a una condizione transumana e post-umana.
Inutile sottolineare che siamo già – tutti – transumani, dal momento che utilizziamo abiti, utensili, occhiali, apparecchi acustici, dentiere o protesi, o qualunque altro ausilio esterno che ci consente di sopravvivere, o migliorare (o sostituire) i nostri sensi o parti del nostro corpo: questo è transumanesimo di primo livello. 
Il livello superiore è quello costituito dal telefono cellulare e da internet, e quello ancora superiore dalle cosiddette “tecnologie immersive”.  La realtà virtuale, come sapete, prevede che ogni persona abbia un avatar per interagire in un mondo fittizio alternativo a quello vero, dove sono possibili non solo nuove forme di interazione sociale (con tutte le derive del caso, come lo stupro nel metaverso denunciato da un’adolescente inglese), ma anche l’emergere di una economia virtuale; è legata soprattutto al mondo dei videogiochi (dove andrebbe più correttamente definita come “realtà aumentata”), ma ci sono già stati tentativi di renderla universale, e appetibile a tutti, con progetti come Second Life della società americana Linden Lab e con il Metaverso di Meta (Meta Platforms, Inc.), che controlla tra gli altri Facebook e Instagram. 

venerdì 13 settembre 2024

Fuori speciale: l'entomofagia come volontà e rappresentazione

“Fuori speciale” è una serie di articoli che vengono scritti di getto nel periodo di pubblicazione dello speciale “La grande abbuffata”. Pur non essendone parte integrante, ciò che viene qui trattato ruota intorno all’argomento principale senza spezzarne il filo logico. Si tratta, in estrema sintesi, di piccoli approfondimenti che non hanno trovato posto nella struttura principale. “Fuori speciale”, in uscita tutti i venerdì, non è una lettura necessaria alla comprensione degli articoli de “La grande abbuffata” (che usciranno invece il lunedì), è viceversa una lettura che può essere ignorata o rimandata, a vostro piacimento. 
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Giovanni portava un vestito di peli di cammello e una cintura di pelle attorno ai fianchi; il suo cibo erano locuste e miele selvatico. (Matteo 3:4)
Perciò potrete mangiare i seguenti: ogni specie di cavalletta, ogni specie di locusta, ogni specie di acrìdi e ogni specie di grillo. (Levitico 11:22)
Alcuni preferiscono chiamarla distopia, che è un’etichetta ultimamente sin troppo abusata, ma io preferisco utilizzare le parole “narrativa (o cinema) di anticipazione” (*), che per certi versi è simile alla distopia ma porta con sé la capacità di prevedere con esattezza situazioni che avranno, in un futuro più o meno remoto, un preciso riscontro nella realtà.

lunedì 9 settembre 2024

La Grande Abbuffata: oltre l'umano (Pt.1: mangiare insetti)

Il cinema ha già da tempo tentato di avvertirci di quale sarà il cibo del futuro: gli insetti. O meglio, lo ha fatto il fumetto, dato che il film che ci apprestiamo ad analizzare è tratto da una graphic novel francese, ma non sottilizziamo. “Snowpiercer” (2013) del regista coreano BongJoon-ho ha un antefatto di bizzarra attualità: un'era glaciale artificiale scatenata per combattere il surriscaldamento globale ha invece distrutto la civiltà e i pochi sopravvissuti vivono da anni su un treno chiamato Snowpiercer, una sorta di nastro di Moebious in moto perpetuo sul globo terrestre. 
In una straordinaria allegoria della società moderna, dove la prima classe è destinata a chi può permettersi il biglietto più caro e i pendolari stanno sul fondo, la popolazione è distribuita nel treno in base alla classe sociale: i poveri sul fondo, ammassati come animali, e i ricchi nella parte anteriore, con una milizia armata deputata al controllo orwelliano, affinché nessuno possa sconfinare nella parte che non gli compete. Va da sé che per i primi lo Snowpiercer è un girone infernale, per i secondi una seconda arca di Noè che permette il sopravvivere dell'umanità.

lunedì 2 settembre 2024

Traditi dalla fretta #42

L'estate è quasi finita ed è ormai tempo di tornare a bloggare. Non che abbia davvero smesso, lo avete visto. Una volta tanto, nei caldi mesi di luglio e agosto il blog è rimasto aperto, complice l'ennesima estate senza ferie e non ultimo quel piccolo progetto che avevo interrotto a fine giugno e sul quale avrei dovuto rimettere mano in vista della sua ripartenza.
In realtà, oltre ai post che avete visto uscire in queste ultime settimane, non ho fatto molto altro. Quella dannata aria condizionata non funzionante mi ha impedito di fare qualsiasi cosa che non fosse boccheggiare, e la semplice idea di accendere un computer che in pochi istanti diventa rovente mi faceva diventar matto. Perché non l'hai fatta sistemare, direte voi. La risposta è che i tempi sono cambiati e certi lussi preferisco metterli da parte per altre cose. D'altra parte è anche vero che ho passato la maggior parte del tempo in ufficio dove, guarda un po', l'aria condizionata è anche lì rotta. Perché non la fanno sistemare, direte voi. La risposta è che tra un paio di mesi l'ufficio si sposta e certe spese vengono ritenute ormai superflue. Con buona pace della gente che ad agosto è rimasta lì, quasi impossibilitata a lavorare per via del caldo soffocante. Accolgo quindi con grande piacere questo settembre, con i suoi cieli coperti che mi restituiscono la voglia di vivere. E restituiscono al blog il suo Speciale di cui parliamo meglio qui sotto, in questo piccolo contenitore bimestrale che ho chiamato "Traditi dalla fretta".

venerdì 23 agosto 2024

Cronache della macelleria

"Chi ha detto che la carne è triste? La carne non è triste, è sinistra. Sta alla sinistra della nostra anima, ci cattura quando meno ce lo aspettiamo, ci trasporta su mari densi, ci affonda e ci salva; la carne è la nostra guida, la nostra luce nera e spessa, il pozzo d'attrazione in cui la nostra vita scivola a spirale, risucchiata fino alla vertigine...
E il macellaio che mi parlava di sesso per tutto il giorno era fatto della stessa carne, ma calda, e di volta in volta molle e dura; il macellaio aveva i suoi pezzi di prima e di seconda scelta, esigenti, avidi di bruciare la loro vita, di trasformarsi in polpa.
E lo stesso era delle mie carni, di me che sentivo il fuoco tra le gambe alle parole del macellaio".

Vagavo, poco prima di ferragosto, in uno di quei luoghi dove si vendono un tanto al chilo libri usati. Senza ombra di dubbio la mia attività estiva preferita, specie se costretto a trascorrere in città giornate in cui le persone normali si crogiolano spaparanzate sotto il sole. Il caldo ovviamente era soffocante, ma procedevo impavido nella mia ricerca di piccoli tesori, sollevando e spostando una montagna di libracci senza valore e impolverati dal tempo dalla bancarella sulla quale avevo posato gli occhi. Mia moglie a pochi passi di distanza stava facendo la stessa cosa, ma mentre io continuavo la mia ricerca in tutta comodità, i libri già nelle sue mani le rendevano difficoltosa la ricerca.

martedì 13 agosto 2024

Il ristorante all'angolo

Mai e poi mai, e questo devo tenermelo bene a mente, annunciare la recensione di un film per la rassegna Notte Horror prima ancora di averlo guardato. Questo perché ora che finalmente (termine ironico) l’ho visto, mi trovo davanti a un foglio bianco che non so davvero come riempire. 
O meglio, un modo ci sarebbe: quello di mettere in sequenza un migliaio di insulti fino a raggiungere una lunghezza decente per un articolo di blog. Potrebbe però essere l’occasione per mettere in pratica un esperimento sociale, che è una cosa che da un po’ mi frulla in testa, per capire quanta gente atterra sul blog, guarda le immagini, legge giusto il titolo e passa alla sezione commenti senza davvero leggere il contenuto. 
Il problema è che i colleghi blogger che partecipano alla Notte Horror i post li leggono davvero e non posso permettermi di tradire la loro fiducia. Ecco quindi che due parole sensate, per questo “Ristorante all’angolo” (Blood Diner, 1987), mi tocca proprio metterle in fila. 
Ho detto poco fa di non aver mai visto questo film prima d’ora, ma riflettendoci non ne sono poi così sicuro. La locandina, questo è un fatto, è un déjà-vu piuttosto solido, e ciò potrebbe significare che in tempi remoti potrei aver avuto a che fare con la VHS in quella vecchia videoteca che frequentavo da ragazzo. 
Ciò non garantisce che io l’abbia noleggiata, ma visto quant’era scarna la sezione horror in quel posto, le probabilità sono tutt’altro che irrisorie. Anche perché, bisogna ammetterlo, quella locandina, con l’insegna al neon e il coltellaccio, è ancora oggi una potente calamita. Comunque sia andata non ricordavo nulla di quel film, anche perché, se l’avessi fatto, non mi sarei certamente avventurato in una nuova visione che chiamare superflua è sin troppo generoso. 

domenica 4 agosto 2024

The Eight Immortals Murders

Huang Zhiheng
Torniamo a occuparci di True Crime dopo diversi mesi e per farlo approfittiamo di questa piccola “pausa” estiva dove il blog, anziché fermarsi del tutto come in passato, procede imperterrito ma a velocità ridotta. Era inoltre mia intenzione rimanere legato anche in questo breve periodo, per quanto possibile, all’argomento monopolizzante di questo 2024 (le abbuffate), e quale miglior momento, se non questo, è più adatto a narrare le vicende che sto per narrare? Vorrei potervi dire che il caso in questione è da considerarsi definitivamente risolto, ma, per motivi che vedremo più avanti, in esso si nascondono ancora numerosi misteri. 
Di fatto, quindi, quello noto come “The Eight Immortals Murders” è tuttora un caso aperto, benché il responsabile sia stato inequivocabilmente (e abbastanza facilmente) identificato; un caso che si potrà archiviare ma sicuramente non chiudere, a causa della scomparsa di tutti gli attori coinvolti. Ma veniamo subito al sodo. Da dove iniziare? 
Il tempo è l’agosto del 1985, il luogo è Macao, una località che la maggior parte di noi, lasciatemelo almeno credere, nemmeno sa dove si trovi. Fino a non molto tempo fa io stesso non ero nemmeno certo in quale dei cinque continenti posizionarlo. Un nome così vagamente spagnoleggiante non poteva, pensavo, che trovarsi da qualche parte in Sudamerica, o se non altro nell’arcipelago caraibico. E invece no! La minuscola provincia di Macao si trova là dove proprio uno non se lo aspetta: a uno sputo da Hong Kong, dalla quale solo il delta di un fiume la divide. 

venerdì 26 luglio 2024

Codice infranto

"Rocco Costanzo, Angelo Tiraboschi e Gustavo Nicolis sono insegnanti e colleghi presso una scuola di Verona. Nascondono un segreto tremendo: tutti e tre hanno commesso tremendi delitti proteggendosi con un codice di comportamento creato appositamente. Ma quando una domenica pomeriggio Angelo Tiraboschi infrange le regole per soddisfare i propri istinti, uccidendo un ragazzo che si prostituiva, il trio piomba nell'orrore. Angelo Tiraboschi è il primo a morire in modo violento e impressionante. La maledizione che l'ultimo giovane assassinato gli ha lanciato prima di spegnersi inizia a mostrare il suo alone di minaccia. E Rocco Costanzo, il leader del gruppo, comincia ad avere degli incubi, nei quali le loro vittime tornano a visitarlo."
Quella che avete appena letto qui sopra è la sinossi dell’ultima fatica di Fabrizio Valenza, autore veronese già apparso un paio di altre volte da queste parti. Parlare di “ultima fatica” in realtà non è del tutto corretto, in quanto una prima versione di questo testo era già stata mandata alle stampe una decina di anni fa dai tipi di Dunwich Edizioni. Questa nuova uscita, riveduta, corretta e rinnovata dal punto di vista grafico (sono state anche aggiunte alcune illustrazioni interne, ma solo nella versione cartacea), è quindi un re-launch che Valenza ha inserito nella sua collana autoprodotta con l’etichetta “Albero del mistero”, attraverso la quale l’Autore, ormai da qualche anno, sta mettendo ordine in tutti i suoi lavori. Una nuova edizione che, a differenza della prima, è passata sotto i miei radar e che ha fatto crescere in me, memore delle esperienze precedenti, la voglia di accaparrarmela. 

venerdì 12 luglio 2024

La giungla di Upton Sinclair

Mentre mi accingo a scrivere so già che non ce la farò ad essere sintetico, talmente affollati sono i miei pensieri dopo la lettura di questo libro. Tra l'altro l'idea originale era quella di trattare questo argomento come "fuori speciale" ne "La grande Abbuffata", ma poi mi sono ricordato che nel post introduttivo mi ero ripromesso di non parlare di libri, per cui ho optato per la soluzione che vedete oggi, completamente slegata dal progetto che ha monopolizzato il blog per tre mesi. L'argomento, lo avrete intuito leggendo il titolo, è “La giungla” di Upton Sinclair (The jungle, 1906), autore che una ventina di anni dopo pubblicherà “Petrolio!” (Oil!, 1927), da cui nel 2007 sarà tratto il film “Il petroliere” (There Will Be Blood) di Paul Thomas Anderson, con Daniel Day-Lewis nel ruolo principale. Mi sono avvicinato a questo testo, lo confesso, perché avevo letto da qualche parte che fosse uno dei romanzi preferiti di Bukowski, ma anche per via della sinossi italiana, che afferma, e non è lontana dal vero, che il libro “è sufficiente per convincere a diventare vegetariani”. 
La pagina wikipedia dedicata all’autore è avara di notizie e definisce “La giungla” come un saggio denuncia sull'industria delle carni e insaccati, ma ciò è del tutto inesatto, perché benché la situazione dell'industria del confezionamento della carne di Chicago, il cosiddetto Trust della Carne, sia descritta in modo veritiero, a seguito di un’indagine effettuata personalmente dallo stesso autore, i personaggi sono fittizi e si tratta quindi tutti gli effetti di un romanzo; potremmo definirlo, al massimo, un romanzo-inchiesta. 

lunedì 1 luglio 2024

Traditi dalla fretta #41

Come accennato in chiusura del post precedente, l'estate è ormai esplosa ed è giunto il tempo di tirare il fiato, ovvero mettere in pausa l'immenso Speciale Food Movie "La Grande Abbuffata", che ha monopolizzato il blog per tre interi mesi. 
Ancora parecchio rimane da scrivere ma, visti i ritmi di pubblicazione ai quali mi sono sottoposto finora, la stanchezza fisica e mentale inizia a prendere il sopravvento e correre ai ripari è ormai obbligatorio.
Approfitto quindi dei mesi estivi per sospendere lo Speciale e dedicarmi a qualcosa di più rilassante. Con ciò non voglio dire che il blog si metterà in pausa per due mesi, ma che verranno drasticamente ridotte le pubblicazioni in attesa che arrivi settembre, per poter riprendere il discorso là dove lo abbiamo interrotto. 
Nel frattempo, in quei pochi post che verranno, proverò a non distaccarmi eccessivamente dall'argomento "food", giusto per mantenere un minimo di omogeneità, e proverò anche a infilarcelo nel solito progetto estivo a cui rendere onore, che introduco giusto qui di seguito. Anche il presente episodio della tradizionale rubrica "Traditi dalla fretta", piccola raccolta di segnalazioni provenienti dall'altrove, proverà a occuparsi di cibo, guardando una volta tanto un po' oltre il solido confine delle ultime novità letterarie. 

lunedì 24 giugno 2024

La Grande Abbuffata: il lato oscuro della ristorazione (Pt.3)

"Fast Food nation”, ispirato all'omonimo romanzo di Eric Schlosser, racconta le vicende di una catena di fast food immaginaria, la Mickey's (ogni riferimento a McDonald's è comunque piuttosto evidente): a seguito di alcune inchieste secondo le quali la carne non è igienicamente a norma, il direttore marketing californiano si reca ad indagare presso lo stabilimento di macellazione. L’uomo verifica che le norme igieniche per fortuna vengono rispettate, ma anche che alla produzione di hamburger vengono riservate le parti di scarto degli animali. Si rende anche conto che gran parte dei lavoratori sono immigrati illegali dal Messico, che lavorano in condizioni precarie, soggetti a rischi fisici e abusi. Suppongo che avvenga lo stesso, trasversalmente, un po’ in tutti i settori. 
È noto che le industrie alimentari del fast food utilizzano carne proveniente da allevamenti intensivi, vale a dire di animali che vivono in condizioni di stress e che, per evitare che si ammalino, vengono imbottiti di antibiotici, antinfiammatori e cortisonici, e costretti a una dieta, per loro innaturale, a base di cereali. I polli vengono cresciuti a dismisura grazie agli ormoni anabolizzanti. Inoltre, gli hamburger (come le crocchette di pollo, polpette, wurstel, cordon bleu e cotolette) vengono prodotti con carne separata meccanicamente e ricavata da scarti industriali che includono anche ossa e cartilagini, il tutto tritato assieme per renderlo lavorabile nella forma preferita.

venerdì 21 giugno 2024

Fuori speciale: la colonna portante di ogni colazione vitaminica

“Fuori speciale” è una serie di articoli che vengono scritti di getto nel periodo di pubblicazione dello speciale “La grande abbuffata”. Pur non essendone parte integrante, ciò che viene qui trattato ruota intorno all’argomento principale senza spezzarne il filo logico. Si tratta, in estrema sintesi, di piccoli approfondimenti che non hanno trovato posto nella struttura principale. “Fuori speciale”, in uscita tutti i venerdì, non è una lettura necessaria alla comprensione degli articoli de “La grande abbuffata” (che usciranno invece il lunedì), è viceversa una lettura che può essere ignorata o rimandata, a vostro piacimento. 
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Capita talvolta su questo blog che si postino anche dei contenuti seri. È il caso del post precedente ed è anche il caso di quelli che arriveranno nei prossimi giorni, che lo saranno ancora di più. Spezzare in due tanta serietà con un post frivolo serve a sdrammatizzare e a riportare l’angoscia a livelli più sopportabili. Non so se faccio bene a farlo, visto che un pochino di angoscia non fa mai male, ma mi serviva un articolo “fuori speciale” da scrivere velocemente e non ho trovato di meglio che parlare di temi secondari. La volta scorsa abbiamo parlato di cibo spazzatura, e scrivendo il pezzo mi sono trovato a chiedermi quale potesse essere l’hamburger più noto del cinema. La risposta non poteva essere che una: il leggendario Big Kahuna Burger che Jules (Samuel L. Jackson) aveva tanto gradito in una delle scene più epiche di Pulp Fiction di Quentin Tarantino, una di quelle scene, per inciso, che solo pochi sassi non saprebbero ripetere a memoria. 

lunedì 17 giugno 2024

La Grande Abbuffata: il lato oscuro della ristorazione (Pt.2)

In “The Menu”, la final girl chiede allo chef di prepararle due cheeseburger. I cheeseburger vengono quindi presentati come un cibo semplice, tradizionale, da contrapporre a quello ricercato e moderno in cui lo chef si è specializzato. Naturalmente, l’hamburger (di cui il cheeseburger è una variante) non è l’unico cibo che si presta a essere cucinato e consumato velocemente, benché sia di certo il più famoso. 
Ciò che ci interessa capire oggi, però, è se questa percezione dell’hamburger, o cheeseburger che dir si voglia, è coerente con quanto proposto oggi dai ristoranti fast food diffusi nel mondo. Sarà forse il caso che iniziamo con qualche cenno storico. 
Sebbene l’hamburger sia ormai diventato simbolo di americanità, le sue vere origini sono ancora dibattute. Bisogna però distinguere tra l’hamburger propriamente detto, cioè la fetta di carne tra due fette di pane, e la carne macinata servita da sola, o tra le foglie di insalata. 
Si dice che la prima forma di hamburger sia nata presso gli antichi egizi, e che fosse una sorta di polpetta. Altre ipotesi ne ascrivono le origini ai romani, che in effetti realizzavano numerose ricette a base di carne macinata, come testimonia il “De re coquinaria” (ovvero “L’arte culinaria”), il più antico ricettario a noi pervenuto, opera in dieci volumi attribuita a Marco Gavio Apicio. Il secondo volume si intitola “Sarcoptes”, che significa “carne tritata”, ma è evidente che si tratta di ricette ricercate, destinate ai patrizi e non certo ai comuni cittadini. 

venerdì 14 giugno 2024

Fuori speciale: storia di uno chef e di ciò che gli ribolliva nelle vene

“Fuori speciale” è una serie di articoli che vengono scritti di getto nel periodo di pubblicazione dello speciale “La grande abbuffata”. Pur non essendone parte integrante, ciò che viene qui trattato ruota intorno all’argomento principale senza spezzarne il filo logico. Si tratta, in estrema sintesi, di piccoli approfondimenti che non hanno trovato posto nella struttura principale. “Fuori speciale”, in uscita tutti i venerdì, non è una lettura necessaria alla comprensione degli articoli de “La grande abbuffata” (che usciranno invece il lunedì), è viceversa una lettura che può essere ignorata o rimandata, a vostro piacimento. 

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Nel corso di uno speciale dove l’attenzione è praticamente sempre rivolta a gente seduta a tavola, non poteva mancare uno sguardo all’altro lato della medaglia, al dietro le quinte, ovvero a quella gente che della ristorazione ne ha fatto un mestiere. Non so quanti tra i miei lettori abbiano mai fatto, nel corso della loro vita, i cuochi, i pizzaioli o i camerieri. Il sottoscritto non è tra questi, anche se non nego che per un giorno, ma solo per un giorno, non mi dispiacerebbe provare.

lunedì 10 giugno 2024

La Grande Abbuffata: il lato oscuro della ristorazione (Pt.1)

I tempi moderni sembrano aver trasformato la passione per la buona tavola in mania, rendendo il cucinare un affare pubblico, come quasi ogni altra cosa, da svolgersi davanti a una platea di commensali o di spettatori paganti, includendo nella disamina programmi di cucina come quelli di Food Network, “I menù di Benedetta” o “La Prova del Cuoco”, sfide tv come “4 ristoranti” e talent show in stile “Hell’s Kitchen Italia” e “MasterChef”. Non essendo un appassionato di cucina, ed essendo anzi bravo a cuocere più che a cucinare, non comprendo l’attrattiva di questo tipo di programmi, a parte l’essere una vetrina per i partecipanti o i conduttori. De gustibus! 
So però che i reality show, come il menzionato “Hell’s Kitchen Italia”, sono fondati sulla cultura tossica dell’insulto, lo sprone più utilizzato dagli chef: il desiderio di emergere, lo stress di dover superare delle prove, la paura del giudizio (in certi casi anche del pubblico in studio o al televoto) e delle eventuali penalità o punizioni sottopongono i concorrenti a una fortissima pressione psicologica. So anche che da sempre cinema e tv sono lo specchio della società, quando non ne anticipano i moti, per cui non è sorprendente che anche i film e le serie tv ambientate nel mondo della ristorazione siano cresciuti in modo esponenziale, come non è casuale che uno di quelli che più spinge l’acceleratore nel mostrarne il lato oscuro, l’horror “The Menu” (Mark Mylod, 2022), sia ambientato in un locale in cui la cucina è aperta, e quindi i clienti possono non solo assistere in diretta alla preparazione dei piatti, ma perfino averne una dettagliata presentazione dallo stesso chef, Julian Slowik. 

venerdì 7 giugno 2024

Fuori speciale: fasting people

“Fuori speciale” è una serie di articoli che vengono scritti di getto nel periodo di pubblicazione dello speciale “La grande abbuffata”. Pur non essendone parte integrante, ciò che viene qui trattato ruota intorno all’argomento principale senza spezzarne il filo logico. Si tratta, in estrema sintesi, di piccoli approfondimenti che non hanno trovato posto nella struttura principale. “Fuori speciale”, in uscita tutti i venerdì, non è una lettura necessaria alla comprensione degli articoli de “La grande abbuffata” (che usciranno invece il lunedì), è viceversa una lettura che può essere ignorata o rimandata, a vostro piacimento. 

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Nel post precedente abbiamo accennato al fenomeno delle “fasting girls”, donne o bambine a digiuno e “nutrite da Dio”. Una di queste fu la francese Jane Balan, di Confolens, che si diceva avesse digiunato per almeno tre anni e fu sorvegliata da un medico per ordine del re Enrico IV; un’altra fu Martha Taylor, che attirò l’attenzione dopo che ebbe digiunato, a suo dire, per un intero anno.

lunedì 3 giugno 2024

La Grande Abbuffata: lotta al potere

Il digiuno umano è un fenomeno molto antico. Dico “umano” perché di questo parliamo oggi, ma l’esperienza ci dice che anche gli animali, quando stanno poco bene, rifiutano istintivamente il cibo; quel che manca loro, naturalmente, è la volontà ideologica - religiosa o politica - di praticare il digiuno. Tutte le religioni incoraggiano il digiuno come forma di disciplina e pratica di purificazione, e per altre motivazioni; si digiuna per ottenere l'autocontrollo, per "risvegliarsi" (come nel Buddhismo) o per conoscere il Signore, per espiare (come nel Cristianesimo), per tenere lontane le tentazioni, come forma di autoconoscenza che porta ad aprire il cuore a Dio e al prossimo (quindi con significato sia spirituale che sociale), come rito religioso, per adempiere un voto religioso (nell’Induismo) e perfino come forma di preghiera. Talvolta ci sono regole rigorose (ad esempio, nel ramadan), altre volte ci si rimanda alla coscienza dei fedeli, ma ha sempre e comunque una funzione educativa. 

venerdì 31 maggio 2024

Fuori speciale: storie di italiani

“Fuori speciale” è una serie di articoli che vengono scritti di getto nel periodo di pubblicazione dello speciale “La grande abbuffata”. Pur non essendone parte integrante, ciò che viene qui trattato ruota intorno all’argomento principale senza spezzarne il filo logico. Si tratta, in estrema sintesi, di piccoli approfondimenti che non hanno trovato posto nella struttura principale. “Fuori speciale”, in uscita tutti i venerdì, non è una lettura necessaria alla comprensione degli articoli de “La grande abbuffata” (che usciranno invece il lunedì), è viceversa una lettura che può essere ignorata o rimandata, a vostro piacimento. 

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Fin da piccoli, a ognuno di noi viene insegnata l’importanza del cibo. Se anche voi, come me, siete della generazione di quelli che si sono intristiti davanti al broccolo o al cavolfiore, ricorderete certamente una voce che ci spiegava che, mentre noi potevamo permetterci il lusso di avanzare il cibo, ogni anno milioni di bambini in Africa morivano di fame. Quel broccolo e quel cavolfiore non li avremmo mangiati ugualmente, ma il senso di colpa per l’immensa ingiustizia causata dal nostro comportamento ci avrebbe perseguitato la notte, popolando i nostri incubi e facendoci sentire delle merde.

lunedì 27 maggio 2024

La Grande Abbuffata: sul mangiare (di) merda, una critica sociale

Niente come il cibo si presta a essere utilizzato come arma di feroce critica sociale. In questo senso, l’apice del non rappresentabile lo si raggiunse negli anni ‘70. Per il Marco Ferreri di “La Grande Abbuffata” (1973) il cibo è la materializzazione del vuoto e della noia che pervadono la società borghese. I quattro uomini di successo che decidono di rinchiudersi in una villa per ingozzarsi fino alla morte non fanno altro che reiterare la stessa artificiale, amorale ingordigia che affligge l’umanità in ogni ambito della vita. Tra deiezioni, flatulenze, fluidi di vario genere, la vita continua a incedere come una sequenza infinita di funzioni corporali; mangiare fino alla morte non è semplice, con il corpo che cerca, nonostante tutto, di sopravvivere all’ordalia. Accanto a loro una donna che si rivelerà essere un misericordioso angelo della morte, non scheletrica come la Morte, ma abbondante e materna (un generoso e forse ormai inattuale apologo del femminile). Non c’è alcuna catarsi al sopraggiungere della morte, che rappresenta la morte della borghesia intera. Non c’è catarsi neppure per i cani, l’immagine di un mondo affamato per cui l’abbondanza resta qualcosa di irraggiungibile, infatti il cibo, leitmotiv del film, continua ad arrivare anche dopo la morte dei quattro, ma rimane ad accumularsi in giardino.

venerdì 24 maggio 2024

Fuori speciale: la vendetta è un piatto che si serve freddo

“Fuori speciale” è una serie di articoli che vengono scritti di getto nel periodo di pubblicazione dello speciale “La grande abbuffata”. Pur non essendone parte integrante, ciò che viene qui trattato ruota intorno all’argomento principale senza spezzarne il filo logico. Si tratta, in estrema sintesi, di piccoli approfondimenti che non hanno trovato posto nella struttura principale. “Fuori speciale”, in uscita tutti i venerdì, non è una lettura necessaria alla comprensione degli articoli de “La grande abbuffata” (che usciranno invece il lunedì), è viceversa una lettura che può essere ignorata o rimandata, a vostro piacimento. 

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Più o meno a tutti è capitato, nel periodo scolastico, di avere un compagno di classe un pelino sovrappeso. A quell’età per molti è quasi inevitabile, fisiologico, e non gliene si può dare nemmeno la colpa. 
Dal punto di vista medico, per spiegare lo sviluppo del sovrappeso o obesità infantile, è necessario infatti tenere in considerazione l’interazione di fattori genetici, biologici, psicologici, comportamentali, interpersonali e ambientali. È tuttavia innegabile che tra le prime cause vi è l’elevato consumo di bevande zuccherate e di cibo a basso contenuto di nutrienti e ricco di grassi saturi, ma la disponibilità di cibo appetitoso, economico e ingegnosamente pubblicizzato è sempre stato uguale per tutti. 
Comprensibilmente, i genitori che lavorano possono avere una maggiore dipendenza da opzioni comode, come per esempio il fast food, rispetto alla spesa e alla preparazione di pasti freschi e sani per i loro figli. Potrebbero non avere l’energia o i mezzi economici per sostenere l’attività fisica dei loro figli. Potrebbero infine non avere abbastanza tempo per imporsi ed educare i figli a non trascorrere troppo tempo davanti a uno schermo. 
Tutto ciò, come è stato dimostrato, è assolutamente deleterio in quanto, oltre a favorire la sedentarietà, può anche influire negativamente sui ritmi del sonno, il che può condurre all’obesità perché provoca un cambiamento dei livelli degli ormoni che regolano l’appetito. Ma non è solo questo: dalla letteratura scientifica è emerso che esiste una relazione tra obesità e livelli elevati di stress materno in gravidanza o di stress materno post-natale durante il primo anno. 

I ragazzini in età scolare però non prestano attenzione alle cause, bensì agli effetti, che in questo caso si traducono nell’avere a fianco un compagno di classe con il quale è facile confrontarsi e uscirne vincitori. Ai tempi del mio biennio delle superiori avevo in classe questo ragazzino che si chiamava Francesco che, per tutti, neanche a farlo apposta, era “Ciccio”. E quando dico “per tutti” significa che non era solo una questione di episodi di bullismo da parte di alcuni, che ovviamente c’erano, quanto di un comportamento scorretto generalizzato. D’altra parte, a quell’età quando ci si trova, per usare un termine calcistico, lontani sia dalla zona scudetto che da quella retrocessione, è molto più facile voltare lo sguardo altrove. Personalmente mi trovavo più o meno nel mezzo, ma defilato osservavo e immaginavo che il ragazzo meno popolare della classe potesse prendersi un giorno la sua rivincita. 
Ritrovo quella mia fantasticheria in un film spagnolo uscito nelle nostre sale un paio di anni fa, ma da me notato su non ricordo quale piattaforma di streaming abbastanza di recente. Si tratta di “Piggy” (“Cerdita”, 2022) della regista madrilena Carlota Pereda, che qui sviluppa un soggetto già proposto nell’omonimo cortometraggio che le valse il Premio Goya 2019. È la storia di Sara, una giovane ragazza in sovrappeso che viene pesantemente presa di mira da un trio di cattive ragazze: Piggy, naturalmente, è il suo soprannome. L’ambientazione non è quella scolastica, ma fa niente: siamo comunque in una piccola comunità dove tutti sanno tutto di tutti, il che equivale a fare della persona sovrappeso lo zimbello del paese, specie se alle spalle c’è, come in questo caso, anche una madre iperprotettiva che non fa che amplificarne le debolezze. Uno sguardo alla famiglia di Sara ci fa capire che la sua obesità non è affatto un incidente di percorso, ma piuttosto l’inevitabile conseguenza della sua genetica unita a abitudini di vita scorrette; i genitori peraltro non sembrano accorgersi affatto di ciò che accade attorno a Sara e della sofferenza della figlia. 

Dopo l’ennesimo episodio di bullismo, che vede Sara derisa mentre fa il bagno in piscina e quindi derubata dei suoi abiti, giunge il momento che cambierà il corso della sua vita. Mentre cerca di rientrare a casa inosservata, vestita solo di un imbarazzante bikini, Sara assiste al rapimento da parte di un maniaco delle sue aguzzine. Sara è testimone di tutto: vede il sangue, vede il furgone, vede la targa, vede e riconosce l’uomo che le ha rapite. E l’uomo, che a sua volta vede Sara, anziché trascinarla a bordo, in un inaspettato gesto di altruismo offre a quest’ultima un asciugamano con il quale coprirsi. Un gesto che equivale a un tacito patto di non tradimento, che Sara accoglie. 
Da quel momento in avanti Sara è complice. Una complicità che non tradisce nemmeno quando una serie di crimini sconvolge il villaggio e nemmeno quando la guardia civile inizia a interrogare tutti, lei compresa. Appare chiaro a tutti che la ragazza sa più di quanto dice. Il rapitore ne è conscio e la prende in simpatia, inizia a seguirla e alla fine, quando i due si incontrano, per qualche motivo Sara sembra invaghirsi di lui. 

Non racconterò altro perché non ne vedo la necessità, ma è innegabile che Carlota Pereda ha qui avuto una grande intuizione. Quel compagno di classe, che tutti noi abbiamo avuto seduto a pochi passi da noi, mai avrebbe potuto affidarsi alle proprie sole forze per trovare un riscatto immediato. Ho anche assistito a qualche timido tentativo di ribellione, quando andavo a scuola, ma le conseguenze di quei tentativi, inevitabilmente patetici, erano ancora più tremende. Nulla poteva, d’altro canto, l’intervento di genitori (quasi sempre inconsapevoli) o insegnanti (quasi sempre indifferenti, per non dire complici). Ecco, quindi, che l’idea di trovare un alleato in un feroce serial killer potrebbe essere, se non altro (e cinematograficamente parlando), l’unica soluzione. 
Il film lascia quindi intuire uno sviluppo molto interessante, decisamente originale, ed è subito difficile non fare il tifo per la protagonista maltrattata che si vendica dei suoi bulli con l'aiuto del cattivo. Peccato che qualcosa a un certo punto si inceppi; e “Piggy” sembra puntare diritto, e in maniera frettolosa, verso un finale che lascia perplessi. Perché Sara piace al maniaco? Perché a Sara piace il maniaco? Perché poi all’improvviso non le piace più? La psicologia dell’uomo non è mai chiarita, e se è facile pensare che possa aver rivisto in Sara una versione più giovane di se stesso o di qualcuno che amava, non abbiamo nessun elemento a indicarci se siamo o meno vicini alla verità. 
Quanto a Sara, il suo desiderio di vendetta le ha fatto dimenticare ogni principio, oppure la paura di essere a sua volta rapita e uccisa la rende vittima di una sorta di sindrome di Stoccolma anticipata? E ancora, ha semplicemente subito il fascino del male? Non lo sappiamo. Posso solo dire che c’è qualcosa che sembra mancare nello sviluppo dei due personaggi, mentre il film, ormai del tutto deragliato, contraddice se stesso in un epilogo buonista che, viste le premesse, non ha alcun senso.



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